Il termine andava sempre puntualmente giustificato

L’art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001, nella sua originaria formulazione, stabiliva un onere di dettagliata indicazione della causale del termine apposto al contratto di lavoro subordinato con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, in modo da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22363, depositata il 2 novembre 2015. Il caso. Con sentenza depositata nel gennaio 2010 i.e. prima dell’entrata in vigore del c.d. Collegato Lavoro la Corte di Appello di Genova rigettava il gravame di una nota catena di supermercati contro la pronuncia di primo grado la quale, previo accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato sottoscritto con un lavoratore, aveva dichiarato la natura a tempo indeterminato del rapporto intercorso, condannando la stesa società alla riammissione in servizio del dipendente oltre al risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni medio tempore maturate. Contro tale sentenza la società ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. La causale andava sempre specificata. . In particolare, ad avviso della ricorrente, la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto troppo generica la causale del primo contratto a termine intercorso tra le parti, documentalmente riferita ad una intensificazione dell’attività lavorativa . Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Cassazione la quale, ribadendo il per vero pacifico principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ed infatti, ad avviso della Corte, il datore di lavoro aveva – nella vigenza della originaria normativa - l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle sue esigenze la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze che la stessa sia chiamata a realizzare . .perché necessaria a delimitare la durata del rapporto . In altre parole, secondo il condivisibile avviso della Corte, ai fini della legittima apposizione del termine, la legge imponeva al datore di lavoro di specificarne puntualmente le ragioni giustificatrici in modo da rendere sin da subito chiaro e trasparente il motivo che aveva spinto a ricorrere all’eccezione i.e. il contratto a termine alla regola della natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro subordinato. In questo contesto, la causale addotta dalla ricorrente non consentiva di ascrivere ad alcuno specifico contesto aziendale l’assunzione a tempo determinato del lavoratore, trattandosi di espressione potenzialmente idonea a ricomprendere qualsiasi esigenza lato sensu produttiva avuto riguardo a qualsiasi ambiente di lavoro e a qualsiasi arco temporale . Nemmeno risultava applicabile l’indennità forfetaria prevista dal c.d. Collegato Lavoro . Sotto altro profilo, la Cassazione rileva come nemmeno potesse trovare applicazione l’art. 32 della Legge n. 183/2010 atteso che, per costante giurisprudenza, per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso è necessario che quest’ultima sia pertinente alle questioni oggetto di censura, mentre nel caso in esame le censure mosse in ricorso non avevano ad oggetto le conseguenze economiche della nullità del termine originariamente apposto al contratto .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 settembre - 2 novembre 2015, n. 22363 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 19.1.10 la Corte d'appello di Genova rigettava il gravame di Esselunga S.p.A. contro la sentenza n. 417/07 del Tribunale di Massa che, previo accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra la menzionata società e P.S.M. il 14.7.03 il primo dei cinque contratti a termine fra loro intercorsi , aveva dichiarato l'esistenza tra le parti d'un contratto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data suddetta, con diritto del lavoratore alla riammissione in servizio e con condanna della società a pagargli il risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni maturate dall' 8.2.06. Per la cassazione della sentenza ricorre Esselunga S.p.A. affidandosi a due motivi. L'intimato resiste con controricorso. Inizialmente attivato il procedimento di cui agli artt. 380-bis e 375 c.p.c., all'esito dell'adunanza in camera di consiglio la causa è stata rimessa alla pubblica udienza. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione 1- Con il primo motivo si prospetta una violazione dell'ari. 1 commi 1 e 2 d.lgs. n. 368/01 e dell'art. 12 disp. prel. c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto generica la causale del primo contratto a termine stipulato fra le parti - quello del 14.7.03 - consistente nella intensificazione dell'attività lavorativa . Analoga censura viene fatta valere con il secondo motivo di ricorso, sotto forma di denuncia di vizio di motivazione. 2- I due motivi - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - non sono fondati. Si premetta che, essendo stato stipulato il 14.7.03 il contratto il cui termine è stato ritenuto nullo dalla gravata pronuncia, nel caso in esame si applica la formulazione originaria dell'ari. 1 del d.lgs. n. 368101, in base al quale è richiesta l'indicazione, da parte del datore di lavoro, delle specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo . La norma ha inteso stabilire, in conformità alla direttiva 19991701CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea cfr. sentenza 23.4.09, in causa C-378/07 sentenza 22.1105, in causa C-144/04 , un onere di indicazione sufficientemente dettagliata della causale con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, sì da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni. Il datore di lavoro ha l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle sue esigenze, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, si da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze che la stessa sia chiamata a realizzare cfr. Cass. n. 208115 . In altre parole, affinché non si cada nella genericità, il sistema impone al datore di lavoro l'onere di specificare fin dalla stipula del contratto a termine le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate, onere che, per quanto valutabile in sede di controllo giudiziale con un certo grado di elasticità, nondimeno impone, al fine di evitare l'uso indiscriminato dell'istituto, che la causale sia riferita a realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Nulla di tutto ciò si rinviene nel caso di specie, avendo la Corte territoriale correttamente evidenziato che il puro e semplice riferimento a una non meglio chiarita intensificazione dell'attività lavorativa non consente che la concreta esigenza dell'assunzione a termine possa essere ascritta ad uno specifico contesto aziendale, trattandosi di espressione potenzialmente idonea a ricomprendere qualunque esigenza lato sensu produttiva avuto riguardo a qualsiasi ambiente di lavoro e a qualsiasi arco temporale. 3- Infine, è appena il caso di segnalare che non può trovare accoglimento l'applicazione del sopravvenuto art. 32, commi 5°, 6° e 7°, legge 4.11.2010 n. 183, invocata dalla società ricorrente in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., atteso che per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso è necessario che quest'ultima sia pertinente alle questioni oggetto di censura in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso cfr., ex aliis, Cass. 8.5.2006 n. 10547 Cass. 27.2.2004 n. 4070 , mentre nel caso in esame le censure mosse in ricorso non avevano ad oggetto le conseguenze economiche della nullità del termine originariamente apposto al contratto inter partes. 4- In conclusione il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, spese da distrarsi in favore degli avv.ti S.V. e C.L., antistatari.