Limiti alla rettifica del reddito di immobili con stima UTE

In tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di immobili si fondi sulla stima effettuata dall'UTE, o da altro ufficio tecnico, il giudice investito dalla relativa impugnazione non può ritenere la suddetta stima “istituzionalmente” inattendibile, poiché proveniente da un soggetto costituente un'articolazione dell'Amministrazione finanziaria, né considerarla di per sé attendibile e sufficiente a supportare l'atto impositivo, ma è tenuto a verificare se la stima stessa sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando le ragioni del proprio convincimento.

Dinnanzi al giudice tributario, l'Amministrazione finanziaria si pone sullo stesso piano del contribuente, sicché la relazione di stima da essa prodotta altro non costituisce che una perizia di parte. Detta stima può, dunque, costituire la principale fonte di convincimento del giudice, purché quest'ultimo spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente. Pertanto, se da una parte la stima dell'Ute per determinare il maggior valore degli immobili, non può essere di per sé ritenuta inattendibile – solo perché proveniente da un Ufficio che costituisce un'articolazione della stessa Amministrazione finanziaria – dall'altra non può essere considerata nemmeno di per sé attendibile e sufficiente a supportare l'atto impositivo, senza che come esattamente avvenuto nel caso di specie sia verificata e spiegata in motivazione la sua idoneità a dimostrare i più alti valori riscontrati ed a superare le contestazioni sollevate dal contribuente. Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 9357 dell’ 8 maggio 2015. Il caso. A una società è stata contestata maggiore IRES, IVA e IRAP in conseguenza di una vendita di un immobile che, secondo l’Agenzia delle Entrate, era avvenuta a prezzi maggiori rispetto a quelli dichiarati in rogito e fatturati. A tale conclusione l’Ufficio è pervenuto in conseguenza di una stima svolta dall’Ute dalla quale si evinceva che il valore dei fabbricati in quella specifica zona era decisamente maggiore. Il giudice del gravame ha ritenuto adeguatamente motivato l’accertamento alla stregua dell’attività ispettiva fondata sulla stima, da parte dell’Agenzia, dell’immobile compravenduto. In sede di ricorso per cassazione, il contribuente ha evidenziato che la CTR aveva ritenuto adempiuto l’onere probatorio dell’Ufficio, e quindi fondata la pretesa di maggior valore, sulla base di una perizia di stima effettuata dal Territorio, nonostante la medesima si limitasse ad indicare valori minimi e massimi dei fabbricati esistenti nella stessa zona, e senza eseguire alcun accertamento tecnico specifico avente ad oggetto l’immobile. La stima dell’Ute non sempre legittima l’accertamento. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso in Cassazione, sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. La stima dell’Ute sul valore dell’immobile oggetto di compravendita non sempre legittima l’accertamento. Si tratta infatti di una perizia di parte che può essere mantenuta dal giudice solo con validi motivi. Dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria si pone sullo stesso piano del contribuente, sicché la relazione di stima di un immobile redatta dall’Ufficio tecnico erariale, prodotta dall’Amministrazione finanziaria, costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto. Nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione, ma è tuttavia necessario, che il giudicante spieghi le ragioni per le quali ritenga corretta e convincente tale perizia, e per le quali la reputi idonea a superare le contestazioni e le osservazioni del contribuente. Da ciò deriva che qualora la rettifica del valore dell’immobile si fondi sulla stima Ute, il giudice investito della questione così come non può ritenere la stima inattendibile così non può considerarla attendibile tout court, ma la deve motivare. Il giudice, deve verificare se detta stima sia o meno idonea a superare le contestazioni del contribuente e, quindi, deve esplicitare le ragioni per le quali sia stata ritenuta idonea nonostante le contrarie argomentazioni difensive. Motivazione e prova Il riferimento alla stima di un immobile operata dall’Agenzia del Territorio costituisce un elemento sufficiente ad integrare il requisito di motivazione per la validità di un avviso di accertamento, ma in caso di impugnazione dell’avviso da parte del contribuente il giudice è tenuto a verificare, esplicitando le ragioni del suo convincimento, se la predetta stima risulti o meno idonea a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi dall’ufficio Cass., sez. V Civile Tributaria, sent. numero 13213/2001 . La stima dell’Agenzia del Territorio , provenendo da un