Una moglie asservita e un marito violento sui piatti di una bilancia che si tinge di rosa, ma …

Pienamente attendibili le dichiarazioni della donna e di numerosi testimoni in ordine alla condizione di totale e brutale asservimento nei confronti del marito. Tuttavia, è necessario inquadrare correttamente gli addebiti nei confronti dell’uomo.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 7517 del 18 febbraio 2014. Una terribile storia di soprusi e sopraffazione. La Corte d’Appello di Firenze conferma la sentenza di primo grado che condannava un uomo per i reati di maltrattamenti in famiglia, minacce e lesioni personali ai danni della moglie. L’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando l’errata valutazione, da parte dei giudici di merito, del compendio probatorio e lo scorretto inquadramento delle fattispecie delittuose per le quali era coinvolto in giudizio. La difesa mira a proporre una lettura alternativa dei fatti. Il ricorrente censura la valutazione di credibilità della parte offesa ma, così facendo, mira solo a ricostruire i fatti in modo alternativo. La Corte di Cassazione rileva che molteplici sono gli elementi valutati dai giudici territoriali a favore della credibilità della moglie certificazioni mediche, dichiarazioni della figlia, del medico curante della vittima e di un vicino che, a sua volta, era stato destinatario di minacce da parte dell’imputato e che rendono sostanzialmente conto di una condotta di violenza e sopraffazione inflittale fin dall’inizio della convivenza. Concorso tra violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. Per quanto riguarda, invece, la doglianza relativa al mancato assorbimento del reato di maltrattamenti in famiglia in quello più grave di violenza sessuale, la Corte territoriale non è incorsa in violazioni di legge poiché tali reati sono previsti a tutela di beni giuridici diversi, tale concorso sussiste laddove la condotta integrante i maltrattamenti si inserisca in una serie di atti vessatori a percosse tipici della relativa condotta. Lesioni personali e maltrattamenti in famiglia. Per quanto concerne, poi, l’assorbimento del reato di lesioni personali nel reato di maltrattamenti in famiglia, quest’ultimo assorbe i reati di percosse e minacce anche gravi, ma non le lesioni personali, considerata la diversa obiettività giuridica. Se, quindi, i maltrattamenti assorbono le minacce, è fondata la relativa doglianza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 dicembre 2013 – 18 febbraio 2014, numero 7517 Presidente Grillo – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013 la Corte d'appello di Firenze ha respinto l'appello proposto da C.T. avverso la sentenza del 21 giugno 2012 con cui il gip del Tribunale di Firenze lo aveva condannato alla pena di anni quattro di reclusione per i reati di cui agli articoli 572 c.p. capo a , 582, 585 e 577 c.p. capo b , 612 cpv. c.p. capo e e 81 cpv. e 609 bis c.p. capo d , tutti commessi nei confronti della moglie. 2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo quattro motivi. Il primo motivo denuncia vizio motivazionale sul compendio probatorio, con particolare riguardo alle dichiarazioni della moglie dell'imputato quale persona offesa. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 572 e 609 bis c.p., per non essere stato assorbito il reato di maltrattamenti in famiglia nel più grave reato di violenza sessuale. Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 572 e 582 c.p., per non essere stato assorbito il reato di lesioni personali nel più grave reato di maltrattamenti in famiglia. Il quarto motivo denuncia violazione degli articoli 572 e 612 c.p. per non essere stato il reato di minaccia assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia. Successivamente il ricorrente ha depositato motivi nuovi il primo denuncia illogicità della motivazione in ordine alla credibilità della parte offesa quanto al reato di cui al capo d nonché errore di calcolo da parte del giudice di primo grado nella determinazione della pena il secondo denuncia violazione dell'articolo 62 bis c.p., non essendo state concesse le attenuanti generiche e tenuto conto, come nuovo fatto, della separazione consensuale frattanto intervenuta tra l'imputato e la moglie. Considerato in diritto 3. Il ricorso è parzialmente fondato. Il primo motivo denuncia come illogicità della motivazione la valutazione della credibilità della parte offesa, e ne costituisce un'appendice il primo dei motivi nuovi, che può quindi essere considerato congiuntamente. Il ricorrente afferma di non voler proporre una lettura alternativa dello svolgimento dei fatti , ma invero in tal modo struttura il motivo, perché afferma che, tra gli elementi addotti dalla corte territoriale a favore della credibilità della persona offesa certificazioni mediche e dichiarazioni di altri testi, cioè della figlia, di un vicino e del medico curante la vittima , le dichiarazioni del vicino e del medico non sarebbero idonee a corroborare la credibilità della donna perché provenienti sempre dalla medesima persona offesa . Si tratta, evidentemente, non di una censura in termini di logica motivazionale, bensì di una valutazione diversa del contenuto di elementi probatori, diretta a costruire quindi un esito diverso dell'accertamento di merito. A ciò si aggiunga, ad abundantiam, che non corrisponde al vero la pretesa natura totalmente de relato di tali testimonianze rispetto alle dichiarazioni della vittima la corte territoriale ha infatti evidenziato che il vicino di casa non solo era stato informato dalla donna del comportamento vessatorio del marito, ma aveva altresì ricevuto egli stesso una minaccia dall'imputato il 28 marzo 2012 perché non testimoniasse su quanto gli era stato riferito dalla moglie e a loro volta le