I residui di altre fasi non comportano l’aumento del termine di custodia cautelare

Il termine di durata massima della custodia cautelare non può essere aumentato, sommandovi il residuo ‘recuperato’ nella fase dibattimentale da quelle precedenti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45627, depositata lo scorso 13 novembre. Il caso. 7 anni e 4 mesi di reclusione per 2 reati di concorso in acquisto e detenzione illeciti di sostanza stupefacente aggravati. Questa la pena a cui era stato condannato un uomo. La questione affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda però la decorrenza del termine massimo di custodia cautelare per la fase del giudizio di appello. Doglianza, questa, che ha fatto presente il difensore dell’imputato nella pendenza del giudizio di secondo grado, e che il giudice di appello cautelare ha accolto, dichiarando cessata l’efficacia della misura cautelare della custodia in carcere. Il termine massimo non può essere aumentato con residui di altre fasi. La S.C., rifacendosi ad un indirizzo scaturito dall’analisi del tenore letterale delle disposizione degli artt. 303, comma 1, lett. b n. 3 termini di durata massima della custodia cautelare e 304, comma 6, c.p.p. sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare , ha ribadito che il termine di durata massima della custodia cautelare non può essere aumentato, sommandovi il residuo ‘recuperato’ nella fase dibattimentale da quelle precedenti . E ciò – prosegue la Corte - neppure nel caso di sospensione dei termini relativi alla fase di appello disposta ex art. 304, comma 1, lett c bis c.p.p. per il deposito della sentenza di primo grado ovvero per la complessità del procedimento . La sospensione non incide Infatti, tale sospensione non incide sulla determinazione del termine massimo di fase, atteso che in alcun caso la durata massima dei termini custodiali di fase può superare il doppio dei termini previsti dall’art. 303, commi 1,2 e 3, c.p.p Solo una è l’eccezione, concludono gli Ermellini quella dettata dall’art. 304, comma 7, c.p.p. per le sospensioni di cui all’art. 304, comma 1, lett. b , c.p.p., relative ai tempi in cui il dibattimento sia sospeso o rinviato per mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori. Rigettato, dunque, il ricorso del pubblico ministero.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 luglio – 13 novembre 2013, n. 45627 Presidente Agrò – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. Tratto in arresto il 20.1.2010 attinto da ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere , M V. è stato condannato, con sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato dal G.U.P. del Tribunale di Napoli in data 8.2.2011, alla pena di sette anni e quattro mesi di reclusione oltre alla multa per due reati di concorso in acquisto e detenzione illeciti di sostanza stupefacente aggravati rispettivamente ai sensi dell'art. 80 co. 1-lett. a L.S. e 80 co. 2 L.S 2. Nella pendenza del giudizio di appello il difensore del V. ha sollecitato la scarcerazione dell'imputato per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare per la fase del giudizio di appello, termine corrispondente art. 303 co. 1, lett. c n. 2 c.p.p. condanna a pena non superiore ai dieci anni a un anno dalla data della prima decisione sentenza G.U.P. 8.2.2011 e, pur raddoppiato ai sensi dell'art. 304 co. 6 c.p.p., già decorso nel marzo 2013. 2.1. La Corte di Appello di Napoli con ordinanza dell'11.3.2013 ha respinto l'istanza de libertate, osservando che, come statuito dalla giurisprudenza di legittimità si cita Cass. Sez. 6,12.12.2007 n. 8734/08, Cappuccio, rv. 239419 , per individuare il termine massimo di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304 co. 6 c.p.p. deve aversi riguardo alla pena edittale prevista per il reato contestato e ritenuto in sentenza, a nulla rilevando la misura della pena inflitta in concreto. Per il reato contestato al V. e ritenuto dal giudice di primo grado ex artt. 73 e 80 co. 1-2 L.S. il termine di fase va individuato in un anno e sei mesi, duplicato ex art. 304 co. 6 c.p.p., non ancora decorso l'11.3.2013. 