Reato estinto anche se il risarcimento viene corrisposto dall’assicurazione, ma deve essere integrale

Saranno destinati ad avere sempre più spazio gli istituti di giustizia riparatoria e, cioè, quegli strumenti che sono volti a favorire l’eliminazione spontanea, ove possibile, delle conseguenze del reato attraverso un comportamento attivo in quella direzione da parte del reo offrendo a quest’ultimo una diminuzione di pena ovvero l’estinzione del reato.

Ed infatti, l’estinzione del reato è prevista dal nostro legislatore proprio con riferimento ai procedimenti penali di competenza del giudice di pace dall’articolo 35 del d.lgs. 274/2000 «quando l’imputato dimostra di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose dal reato». Senonché, la domanda che spesso la giurisprudenza si è posta è quella volta a sapere se l’estinzione del reato opera anche qualora il risarcimento del danno sia stato corrisposto da un’assicurazione piuttosto che direttamente dal reo. Il pagamento da parte dell’assicurazione. Anche in questo caso, infatti, era accaduto che a seguito di un sinistro stradale il conducente dell’autovettura sul quale viaggiava la parte civile che aveva riportato lesioni era stato condannato sia in primo grado dal giudice di pace di Foligno che in appello dal Tribunale di Perugia senza che quei giudici applicassero l’articolo 35 d.lgs. 274/2000. Mancata applicazione dipesa sostanzialmente da ciò, che il risarcimento dei danno era stato eseguito dalla società assicuratrice a tal fine era del tutto irrilevante, poi, che l’imputato avesse sollecitato la propria compagnia il massimale di polizza. Inevitabile, quindi, il ricorso per cassazione da parte dell’imputato che si lamenta principalmente proprio della mancata applicazione della speciale causa di estinzione del reato secondo il ricorrente, infatti, «la personalità della prestazione deve essere ravvisata anche nel caso di pagamento eseguito dall’assicuratore». Inoltre, il mancato versamento da parte dell’imputato della differenza tra il massimale versato dall’assicurazione e l’entità del danno patito dalla parte civile non poteva essere posta a suo carico poiché - sempre a suo dire - egli non poteva avere conoscenza della reale entità del danno. La personalità della condotta riparatoria. Senonché, la Quarta sezione Penale della Corte di Cassazione con sentenza del 12 luglio 2013, numero 30212 decide di rigettare il ricorso dell’imputato poiché infondato nonostante ritenga corretto uno dei profili sottolineati dalla difesa dell’imputato e, cioè, l’automatica non riferibilità dei pagamenti del’assicurazione alla volontà dell’imputato. Ed infatti, la Suprema Corte sottolinea muove dal ricordare come la norma di cui all’articolo 35 d.lgs. 274/2000 consente al giudice di pace di dichiarare l’estinzione del reato soltanto quando il giudice di pace «ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione». In questo contesto «non coglie il vero il decidente quando afferma la necessità che il risarcimento del danno sia riconducibile direttamente e personalmente all’imputato, tal che non avrebbe positiva incidenza il risarcimento che fosse avvenuto ad opera della compagnia di assicurazione». Ed infatti, ciò che rileva - anche alla luce della giurisprudenza di legittimità formatasi in riferimento all’articolo 62, numero 2, c.p. - è che la volontà di riparazione del reo può ben essere ravvisata nell’avere stipulato un’assicurazione e nel far proprio il pagamento effettuato dall’assicurazione. Senonché, quanto può valere con riferimento alle assicurazioni che l’imputato abbia volontariamente stipulato non può valere con riferimento alle assicurazioni che coprono la responsabilità civile auto ed infatti, qui - in un sistema di assicurazione obbligatoria - non sarebbe neppure pensabile che l’imputato possa precludere all’impresa di assicurazione di effettuare il risarcimento del danno oppure che l’imputato debba versare anche lui l’importo del risarcimento del danno soltanto per «provvedervi personalmente». Il risarcimento deve essere integrale. Ma per la Suprema Corte il ricorso deve essere rigettato perché nel