Indirizzare gli acquirenti verso lo spacciatore non è reato, almeno non sempre

Se non sussiste la ripartizione di competenze tra colui che “aggancia” il cliente e il complice che detiene materialmente lo stupefacente, non può configurarsi il concorso nel reato di cessione di sostanze stupefacenti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 11919/2014, depositata il 12 marzo scorso. La fattispecie. Il Tribunale di Napoli, ritenendo sussistenti gli elementi indiziari a carico di un indagato per il reato di concorso in cessione di sostanze stupefacenti dei tipo cocaina, aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere. L’accusa era di aver indirizzato alcuni acquirenti delle dosi di cocaina verso il soggetto - il nipote dell’indagato - che poi aveva loro venduto la droga. Apporto materiale all’attività di spaccio? L'ordinanza impugnata riconosceva la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, ritenendo che la sua condotta fosse caratterizzata da un apporto materiale all'attività di spaccio pienamente consapevole. Il difensore dell’indagato, dunque, propone ricorso per cassazione. Secondo quest’ultimo, infatti, la motivazione del Tribunale ha del tutto trascurato la dichiarazione resa dallo stesso indagato, che aveva escluso ogni suo coinvolgimento in ordine all'episodio di cessione della droga. Non sussiste la ripartizione di competenze tra colui che “aggancia” il cliente e il complice che detiene materialmente lo stupefacente. Le dichiarazioni dei 2 acquirenti – afferma il ricorrente - possono indurre ad un mero sospetto su un suo coinvolgimento nell'illecita attività, «ma non costituisce certo un indizio dotato di quella gravità necessaria per giustificare l'emissione di un provvedimento cautelare personale». Della stessa opinioni sono i Giudici di legittimità i quali, annullando l’ordinanza senza rinvio, sottolineano che l’indagato «avrebbe potuto indirizzare quegli acquirenti in modo del tutto estemporaneo verso il nipote». Non solo, «anche volendo ammettere che fosse a conoscenza dell'attività di spaccio svolta da questi» - precisano gli Ermellini - «tuttavia non può da ciò dedursi fondatamente il concorso nella cessione dello stupefacente, in assenza di altri elementi probatori, che avrebbero potuto essere rappresentati, ad esempio, dalla ripetizione della condotta di indirizzare altri acquirenti verso lo spacciatore, situazione questa che avrebbe consentito di riconoscergli un vero e proprio ruolo di concorrente nella attività di spaccio». Insomma, la condotta posta in essere è limitata nel tempo e si riferisce ad un unico episodio, per questo non può dedursi alcun elemento ulteriore per ritenere che l'indagato abbia concorso nello spaccio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 novembre 213 – 12 marzo 2014, numero 11919 Presidente Milo – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli ha accolto parzialmente l'appello proposto dal pubblico ministero ex articolo 310 c.p.p. contro l'ordinanza del 25 marzo 2013 con cui il G.i.p. di quello stesso Tribunale aveva respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di A.F. per il reato di concorso in cessione di sostanze stupefacenti dei tipo cocaina, disponendo la misura degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione a carico dell'indagato. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti gli elementi indiziari a carico del F. sulla base dell'osservazione diretta della p.g. e delle dichiarazioni rese da G.C. e G.G. in particolare, questi ultimi, acquirenti delle dosi di cocaina, hanno riferito di essere stati indirizzati dall'indagato verso il soggetto che poi ha loro venduto la droga, risultato essere il nipote di A.F. 2. L'avvocato G.C., difensore dei F., ha proposto ricorso per cassazione. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto il vizio di motivazione in relazione ella mancanza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, rilevando che l'ordinanza impugnata ha trascurato una serie di circostanze, puntualmente evidenziate dalla difesa e dallo stesso provvedimento negativo del G.i.p., che consentono di ritenere l'estraneità di A.F. nell'attività di cessione della droga tra cui la breve durata dei servizio di osservazione della p.g. l'unico episodio di cessione la confessione del coindagato A.F., che ha escluso il coinvolgimento di A.F. . 2.2. Con il secondo motivo ha censurato l'ordinanza per violazione dell'articolo 274 c.p.p. e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Considerato in diritto 3. Il primo motivo è fondato e assorbe l'altro. L'ordinanza impugnata ha riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, ritenendo che la sua condotta si sia caratterizzata per un apporto materiale all'attività di spaccio pienamente consapevole. Invero, la motivazione con cui il Tribunale ha valorizzato gli elementi indiziari acquisiti non appare immune da censure, in quanto ha del tutto trascurato la dichiarazione resa da A.F., che ha escluso ogni coinvolgimento dell'imputato in ordine all'episodio di cessione della droga. Inoltre, sul contributo del ricorrente all'attività di spaccio vi sarebbero, nella ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale, le informazioni date ai due acquirenti su dove procurarsi lo stupefacente, circostanza questa che, come già rilevato nell'ordinanza del G.i.p., può indurre ad un mero sospetto su un suo coinvolgimento nell'illecita attività, ma non costituisce certo un indizio dotato di quella gravità necessaria per giustificare l'emissione di un provvedimento cautelare personale. Lo stesso servizio di osservazione effettuato dalla polizia giudiziaria non consente di valutare se e in che termini si sia concretizzato l'apporto di A.F. nella specifica cessione di droga, dal momento che, come ha osservato lo stesso G.i.p., avrebbe potuto indirizzare quegli acquirenti in modo del tutto estemporaneo verso il nipote e anche volendo ammettere che fosse a conoscenza dell'attività di spaccio svolta da questi, tuttavia non può da ciò dedursi fondatamente il concorso nella cessione dello stupefacente, in assenza di altri elementi probatori, che avrebbero potuto essere rappresentati, ad esempio, dalla ripetizione della condotta di indirizzare altri acquirenti verso lo spacciatore, situazione questa che avrebbe consentito di riconoscergli un vero e proprio ruolo di concorrente nella attività di spaccio, in una ripartizione di competenze tra colui che aggancia il cliente e il complice che detiene materialmente lo stupefacente in funzione della vendita. Ma dal servizio di osservazione effettuato dalla polizia giudiziaria, limitato nel tempo e riferito ad un unico episodio, non può dedursi alcun elemento ulteriore per ritenere che l'indagato abbia concorso nello spaccio. 4. La assoluta carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza determina l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata senza rinvio.