Attività part-time, studio di settore inapplicabile

L’accertamento basato sugli studi di settore a carico del professionista che svolge la propria attività in modo parziale può essere annullato.

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 3943 del 19 febbraio 2014, ha affermato che tale tipo di accertamento è fondato su un sistema di presunzioni semplici la cui gravità non è condizionata dall’esito del contraddittorio, e il cui onere probatorio è a carico dell’ente impositore. Gli studi di settore sono indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale. Gli studi di settore costituiscono indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale, emergente dallo scostamento delle dichiarazioni dei redditi del contribuente relative all’ammontare dei ricavi o dei compensi rispetto a quello che l’elaborazione statistica fissa come il livello “normale” in riferimento all’attività svolta dal dichiarante. I parametri elaborati con gli studi di settore consentono di valutare i ricavi o i compensi che possono imputarsi al contribuente attraverso analisi economiche e tecniche statistico-matematiche. Gli stessi consentono di tracciare i rapporti che possono originarsi tra le variabili strutturali e contabili delle società costituite da lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione e ai servizi oggetto dell’attività. Gli studi di settore vengono usati, quindi, dall’ufficio al fine dell’attività di controllo e dal contribuente per verificare, in sede di dichiarazione, la congruità dei ricavi dichiarati e dei valori economici attinenti l’attività di settore rappresentano mezzi di accertamento parziali rientranti nel dettato dell’articolo 39, comma 1, lett. d , d.p.r. numero 600/1973, e il contraddittorio l numero 146/199 è l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore. Il caso. Il contribuente, esercente la professione legale in regime di part-time e quella di giudice tributario, ha impugnato l’accertamento basato sugli studi di settore eccependo l’incongruenza dei parametri applicati. La S.C. ha ritenuto parzialmente fondate le ragioni del contribuente ponendo, da un lato, in discussione l’applicabilità dello studio di settore al caso specifico attesa la mancata incidenza del «fattore tempo» ai fini della determinazione del reddito dello stesso, e dall’altra l’eccezione avanzata circa la mancata corrispondenza dei calcoli tra gli standard scaricati dal web e i conti eseguiti dall’ufficio. Relativamente al fattore tempo, i giudici di legittimità hanno affermato che la ricostruzione fatta dalla CTR denota un vizio motivazionale essendo stato ritenuto ininfluente tale fattore ai fini della definizione del reddito del ricorrente, sulla scorta dell’enfatizzazione di elementi come «la rete delle relazioni» in cui operava nonché le sue capacità personali. Quanto precede in riferimento soprattutto alle eccezioni del contribuente che ha affermato di trovarsi ai primi anni della professione svolta con studio autonomo , tanto da ritenere di rescindere il rapporto di lavoro come educatore, al fine di non subire la cancellazione, per incompatibilità, dall’Albo degli avvocati. La S.C. ha deciso, pertanto, di rinviare ai giudici di merito la causa al fine di riconsiderare l’attività part-time svolta dal legale e l’applicabilità degli studi di settore CTR Roma sent. numero 270/2013 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 13 dicembre 2013 – 19 febbraio 2014, numero 3943 Presidente Merone – Relatore Sambito Svolgimento del processo L'Ufficio di Aosta rettificò il reddito da lavoro autonomo ed il volume d'affari, dichiarati, ai fini Irpef, Irap ed Iva, dall'Avv. N.O., per l'anno 1998, in applicazione degli studi di settore. Il ricorso, con cui il contribuente dedusse, tra l'altro, la nullità dell'avviso, per omessa indicazione degli estremi dello studio di settore applicato, l'inaffidabilità del sistema adottato dal Fisco, che non teneva conto del tempo dedicato alla professione legale in quell'anno, ed eccepì, pure, di aver presentato istanza di condono tombale, fu accolto, nel merito, dalla CTP di Aosta, che ritenne, tuttavia, precluso il condono tombale, della L. numero 289 del 2002, ex articolo 9, comma 14. Adita, in via principale, dall'Ufficio ed, in via incidentale, dal N., la CTR della Valle d'Aosta, con sentenza numero 19/1/05, depositata il 17.12.2005, rigettò in toto il ricorso del contribuente. Per la riscossione dei tributi oggetto di tale sentenza, fu emessa, del D.Lgs. numero 546 del 1992, ex articolo 68, comma 1, lett. c , una cartella di pagamento, la cui impugnazione fu rigettata in primo grado, e, poi, in appello, dalla CTR della Val d'Aosta, con sentenza numero 59/2/08, depositata il 22.12.2008. Tali sentenze sono state, entrambe, impugnate per cassazione dal contribuente, sulla scorta, rispettivamente, di otto e cinque articolati motivi, successivamente illustrati da memoria. L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. Equitalia Nomos non ha depositato difese. Motivi della decisione 1. Va, preliminarmente, disposta, ex articolo 274 c.p.c., applicabile, anche, al giudizio di cassazione, la riunione al ricorso avente ad oggetto la sentenza resa nel giudizio d'impugnazione dell'atto d'accertamento numero 419 RG del 2007 , del ricorso avverso la sentenza resa nel giudizio d'impugnazione della cartella di pagamento RG. 4013 del 2010 , data la connessione per pregiudizialità esistente tra i due giudizi. 