caso di specie non ricorreva un’ulteriore presupposto di operatività della norma e, cioè, l’integralità del risarcimento del danno l’imputato, infatti, non ha versato la differenza tra il risarcimento dovuto e il massimale assicurativo liquidato. Peraltro, a tal fine, l’obiezione del danneggiante secondo cui non avrebbe potuto sapere l’importo da risarcire in quanto di difficile determinazione non coglie nel segno proprio perché l’articolo 35 opera per i risarcimenti «prima dell’udienza di comparizione», l’imputato avrebbe dovuto assumere come punto di riferimento la somma che il danneggiato aveva chiesto all’assicurazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 aprile - 12 luglio 2013, numero 30212 Presidente Brusco – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. F.O.S. veniva giudicato dal Giudice di Pace di Foligno responsabile delle lesioni patite da M.D. , passeggero dell'autovettura guidata dal F.O. , a seguito del sinistro provocato dalla condotta colposa di quest'ultimo, e condannato alla pena di euro 2500,00 di multa e al risarcimento dei danni patiti dal M. , costituitosi parte civile. Il Tribunale di Perugia, sull'appello proposto dall'imputato, confermava integralmente la sentenza impugnata. In particolare rigettava la censura mossa dall'appellante con riferimento alla nullità della costituzione di parte civile per il fatto che quella riportava la dichiarazione della volontà di costituirsi della persona offesa ma risultava sottoscritta dal solo difensore della stessa. Riteneva il Collegio territoriale che l'atto di costituzione presentava la dichiarazione del M. di volersi costituire tramite il difensore e procuratore speciale avv. M. nonché la procura si medesimo e che pertanto esso era da reputarsi valido. Inoltre, il giudice di seconde cure rigettava il motivo di appello che lamentava la mancata applicazione dell'articolo 35 d.lgs. numero 274/2000, in quanto il risarcimento del danno era stato eseguito dalla società assicuratrice e a nulla rilevava, sotto tale profilo, il fatto che il F.O. avesse sollecitato la predetta società ad eseguire il pagamento, aggiungendo che l'imputato non aveva neppure proposto al M. di versargli la differenza tra il massimale di polizza e la maggiore somma dovuta per i danni riportati. 3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia, avv. Sante Gradassi. 3.1. Con un primo motivo deduce la illogicità della motivazione e la violazione di legge, laddove afferma essere valido l'atto di costituzione di parte civile, nonostante esso non sia stato redatto secondo le formalità previste dagli articolo 76, 78 e 100 cod. proc. penumero , in quanto la sottoscrizione dell'atto deve essere di colui che manifesta la volontà di costituirsi in giudizio. 3.2. Con un secondo motivo deduce vizio motivazionale in relazione al diniego di applicazione dell'articolo 35 cit., dovendosi all'inverso ritenere integrata la condotta riparatoria dell'imputato anche nella sollecitazione all'assicuratore del pagamento dell'intero massimale di polizza, non potendosi porre a carico del F.O. il mancato versamento della ulteriore somma dovuta per danni, posto che egli non poteva avere conoscenza della reale entità della stessa. La personalità della prestazione deve essere ravvisata anche nel caso di pagamento eseguito dall'assicuratore. 3.3. Con un terzo motivo deduce vizio motivazionale in relazione alla reiezione dell'istanza istruttoria avente ad oggetto la deposizione del dr. L. , medico-legale, il quale avrebbe potuto riferire in ordine all'entità delle lesioni patite dal M. in conseguenza del sinistro provocato dall'imputato. 3.4. Infine lamenta la mancata concessione dell'attenuante di cui all'articolo 62, numero 6 cod. penumero nonostante l'intervenuta corresponsione del massimale assicurato. