Cade da un ponte di 4 metri: responsabili datore di lavoro e capo cantiere per violazione delle norme di prevenzione

In tema di infortuni sul lavoro - dovuti a violazione di norme cautelari - il datore di lavoro può trasferire la propria posizione di garanzia ad altri, ma la delega deve risultare in modo certo. Diversamente, se in concreto vi sono più titolari della posizione di garanzia quale il capo cantiere, oltre al datore , gli obblighi di protezione incombono su entrambi i destinatari.

Il caso. Sul cantiere dove la vittima prestava attività lavorativa avveniva un incidente la persona offesa cadeva da un ponte alto circa 4 metri e si procurava lesioni personali guaribili in oltre 20 giorni. L’episodio dava origine a un processo penale perché il lavoratore subiva lesioni personali, ritenute colpose e addebitate al datore di lavoro e al direttore dei lavori e capo cantiere. Ai 2 si attribuiva la violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, omissione che aveva prodotto l’evento lesivo. Giudicati per cooperazione nella realizzazione del reato, entrambi gli imputati venivano condannati a causa delle accertate colpevoli omissioni attinenti il rispetto delle norme in materia di sicurezza nei cantieri edili e di vigilanza delle condizioni di sicurezza del lavoro nel cantiere dagli stessi gestito. Dopo una riduzione della pena ottenuta in sede d’appello, i due condannati ricorrevano davanti alla corte di legittimità con un duplice rilievo uno sostanziale, attinente alla titolarità della posizione di garanzia asseritamente inesistente e l’altro processuale, relativo al legittimo impedimento del difensore e alla pretesa nullità della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del primo grado. Tutte le censure, introdotte sotto il vizio di «violazione di legge e vizio di motivazione», sono giudicate infondate dalla Corte di Cassazione. Colposa omissione produttiva di responsabilità penale. In virtù del disposto dell’articolo 40 cpv. c.p., la condotta omissiva del titolare di un obbligo giuridico che non impedisce un evento equivale a cagionarlo. Come noto, si tratta della clausola di equivalenza tra “non impedire” e “cagionare” un evento in presenza di una posizione di garanzia che produce le fattispecie c.d. omissive improprie, perché nascono dal matrimonio tra l’articolo 40 cpv c.p. e le fattispecie di parte speciale connotate da un evento. Campo di elezione della norma è quello relativo alla responsabilità per infortuni sul lavoro e nel campo della responsabilità medica, là dove determinano fattispecie inquadrabili nei delitti di omicidio e di lesioni. Nessuna prova del trasferimento della posizione di garanzia. Il datore di lavoro affermava di aver trasferito la posizione di garanzia in capo ad altro preposto, ma ometteva di allegare elementi idonei a giustificare l’asserito trasferimento. Alcun atto di delega legittimo ed efficace sotto il duplice profilo formale e sostanziale veniva introdotto nel processo, di talché si rendeva impossibile valutarne i requisiti indispensabili ad assumere che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza incombenti in capo al datore di lavoro fossero stati delegati, con conseguenziale subentro del delegato nella posizione di garanzia. Un valido atto di delega Affinché un atto adempia allo scopo di ricoprire la funzione di trasferire la titolarità della posizione di garanzia, la giurisprudenza ha da tempo affermato che l’atto di delega deve essere espresso, inequivoco, certo e deve investire soggetto tecnicamente capace e dotato di necessarie cognizioni tecniche, nonché dei relativi poteri decisionali e di intervento, anche finanziario. Non è invece imposta la forma scritta né ad substantiam né ad probationem purché esista la prova di un atto traslativo delle funzioni delegate connotato unicamente dal requisito della certezza, a prescindere dalla forma impiegata, certezza che significa altresì che il delegato deve aver formalmente ed espressamente accettato il trasferimento della responsabilità. non assoluto. Tuttavia, il datore di lavoro conserva l’obbligo di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, in osservanza ai precetti della legge. Anche il capo cantiere negava la propria responsabilità. Specularmente, il capo cantiere censurava la decisione di condanna affermando che non fosse stata acquisita alcuna prova circa l’assunzione di una specifica posizione di garanzia con riguardo alla vigilanza sulla sicurezza delle condizioni di lavoro nel cantiere. Ma la sua posizione è equiparata a quella del preposto. Secondo l’orientamento della corte nomofilattica, la posizione del capo cantiere è sovrapponibile a quella del preposto perché sovraintende le attività del cantiere, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando le direttive ricevute e controllando l’esecuzione del lavori. Da questo genere di attività deriva l’assunzione di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro. Più titolari della posizione di garanzia, più responsabili. La Corte territoriale aveva fatto buon governo del principio generale che vede nella situazione di pluralità di titolari di posizione di garanzia lo spazio per attribuire