3. La descritta ordinanza della Corte territoriale è stata appellata dal difensore del V. , che producendo copia del dispositivo della sentenza emessa dalla Corte di Appello il 29.4.2013, con cui la pena detentiva inflitta all'imputato è stata ridotta a quattro anni e sei mesi di reclusione ha ribadito l'avvenuto decorso del termine custodiale, censurando l'erroneità del ragionamento della Corte territoriale. Tesi sostenuta, con l'evidenziare che 1 il parametro di riferimento per individuare il termine di fase nel giudizio di appello decorrente dalla sentenza di primo grado è costituito dalla pena irrogata in concreto e non, come asserito dalla Corte distrettuale, dalla pena edittale massima prevista per il reato per cui è intervenuta condanna 2 non deve calcolarsi, come pure erroneamente ritenuto dai giudici di appello, il termine di sei mesi previsto dall'art. 303 co. 1, lett. b n. 3 bis c.p.p. 4. Il Tribunale di Napoli, giudice dell'appello cautelare, con l'indicata ordinanza dell'8.5.2013 ha accolto il gravame e per l'effetto ha dichiarato cessata l'efficacia della misura cautelare della custodia in carcere applicata al V. , che ha posto in libertà. 4.1. Il Tribunale ha precisato in limine, con il conforto della giurisprudenza di legittimità, che nei casi in cui come nel giudizio cumulativo riguardante il V. p.p. contro G.G. + 60 sia stata disposta la sospensione dei termini custodiali per complessità del processo, per altre ragioni ex art. 304 co. 1 c.p.p. la durata massima della custodia cautelare non può in alcun caso art. 304 co. 6 c.p.p. superare il doppio dei termini fissati dall'art. 303 co. 1, 2, 3 c.p.p. Cass. Sez. 1,26.4.2007 n. 21247, P.M. in proc. Di Fede, rv. 236794 Cass. Sez. 1,3.4.2007 n. 22416, P.M. in proc. Vaccaro, rv. 236929 . 4.2. Ciò posto, per calcolare il termine massimo della fase del giudizio di appello, ha affermato il Tribunale, occorre innanzitutto avere riguardo, ai sensi dell'art. 303 co. 1, lett. c nn. 2 e 3 c.p.p., al criterio della pena concretamente irrogata con la sentenza di primo grado. Pena che per V. è stata inferiore ai dieci anni di reclusione, di tal che il termine di fase è pari ad un anno. Tenuto conto tenuto dei periodi di sospensione del processo ex art. 304, co. 1 e 2, c.p.p. nessuna delle quali, tuttavia, per i casi previsti dalla lettera b del 1 comma dell'art. 304 c.p.p. , il termine, raddoppiato a norma dell'art. 304 co. 6 c.p.p., risulta pari nella sua massima portata a due anni, che a decorrere dalla sentenza di primo grado sono interamente decorsi fin dall'8.2.2013. La giurisprudenza evocata dalla Corte di Appello Cass. Sez. 6,12.12.2007 n. 8734/08, Cappuccio, rv. 239419 , riferentesi al diverso parametro della pena edittale prevista per il reato ritenuto in sentenza e non alla pena in concreto irrogata, concerne il diverso caso del computo dei termini di durata complessiva della custodia cautelare. Relativa, cioè, all'intero procedimento penale ex artt. 303 co. 4 e 304 co. 6 c.p.p. e non al termine di fase ex artt. 303 co. 1, lett. c e 304 co. 6 c.p.p. Di conseguenza la stessa è inconferente rispetto al caso del V. , che attiene alla scadenza del termine di fase relativo al giudizio di merito di secondo grado. Il termine aggiuntivo di sei mesi di cui all'art. 303 co. 1, lett. b n. 3 bis c.p.p., che in base a più recente giurisprudenza di legittimità Cass. Sez. 5,11.7.2012 n. 30759, Ali Sulaiman, rv. 252938, ricordata dal difensore dell'imputato andrebbe sommato al doppio del termine di fase per il dibattimento nel giudizio di primo grado, non si applica alla fase del giudizio di appello, nessun riferimento in proposito essendo contenuto nella relativa disposizione dettata dall'art. 303 co. 1, lett. c c.p.p 4.3. Nella vicenda processuale, aggiunge poi il Tribunale, non ricorrono casi di sospensione o rinvio del dibattimento ex art. 304, co. 1 lett. b , c.p.p. mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza l'imputato . Unici casi di