Gli ex concessionari per la riscossione dell’ICI sono obbligati al pagamento di una commissione a Poste Italiane, per ciascun bollettino postale emesso dal 1997 ad oggi.
Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza numero 7169 del 26 marzo 2014, in cui risolvono la difficile questione tra Equitalia e Poste Italiane in merito al pagamento di corrispettivi per la gestione dei conti correnti, accesi per la riscossione dell’ICI. Il caso. La Società Poste Italiane s.p.a. ha citato in giudizio la Cassa di risparmio di Bolzano s.p.a e la Equitalia Altoadige – Sudtirol s.p.a. per l’accertamento del proprio diritto ad applicare a carico del concessionario una commissione per ciascun versamento effettuato con bollettino postale ICI sui conti correnti all’uopo intestati alla convenuta Cassa, con la conseguente condanna di questa al pagamento di commissioni diversamente determinate, per il periodo dal 1° aprile 1997 al 31 maggio 2001 e per il periodo dal 1° giugno 2001 in poi. Il Tribunale prima, e la Corte d’appello poi, hanno rigettato la domanda ritenendola infondata, in quanto la richiesta di riconoscimento delle commissioni non risultava determinata nel quantum. Le Poste conseguentemente ricorrono per cassazione, chiedendo il riconoscimento delle commissioni dovute, essendo proprio la legge sull’ICI ad imporre al concessionario di accendere il conto corrente presso l’Ente Poste, così da agevolarne il pagamento grazie al capillare servizio da quest’ultima fornito. Oneri per l’accensione di un c/c postale. La Corte nel risolvere la vicenda osserva che il concessionario resistente non ha indicato su quale titolo si fondi la pretesa gratuità del servizio, insistendo invece sul regime monopolistico del rapporto intercorrente con l’Ente e sul fatto che l’apertura del conto corrente non sia stata frutto di una libera negoziazione tra le parti, ma abbia rappresentato per ambedue« l’adempimento di un obbligo di diritto pubblico », senza tener conto che siffatto rapporto è per sua natura oneroso ed è piuttosto chi ne pretende la gratuità, a doverne dimostrare la ragione. I corrispettivi sono dovuti. Pertanto la Corte afferma il seguente principio di diritto secondo cui « in tema di riscossione delle imposte, l’articolo 10 l. numero 504/1992 istitutiva dell’imposta comunale sugli immobili stabilisce che l’ICI deve essere corrisposta mediante versamento diretto al concessionario della riscossione o su apposito conto corrente postale intestato al concessionario stesso. Ne consegue che quest’ultimo è obbligato all’accensione di un conto corrente all’uopo destinato e che, in virtù del regime di monopolio legale, le Poste Italiane s.p.a. e prima della privatizzazione, l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni ha l’obbligo di contrattare in tal senso, osservando la parità di trattamento articolo 2597 c.c. . Il servizio di accensione e tenuta del conto corrente prestato dalla società obbliga il concessionario al pagamento di un corrispettivo, in assenza di disposizioni normative o contrattuali che disciplinino diversamente il rapporto». Le Sezioni Unite concludono ammettendo il pagamento delle commissioni sui conti correnti postali.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, sentenza 14 gennaio – 26 marzo 2014, numero 7169 Presidente Rovelli – Relatore Spirito Svolgimento del processo I - La Società Poste Italiane s.p.a. ha citato in giudizio la Cassa di Risparmio di Bolzano s.p.a. e la Equitalia Altoadige - Sudtirol s.p.a. per l'accertamento del proprio diritto ad applicare a carico del concessionario una commissione per ciascun versamento effettuato con bollettino postale ICI sui conti correnti all'uopo intestati alla convenuta Cassa, con la conseguente condanna di questa al pagamento di commissioni diversamente determinate per il periodo dal 1 aprile 1997 al 31 maggio 2001 e per il periodo dal 1 giugno 2001 in poi. L'attrice ha, altresì, proposto subordinata domanda di indennizzo ex articolo 2041 c.c Il Tribunale di Bolzano ha respinto la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte d'appello di Trento Sez. distaccata di Bolzano . In particolare, quest'ultima, con motivazione sul punto non assoggettata ad impugnazione in sede di legittimità, ha considerato infondata la domanda quanto alla richiesta di riconoscimento delle commissioni dal 1 aprile 1997, siccome non provata riguardo al quantum, ed ha poi esaminato la rilevanza dei commi 18 e 19 dell'articolo 2 della legge numero 662 del 1996 esclusivamente con riferimento alla domanda di riconoscimento del diritto di applicare la commissione solo a far tempo della richiesta del marzo 2001, riconoscendola del pari infondata. La soc. Poste Italiane propone ricorso per cassazione attraverso sei motivi. Risponde con controricorso la Equitalia Trentino Alto Adige Sudtirol