a ciascuno la responsabilità, in quanto entrambi destinatari dell’obbligo di tutela derivante dalla legge. I giudici di merito devono prendere in esame le emergenze processuali per riscontrare se vi sono i presupposti di legge della delega di funzioni con conseguenze in relazione all’esonero di responsabilità per il soggetto delegante, senza obliterare tale valutazione in ragione della pluralità di soggetti titolari di posizione di garanzia Cass. penumero 41831/2013 . L’omessa cautela relativa a una norma antinfortunistica è, pertanto, addebitabile ad ognuno dei destinatari dell’obbligo di garanzia. Nessun legittimo impedimento. L’altro motivo di censura riguardava questioni rituali relative al mancato riconoscimento – da parte del primo giudice – del legittimo impedimento del difensore degli imputati. Correttamente il giudice di merito aveva escluso la pretesa legittimità dell’impedimento perché il difensore aveva rappresentato l’alternativo e concomitante impegno professionale senza documentarne l’esistenza, di talché legittimo era il diniego del rinvio dell’udienza.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 – 27 febbraio 2014, numero 9699 Presidente Brusco – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 9.2.2012, il tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, ha condannato D.S. ed D.E. alle pene, rispettivamente, di venti giorni e di due mesi di reclusione, in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in cooperazione tra loro e in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di I.S. , in omissis . Ai due imputati erano state contestate le colpevoli omissioni concernenti il rispetto delle norme in materia di sicurezza nei cantieri edili e nella vigilanza circa il ricorso delle condizioni di sicurezza del lavoro nel cantiere dagli stessi gestito in quale datore di lavoro, il D.S. , e quale direttore dei lavori e capo cantiere il D.E. , per effetto delle quali il lavoratore, I.S. , cadendo da un ponte alto circa quattro metri, si procurava lesioni personali guaribili in oltre venti giorni. Con sentenza resa in data 22.3.2013, la corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del tribunale, ha disposto la riduzione della pena inflitta a carico di D.E. , determinandola nella misura di un mese di reclusione, confermando nel resto la decisione del giudice di primo grado. Avverso la sentenza d'appello hanno personalmente proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati. 2.1. - D.S. censura la sentenza d'appello per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale omesso di rilevare la legittimità negata dal primo giudice dell'impedimento del proprio difensore nel corso di un'udienza del procedimento di primo grado, nonché per aver trascurato la nullità della notificazione dell'atto di citazione introduttivo del primo giudizio. Sotto altro profilo, il ricorrente si duole dell'errore in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nell'omettere di rilevare l'avvenuta preposizione, da parte dell'imputato, di un institore in propria vece ai fini della vigilanza sull'adozione delle condizioni di sicurezza nel cantiere, trascurando di rilevare l'avvenuto trasferimento a carico dello stesso della posizione di garanzia erroneamente attribuita a proprio carico. 2.2. - D.E. censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione per avere la corte territoriale omesso di rilevare la legittimità negata dal primo giudice dell'impedimento del proprio difensore nel corso di un'udienza del procedimento di primo grado, nonché la nullità della notificazione dell'atto di citazione relativa al primo giudizio. Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della mancata acquisizione di alcuna prova in relazione alla circostanza concernente l'assunzione di una specifica posizione di garanzia in capo all'imputato con riguardo alla vigilanza circa la sicurezza delle condizioni di lavoro nel cantiere de quo. Da ultimo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore dell'imputato, nonché in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, c.p 2.3. - Con memoria pervenuta in data 17.1.2014, il difensore degli imputati ha insistito per l'accoglimento dei ricorsi. Considerato in diritto 3. - Entrambi i ricorsi - congiuntamente esaminabili in ragione dell'intima connessione dei temi dedotti dai ricorrenti - sono infondati. Preliminarmente, rileva il collegio come le questioni di natura rituale introdotte dagli imputati concernenti il mancato rilievo, ad opera del primo giudice, della pretesa legittimità dell'impedimento del relativo difensore nel corso di un'udienza del procedimento di primo grado, nonché della nullità della notificazione dell'atto di citazione introduttivo del primo giudizio appaiano del tutto prive di pregio, avendo la corte territoriale correttamente evidenziato - con motivazione completa ed esauriente e altresì immune da vizi d'indole logica o giuridica - come il difensore degli imputati, nell'occasione dagli stessi in questa sede dedotta, oltre ad aver solo tardivamente rappresentato la sussistenza dell'alternativo e concomitante impegno professionale asseritamele gravante dinanzi ad altra autorità