La delibera comunale sull’interesse pubblico e le specifiche esigenze che giustificano la conservazione dell’immobile abusivo

La dichiarata esistenza di un interesse pubblico da parte dell’autorità comunale assume rilievo ai fini della procedura di esecuzione, poiché l’ordine di demolizione è revocabile anche in tale fase, in tutte le ipotesi in cui esso sia incompatibile rispetto a situazioni sopravvenute.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza numero 38749/18 depositata il 21 agosto. Il caso. Il Tribunale riteneva determinante la scelta di un’amministrazione comunale, effettuata con apposita delibera consiliare, di conservare l’immobile da demolire per destinarlo a concessione in locazione o dismissione in conformità con quanto previsto dalla legge regionale. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica osservando che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato la sussistenza dei presupposti per la revoca del provvedimento demolitorio, poiché la delibera comunale dichiarativa del prevalente interesse pubblico alla conservazione dell’opera avrebbe contenuto generico, non attribuendo alla costruzione abusiva una destinazione ad uso pubblico. L’esistenza dell’interesse pubblico. Sulla questione il Supremo Collegio dichiara che nel caso in cui si sottragga l’opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto dalla legge, «la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, dovendosi ulteriormente precisare come non possano sopperire all’esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della delibera richiede che il mantenimento dell’opera abusiva sia giustificato dalla sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all’esito di adeguata istruttoria». Per quanto sopra detto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 luglio – 21 agosto 2018, numero 38749 Presidente Di Nicola – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 15/12/2017 ha revocato, in accoglimento dell’istanza formulata da C.G. , quale sindaco del comune di , l’ordine di demolizione emesso nei confronti di F.T. , anch’egli istante, in esecuzione di una sentenza emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione Distaccata di Afragola il 21/9/2005, irrevocabile il 4/12/2005 e, per l’effetto, l’ordine di ingiunzione a demolire emesso da Procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Il Tribunale ha ritenuto determinante, a tal fine, la scelta dell’amministrazione, effettuata con delibera consiliare numero 122/2016 , di conservare l’immobile da demolire per destinarlo a concessione in locazione o dismissione in conformità con quanto previsto dalla Legge regionale numero 5/2013, articolo 1, comma 65 e del regolamento edilizio approvato. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero . 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione e l’erronea applicazione dell’articolo 31, comma 5 d.P.R. 380/01, osservando che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato la sussistenza dei presupposti per la revoca del provvedimento demolitorio, in quanto la delibera comunale dichiarativa del prevalente interesse pubblico alla conservazione dell’opera avrebbe contenuto generico e non attribuirebbe alla costruzione abusiva un’effettiva destinazione ad uso pubblico, limitandosi a legittimare, anche in futuro, l’occupazione dell’immobile da parte dei soggetti che erano stati condannati alla demolizione. Aggiunge che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di verificare l’effettiva e concreta destinazione ad un prevalente interesse pubblico dell’immobile abusivo e rileva anche che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, così come la delibera consiliare, citerebbero motivazioni di carattere economico, quali quelle riferite agli oneri riconducibili alle spese di demolizione, quale giustificazione per la mancata esecuzione dell’abbattimento, facendo così ricorso ad argomenti non utilizzabili ed omettendo, altresì, di verificare se l’occupante avesse effettivamente requisiti per concorrere all’assegnazione dell’alloggio. Rileva, infine, che l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto in alcun conto il fatto che l’immobile abusivo è stato realizzato in zona sismica, senza osservanza delle prescrizioni sulle modalità costruttive in tali luoghi e, pertanto, con conseguente inabitabilità dello stesso. Insiste pertanto per l’accoglimento del ricorso. 3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. 4. In data 3 luglio 2018 è stata depositata memoria ai sensi dell’articolo 121 cod. proc. penumero nell’interesse del sindaco pro tempore del comune di , quale terzo interessato con la quale si richiede la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. 2. Il Tribunale ha emesso l’ordinanza impugnata con riferimento a due procedure camerali riunite, attivate da F.T. , nei confronti del quale l’ordine di demolizione avrebbe dovuto essere eseguito e da C.G. , sindaco del comune di , escludendo, con riferimento al primo, la fondatezza della richiesta di limitare la demolizione ad alcune parti soltanto del manufatto e dando atto dell’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio del comune e la conseguente carenza di interesse ad interloquire sull’ordine di demolizione. Riguardo al secondo, invece, ha ritenuto, dopo diffusi richiami ai principi giurisprudenziali affermati da questa Corte, la piena sussistenza dei presupposti per revocare l’ordine demolitorio in ragione dei prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive indicati dall’amministrazione comunale. 