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato. 4.1. in tema di requisiti essenziali della costituzione di parte civile, questa Corte ha già affermato che la circostanza che l'articolo 78 cod. proc. pen, non indichi tra i requisiti della dichiarazione la sottoscrizione della parte è da ricondursi ai limiti della norma, che disciplina i profili di ammissibilità dell'atto e non pure quelli di esistenza questi ultimi, pertanto, debbono essere ricostruiti concettualmente in ragione della funzione che l'atto stesso è destinato ad assolvere cfr. Sez. 3, numero 8553 del 23/01/2002, Maffeo 0, Rv. 221523 . Ne consegue che non vi è dubbio che la costituzione di parte civile deve essere sottoscritta dalla parte. L'atto di costituzione di parte civile - al pari di ogni scrittura privata - presuppone per la sua esistenza la sottoscrizione del soggetto legittimato. Ed è solo in ragione di tale sottoscrizione che l'atto è destinato a dispiegare gli effetti anche di ordine probatorio che la legge gli assegna articolo 2702 c.c. . Pertanto, ove manchi la sottoscrizione della parte, viene in essere un vizio radicale dell'atto, che deve essere rilevato in ogni stato e grado del giudizio. Allo stesso tempo, va tenuto presente che l'azione civile può essere esercitata anche a mezzo di procuratore speciale articolo 76, co. 1 cod. proc. penumero , sicché non v'è dubbio che la dichiarazione di costituzione sottoscritta dal difensore munito di procura speciale presenta la sottoscrizione della “parte”. Nel caso che occupa la sottoscrizione della costituzione di parte civile è del tutto immune da vizi perché sottoscritta dal difensore munito di procura speciale e a nulla rileva che la dichiarazione di volontà sia stata nel testo riferita alla persona del danneggiato quel che importa è che la dichiarazione esista e che, con la sottoscrizione essa sia stata fatta propria da soggetto che può legittimamente imputarsela, com'è appunto il difensore munito di procura speciale come ricordato dal ricorrente medesimo . 4.2. Parimenti infondati sono i motivi di ricorso che investono il diniego di riconoscere l'estinzione del reato ai sensi dell'articolo 35 d.lgs. numero 274/2000. La causa di estinzione ricollegata alle condotte riparatorie è prevista, per i reati di competenza del giudice di pace, dal già ricordato D.Lgs. numero 274 del 2000, articolo 35 che, al comma 1, prevede questa forma di definizione del processo quando l'imputato dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato . Prosegue il cit. D.Lgs., articolo 35, comma 2 con la precisazione che la sentenza di estinzione è consentita solo se il giudice di pace ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione . Non coglie il vero il decidente quando afferma la necessità che il risarcimento del danno sia riconducibile direttamente e personalmente all'imputato, tal che non avrebbe positiva incidenza il risarcimento che fosse avvenuto ad opera della compagnia di assicurazione. Questa Corte ha preso in esame l'orientamento che afferma una simile necessità in relazione alla attenuante prevista dall'articolo 62, numero 6 cod. penumero v. Cass., sez. 6, 9 novembre 2005 numero 46329, Caputo, rv. 232837 peraltro precedente a Cass. S.U., sent. 22-1-2009 numero 5941/2009 che, pur mettendo in rilievo la ricorrenza comunque di un profilo volontaristico nell'attenuante ex articolo 62 c.p., numero 2 nel senso che l'intervento risarcitorio deve essere riferibile all'imputato, ha concordato con la Corte Costituzionale - sentenza numero 138/1998 -in ordine al carattere oggettivo della circostanza in questione, ravvisando la volontà di riparazione anche nell'avere stipulato un'assicurazione o nell'avere rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall'attività pericolosa. Ne discende che il risarcimento - anche quello eseguito dalla società assicurativa - deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio. Nel medesimo senso Cass. Sez. 4, Sentenza numero 13870 del 06/02/2009, Cappelletti, Rv. 243202 Sez. 4, Sentenza numero 14523 del 02/03/2011, Di Gioia, Rv. 249937 , dando conto delle ragioni per le quali va preferita una diversa interpretazione dell'articolo 35 cit Si è osservato che ricollegare alla formulazione letterale del D.Lgs. numero 274 del 2000, articolo 35, comma 1 la soluzione rinvenuta per l'articolo 62, numero 6 cod. penumero significa rifarsi ad un criterio di interpretazione del tutto formalistico e avulso dalla realtà dei rapporti