dichiarazioni del medico di famiglia hanno trovato riscontro - come emerge sempre dalla motivazione della sentenza impugnata - negli effettivi ricoveri della moglie per le percosse subite dal marito e nelle dichiarazioni della ulteriore teste T.E. . Lamenta inoltre il ricorrente che non vi siano riscontri esterni alle dichiarazioni della parte offesa relativamente al reato di violenza sessuale, per cui la corte territoriale avrebbe dovuto più approfonditamente verificare la credibilità della donna quale unica fonte probatoria non avendolo fatto, sarebbe incorsa in illogicità motivazionale laddove l'ha riconosciuta credibile. La censura non corrisponde al contenuto della sentenza, che ha invece adeguatamente considerato la credibilità complessiva delle dichiarazioni della teste in questione, sia sotto il profilo della intrinseca linearità sia sotto il profilo della correttezza estrinseca, constatando come la condotta di violenza e di sopraffazione che l'imputato ha inflitto a sua moglie fin dall'inizio della loro convivenza risulta confermata da testimonianze e certificati medici, per cui, in sostanza, non vi era nessun motivo per ritenere che in ordine alle violenze sessuali - ictu oculi inquadrabili nella personalità negativa del marito, che maltrattava spietatamente la moglie, anche davanti ai figli - la deposizione testimoniale della vittima fosse menzognera. In sostanza, la corte territoriale ha adempiuto in tutta la sua motivazione la verifica rigorosa che esige la deposizione testimoniale della parte offesa ex multis S.U. 19 luglio 2012 numero 41461 . Anche nel motivo nuovo il ricorrente continua a prospettare insussistenti elementi idonei a provare la violenza sessuale, con modalità peraltro generiche e comunque affermando che la corte avrebbe ritenuto colpevole l'imputato solo per l'episodio del 20 marzo 2012, senza considerare i fatti precedenti e la mancanza di dissenso manifestata in precedenza dalla moglie. Pure in questo caso, a ben guardare, il ricorrente si pone su un piano fattuale in ordine alla sussistenza o meno della prova delle violenze sessuali antecedenti a quella commessa il 20 marzo 2012 che aveva fatto assumere alla vittima, dopo anni di maltrattamenti, la decisione di lasciare l'abitazione familiare. E anche in questo caso non c'è corrispondenza con il contenuto della motivazione, avendo questa considerato come riconducibili al capo d non solo l'episodio finale del 20 marzo 2012 ma altresì episodi precedenti, come si evince, tra l'altro, dall'evidenziazione della coincidenza tra le dichiarazioni della denunciante con quelle rilasciate da Ci.Ri. , secondo cui la donna sostanzialmente viveva in uno stato brutale di asservimento completo al marito, che, fra le altre cose, la violentava tutte le notti . I due motivi esaminati sono dunque infondati, a prescindere dalla parte del primo motivo nuovo attinente alla dosimetria sanzionatoria, di cui si dirà infra. Il secondo motivo del ricorso lamenta che la corte non abbia assorbito il reato di maltrattamenti in famiglia in quello più grave di violenza sessuale. La corte territoriale non è incorsa in violazione di legge, avendo ritenuto configurabile il concorso formale tra violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia in coerenza con la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la quale - in considerazione della diversità dei beni giuridici tutelati dai reati suddetti Cass. sez. III, 25 giugno 2008 numero 35910 Cass. sez. III, 16 maggio 2007 numero 22850 Cass. sez. III, 5 dicembre 2003-20 gennaio 2004 numero 984 - ammette tale concorso formale, laddove la condotta integrante l'reato di maltrattamenti in famiglia non si esaurisca negli episodi di violenza sessuale, ma s'inserisca in una serie d'atti vessatori e percosse tipici della condotta di maltrattamenti così Cass. sez. III, 12 novembre 2008 numero 46375 conformi Cass. sez. III, 15 aprile 2008 numero 26165 e, da ultimo, Cass. sez. I, 17 maggio 2012-21 marzo 2013 numero 13349 . Non risulta fondato neppure il terzo motivo del ricorso, che lamenta il mancato assorbimento del reato di lesioni personali nel reato di maltrattamenti in famiglia, avendo la giurisprudenza di legittimità chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i reati di percosse e minacce anche gravi, ma non il reato di lesioni personali, considerata la diversa obiettività giuridica Cass. sez. II, 13 dicembre 2012-4 aprile 2013 numero 15571 Cass. sez. VI, 28 marzo 2012 numero 13898 Cass. sez. I, 9 novembre 2005-24 febbraio 2006 numero 7043 Cass. sez. VI, 11 maggio 2004 numero 28367 . Quanto si è appena rilevato in ordine alla potenza di assorbimento del reato di maltrattamenti in famiglia rispetto, tra l'altro, al reato di minaccia, rende comunque fondato il quarto e ultimo motivo del ricorso, che lamenta proprio il mancato assorbimento, nel caso in esame, del reato di cui al capo c del reato di cui al capo a operato dai giudici di merito. Questo - che rende superfluo l'esame della seconda parte del primo dei motivi nuovi e del secondo di essi, poiché relativi al trattamento sanzionatorio - comporta l'annullamento della sentenza impugnata relativamente al reato assorbito e il rinvio alla corte territoriale, in altra sezione, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, per il resto rigettandosi il ricorso. La natura del reato di cui al capo d , in forza del Codice di riservatezza, comporta in caso di diffusione della presente sentenza l'omissione dei dati di identificazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di minaccia di cui al capo c che dichiara assorbito nel reato di cui al capo a e con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze per la rideterminazione della pena. Rigetta nel resto il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.