sospensione incidenti ex art. 304 co. 7 c.p.p. sul computo dei termini massimi di fase di cui all'art. 304 co. 6 c.p.p. tali da determinare la somma dei relativi periodi di sospensione all'individuato termine di fase di due anni per il V. . Con l'ovvia inferenza, per tanto, che per il V. i termini di custodia cautelare della fase di appello sono interamente decorsi alla data dell'8.2.2013. Né peso alcuno assume al riguardo l'intervenuta sentenza di merito di secondo grado confermativa della responsabilità del V. per il reato di cui agli artt. 73 e 80 co. 2 L.S. La sentenza è stata emessa il 29.4.2013 dopo la scadenza del ridetto termine di guisa che non può operare il disposto dell'art. 303 co. 1, lett. d c.p.p. caso di decisione c.d. doppia conforme , che impone di tener conto del solo termine di durata complessiva della custodia a norma dell'art. 303 co. 4 c.p.p 5. Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica di Napoli, che con articolato atto impugnatorio ha dedotto l'erronea applicazione degli artt. 303 e 304 c.p.p., la cui corretta interpretazione per la fase del giudizio di appello avrebbe dovuto indurre a ritenere non ancora scaduti al 30.4.2013 decisione ex art. 310 c.p.p. i termini della custodia carceraria applicata al V. . 5.1. Questi è stato condannato per un delitto punito con pena edittale superiore nel massimo a dieci anni di reclusione e il relativo termine di fase è equivalente ad un anno e sei mesi, giusta l'art. 303 co. 1, lett. c n. 3 c.p.p. Tale termine, sospeso per il deposito della sentenza di primo grado e per la complessità del processo nel giudizio cumulativo concernente anche il V. , deve essere raddoppiato fino a tre anni a norma dell'art. 304 co. 6 c.p.p Con l'effetto, dunque, che il termine custodiale è destinato a spirare per V. non prima dell'8.2.2014. Il diverso criterio della pena inflitta in concreto valutato dal Tribunale confligge con i principi dettati dalla S.C. Cass. Sez. 6,12.12.2007 n. 8734/08, Cappuccio, rv. 239419 Cass. Sez. 1,17.12.2009 n. 3638/10, Ferro, rv. 246313 . 5.2. A differenza di quanto ritenuto dal Tribunale parametro della pena edittale applicabile al solo computo dei termini globali di durata della custodia cautelare e non pure a quelli di fase la S.C. ha statuito che i termini custodiali da applicare in caso di conferma in appello della sentenza di condanna di primo grado sono quelli complessivi di cui all'art. 303 co. 4 c.p.p., per il cui computo deve farsi riferimento alla pena edittale prevista per il reato ritenuto in sentenza e non a quella inflitta in concreto Cass. Sez. 6, 16.6.2010 n. 27408, Santangelo, rv. 247779 . Ragionare diversamente sarebbe illogico e la necessaria geometria processuale sarebbe svilita dall'ipotesi di un meccanismo quello del computo dei termini collegati alla pena edittale operativo per il calcolo dei termini finali complessivi e non anche per quelli delle singole fasi processuali. 5.3. Erroneamente il Tribunale non ha ritenuto applicabile ai termini di fase per l'appello, anche -a tutto concedere nella configurata misura di due anni e non tre , l'ulteriore incremento temporale di sei mesi previsto dal combinato disposto degli artt. 303 co. 1, lett. d e 303 co. 1, lett. b n. 3 bis c.p.p Cumulo temporale considerato necessario alla luce di recente nuovo indirizzo della S.C. Cass. Sez. 5,11.7.2012 n. 30759, Ali Sulaiman, rv. 252938 il ricorso riproduce l'intero testo di tale decisione . Incongrua deve valutarsi, allora, la soluzione del Tribunale, non comprendendosi perché il legislatore avrebbe dovuto introdurre una irrazionale differenziazione tra primo grado di giudizio e grado di appello e di legittimità in rapporto ai meccanismi di durata dei termini cautelari di fase e ai relativi calcoli. Anche il dato letterale della norma sembra confermare tale assunto. Il riferimento dell'art. 303 co. 1, lett. b n. 3 bis c.p.p. al termine di cui alla lettera d dello stesso art. 303 co. 1 c.p.p. appare indicativo del fatto che il meccanismo di cui al n. 3 bis non è confinato al giudizio di primo grado, ma opera anche nella fase dell'appello, essendo riferibile all'intera fase del giudizio di merito. 