giudiziaria, avesse integralmente omesso di documentarne il ricorso, con la conseguente legittimità del provvedimento giudiziale di diniego del rinvio dell'udienza in questa sede avversato. Allo stesso modo, del tutto correttamente, sul piano giuridico, la corte d'appello ha riconosciuto la ritualità della notificazione del decreto di citazione relativo al giudizio di primo grado in relazione a entrambi gli imputati, avendo evidenziato come il procedimento di notificazione nei riguardi di D.E. fosse giunto a buon fine in data 10.6.2009 mediante la notificazione del ridetto decreto a mani della moglie convivente con l'imputato, là dove, con riguardo a D.S. , il procedimento si fosse legittimamente perfezionato ai sensi dell'articolo 161, co. 4, c.p.p. mediante consegna dell'atto al difensore , risultando dagli atti come l'ufficiale giudiziario notificante avesse in precedenza univocamente attestato l'avvenuto trasferimento dell'imputato dal domicilio originariamente indicato presso altro luogo sconosciuto, attraverso l'insieme delle informazioni assunte in loco. Sul punto, vale evidenziare come la corte territoriale si sia correttamente allineata all'insegnamento della giurisprudenza di legittimità che il collegio qui condivide e riconferma ai sensi del quale l'impossibilità della notificazione al domicilio eletto che ne legittima l'esecuzione presso il difensore di fiducia, secondo la procedura prevista dagli articolo 161, co. 4 e 157 co. 8-bis, c.p.p., può essere integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato, al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad attestata verifica di una vera e propria irreperibilità, così da qualificare come definitiva l'impossibilità alla ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto dall'imputato, considerati gli oneri imposti dalla legge a quest'ultimo, ove avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico, e segnatamente l'obbligo, ex articolo 161, co. 4,c.p.p., di comunicare ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa all'avvio della vicenda processuale Cass., Sez. 5, numero 22745/2011, Rv. 250408 Cass., Sez. 6, numero 42699/2011, Rv. 251367 v. altresì Cass., Sez. Unumero , numero 28451/2011, Rv. 250120 . Quanto alla doglianza sollevata da D.S. in ordine al preteso trasferimento, ad altro preposto, della posizione di garanzia ad esso spettante in ragione della qualità di datore di lavoro del prestatore infortunato, è appena il caso di rilevare come lo stesso imputato abbia integralmente omesso di allegare il ricorso del benché minimo presupposto idoneo a giustificare l'eventuale valido ricorso di tale trasferimento e segnatamente di uno specifico atto di delega formalmente e sostanzialmente legittimo ed efficace, siccome dotato dei corrispondenti requisiti a tal fine indispensabili , valendo al riguardo il principio generale consolidato dalla costante giurisprudenza di questa corte di legittimità , in forza del quale, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento anche finanziario v. Cass., Sez. 4, numero 7709/2007, Rv. 238526 , fermo restando, in ogni caso, l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive Cass., Sez. 4, numero 39158/2013, Rv. 256878 Cass., Sez. 4, numero 38425/2006, Rv. 235184 . Parimenti priva di fondamento deve ritenersi la censura avanzata da D.E. in ordine alla pretesa mancata acquisizione di alcuna prova in relazione alla circostanza concernente l'assunzione di una specifica posizione di garanzia a suo carico con riguardo alla vigilanza sulla sicurezza delle condizioni di lavoro nel cantiere de qua , essendo rimasta incontestata l'avvenuta attribuzione allo stesso del duplice ruolo di direttore dei lavori e di capo cantiere. Sul punto, è appena il caso di richiamare, a conferma della correttezza della decisione dei giudici di merito, l'orientamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti Cass., Sez. 4, numero 9491/2013, Rv. 254403 . Sotto altro profilo, in modo del tutto pertinente la corte territoriale ha fatto riferimento, nel caso di specie, al vigore del principio generale ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano come nel caso di specie più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitarle ad ognuno dei titolari di tale posizione Cass., Sez. 4, numero 18826/2012, Rv 253850 Cass., Sez. 4, numero 46849/2011, Rv. 252149 . Da ultimo, devono essere integralmente disattese le censure avanzate da D.E. in relazione al mancato riconoscimento, in proprio favore, delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, c.p., avendo la corte territoriale a tal fine correttamente evidenziato, con motivazione congruamente e logicamente argomentata, l'incidenza ostativa dei diversi precedenti penali dell'imputato anche per gravi reati e atteso 1 assoluto difetto di alcuna allegazione di natura argomentativa o probatoria a fondamento dell'asserito ricorso dei presupposti per 1 applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, c.p. in questa sede per la prima volta invocata dall'imputato. 4. - Al riscontro dell'infondatezza di tutti i motivi di doglianza avanzati dagli imputati segue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.