Offese in scritti rivolti all’autorità giudiziaria: la non punibilità è limitata al relativo giudizio

L’operatività dell’esimente di cui all’articolo 598 c.p., - in virtù della quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi all’autorità giudiziaria – deve restare circoscritta all’ambito del giudizio ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese sono state proferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.

È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 43033/15, depositata il 26 ottobre. Il caso. Il gdp dichiarava un uomo non punibile ai sensi dell’articolo 598 c.p. Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative , in relazione ai reati di cui agli articolo 594 Ingiuria e 595 Diffamazione c.p., perché, inviando ad un avvocato ed al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Foro di quest’ultimo un esposto – a mezzo del quale affermava che lo stesso legale aveva usato nei suoi confronti ed in atti giudiziari frasi ed espressioni offensive, diffamatorie, eccessive e denigratorie con un linguaggio violento – offendeva l’onore e la reputazione del professionista. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, lamentando l’erronea applicazione dell’esimente di cui all’articolo 598 c.p È sufficiente che le offese provengano dalle parti o dai loro patrocinatori. Gli Ermellini in relazione alla doglianza del ricorrente hanno innanzitutto chiarito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui all’articolo 598 c.p. - in virtù della quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi all’autorità giudiziaria -, è sufficiente che le offese provengano dalle parti o dai loro patrocinatori e che concernano l’oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi all’autorità giudiziaria o a quella amministrativa. L’esimente attiene agli scritti difensivi in senso stretto. L’esimente in parola, secondo la giurisprudenza di legittimità, inoltre, non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al COA, in quanto l’autore dell’esposto non è parte del successivo giudizio disciplinare e l’esimente de qua attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati. Non si può dubitare, peraltro, secondo i Giudici di Piazza Cavour, che l’operatività dell’esimente - funzionale al libero esercizio del diritto di difesa - debba restare circoscritta all’ambito del giudizio ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese siano state proferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo, alla luce della lettera dell’articolo 598 c.p L’autore non è parte del procedimento. Va, dunque, esclusa l’applicabilità della scriminante in parola nella fattispecie in esame, secondo il Palazzaccio, dal momento che, anche a voler ritenere assimilabile il procedimento disciplinare ad un procedimento amministrativo, tuttavia, l’autore dell’esposto non è parte di tal procedimento. Alla luce di tutte le considerazioni sopra illustrate, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 aprile – 26 ottobre 2015, numero 43033 Presidente Vessichelli – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7.4.2014 il Giudice di Pace di P. dichiarava B.T. non punibile ai sensi dell'articolo 598 c.p., in relazione ai reati di cui agli articolo 594 e 595 c.p., perché, inviando all'Avv. F.M. del Foro di P. e al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di P., l'esposto a propria firma datato 12.10.2011 a mezzo dei quale affermava che lo stesso legale aveva usato nei suoi confronti ed in atti giudiziari frasi ed espressioni offensive, diffamatorie, eccessive e denigratorie con un linguaggio violento che aveva lanciato gratuitamente accuse a casaccio senza un minimo supporto di fatto e di diritto, che si era fatto rilasciare una procura alle liti da parte del Dott. G.C., senza le cautele e gli adempimenti necessari, ritenendo quest'ultimo incapace di intendere e di volere, che il proprio operato era privo di serenità, ma ricco di ignoranza al contrario di quel galantuomo di suo padre offendeva l'onore e la reputazione dello stesso Avv. F.M 2. Avverso tale sentenza il Procuratore Generale della Corte d'Appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l'erronea applicazione dell'esimente di cui all'articolo 598 cod. penumero , che non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente de qua attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati il Giudice di Pace, dunque, avrebbe dovuto motivare sulla sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'esimente richiamata, ma di ciò non vi è alcuna traccia nel provvedimento impugnato peraltro, l'imputato era un avversario del professionista e non un suo cliente, di conseguenza, l'eventuale diritto di critica nei termini sopra riportati, se riconosciuto, doveva essere fondato su elementi emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale e puntualmente esaminati dal decidente. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 1. Ed invero il Giudice di Pace ha motivato la sentenza impugnata, limitandosi a richiamare, a fondamento della decisione dell'applicazione dell'esimente di cui all'articolo 598 c.p. in favore dell'imputato una pronuncia di questa Corte Sez. 5, numero 28081 del 15/04/2011 , senza preoccuparsi di verificare in concreto se nell'esposto inviato dall'avv. B.T. al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di P. fossero ravvisabili i presupposti per l'applicabilità della scriminante di cui all'articolo 598 c.p 2. Invero, secondo un orientamento di questa Corte, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'articolo 598 cod. penumero in virtù della quale non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti o dai loro patrocinatori innanzi alla autorità giudiziaria è sufficiente che le offese provengano dalle parti o dai loro patrocinatori e che concernano l'oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi alla autorità giudiziaria o a quella amministrativa Sez. 5, numero 22743 del 23/03/2011 . 2.1.L'esimente di non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative articolo 598 cod. penumero non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente de qua attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati Sez. 5, numero 31175 del 21/05/2009 . 2.2. Non è revocabile in dubbio, del resto, che l'operatività dell'esimente, funzionale al libero esercizio dei diritto di difesa, debba restare circoscritta all'ambito dei giudizio ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese siano state proferite, a condizione che siano pertinenti all'oggetto della causa o del ricorso amministrativo, alla luce della perspicua formulazione letterale dell'articolo 598 c.p. 2.3. In base a tale orientamento, dunque, dovrebbe escludersi l'applicabilità della scriminante in parola nella fattispecie in esame, atteso che, anche a voler ritenere assimilabile il procedimento disciplinare ad un procedimento amministrativo, tuttavia, l'autore dell'esposto non è parte di tal procedimento. 3. Anche volendo condividere la pronuncia di questa Corte citata nella sentenza impugnata deve, comunque, riscontrarsi una non sovrapponibilità dei casi. La pronuncia in questione, invero, riguardava la segnalazione inviata al competente Consiglio dell'Ordine circa comportamenti, deontologica mente scorretti, tenuti da un libero professionista nei rapporti con il cliente denunciante ed in tale pronuncia è stata ritenuta corretta l'applicazione della scriminante di cui all'articolo 598 c.p. perché il cliente, per mezzo della segnalazione, esercita una legittima tutela dei suoi interessi. La esercita, evidentemente, attraverso il diritto di critica sub specie di denunzia, esposto ecc. e, dunque, con i limiti sopra ricordati che segnano il perimetro entro il quale si può censurare l'altrui condotta. Il cliente autore dell'esposto al Consiglio dell'Ordine forense in tal caso è parte dei relativo procedimento , dovendosi intendere per parte chiunque sia titolare di un interesse nel caso di specie leso dalla violazione disciplinare tutelato dalla legge anche, in forma mediata, con il ricorso all'autorità giudiziaria o amministrativa e, quindi, anche se si tratti di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo. Nel caso in esame la segnalazione al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati è stato inoltrato, invece, da un avvocato nei confronti di altro avvocato, sicchè occorre verificare se in capo a tale denunciante possa configurarsi un interesse dei tipo di quello descritto. In ogni caso, occorre verificare se -una volta esclusa la particolare scriminante di cui all'articolo 598 c.p. sussistano elementi per la configurabilità, comunque, di quella di cui all'articolo 51 c.p. 4. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio ai Giudice di Pace di P. per nuovo esame sui temi indicati. Spese al definitivo. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di P. per nuovo esame.