sociali. L'assicurazione per i danni cagionati dalla circolazione stradale ha infatti carattere di obbligatorietà e sarebbe insensato pretendere che una persona proceda ad un risarcimento personale in presenza di un contratto di assicurazione sulla cui base, in concreto, sia avvenuto un risarcimento integrale dei danni cagionati. A ben vedere, diversamente opinando si porrebbe il reo nella condizione di dover precludere e come? il risarcimento ad opera della compagnia, per provvedervi personalmente, oppure aggiungere a quello eseguito dalla prima il risarcimento personale. Evenienze entrambe di dubbia ragionevolezza. Inoltre, una simile interpretazione condurrebbe ad una totale disincentivazione delle cause deflattive che il D.Lgs. numero 274 del 2000, articolo 34 e 35 sono dirette invece ad incrementare Sez. 4, numero 15248 del 29/02/2008 - dep. 11/04/2008, P.G. in proc. Giorgi, Rv. 240212 . 4.3. Tuttavia, perché la causa di estinzione del reato possa operare è pur sempre necessario che il risarcimento risulti integrale. Nel caso che occupa il Tribunale ha implicitamente rilevato la parzialità del risarcimento, laddove ha evidenziato che il F.O. avrebbe potuto - e dovuto, per conseguire l'effetto estintivo - procedere a versare la differenza tra l'insufficiente massimale di polizza e l'ammontare del danno. Il ricorrente evoca, a tal ultimo riguardo, di essersi trovato nell'impossibilità di eseguire tale integrazione risarcitoria per il fatto di non essere a conoscenza dell'entità complessiva del danno. In effetti, il giudice di prime cure ha demandato la liquidazione del danno risarcibile al giudice civile, per la complessità delle operazioni necessarie a tale determinazione. Tuttavia, il F. ha avuto in ogni caso un termine di riferimento al quale rapportarsi per fare fronte alla prestazione risarcitoria esso consiste nell'ammontare del danno che è stato comunicato dal danneggiato alla società assicuratrice, pari a circa 4 milioni di euro. Né può ritenersi che tale indicazione non possa avere rilievo ai fini che qui occupano perché proveniente dal danneggiato e quindi, in ipotesi, non avallata dall'accertamento giudiziale. È sufficiente rammentare, al riguardo, che l'articolo 35 cit. intanto annette al risarcimento la possibile attitudine estintiva del reato in quanto esso sia intervenuto prima dell'apertura del dibattimento. Tanto dimostra che la quantificazione del danno operata dal danneggiato è, in assenza di altra indicazione, termine obbligato di riferimento. Pertanto, ancorché sulla scorta di una motivazione in parte non in linea con i principi giuridici qui ricordati, il giudizio espresso dal giudice di seconde cure in ordine al mancato perfezionamento della fattispecie estintiva per non essere dimostrata un'effettiva volontà dell'imputato di riparare per quanto a lui possibile il danno procurato resta esente da vizi che valgano a travolgerlo. 5. Le considerazioni appena formulate rendono manifeste le ragioni per le quali risultano infondati anche i restanti motivi di ricorso. Ricordato che la mancata assunzione di una prova decisiva - quale motivo di impugnazione per cassazione - può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'articolo 495, secondo comma, cod. proc. penumero , sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'articolo 507 cod. proc. penumero e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione Sez. 6, numero 33105 del 08/07/2003 - dep. 05/08/2003, P.G. in proc. Pacor, Rv. 226534 , il motivo concernente la mancata escussione del dr. L. è infondato, tenuto conto di quanto si è sopra evidenziato circa gli elementi correttamente valorizzati dal giudice in funzione del giudizio di insussistenza di una volontà riparatrice da parte dell'imputato. Quanto al motivo concernente la mancata concessione dell'attenuante di cui all'articolo 62, numero 6 cod. penumero , mette conto rilevare che anche siffatta circostanza presuppone l'integrale risarcimento del danno oltre alle restituzioni, ove possibili . 6. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che si liquidano in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.