ente che non è al di sopra delle parti, ma è un ufficio della stessa Amministrazione Finanziaria, non può costituire di per sé sola, e se non fondata su oggettivi e certi elementi di riscontro, elemento di prova a sostegno del maggior valore accertato Cass., sez. V Civile Tributaria, sent. numero 7935/2002 Al tempo stesso, però, va anche precisato che nel processo tributario esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche. E dunque anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente . Cass., civ. Sez. V, sent., numero 2193/2015 L’Amministrazione non può assolvere all’onere probatorio con il mero riferimento ad una perizia dell’Agenzia del Territorio «perché pur essendo indubitabilmente vero che l’accertamento può essere motivato con riferimento alle conclusioni dell’organo tecnico», ciò non toglie che anche in tal caso il giudice sia tenuto a verificare, esplicitando in seguito le ragioni del suo convincimento, se la stima dell’UTE risulti o meno idonea a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi. Il giudice tributario non si deve limitare a richiamare la stima dell’UTE, ma la deve ponderare e valutare, ossia giudicarla attendibile all’esito di un coerente ragionamento condotto anche alla luce di ulteriori considerazioni sulle caratteristiche dei beni nonché sul comportamento ante causam dell’ufficio e su quello processuale dei contribuenti. È insufficientemente motivata la sentenza di merito che si limiti ad aderire fideisticamente alle conclusioni della stima UTE, considerando decisivo il fatto che il contribuente non abbia offerto una prova contraria alla stima stessa e con ciò determinando un’illegittima inversione dell’onere della prova che grava sull’ufficio Cass., sez. V Civile Tributaria, sent. numero 11487/2005 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 marzo – 8 maggio 2015, numero 9357 Presidente Cirillo – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. A seguito di processo verbale di constatazione del 26.4.2006, veniva notificato alla D. s.r.l., in data 6.12.2006, un avviso di accertamento, con il quale l'Ufficio recuperava a tassazione le maggiori IRES, IRAP ed IVA dovute in conseguenza dell'accertato maggior valore dell'immobile in Corato, rispetto a quello dichiarato, ceduto dalla predetta società alla H. s.r.l., con rogito notarile del 2.4.2003. 2. L'atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Bari, che accoglieva il ricorso. 3. L'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate veniva, peraltro, accolto dalla CTR della Puglia, con sentenza numero 76/8/2010, depositata il 15.9.2010, con la quale il giudice di seconde cure riteneva adeguatamente motivato l'atto impositivo, alla stregua dell'attività ispettiva dell'Ufficio, a sua volta fondata sulla stima dell'immobile compravenduto effettuata dall'Agenzia del Territorio. 4. Per la cassazione della sentenza numero 76/8/2010 ha proposto, quindi, ricorso la D. s.r.l. nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria ex articolo 378 c.p.c. La resistente ha replicato con controricorso. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso, la DO.VI.AL. s.r.l. denuncia la violazione degli articolo 7 della I. numero 212 del 2000, 1 e 3, co. 1, della I. numero 241 del 1990, 42, co. 2 del d.P.R. numero 600 del 1973, 56 del d.P.R. numero 633 del 1972, 7, co. 1 del d.lgs. numero 546 del 1992, 24, 97 e 111 Cost., in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.comma 1.1. Avrebbe errato la CTR nel non dichiarare illegittimo, e pertanto affetto da nullità, l'avviso di accertamento notificato alla società contribuente, sebbene l'Ufficio avesse integrato solo in giudizio la motivazione dell'atto impositivo, facendo riferimento - quale ulteriore ragione rafforzativa della pretesa fiscale azionata - alla mancata rivalutazione del corrispettivo della vendita dell'immobile secondo gli indici Istat, essendo inverosimile, ad avviso dell'Amministrazione appellante, che l'immobile fosse stato alienato, nell'aprile del 2003, allo stesso prezzo stabilito nel contratto preliminare, stipulato nel novembre del 1994. Osserva, per contro, la ricorrente che - costituendo la motivazione un requisito di legittimità di qualsiasi provvedimento amministrativo, compresi gli atti impositivi fiscali, alla sua mancanza o incompletezza non potrebbe in alcun modo ovviarsi nella diversa sede processuale. 1.2. Il motivo è inammissibile. 1.2.1. Va, per vero, considerato inammissibile in sede di legittimità il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e, pertanto, non costituente una ratio decidendi della medesima decisione. E' del tutto evidente, infatti, che un'affermazione siffatta contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per totale difetto di interesse della parte a farla valere cfr. Cass. 13068/2007 4053/2009 8676/2009 22380/2014 . 