Legittimato il rifiuto della compagnia ad accogliere la richiesta avanzata dalla società sportiva. Decisiva la ricostruzione compiuta dal consulente tecnico che, nonostante le lesioni riguardino parti diverse della stessa caviglia, attesta l’azzardo compiuto dalla squadra, ossia la forzatura nella ripresa agonistica dell’atleta.
Quattro infortuni in appena nove mesi. Tutti alla stessa caviglia, la sinistra, ma in zone sempre diverse. A rimetterci è l’atleta professionista, costretto a ridurre il minutaggio stagionale in campo, e, ancor di più, la società sportiva, che si vede indennizzato dall’assicurazione solo il primo incidente agonistico. Perché la catena di infortuni è frutto dell’impiego dell’atleta in condizioni di non perfetta guarigione Cassazione, sentenza numero 6268, Terza sezione Civile, depositata oggi . Out. Lo scenario è il parquet della Lega di basket, vittima un cestista di qualità, arrivato ai vertici tanto da indossare anche la maglia della nazionale italiana. Ma in una stagione, ‘maledetta’, l’atleta è colpito da ben quattro infortuni in nove mesi, che ne riducono nettamente le presenze in campo, con ripercussioni, peraltro, anche sulla stagione subito successiva. Duro colpo all’agonismo dell’atleta, duro colpo alle ambizioni della società sportiva, impegnata in Italia e in Europa. Per quest’ultima, però, almeno esiste l’opzione indennizzo, coperto da una polizza assicurativa con la compagnia Lloyd’s. Pronta la richiesta 430mila euro per compensare i danni subiti a causa degli infortuni. Ma da Londra nicchiano Uno può bastare Così si arriva nelle aule di giustizia, perché la società sportiva rivendica il pagamento, mentre la compagnia assicurativa ribatte di avere già pagato in occasione del primo incidente agonistico, versando oltre 45milioni di vecchie lire e soddisfacendo quindi «ogni diritto del danneggiato». Perché un solo pagamento? Perché, secondo la compagnia assicurativa, «i successivi infortuni costituivano mere conseguenze del primo», quindi «non erano autonomamente indennizzabili, perché dovuti a non perfetta guarigione». Ebbene, questa visione, quella, cioè, proposta da Lloyd’s, viene accolta sia in primo che in secondo grado Reazione a catena. È medico-scientifico l’appiglio utilizzato dal legale della società sportiva per dare sostegno al ricorso presentato in Cassazione e, ovviamente, finalizzato a ottenere un risarcimento molto più ampio dalla compagnia assicurativa. Elemento centrale, in questa ottica, è il quadro tracciato dal consulente tecnico e recepito in toto dalla Corte d’Appello. Quadro erroneo, secondo il legale, perché «presupporrebbe che l’infortunato avesse ripreso a giocare prima di essere completamente guarito ma tale circostanza non trova riscontro nella documentazione medica» e soprattutto «non tiene conto che i successivi infortuni hanno colpito parti diverse della caviglia sinistra». Nessun legame, quindi, è rintracciabile nella serie di infortuni ci si trova di fronte, secondo il ricorrente, a «tre diversi episodi infortunistici che, se avessero colpito una persona sana, avrebbero provocato analoghe malattie traumatiche». Ma tali osservazioni tecniche non modificano, secondo i giudici di Cassazione, il quadro così come delineato in Appello. Anche perché le valutazioni su «natura delle lesioni» e «riconducibilità ad un unico episodio» sono «di carattere tecnico» e, quindi, «possono inevitabilmente variare anche in relazione alle opinioni ed alle esperienze personali». Ciò che conta, però, alla luce delle perizie compiute dai consulenti tecnici, è la legittimità delle conclusioni tirate dal consulente tecnico, che, ovviamente, rendono legittima anche la pronunzia d’Appello gli infortuni sono da considerare come una reazione a catena. Di conseguenza, è giustificato – così come evidenziato in secondo grado – il rifiuto della compagnia assicurativa di accogliere la richiesta di indennizzo della società sportiva.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 marzo – 20 aprile 2012, numero 6268 Presidente Finocchiaro – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con due separati atti di citazione, notificati il 10.4.2002, la s.p.a. Mens Sana Basket, ha convenuto davanti al Tribunale di Milano gli Assicuratori dei Lloyd’s di Londra, chiedendone la condanna al pagamento dell’indennizzo, in forza di polizza assicurativa in corso, a seguito di quattro incidenti subiti dal giocatore G.S. durante altrettante partite di basket, nel corso delle quali, lo stesso ha riportato lesioni alla caviglia sinistra. In relazione agli incidenti occorsi il 22 agosto, il 30 settembre e il 28 ottobre 2000 di cui al primo atto di citazione ed il 27.4.2001 di cui al secondo atto di citazione , l’indennizzo è stato complessivamente quantificato in oltre € 430.000,00. La compagnia assicuratrice ha resistito alle domande, affermando che il sinistro del 22 agosto era già stato indennizzato mediante il pagamento di £ 45.205.479, a definitiva tacitazione di ogni diritto del danneggiato, e che i successivi infortuni costituivano mere conseguenze del primo, quindi non erano autonomamente indennizzabili, perché dovuti a non perfetta guarigione del giocatore. Ha poi contestato anche nel quantum le domande autrici. Il Tribunale ha respinto le domande, compensando le spese di causa. La Corte di appello di Milano la respinto l’impugnazione di Mens Sana ed, accogliendo l’appello incidentale, ha posto a carico dell’attrice le spese del doppio grado. Mena Sana propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resiste il Lloyd’s con controricorso, proponendo a sua volta quattro motivi di ricorso incidentale condizionato. Motivi della decisione 1. - Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi articolo 335 cod. proc. civ. . 