s.p.a. Le parti hanno depositato memorie per l'udienza. II - Il primo motivo di ricorso, nel lamentare la violazione dell'articolo 2, commi 18 e 19, della legge numero 662 del 1996 e della normativa che disciplina i prezzi dei servizi offerti da Poste Italiane s.p.a., nonché il vizio della motivazione, chiede di sapere a se la disposizione del menzionato comma 18 costituisca la norma di riferimento per la fattispecie in questione e se tale norma preveda in via generale la facoltà dell'Ente Poste Italiane poi Poste Italiane s.p.a. di stabilire commissioni a carico di tutti i correntisti postali con decorrenza dal 1 aprile 1997, a prescindere dalla sussistenza di un regime di monopolio legale b se la disposizione di cui al menzionato comma 19 sia diversa e distinta dall'autonoma norma di cui al comma 18 e non sia alla stessa accomunabile, essendo applicabile solo ai servizi postali ed ai servizi di pagamento erogati da Poste Italiane, tra cui non rientra il servizio di incasso di bollettini postali su conti correnti postali c se Poste Italiane operi in relazione al servizio di incasso dell'ICI, in regime di libera concorrenza con altri soggetti d se, a seguito della legge numero 71 del 1994 si sia passati da un regime di monopolio legale e di disciplina pubblicistica dell'allora Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni ad un sistema di libera concorrenza e di libero mercato per quanto concerne i prezzi dei servizi offerti da Poste. Il secondo motivo, nel denunziare la violazione dell'articolo 10 del d.dlgs. numero 504 del 1992 e della normativa che disciplina la riscossione dell'ICI, nonché i vizi della motivazione, chiede di sapere a se né l'articolo 10 del d.lgs. numero 504 del 1992, né altra norma prevedano la gratuità, per il concessionario della riscossione dell'ICI, della tenuta dei conti correnti postali destinati all'incasso dell'imposta e la conseguente esenzione del concessionario stesso dal pagamento delle commissioni in questione, né in virtù cella natura giuridica del concessionario e dell'attività prestata, né per altri motivi. Il terzo motivo si duole della violazione delle disposizioni di cui agli articolo 2041 e 2042 c.c., nonché del vizio della motivazione riguardo al rigetto della domanda di ingiustificato arricchimento. Il quarto motivo censura la sentenza impugnata per omessa pronunzia in merito alla domanda di riconoscimento delle commissioni in questione in applicazione dell'articolo 3 del DPR numero 144 del 2001, a partire dal 1 giugno 2001. Il quinto motivo denunzia l'omessa pronunzia in ordine alla domanda di accertamento dell'assoggettamento del concessionario alla disciplina contrattuale del Conto BancoPostaImpresa, sottoscritto in data 4 febbraio 2002 e, dunque, di condanna generica al pagamento delle commissioni di incasso ivi previste. Il sesto motivo censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto sussistenti i giusti motivi per la compensazione delle spese di lite. La questione, già risolta a favore di Poste Italiane da questa Corte di legittimità attraverso due sentenze della Sezione Terza sent. 7 febbraio 2013, nnumero 2956 e 2957 , è stata sottoposta al giudizio delle Sezioni Unite da altro collegio della stessa Sezione ord. 20 giugno 2013, numero 15605 , la quale ha ritenuto di non condividere il precedente indirizzo e che la questione stessa sia di particolare importanza, per l'ampiezza del contenzioso di merito e per l'incidenza sul funzionamento dell'imposta. Il Primo Presidente ha assegnato la causa al giudizio delle Sezioni Unite. III - La controversia in trattazione si inquadra in un vasto contenzioso tra Poste Italiane s.p.a. ed i concessionari provinciali del servizio di riscossione dell'imposta comunale sugli immobili ICI . Come s'è visto, Poste Italiane assume che, per ogni versamento ICI effettuato dai contribuenti sull'apposito conto corrente postale intestato all'agente della riscossione, quest'ultimo debba pagare una commissione, a remunerazione del servizio di tenuta del conto, deducendo che l'esenzione degli agenti di riscossione dagli oneri commissionali pertinenti ai versamenti ICI non ha mai avuto base normativa e tantomeno si giustificherebbe dopo la liberalizzazione dei servizi e delle tariffe, correlata alla privatizzazione dell'operatore postale. La domanda principale ha natura contrattuale, in quanto fondata sul rapporto negoziale di conto corrente. In subordine, Poste Italiane formula domanda di indennizzo per arricchimento senza causa. La tesi favorevole a Poste Italiane s.p.a. Cass., Sez. III, sent. 7 febbraio 2013, nnumero 2956 e 2957 . Le sentenze Terza Sezione hanno accordato a Poste Italiane s.p.a. il diritto alla commissione - assorbita, pertanto, la questione dell'ingiustificato arricchimento - sulla base di argomenti letterali e