1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, il riferimento alla rivalutazione secondo gli indici Istat costituisce certamente una mera argomentazione svolta dalla CTR ad abundantiam, come si evince dal fatto che la decisione appare incentrata - in disparte il mancato aggiornamento del prezzo di vendita dell'immobile secondo gli indici Istat, dall'epoca del preliminare al rogito definitivo - esclusivamente sulla motivazione dell'avviso di accertamento, ritenuta dal giudice di appello adeguata, poiché fondata sulla stima effettuata dall'Agenzia del Territorio . 1.3. Per tali ragioni, dunque, la censura in esame non può essere accolta. 2. Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso - che per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - la D. s.r.l. denuncia la violazione degli articolo 7 della I. numero 212 del 2000, 1 e 3, co. 1, della I. numero 241 del 1990, 42, co. 2 del d.P.R. numero 600 del 1973, 56 del d.P.R. numero 633 del 1972, 24, 97 e 111 Cost., 2697 c.c. in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.c., nonché l'insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 5 c.p.comma 2.1. Si duole la ricorrente del fatto che la CTR abbia ritenuto - peraltro con motivazione del tutto incongrua - adeguatamente motivato l'atto impositivo ed, al contempo, adempiuto l'onere incombente sull'Ufficio di comprovare la fondatezza della pretesa fiscale azionata, esclusivamente sulla base della perizia di stima effettuata dall'Agenzia del Territorio. E ciò sebbene tale perizia si limitasse ad indicare i valori minimi e massimi dei fabbricati insistenti nella stessa zona, senza effettuare alcun accertamento tecnico specifico, avente ad oggetto l'immobile cui si riferisce l'atto impositivo per cui è causa. 2.2. Le censure sono fondate. 2.2.1. Ed invero, va rilevato che dinanzi al giudice tributario l’Amministrazione finanziaria si pone sullo stesso piano del contribuente, sicché la relazione di stima di un immobile redatta dall’Ufficio tecnico erariale, prodotta dall’Amministrazione finanziaria, costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto. E' bensì vero, infatti, che nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione. E tuttavia, è pur sempre necessario che il giudicante spieghi le ragioni per le quali ritenga corretta e convincente tale perizia, e per le quali la reputi idonea a superare le contestazioni e le osservazioni del contribuente cfr. Cass. 8890/2007 4363/2011 14418/2014 2193/2015 . 2.2.2. Ne discende che, qualora la rettifica del valore di immobili si fondi sulla stima effettuata dall’UTE, o da altro organo tecnico dell'Amministrazione, il giudice investito dalla relativa impugnazione come non può ritenere la suddetta stima istituzionalmente inattendibile - limitandosi a considerare l'Ufficio che la abbia redatta quale articolazione tecnica dell'Amministrazione, ontologicamente legata all'ente impositore - così non può considerarla attendibile tout court, senza verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando in motivazione le ragioni del proprio convincimento Cass. 17702/2009 9099/2012 . 2.2.3. Nel caso concreto, la CTR si è limitata - per contro - a ritenere motivato l'avviso di accertamento perché fondato sull'attività ispettiva svolta da funzionari dell'Ufficio, a sua volta basata sui dati desunti dalla stima effettuata dall'Agenzia del Territorio, senza indicare affatto le ragioni per le quali tale stima è stata ritenuta convincente ed idonea a superare le diffuse ed argomentate ragioni del contribuente, trascritte nel ricorso nel rispetto del principio di auto - sufficienza pp. 7 e ss. . 2.3. Le censure in esame vanno, di conseguenza, accolte. 3. L'accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo di ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR della Puglia, che procederà a nuovo esame della controversia, motivando adeguatamente in ordine a tutte le questioni suesposte ed attenendosi al seguente principio di diritto in tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di immobili si fondi sulla stima effettuata dall'UTE, o da altro ufficio tecnico, il giudice investito dalla relativa impugnazione non può ritenere la suddetta stima istituzionalmente inattendibile, poiché proveniente da un soggetto costituente un'articolazione dell' Amministrazione finanziaria, né considerarla di per sé attendibile e sufficiente a supportare l'atto impositivo, ma è tenuto a verificare se la stima stessa sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando le ragioni del proprio convincimento . 4. Il medesimo giudicante provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.