La conservazione dei dati personali un'ingerenza di vasta portata e di particolare gravità

La Corte di Giustizia UE ha dichiarato invalida la direttiva sulla conservazione dei dati personali perché «comporta un'ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario».

Con la nota numero 54/2014 dell’8 aprile 2014, la Corte di Giustizia europea, in riferimento alle cause riunite C-293/12 e C-594/12, ha dichiarato l'invalidità della Direttiva 2006/24/CE sulla conservazione dei dati personali, in quanto quest’ultima comporta «un'ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario». Gli effetti della decisione, inoltre, non sono stati limitati dalla Corte, per questo l’invalidità ha efficacia dalla data di entrata in vigore della direttiva che aveva modificato la precedente direttiva 2002/58/CE. Diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale. L’esame della direttiva era stata chiesta dall’Alta Corte irlandese e dalla Corte costituzionale austriaca. Sul piatto della bilancia ci sono il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale dati sensibili, in pratica. E i giudici comunitari, in particolare, hanno sottolineato che «i dati da conservare consentono di sapere con quale persona e con quale mezzo un abbonato o un utente registrato ha comunicato, di determinare il momento della comunicazione nonché il luogo da cui ha avuto origine e di conoscere la frequenza delle comunicazioni dell'abbonato o dell'utente registrato con determinate persone in uno specifico periodo». Tali dati, pertanto, «possono fornire indicazioni assai precise sulla vita privata dei soggetti i cui dati sono conservati, come le abitudini quotidiane, i luoghi di soggiorno permanente o temporaneo, gli spostamenti giornalieri o di diversa frequenza, le attività svolte, le relazioni sociali e gli ambienti sociali frequentati». Insomma, la conservazione di questi dati, e la possibilità per le autorità nazionali competenti di accedervi, porta – come già detto – ad «un'ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario». Vita privata costantemente sorvegliata? Infine, secondo la Corte, bisogna anche tener conto del fatto che «la conservazione ed il successivo utilizzo dei dati avvengano senza che l'abbonato o l'utente registrato ne siano informati può ingenerare negli interessati la sensazione che la loro vita privata sia oggetto di costante sorveglianza».

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