2. Col sesto mezzo che va scrutinato per primo del ricorso a carattere pregiudiziale, il ricorrente denuncia la violazione della L. numero 289 del 2002, articolo 8, 9 e 14 e vizio di motivazione, per avere la CTR ritenuto l'intervenuta notifica dell'invito al contraddittorio ostativa all'accoglimento della sua istanza di condono tombale, senza considerare che l'invito al contraddittorio era stato revocato con la notifica dell'avviso d'accertamento, sicchè il condono, chiesto successivamente, avrebbe dovuto ritenersi ammissibile. 3. Il motivo è infondato. 4. A norma della L. numero 289 del 2002, articolo 9, comma 14, il condono c.d. tombale è precluso quando, alla data di entrata in vigore della legge, sia stato notificato un processo verbale di constatazione positivo, o un avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell'Iva o dell'Irap, o un invito al contraddittorio di cui al D.Lgs. numero 218 del 1997, articolo 5, relativamente al quale non è stata perfezionata la definizione. In tutte tali ipotesi, si è, infatti, in presenza di un'attività accertativa da parte dell'Ufficio, e non viene in rilievo la mera dichiarazione presentata dal contribuente, alla quale la definizione dovrebbe rapportarsi, col pagamento di una modesta quota dell'imposta dichiarata cfr. Cass. numero 8616 del 2011 . 5. Il caso dell'invito al contraddittorio, qui in rilievo, è, invece, disciplinato dalla L. numero 289 del 2002, articolo 15 e va definito col pagamento di una quota, notevolmente maggiore, dell'imposta che sia stata accertata. 6. L'assunto secondo cui l'invito al contraddittorio dovrebbe intendersi, implicitamente, revocato per effetto della notifica dell'atto d'accertamento e della sostituzione dei parametri con gli studi di settore, è giuridicamente infondato, dovendo, al contrario, rilevarsi che, all'esito del contraddittorio, il procedimento si è concluso con l'emissione dell'atto impositivo fondato, appunto, sul metodo standardizzato gli studi di settore, pur costituendo uno strumento più raffinato, restano il frutto della rilevazione statistica della normale redditività di attività catalogate per settori omogenei, al pari dei parametri, unitamente ai quali costituiscono un sistema unitario, volto a facilitare la lotta all'evasione fiscale e a ridurre il contenzioso cfr. Cass. SU numero 26635 del 2009 . 7. Resta da aggiungere che il dedotto vizio di motivazione è inammissibile, perchè prospetta un vizio di motivazione su questioni di diritto sugli effetti dell'emissione dell'avviso d'accertamento rispetto all'invito al contraddittorio inidoneo a comportare la cassazione della sentenza, tenuto conto del principio secondo cui, quando il giudice del merito sia pervenuto alla corretta soluzione della questione giuridica sottoposta al suo esame, il vizio di motivazione che attiene, esclusivamente, al giudizio di fatto è privo di rilievo, soccorrendo il potere della Corte di Cassazione di procedere, ex articolo 384 c.p.c., all'integrazione, correzione, o sostituzione della motivazione che sia lacunosa o erronea. 8. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, il vizio di motivazione in cui sono incorsi i giudici d'appello nello svalutare l'incidenza del fattore tempo nella determinazione del maggior reddito, effettuata dall'Ufficio in base agli studi di settore. Dopo aver premesso che l'incongruenza degli standards applicati risultava evidente, laddove, pur essendo stato riconosciuto il suo svolgimento part-time della professione legale per l'impegno pari a due mesi di attività quale giudice tributario ed a quattro mesi come educatore in un convitto , la ripresa risultava analoga a quella riferibile ad un'attività professionale svolta a tempo pieno, il ricorrente afferma che la relativa conclusione statistica, in sè illogica, era stata ritenuta valida dalla CTR sulla scorta di mere supposizioni e dello svilimento dell'impegno profuso quale giudice tributario. 8.1. Sotto altro profilo, il ricorrente denuncia la giuridica inesistenza dell'atto impositivo, pure contenente sanzioni, dato che lo stesso non recava l'esatta individuazione dello strumento presuntivo applicato, nè gli estremi della sua approvazione, e che era stata violata la regola secondo cui gli studi di settore possono utilizzarsi, solo, quando l'incongruenza tra reddito dichiarato e reddito presunto sia ravvisabile per almeno due periodi di imposta su tre consecutivi. 9. Col secondo mezzo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. numero 212 del 2000, articolo 1, comma 6 articolo 6, comma 4 articolo 7, comma 1 della L. numero 241 del 1990, articolo 18, commi 2 e 3 nonchè vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, per avere la CTR, da una parte, ritenuto non assolto l'onere di allegazione probatoria su lui incombente, e, dall'altra, omesso di accertare il reddito da lui, effettivamente, conseguito. 10. Le doglianze, da valutarsi congiuntamente, sono parzialmente fondate. 