3. Ciò premesso, merita di essere richiamato quanto già precisato in una precedente decisione di questa Corte Sez. 3, numero 25824 del 22/5/2013, Mursia, Rv. 257140 e, segnatamente, che la dichiarata esistenza di prevalenti interessi pubblici da parte dell’autorità comunale sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali può assumere rilievo ai fini della procedura di esecuzione, in quanto l’ordine di demolizione è revocabile, anche in tale fase, in tutti i casi in cui esso si ponga in un contesto di incompatibilità rispetto a situazioni sopravvenute, quali, ad esempio, la conformità postuma del manufatto abusivo, la presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione o la presentazione di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza, in ordine alla quale il giudice dell’esecuzione abbia attentamente valutato i possibili esiti ed i tempi di definizione della procedura. Per quanto attinente, specificamente, alla eventuale incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell’assetto urbanistico violato, si richiamava quanto osservato in altra sentenza Sez. III numero 41339, 6 novembre 2008, Castaldio ed altra non massimata , ove si affermava come il provvedimento amministrativo presupponga che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l’esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile. Nella stessa occasione, si precisava che la delibera in questione può ritenersi legittimamente emanata qualora ricorrano le seguenti condizioni 1 assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell’ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali in quest’ultimo caso l’assenza di contrasto deve essere accertata dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo 2 adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti 3 la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc. . Si ricordava anche che successivamente, richiamando i contenuti della decisione appena menzionata, si era ulteriormente stabilito che, a fronte di una deliberazione in tal senso da parte dell’amministrazione comunale, il giudice dell’esecuzione ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale e ciò in considerazione della natura eccezionale di una simile situazione rispetto alla demolizione, la quale ordinariamente consegue all’accertamento dell’abuso edilizio, il che impone anche un’interpretazione particolarmente restrittiva circa la sussistenza dei presupposti che legittimano la deliberazione medesima Sez. 3, numero 11419 del 29/1/2013, Bene e altro, Rv. 254421 , ricordando come analogo potere sia stato riconosciuto al giudice dell’esecuzione in tema di condono e permesso in sanatoria. In quella occasione, la delibera di acquisizione al patrimonio comunale veniva qualificata come mero atto di indirizzo, in quanto priva di impegno di spesa e di adeguata istruttoria, e, pertanto, inidonea a determinare la conservazione dell’opera abusiva negli termini si esprime Sez. 3, numero 13746 del 29/1/2013, Falco e altro, Rv. 254752 . Si affermava, conseguentemente, nella citata sentenza 25824/2013, che la situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza della deliberazione comunale, sottraendo l’opera abusiva la suo normale destino, che è la demolizione, presuppone che la valutazione effettuata dall’amministrazione comunale sia estremamente rigorosa e, oltre a rispettare le condizioni indicate dalla giurisprudenza appena richiamata, deve essere puntualmente riferita al singolo manufatto, il quale va precisamente individuato, dando atto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta, dovendosi escludere che possano assumere rilievo determinazioni di carattere generale riguardanti, ad esempio, più edifici o fondate su valutazioni di carattere generale. Il principio affermato trovava successive conferme Sez. 3, numero 30170 del 24/5/2017, Barbuti, Rv. 270253 Sez. 3, numero 9864 del 17/2/2016, Corleone e altro, Rv. 266770 . 4. Più recentemente, come ricordato anche dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, questa Corte ha avuto modo di occuparsi di un caso analogo, riguardante un immobile ubicato nel medesimo comune, rispetto al quale il Consiglio comunale aveva dichiarato - con delibera i cui contenuti, nella descrizione fattane, risultano sostanzialmente sovrapponibili a quella oggetto del presente procedimento - la prevalenza dell’interesse pubblico alla conservazione del manufatto perché da destinarsi a concessione in locazione o dismissione, in conformità con quanto previsto dalla legge Regione Campania numero 5 del 2013, articolo 1, comma 65 e del regolamento edilizio approvato dal Comune, in data 21 settembre 2015 Sez. 3, numero 8055 del 6/12/2017 dep. 2018 , Petruolo, non massimata . Anche in quell’occasione il giudice dell’esecuzione aveva revocato l’ordine di demolizione con provvedimento annullato da questa Corte, a seguito di impugnazione del Pubblico