6. Il ricorso del pubblico ministero deve essere rigettato, perché imperniato su enunciati censori infondati. 6.1. Correttamente i giudici dell'appello cautelare hanno ribadito come, ai fini della precisazione del termine di fase della custodia cautelare nel giudizio di primo e di secondo grado, non possa che aversi riguardo alla pena concretamente inflitta all'imputato, essendovi in tali casi una decisione sulla regiudicanda, laddove nelle fasi anteriori delle indagini preliminari e della eventuale udienza preliminare il termine della custodia cautelare non può che essere riferito alla pena edittale del reato contestato, quale unico indice in quella fase della maggiore o minore gravità del reato e della condotta dell'indagato o imputato. Le decisioni di legittimità cui si riporta il ricorrente, le stesse già richiamate dalla Corte di Appello nell'ordinanza 11.3.2013 appellata dal V. , pertengono come puntualmente rimarca il Tribunale alla definizione del calcolo dei termini della durata complessiva della custodia cautelare e non ai termini endofasici disciplinati, per il giudizio di appello, dagli artt. 303 co. 1, lett. c e 304 co. 6 c.p.p. cfr. Cass. Sez. 6,16.6.2010 n. 27408, Santangelo, rv. 247779, inesattamente citata dal p.m. a sostegno dell'applicabilità anche alle singole fasi processuali considerate dall'art. 303 c.p.p. del criterio della pena edittale del reato contestato o ritenuto in sentenza . 6.2. La regola della decisione c.d. doppia conforme dettata dall'art. 303 co. 4 c.p.p. menzionata dal ricorrente p.m. in forma di ipotesi alternativa attestante la mancata scadenza dei termini cautelari concernenti il V. , perché valutabili in rapporto alla pena edittale e non alla pena inflitta in concreto, è richiamata in modo improprio e non conferente ai fini della soluzione del quesito sulla scadenza dei termini di custodia cautelare nel caso di specie. Vuoi perché, come detto, la decisione Santangelo n. 27408/2010 di questa Corte attiene ai termini complessivi di durata della custodia cautelare e non anche ai quelli delle singole fasi processuali. Vuoi soprattutto perché nel caso in esame non si è comunque realizzata la situazione prevista dall'art. 303 co. 4 c.p.p. per il semplice motivo che la sentenza di appello confermativa sebbene con riduzione della pena della colpevolezza del V. per il contestato reato di detenzione illegale, aggravata di stupefacente è intervenuta 29.4.2013 in epoca successiva al già maturato decorso del termine custodiale per la fase del giudizio di appello 8.2.2013 . 6.3. La tesi della cumulatività ai termini cautelari per la fase anteriore al giudizio di appello del termine di sei mesi previsto dal n. 3 bis della lettera b dell'art. 303 co. 1 c.p.p., alla quale si è riportato il pubblico ministero sulla scorta della citata decisione Ali Sulaiman n. 30759/2012 di questa Corte di legittimità non può essere condivisa dal collegio decidente. A tale soluzione, per altro, questa stessa Corte è già pervenuta, come segnalato in discussione dal difensore dell'imputato, decidendo posizioni in tutto analoghe a quelle oggetto dell'odierna impugnazione del p.m. partenopeo e in un caso relativo anche a coimputati del V. nel medesimo processo Cass. Sez. 2,10.7.2013 n. 42879, De Simone e altri Cass. Sez. 2,10.7.2013 n. 42881, Di Ronza . Il collegio non ritiene di poter decampare dai principi di diritto già affermati sul tema in esame da questa stessa Sezione, secondo cui l'operatività del meccanismo di recupero previsto dall'art. 303 co. 1 lett. b n. 3 bis c.p.p., che consente il prolungamento dei termini di fase mediante l'imputazione del periodo residuo a fasi diverse, non comporta in nessun caso l'aumento dei termini massimi di custodia fissati dall'art. 304 co. 6 c.p.p. così Cass. Sez. 6, 7.10.2011 n. 38671, Amasiatu, rv. 250847 nella stessa linea ermeneutica Cass. Sez. 1,11.4.2007 n. 34545, P.M. in proc. Greco, rv. 237680 Cass. Sez. 4, 18.1.2010 