11. Premesso che la questione relativa alla necessità di uno scostamento per almeno due anni d'imposta, su tre considerati, per l'applicabilità degli studi di settore agli esercenti arti e professioni, non è stata affrontata in seno all'impugnata sentenza, sicchè la stessa è inammissibile per la sua novità o per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente precisato se e come la avesse dedotta in sede di merito , va osservato che il contribuente riferisce che il maggior reddito da lavoro autonomo era stato determinato mediante l'utilizzo dei parametri, in seno all'invito al contraddittorio, e mediante gli studi di settore, nell'atto impugnato. Tali studi di settore erano quelli che egli stesso aveva reperito da un sito web, ed elaborato a scopo difensivo, perchè più favorevoli rispetto ai parametri, onde porli, in sede di contraddittorio, come base di partenza per azzerare la pretesa fiscale o, quanto meno, per ridurla. 12. A tale stregua, l'assunto secondo cui l'omissione dei dati identificativi degli studi di settore, da lui indicati e poi applicati è irrilevante, ai fini qui in esame, che il contribuente, come ripetutamente ribadito, non avesse inteso chiederne l'applicazione , renderebbe l'atto impositivo addirittura inesistente è infondato, in quanto non tiene conto del fatto che l'accertamento tributario standardizzato ha natura meramente presuntiva, mentre ciò che rileva è il contraddittorio preventivo tra contribuente e fisco cfr. Cass. SU numero 26635 del 2009 cit. , che è stato, appunto, attuato nella specie. 13. Il principio, del resto, è riconosciuto dal ricorrente pag. 21 , che, muovendo dalla natura d'impugnazione merito del giudizio tributario, afferma che il risultato non cambierebbe per il contribuente applicando indifferentemente sia i parametri che gli studi di settore dovendo il giudice decidere nel merito la controversia, id est valutare, in concreto, la fondatezza della pretesa impositiva. 14. Nel procedere a tale valutazione, la CTR ha, per un verso, affermato che il contribuente non aveva assolto all'onere di allegazione probatoria da non confondere con l'onere della prova incombente sul fisco in modo sufficiente ad invalidare il risultato derivante dall'applicazione degli studi di settore, ed ha, per altro verso, rilevato che il fattore tempo, da lui invocato, incideva su un elemento di minore rilevanza nella produzione del reddito professionale, che derivava, in misura preponderante, dalle capacità intellettuali e personali del professionista. 15. La prima proposizione, oltre che criptica, non essendo chiara la differenza posta dalla CTR tra onere di allegazione probatoria ed onere della prova, se al mancato assolvimento della prima consegue, ugualmente, la soccombenza -, è, del tutto, erronea, perchè implicitamente afferma che l'accertamento standardizzato costituisce un sistema di presunzioni legali, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte Cass. SU numero 26635 del 2009 cit. che ha invece chiarito trattarsi di un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è, appunto, determinata ex lege dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati, che, come si è detto, costituiscono meri strumenti di elaborazione statistica a tanto, va aggiunto che il giudizio relativo all'impugnazione di un atto di accertamento, fondato sull'applicazione degli standards, non è condizionato dall'esito del contraddittorio, ben potendo il giudice tributario valutare liberamente la relativa applicabilità al caso concreto, la cui dimostrazione grava sull'ente impositore. 16. La ricostruzione fattuale, pure operata dai giudici d'appello, incorre, poi, nel denunciato vizio motivazionale essendo stato ritenuto ininfluente il fattore tempo ai fini della determinazione del reddito del professionista, sulla scorta dell'enfatizzazione di elementi quali la rete delle relazioni in cui operava o che era riuscito a creare , oltre che le sue capacità personali che non risultano congruamente sviluppati nella decisione impugnata, specie, in riferimento alle deduzioni del contribuente, che ha affermato trovarsi ai primi anni della professione svolta con studio autonomo , tanto da ritenere di rescindere il rapporto di lavoro come educatore, solo, per non subire la cancellazione, per incompatibilità, dall'Albo degli Avvocati cfr., pure controricorso, pag. 4 in nota . 17. L'accoglimento delle censure in esame comporta la cassazione della sentenza, con assorbimento dei restanti motivi, statuizione cui consegue la cassazione della sentenza relativa alla cartella, emessa per l'esazione di tributi oggetto dalla decisione appena cassata, con assorbimento dei relativi motivi. I giudizi riuniti vanno, quindi, rinviati, per i conseguenti accertamenti di fatto, alla luce degli esposti principi, alla CTR della Val d'Aosta, in diversa composizione, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, riunisce al ricorso numero 419 RG del 2007 il ricorso numero 4013 RG del 2010, accoglie, nei sensi di cui i motivazione, i motivi primo e secondo, rigetta il sesto, assorbiti gli altri, cassa le impugnate sentenze e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Val d'Aosta in altra composizione.