sistematici. Premesso che dalle disposizioni di cui ai commi 18 e 19 dell'articolo 2 della legge numero 662 del 1996 è stata riconosciuta all'Ente Poste la facoltà di stabilire commissioni a carico dei correntisti postali, facoltà invece esclusa nelle ipotesi in cui l'Ente agisca in regime di monopolio legale, le pronunzie in questione ritengono decisiva la considerazione che, nell'ambito della riscossione dell'ICI, Poste Italiane non agisce in regime di monopolio, in quanto il versamento sul conto corrente che il legislatore impone al concessionario di aprire presso Poste Italiane è solo una delle modalità a disposizione del contribuente per versare l'imposta essendo possibile effettuare il versamento per il tramite del sistema bancario . Il rapporto di conto corrente tra Poste Italiane e agente della riscossione si distingue, dunque, dal rapporto istituito tra Poste Italiane e contribuente all'atto della solutio non rileva che l'utilizzazione del modo di pagamento a mezzo del versamento sul conto corrente postale preveda una tassa a carico del contribuente, poiché essa riguarda il servizio reso al medesimo, laddove oggetto della controversia è il corrispettivo ontologicamente diverso per la gestione del conto corrente intestato al concessionario. Secondo i precedenti citati, il disposto dell'articolo 10 del d.lgs. numero 504 del 1992, da un lato, conferma che il versamento sul conto corrente postale rappresenta una soltanto delle modalità di pagamento utilizzabili dal contribuente e, dall'altro, stabilisce la commissione spettante al concessionario, senza nulla prevedere in ordine alle spese, le quali, pertanto, rimangono disciplinate dalle norme che regolano le modalità di pagamento scelte dal contribuente. In buona sostanza, queste sentenze ritengono fondamentale che manchi una disciplina normativa esonerante il concessionario dal pagamento di un corrispettivo per la gestione del conto corrente, pur obbligatoriamente aperto presso Poste Italiane. Tesi favorevole all'esattore provinciale Cass., Sez. III, ord. 20 giugno 2013, numero 15605 . Nell'ordinanza interlocutoria la Sezione Terza ipotizza che la disciplina della riscossione dell'ICI, di cui all'articolo 10 del d.lgs. numero 504 del 1992, costituisca, rispetto alla normativa sulla privatizzazione di Poste Italiane, di cui ai commi 18 e 19 dell'articolo 2 della legge numero 662 del 1996, un microsistema , il quale, essendo funzionale ad un regime d'imposta, sarebbe insensibile agli effetti della privatizzazione medesima. Pertanto, se il sistema di funzionamento dell'imposta vigente prima di essa escludeva, com'è pacifico, che il concessionario dovesse corrispondere alcunché al vecchio Ente Poste, risulta, in mancanza di indici normativi sicuri, criterio esegetico scorretto quello per cui il fenomeno della privatizzazione verrebbe ad incidere su uno degli aspetti della disciplina impositiva di cui trattasi. Ove si reputasse altrimenti - aggiunge il Collegio remittente - dovrebbe affermarsi, senza un preciso riscontro nella volontà del legislatore, che una nuova legge disciplinatrice di un fenomeno di privatizzazione di un settore già avente regime di amministrazione statale avrebbe determinato effetti sul microsistema della disciplina di una imposta, conclamandosi una violazione del principio lex posterior generalis non derogai legi priori speciali. La questione viene impostata a favore del concessionario, oltre che sul piano del rapporto tra le fonti, sul versante teleologia e dell'argomentazione orientata alle conseguenze. Invero, di per sé, l'essere diventato l'Ente poste soggetto privato e operante in regime di libera concorrenza non si comprende come potrebbe rifluire sul modo di funzionamento della disciplina legislativa di una imposta sol perché continui ad esservi coinvolto il soggetto Poste nella nuova dimensione. Potrebbe, altresì, esserne alterato il funzionamento concreto dell'imposta, in quanto l'onere commissionale potrebbe, infatti, indurre l'esattore a recedere dalla concessione, poiché la legge gli assegna solo un aggio predeterminato in relazione all'ammontare del riscosso, né egli era all'origine in grado di preventivare detto onere tra i costi d'impresa. All'argomento che esclude la qualificazione monopolistica della fattispecie in ragione delle possibilità del contribuente di versare l'imposta altrove che sul conto corrente postale, l'ordinanza replica che queste possibilità alternative riguardano il rapporto impositivo, quindi, per l'appunto, il contribuente, mentre al concessionario della riscossione non è data scelta alcuna, essendogli fatto obbligo di accendere il conto corrente e di farlo presso Poste Italiane. Da ultimo, osserva l'ordinanza che, ove anche Poste Italiane avesse titolo, dopo la privatizzazione, ad esigere una commissione dall'agente della