2. - Con il primo motivo, denunciando violazione dell’articolo 75 cod. proc. civ, in relazione all’articolo 360 numero 4 cod. proc. civ., la ricorrente assume che erroneamente la Corte di appello ha confermato il rigetto della sua eccezione pregiudiziale di nullità della costituzione in giudizio della convenuta, per la mancata giustificazione dei poteri della persona designata a rappresentarla, E.B., che ha anche sottoscritto la procura alle liti. Assume la ricorrente che la convenuta ha prodotto un documento risalente a quattro anni prima dell’inizio del giudizio, quindi inidoneo a dimostrare i poteri rappresentativi perché inattuale. 2.1. - Il motivo è inammissibile per difetto di specificità. La Corte di appello ha motivato la sua decisione con il rilievo che non risulta siano intervenuti mutamenti nella situazione certificata dalla compagnia assicuratrice. La ricorrente non deduce né dimostra sotto quale profilo giuridico una tale soluzione sia da ritenere scorretta, specificando fino a che data, e suo avviso, la documentazione sarebbe da ritenere aggiornata e probante, e per quale ragione la prova della continuità nella carica sarebbe stata a carico della controparte e non dovesse invece essa stessa fornire la prova del sopraggiunto mutamento dei poteri del B., rispetto a quanto certificato dal documento prodotto - prova verosimilmente risultante dagli appositi registri societari - considerato che essa stessa ha nella sostanza sollevato le relativa eccezione. Si ricorda che il motivo di ricorso per cassazione deve essere necessariamente specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarne la consistenza e la fondatezza cfr. tra la tante Cass. civ. 4 marzo 2005 numero 4741 Cass. civ. 13 marzo 2009 numero 6184 . 3. – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa od insufficiente motivazione ai sensi dell’articolo 360 numero 5, cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello si è limitata a recepire acriticamente le conclusioni del CTU, secondo cui gli infortuni successivi al primo non sarebbero autonomi e diversi, ma costituirebbero mere conseguenze del primo infortunio. Ciò presupporrebbe che l’infortunato avesse ripreso e giocare prima di essere completamente guarito, ma tale circostanza non trova riscontro nella documentazione medica e non tiene conto del fatto che i successivi infortuni hanno colpito parti diverse della caviglia sinistra, in quanto il primo dell’agosto 2000 ha lesionato il comparto legamentoso esterno della caviglia-piede il secondo ottobre 2000 il comparto legamentoso interno il terzo aprile 2001 l’intera cartilagine tibio-astragalica. Trattasi di tre diversi episodi infortunistici che, se avessero colpito una persona sana, avrebbero provocato analoghe malattie traumatiche. La Corte di appello avrebbe disatteso i rilievi in tal senso del consulente di parte della Mens Sana, per di più richiamando a supporto le considerazioni del consulente di parte Lloyd’s, che ha scambiato per quelle del CTU. 3.1. - Il motivo è inammissibile, poiché mette in questione gli accertamenti in fatto della Corte di appello circa la natura delle lesioni, accertamenti che si fondano sull’esito delle indagini peritali svolte nel corso del giudizio. Le censure investono il marito della decisione di appello, cioè il fatto che essa abbia ritenuto maggiormente convincenti le conclusioni del CTU rispetto a quelle del consulente di parte. Trattasi di decisione che, per questa parte, non è suscettibile di riesame in sede di legittimità, considerato che la motivazione della sentenza impugnata non evidenzia vizi logici o giuridici interni alle argomentazioni addotte a sostegno della decisione e che pertanto con è suscettibile di riesame in sede di legittimità. Le argomentazioni dei consulenti tecnici circa la natura delle lesioni e la loro riconducibilità ad un unico episodio sono palesemente frutto di valutazioni di carattere tecnico, che possono inevitabilmente variare anche in relazione alle opinioni ed alle esperienze personali oltre che in relazione agli incarichi espressamente ricevuti dalle parti contrapposte. Non a caso i consulenti di parte sono pervenuti a soluzioni opposte . Quanto allo scambio fra le conclusioni del CTU e quelle del CT di parte Lloyd’s - che la ricorrente addebita alla Corte di appello - trattasi di censura inammissibile, poiché non risulta se l’errore effettivamente sussista, né se attenga o meno ad argomentazioni della consulenza che hanno avuto rilevanza essenziale ai fini della decisione le relative parti degli elaborati peritati non sono riportate nel ricorso . La sentenza impugnata risulta per contro essersi attenuta in tutto a per tutto alle conclusioni del CTU, con motivazione congrua e logica, che non risulta suscettibile di riesame in questa sede. 4. - Il terzo motivo, con cui la ricorrente lamenta violazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ., per avere la Corte di appello riformato la decisione di primo grado quando alla compensazione delle spese processuali, è inammissibile, in quanto la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese costituisce la regola, nei rapporti processuali. La decisione in tal senso non richiede pertanto specifica motivazione. Essenziale è che vi sia la domanda di parte e che la parte condannata sia soccombente, così come soccombente è stata Mens Sana in entrambi i gradi di merito. 5. - Il ricorso incidentale, proposto sola condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, risulta assorbito. 6. - Le spese dei presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali, liquidate complessivamente in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per onorari oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.