n. 9990, Napolitano, rv. 246799 . In vero il termine di durata massima della custodia cautelare di cui all'art. 304 co. 6 c.p.p. non può essere aumentato fino a sei mesi ex art. 303 co. 1, lett. b n. 3 bis c.p.p. perché, da un lato, l'avverbio comunque impiegato nella prima disposizione sottolinea il carattere di limite insuperabile del doppio dei termini di custodia e perché, da un altro lato, la collocazione fraseologica dell'inciso senza tenere conto dell'ulteriore aumento previsto dall'art. 303, comma primo, lett. b numero 3 bis , subito dopo l'enunciazione della regola in tema di durata massima della custodia, induce ad escludere l'adozione di ogni criterio di computo che riduca la portata della regola stessa. È opportuno evidenziare, del resto, che se il meccanismo dei termini di custodia introdotto dal citato n. 3 bis della lettera b dell'art. 303.1 c.p.p. per i reati indicati nell'art. 407, co. 2 lett. a , c.p.p. è volto ad incrementare, per tali gravi reati, i termini di custodia della fase processuale avviata dal provvedimento dispositivo del giudizio di merito è altrettanto palese che detto meccanismo espansivo dei termini cautelari non viene attuato mediante un aumento assoluto dei termini complessivi della custodia cautelare della fase, ma attraverso una tecnica di flessibilizzazione e bilanciata redistribuzione dell'aumento dei termini della fase centrale del processo tra gli altri termini di fase già vigenti così Cass. Sez. 6, Amasiatu, cit. . L'aumento dei termini fino a sei mesi, infatti, deve essere ascritto o ai termini della fase anteriore, ove questi non siano stati completamente esauriti, ovvero ai termini di una fase successiva quella ex art. 303, co. 1 lett. d, c.p.p. che risulteranno poi ridotti in proporzionale misura. Sicché la logica ispiratrice del disposto del n. 3 bis non va rinvenuta nel fine di dar vita ad un incremento in assoluto dei termini custodiali per gravi reati, ma unicamente nell'introduzione di più flessibili condizioni di utilizzazione di un termine di custodia complessivo che si è inteso mantenere immutato. La decisione di legittimità sulla quale fa leva il ricorso del pubblico ministero Cass. Sez. 5, 11.7.2012 n. 30759, Ali Sulaiman, rv. 252938 , divenuta nel caso di specie fonte di incertezza interpretativa come si evince dalle singolari diverse e confliggenti letture che ne hanno proposto il difensore del V. , il p.m. ricorrente e la Corte di Appello di Napoli e lo stesso Tribunale ex art. 310 c.p.p. , è espressione di un orientamento isolato, che si pone in consapevole contrasto con il contrario e consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte regolatrice. Indirizzo scaturito dalla analisi de tenore letterale delle disposizioni artt. 303.1 lett. b n. 3 bis e 304 co. 6 c.p.p. , alla cui stregua il termine di durata massima della custodia cautelare non può essere aumentato sommandovi il residuo recuperato nella fase dibattimentale da quelle precedenti. Ciò neppure nel caso di sospensione dei termini relativi alla fase di appello disposta ex art. 304 co. 1 lett. c bis c.p.p. per il deposito della sentenza di primo grado ovvero per la complessità del procedimento. Tale sospensione non incide, infatti, sulla determinazione del termine massimo di fase, atteso che in alcun caso la durata massima dei termini custodiali di fase può superare -a norma dell'art. 304 co. 6 c.p.p., il doppio dei termini previsti dall'art. 303 co. 1-2-3 c.p.p., nel cui ambito, come detto, 1 uso del avverbio comunque attesta che nessuna sospensione può ulteriormente dilatare quel termine, anche quando ne sia stata disposta la sospensione. Con l'unica eccezione dettata dall’art. 304 co. 7 c.p.p. per le sospensioni di cui all'art. 304 co. 1, lett. b c.p.p., relative ai tempi in cui il dibattimento sia sospeso o rinviato per mancata presentazione allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori Cass. Sez. 1, 3.4.2007 n. 22416, RM. in proc. Vaccaro, rv 236929 Cass. Sez. 1,18.12.2009 n. 623/10, Cammarata, rv. 245989 . P.Q.M. Rigetta il ricorso.