riscossione, andrebbe verificato se la commissione a carico del correntista esattore possa essere stabilita, pur nel legittimo esercizio del potere di regolamentazione del servizio, per ogni operazione di conto corrente e non per l'accensione del conto e, semmai, in ragione di durate eventualmente annuali del rapporto. La normativa di riferimento e la sua interpretazione. Così delimitato l'ambito del dibattito, prima di giungere alla soluzione della questione occorre verificare quali siano i riferimenti normativi che disciplinano la vicenda. I - Il d.lgs. 30 dicembre 1992, numero 504, recante la disciplina dell'imposta comunale sugli immobili, stabilisce che il versamento dell'imposta può essere effettuato anche tramite versamenti su conto corrente postale con bollettini conformi al modello indicato con circolare del Ministero delle finanze articolo 10, comma 2 ed aggiunge che l'imposta deve essere corrisposta mediante versamento diretto al concessionario della riscossione [ .] ovvero su apposito conto corrente postale intestato al predetto concessionario , al quale ultimo spetta una commissione gravante sul Comune impositore, in misura percentuale sulle somme riscosse, con un minimo e un massimo per ogni versamento effettuato dal contribuente articolo 10, comma 3 . Nell'originario impianto normativo, il versamento in autoliquidazione ha, dunque, un solo possibile destinatario, che è il concessionario del servizio di riscossione, il quale può riceverlo secondo modalità alternative, direttamente presso di sé oppure per il tramite del conto corrente postale. Il versamento postale è in facoltà del contribuente, cui la legge rende accessibile la capillare rete degli sportelli postali, in tal modo agevolando l'adempimento dell'obbligazione tributaria. L'apertura del conto corrente è obbligatoria, sia per l'agente della riscossione, sia per Poste Italiane, che ne sia richiesta, i quali non potrebbero negare ai contribuenti uno dei metodi di pagamento concessi dal legislatore. L'apertura del conto risponde pure agli interessi dell'ente territoriale e dell'esattore, che, grazie alla diffusione degli sportelli postali, incrementano la raccolta, con beneficio immediato per le casse comunali, raggiunte da maggior gettito, e con vantaggio indiretto per il concessionario, ampliandosi la base di calcolo di quanto dovutogli dall'ente impositore a titolo di commissione. La norma tace sui costi del servizio di gestione del conto corrente, fondando il dubbio all'origine del contenzioso in scrutinio che tali costi debbano restare a carico dell'azienda postale e che questa si trovi ad operare, nella specie, a titolo gratuito. II - Il tema diviene ancora più centrale nell'orizzonte della privatizzazione. L'articolo 2, comma 18, della legge 23 dicembre 1996, numero 662 “Misure in materia di servizi di pubblica utilità , dispone che, entro il 31 marzo 1997, l'Ente poste italiane propone ai beneficiari dei pagamenti delegati previsti all'articolo 4 del d.P.R. 9 febbraio 1972, numero 171, l'accredito diretto su conti correnti o conti di deposito postale, previa definizione delle caratteristiche e condizioni di remunerazione di questi ultimi, tramite accordo con il Ministero del Tesoro e la Cassa depositi e prestiti statuisce inoltre che il tasso d'interesse riconosciuto ai titolari di conto corrente postale è determinato dall'Ente poste italiane e può essere definito in maniera differenziata per tipologia di correntista e per caratteristiche del conto, fermo restando l'obbligo di pubblicità e di parità di trattamento in presenza di caratteristiche omogenee aggiunge infine che in maniera analoga, l'Ente poste italiane può stabilire commissioni a carico dei correntisti postali . La norma senza tener conto del riferimento all'articolo 4 del d.P.R. numero 171 del 1972, che concerne i servizi di pagamento delegati dallo Stato e, pertanto, non attinente alla questione in esame , oltre a regolare, dunque, la fissazione del tasso d'interesse riconosciuto ai titolari di conto corrente postale, legittima Poste Italiane a stabilire commissioni a carico dei correntisti postali , ribadendo, in tal modo, la qualificazione di potenziale onerosità del rapporto. Il comma 19 dell'articolo 2 della legge numero 662 del 1996 già citato in precedenza e posto a fondamento di tutte le decisioni finora esaminate è composto di tre incisi. Alla trattazione della questione interessano i primi due, che così recitano i servizi postali e di pagamento per i quali non è esplicitamente previsto dalla normativa vigente un regime di monopolio legale sono svolti dall'Ente poste italiane e dagli altri operatori in regime di libera concorrenza. In relazione a tali servizi, cessa, con decorrenza dal 1 aprile 1997, ogni forma di obbligo tariffario o sociale posto a carico dell'Ente poste italiane nonché ogni