Ministero, con argomentazioni che il Collegio condivide pienamente. In particolare, richiamando il principio affermato con la sentenza Mursia , si è ritenuto del tutto generico il riferimento alla destinazione a concessione in locazione o dismissione in conformità a quanto previsto dalla legge regionale numero 5/2013 , mentre, sulla scorta di quanto osservato nella sentenza Bene , si è ribadito che non può giustificarsi l’interesse concreto al mantenimento dell’opera abusiva nel caso in cui, di fatto, la delibera costituisce, sostanzialmente, un atto di indirizzo politico, in quanto rimanda a successivi atti amministrativi anche solo al fine di verificare i presupposti applicativi della legge regionale sulla c.d. housing sociale , sostanzialmente rinviando la valutazione dei presupposti di legge cui l’articolo 31 d.P.R. 380/01 condiziona la non operatività della demolizione. Nella medesima pronuncia si è inoltre censurata la valutazione di ordine economico, inerente al costo delle spese di demolizione, osservando come non possa qualificare l’interesse al mantenimento dell’opera abusiva, dal momento che ove assunta con criterio di indefettibile interesse pubblico al mantenimento dell’opera, finirebbe per tradursi in fattore di contrasto con l’interesse a demolire, rendendo di fatto inoperante l’articolo 31 del d.P.R. numero 380 del 2001. 5. Identica situazione risulta essersi verificata, come si è detto, nella fattispecie in esame, dovendosi rilevare che il Tribunale è incorso nella medesima erronea valutazione del provvedimento adottato dall’amministrazione comunale e nella conseguente erronea applicazione dell’articolo 31 citato, che aveva determinato l’annullamento della analoga ordinanza. Invero, la genericità dei riferimenti alla futura destinazione dell’immobile è di tutta evidenza, trattandosi di una mera dichiarazione di intenti priva di attuale concretezza, così come il richiamo alla legge regionale, altrettanto generico. La legge regionale richiamata nel provvedimento stabilisce, peraltro, all’articolo 1, comma 65 che per favorire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 7 della legge regionale 28 dicembre 2009, numero 19 Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa , gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22 ottobre 1971, numero 865 Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica norme sulla espropriazione per pubblica utilità modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, numero 1150 18 aprile 1962, numero 167 29 settembre 1964, numero 847 ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata , nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare. In tal caso il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in Euro per metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi . Non risulta, per quanto è dato rilevare dal ricorso e dal provvedimento impugnato, quali siano i provvedimenti effettivi adottati con riferimento all’immobile oggetto del presente procedimento, avendo carattere generale anche il regolamento e gli altri atti richiamati nel provvedimento impugnato. In altre parole, oltre ai riferimenti, come si è detto del tutto sommari, alla legge regionale ed alla ipotetica destinazione dell’immobile, non risulta alcun dato univocamente indicativo di una effettiva valutazione specifica del singolo caso, il che rende la delibera comunale, di fatto, suscettibile di una applicazione sostanzialmente seriale, come sembra dimostrare anche l’identità della vicenda trattata nella sentenza 8055/2018, vanificando le finalità della disciplina urbanistica. 6. Correttamente il Pubblico Ministero ricorrente ha fatto rilevare come, anche a voler considerare i contenuti della richiamata disposizione regionale, nella parte in cui prevede la possibilità di assegnare l’immobile a coloro che l’occupavano al momento dell’acquisizione, mancherebbe comunque una effettiva valutazione sulla sussistenza, in capo all’occupante, dei requisiti per ottenere l’assegnazione di un alloggio popolare e l’ulteriore presupposto della assenza di disponibilità di altra idonea soluzione abitativa. Anche tale aspetto della vicenda costituisce un ulteriore conferma della evidente genericità del provvedimento valorizzato dal Tribunale ai fini della revoca dell’ordine di demolizione, dovendosi peraltro rilevare come tali valutazioni richieste all’amministrazione comunale non possano risolversi in una mera attestazione da parte dell’ente o nel passivo recepimento di dichiarazioni del soggetto interessato, dovendosi, al contrario, fondare su verifiche effettive e dati fattuali oggettivi. 7. Di non minor rilievo va anche ritenuta l’ulteriore osservazione del ricorrente circa la non abitabilità dell’immobile perché realizzato in contrasto con la disciplina antisismica. 8. Va conseguentemente ribadito che, sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, dovendosi ulteriormente precisare come non possano sopperire all’esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell’opera abusiva sia giustificato dalla sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all’esito di adeguata istruttoria. 9. ordinanza impugnata deve conseguentemente essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.