forma di agevolazione tariffaria relativa ad utenti che si avvalgono del predetto Ente . A questo punto è possibile trarre un primo dato certo la locuzione servizi postali e di pagamento appare così estesa da includere il servizio di tenuta del conto corrente dedicato all'imposta comunale sugli immobili, atteso che il servizio di riscossione per il tramite del conto corrente è un servizio di pagamento , strutturato nelle forme della adiectio solutionis causa. Sicché, sicuramente la vicenda in trattazione deve ritenersi disciplinata dall'ultima, menzionata disposizione diversamente da quanto ritenuto dalle sentenza della Terza Sezione , alla cui interpretazione bisogna per il momento dedicarsi. L'ermeneutica letterale porta sicuramente a ritenere che la disposizione del comma 19 contiene, in relazione ai servizi postali e di pagamento, due diversi precetti a l'ente Poste agisce in regime di libera concorrenza solo laddove non è previsto un regime di monopolio legale b laddove preesistessero forme di obbligo tariffario o sociale ed agevolazioni tariffarie a carico dell'ente medesimo, esse sono venute a cessare alla data del 1 aprile 1997. I precetti sono l'uno indipendente dall'altro il primo, letto a contrario, intende dire che l'esistenza di un monopolio esclude che il nuovo ente privato agisca in regime di libera concorrenza proposizione, questa, pressoché tautologica il secondo, stabilisce che, sempre riguardo ai servizi postali e di pagamento, eventuali esenzioni o agevolazioni preesistenti, a carico dell'ente stesso, sono venute meno a quella data. L'unico elemento di congiungimento tra i due incisi è costituito dai servizi postali e di pagamento , non da quei servizi svolti o non sotto regime di monopolio. Il testo della disposizione non autorizza, dunque, a ritenere, per una sorta di accavallamento o di sovraimpressione, che l'esistenza di un regime monopolistico attribuisca o continui ad attribuire esenzioni o agevolazioni non preesistenti alla data. E ciò in quanto lo si ripete si tratta di due distinte previsioni normative, la seconda delle quali è condizionata all'ipotesi che, anteriormente alla privatizzazione dell'Ente Poste Italiane, esistessero fonti di natura legislativa o contrattuale che sottraessero il servizio prestato da quest'ultimo alla sua naturale onerosità. La soluzione della questione. Sulla base di tutto quanto premesso, è ora possibile giungere alla soluzione della questione sottoposta al giudizio delle SU, anticipando subito che le critiche mosse dall'ordinanza interlocutoria alle due sentenze gemelle della Sezione Terza hanno il loro sicuro fondamento, pur dovendosi, infine, pervenire alla medesima conclusione alla quale quelle stesse sentenze sono pervenute. I - È valida, infatti, l'osservazione dell'ordinanza, secondo cui la disciplina dell'ICI, regolata dal d.lgs. numero 504 del 1992, costituisce un microsistema che, essendo finalizzato al regime impositivo ivi previsto, non può risentire della vicenda della c.d. privatizzazione dell'Ente Poste per cui, se, in passato, il concessionario fosse stato effettivamente esonerato dal corrispondere alcunché all'Ente stesso per le prestazioni resegli, quella vicenda non potrebbe avere alcuna efficacia modificativa s,u uno degli aspetti della disciplina impositiva in questione, così da rendere oneroso quello che in passato era gratuito. Altrettanto valida, soprattutto, è la critica concernente l'affermata assenza della caratteristica monopolistica del rapporto instaurato tra il concessionario e l'ente gestore del servizio postale. A riguardo, sbagliano, infatti, le sentenze citate nel fondare siffatta affermazione sulle considerazioni che la disposizione del 19 comma dell'articolo 2 della legge numero 662 del 1996 non concernerebbe i conti correnti postali e che, comunque, il contribuente potrebbe pagare l'imposta anche attraverso altri canali tra i quali, il servizio bancario . In primo luogo, s'è già visto che il tenore letterale della disposizione in esame i servizi postali e di pagamento . non consente di escludere i conti correnti postali da quella serie di servizi ai quali il comma legislativo in trattazione fa riferimento. In secondo luogo, le sentenze non tengono in giusto conto che le possibilità alternative di pagamento, offerte al contribuente, concernono il rapporto tra quest'ultimo ed il concessionario, senza nulla inferire nel rapporto tra il concessionario e l'ente gestore del servizio di conto corrente rapporto che, effettivamente, ha natura monopolistica, per la semplice ragione che come s'è visto è la legge sull'ICI ad imporre al concessionario di accendere il conto corrente presso l'Ente Poste, così da agevolare il pagamento dell'imposta attraverso il capillare servizio da quest'ultimo offerto esteso successivamente al servizio bancario . In altri termini, per volontà normativa, il concessionario non potrebbe esimersi dall'accendere l'apposito conto corrente, così come l'ente postale non potrebbe rifiutarsi di adempiere a siffatta richiesta del concessionario. E questo solo questo è il senso da attribuirsi al primo inciso del più volte citato comma 19 della legge sulla privatizzazione dell'Ente Poste, coordinato con l'articolo 10 del d.lgs. numero 504 del 1992 in materia di ICI, allorquando afferma che i servizi postali e di pagamento per i quali non è esplicitamente previsto dalla normativa vigente un regime di monopolio legale sono svolti dall'Ente poste italiane e dagli altri operatori in regime di libera concorrenza . Senso, più in generale, desumibile dal dettato dell'articolo 2597 c.c., secondo il quale chi esercita un'impresa in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità di trattamento . Nulla autorizza, invece, ad affermare la gratuità delle prestazioni in questione, così come sostenuto dalla sentenza impugnata ed opinato dall'ordinanza interlocutoria. Infatti, predicare che il rapporto intercorrente tra il concessionario e l'Ente ha natura monopolistica non comporta necessariamente che, senza l'individuazione di un sicuro dato normativo o contrattuale in proposito, le prestazioni svolte dal secondo in favore del primo siano caratterizzate dalla gratuità. Tutto l'ormai superato sistema d'erogazione di beni e servizi in regime di monopolio si pensi all'energia, al trasporto ferroviario o alla telefonia comportava l'obbligo degli enti erogatori di contrattare con gli utenti in parità di condizioni, ma non certamente la gratuità dell'erogazione. Né, come s'è visto, è possibile leggere il primo inciso del comma 19 in stretto e diretto collegamento con il secondo inciso dello stesso quello che fa cessare le esenzioni e le agevolazioni tariffarie alla data del 1 aprile 1997 . II - Piuttosto, ed a prescindere dalla naturale onerosità di siffatto servizio, occorre osservare che tutto il regime normativo di contorno depone in tal senso. Già l'articolo 3 della legge 25 aprile 1961, numero 355, aveva espresso un chiaro sfavore per la gratuità dei servizi delle Poste, anche se resi a favore di enti pubblici, in quanto il mancato recupero dei costi non può che incidere negativamente sugli equilibri di bilancio, sicché erano state abrogate tutte le norme per le quali l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni è tenuta ad effettuare a titolo in tutto o in parte gratuito prestazioni per conto di Amministrazioni dello Stato o di Enti ed Istituti . S'è già visto come il comma 18 dell'articolo della legge numero 662 del 1996 attribuisca al rapporto di conto corrente postale la qualificazione di potenziale onerosità dello stesso. Per altro verso, i servizi di bancoposta - che annoverano i servizi di riscossione tramite conto corrente postale - sono tradizionalmente onerosi, con determinazione tariffaria rimessa alla sede ministeriale articolo 7 del d.P.R. 29 marzo 1973, numero 156 articolo 7 della legge 26 aprile 1983, numero 130 . A fortiori, sono onerosi nel regime privatistico, attesa l'equiparazione tra conto corrente postale e conto corrente bancario, introdotta dal regolamento dei servizi di bancoposta, di cui al d.P.R. 14 marzo 2001, numero 144. L'articolo 3 del d.P.R. numero 144 del 2001 dispone che per quanto non diversamente previsto nel presente decreto, i rapporti con la clientela ed il conto corrente postale sono disciplinati in via contrattuale nel rispetto delle norme del codice civile e delle leggi speciali comma 1 , riconoscendo, proprio sul modello dei conti correnti bancari, la legittimità delle variazioni unilaterali sfavorevoli al correntista in ordine alle condizioni dei rapporti a tempo indeterminato comma 2 . Inoltre, la privatizzazione ha rifondato in senso contrattuale anche i servizi di tesoreria a favore degli enti pubblici la società Poste Italiane S.p.A. è autorizzata all'esercizio del servizio di tesoreria degli enti pubblici, secondo modalità stabilite con convenzione , ed è autorizzata a effettuare incassi e pagamenti per conto delle amministrazioni pubbliche , a tal fine eseguendo le operazioni di versamento e prelevamento con modalità da stabilire convenzionalmente articolo 40 della legge 23 dicembre 1998, numero 448 . Alla liberalizzazione tariffaria implicita nella privatizzazione dei servizi postali non riservati si sovrappongono, per ciò che qui interessa, gli effetti dell'autonomia regolamentare conferita agli enti locali in ambito tributario. Quanto all'ICI, l'articolo 59, comma 1, lett. n , del d.lgs. 15 dicembre 1997, numero 446, stabilisce che i Comuni possono razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti, sia in autotassazione che a seguito di accertamenti, prevedendo, in aggiunta o in sostituzione del pagamento tramite il concessionario della riscossione, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del Comune e quello direttamente presso la tesoreria medesima, nonché il pagamento tramite sistema bancario tale disposizione è stata abrogata dalla legge 27 dicembre 2006, numero 296, ma senza effetti pratici, in quanto la predisposizione delle modalità di versamento rientra nella potestà regolamentare generale in materia tributaria, assicurata ai Comuni dall'articolo 52 del d.lgs. numero 446 del 1997 Ministero economia finanze, nota 31 gennaio 2007 . Gli articolo 52 e 59 del d.lgs. numero 446 del 1997 segnano la fine dell'esclusività della riscossione ICI tramite concessionario, venendo essi ad ammettere, in aggiunta o sostituzione, la riscossione in proprio dell'ente impositore c.d. gestione diretta o in economia e la riscossione tramite circuito bancario. Dal canto suo, il concessionario provinciale lo si è già detto resta vincolato all'apertura del conto corrente postale, anche laddove si convenzioni con istituti di credito. Ne fa fede l'articolo 5 del d.m. 10 dicembre 2001, per cui il modello di bollettino di conto corrente postale può essere utilizzato per effettuare il versamento dell'imposta comunale sugli immobili presso le aziende di credito convenzionate con il concessionario della riscossione” comma 1 , ma, in tal caso, “l'importo di ogni somma indicata sul bollettino di conto corrente postale deve essere versato dalla banca convenzionata sul conto corrente postale intestato al concessionario della riscossione comma 2 . La situazione è destinata a mutare per effetto della previsione dell'articolo 7, comma 2, lett. gg - septies , del d.l. 13 maggio 2011, numero 70, conv. in legge 12 luglio 2011, numero 106, a tenore della quale, nel caso di esternalizzazione del servizio, la riscossione viene effettuata mediante l'apertura di uno o più conti correnti, postali o bancari , intestati al soggetto affidatario, che riversa in tesoreria le somme riscosse, al netto dell'aggio e delle spese anticipate . Rilevante innovazione nel sistema di riscossione dell'imposta comunale sugli immobili è stata apportata dall'estensione del modello F24. Con provvedimento direttoriale del 20 giugno 2002, l'Agenzia delle entrate ha approvato il modello F24 per il versamento dell'imposta comunale sugli immobili presso banche, agenzie postali e concessionari della riscossione . La determinazione amministrativa va intesa alla luce dell'articolo 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, numero 241, che ha introdotto il sistema del versamento unitario e della compensazione delle imposte, nonché alla luce dell'articolo 62 del d.lgs. 30 luglio 1999, numero 300, che ha attribuito all'Agenzia delle entrate le funzioni di riscossione dei tributi locali sulla base di apposite convenzioni stipulate con gli enti impositori. Peraltro, la necessità della base convenzionale per il versamento dell'ICI tramite modello F24 è venuta meno ad effetto della previsione dell'articolo 37, comma 55, del d.l. 4 luglio 2006, numero 223, conv. in legge 4 agosto 2006, numero 248. Questa forma di adempimento, estremamente vantaggiosa per il contribuente, che può unificare i versamenti delle imposte ed operarne la compensazione, appare destinata a sostituire, nella prassi, la tradizionale modalità di pagamento tramite bollettino di conto corrente postale. In ultima analisi, la stratificazione normativa ha definito un'ampia pluralità dei mezzi di versamento dell'ICI, in gran parte lasciata all'autodeterminazione regolamentare di ciascun Comune, in sintonia con la direttiva autonomistica del federalismo fiscale. Al versamento diretto presso il concessionario e al versamento sul conto corrente postale intestato al concessionario - modalità originariamente e-sclusive - si aggiungono o sostituiscono il versamento diretto alla tesoreria comunale, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria e il versamento tramite sistema bancario, con generalizzata facoltà di impiego del modello F24-ICI. III - Tornando ora alla vicenda in esame, non può farsi a meno di osservare che neppure il concessionario resistente sa indicare su quale titolo legale o contrattuale fondi la pretesa gratuità del servizio, limitandosi piuttosto a ribadire la tesi accolta dal giudice d'appello e di tutti quei giudici che sinora si sono pronunziati in tal senso e ad insistere, dunque, sul regime monopolistico del rapporto intercorrente tra sé e l'ente postale e sul fatto che l'apertura del conto corrente non sia frutto di libera negoziazione tra le parti, ma rappresenti per ambedue l'adempimento di un obbligo di diritto pubblico . Giungendo ad affermare che la pretesa di controparte non è legittima perché non trova fondamento in alcuna norma cfr. pagg. 25 e 26 del controricorso , senza tener conto che siffatto rapporto lo si è già detto è per sua natura oneroso ed è, piuttosto, chi ne pretende la gratuità che deve dimostrarne la ragione. Ancora nella memoria depositata per l'udienza innanzi a queste S.U., Equitalia Nord insiste sulla circostanza che, nel caso in esame, non esiste una pluralità di soggetti abilitati a ricevere il pagamento dell'ICI, ma solo il concessionario della riscossione attraverso i propri sportelli e Poste Italiane per il tramite dei bollettini di conto corrente in forza dell'articolo 10 del d.lgs. numero 504 del 1992, facendone derivare l'inapplicabilità della disciplina di cui alla legge numero 662 del 1996. Si tratta, insomma, di tutti argomenti già confutati in precedenza. IV - Resta, piuttosto, da fugare la preoccupazione espressa dall'ordinanza remittente relativamente all'alterazione che potrebbe derivare - in ipotesi di opzione favorevole all'Ente Poste - sulla concreta possibilità di funzionamento applicativo dell'imposta in questione, atteso che l'onere cui si troverebbe esposto il concessionario al quale il terzo comma dell'articolo 10 del decreto istitutivo dell'ICI assegna una commissione gravante sul Comune impositore, in misura percentuale sulle somme riscosse, con un minimo ed un massimo per ogni versamento effettuato dal contribuente potrebbe indurlo a recedere dal rapporto di concessione a causa dell'alterazione delle condizioni con le quali veniva in precedenza svolto. In altri termini, si teme che, una volta affermata la legittimità della pretesa dell'Ente Poste di un corrispettivo, a carico del concessionario, per l'accensione e la tenuta del conto corrente posto a disposizione del contribuente ai fini del versamento dell'ICI, derivi uno squilibrio nei rapporti tra l'ente locale avente diritto al tributo ed il concessionario, il quale ultimo sarebbe gravato da un costo di impresa non preventivato e non assorbibile dalla misura dell'aggio legalmente predeterminato. Orbene, a questa preoccupazione basta rispondere che alla sopravvenien-za di un siffatto squilibrio contrattuale soccorre lo strumento della rinegoziazione della concessione-contratto studiata in dottrina proprio per la revisione da sopravvenienza, ai sensi degli articolo 1375, 1467 e 1664 c.c. tra Comune ed agente per la riscossione, anche nella forma della riduzione ad equità. Rinegoziazione che tenga conto a del fatto che il rapporto intercorrente tra Comune impositore e concessionario si atteggia come mandato senza rappresentanza, in cui il mandatario il concessionario accende e tiene il conto corrente in nome proprio, ma nell'interesse del mandante il Comune , ai sensi dell'articolo 1705 c.c. b che da questa configurazione consegue che il mandante non solo deve somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e l'adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratto in proprio nome articolo 1719 c.c. , ma deve, altresì, rimborsare al mandatario le anticipazioni connesse all'esecuzione del mandato articolo 1720 c.c. c della peculiarità dei conti correnti dei quali si discute, posto che, a norma dell'articolo 5, comma 3, del d.l. 8 agosto 1996, numero 437, conv. in legge 24 ottobre 1996, numero 556, gli interessi maturati sui conti correnti postali istituiti per il versamento dell'imposta comunale sugli immobili sono versati in favore degli enti destinatari proporzionalmente al gettito dell'imposta spettante a ciascun ente per l'anno cui si riferiscono gli interessi medesimi . V - In conclusione, in accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi di ricorso, può essere enunciato il principio secondo cui In tema di riscossione delle imposte, l'articolo 10 della legge numero 504 del 1992 istitutiva dell'Imposta Comunale sugli Immobili stabilisce che l'ICI deve essere corrisposta mediante versamento diretto al concessionario della riscossione o su apposito conto corrente postale intestato al concessionario stesso. Ne consegue che quest'ultimo è obbligato all'accensione del conto corrente all'uopo destinato e che, in virtù del regime di monopolio legale, la Poste Italiane s.p.a. e, prima della privatizzazione, l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni ha l'obbligo di contrattare in tal senso, osservando la parità di trattamento articolo 2597 c.c. . Il servizio di accensione e tenuta del conto corrente prestato dalla società obbliga il concessionario al pagamento di un corrispettivo, in assenza di disposizioni normative o contrattuali che disciplinino diversamente il rapporto . Tutti gli altri motivi risultano assorbiti. La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata ed il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte di cassazione, a Sezioni Unite, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione, anche perché provveda sulle spese del giudizio di cassazione.