Confermata la condanna nei confronti del guidatore di un ciclomotore. Discussione legata all’impossibilità di parcheggiare. La minaccia verbale dell’agente di polizia municipale rientra comunque nella sua attività funzionale.
Una mano alzata, accompagnata dalla promessa di «due paccheri» il gesto, compiuto da un vigile urbano nei confronti dell’irrequieto conducente di un motorino, non può essere considerato «comportamento aggressivo e arrogante» - come da Cassazione, sentenza numero 4929/2012, Sesta sezione Penale, depositata oggi. Di conseguenza, l’inconsulta azione dell’uomo, ovvero colpire il vigile urbano con una testata, non si può inquadrare come «reazione». No parcheggio. Nessuna possibilità di parcheggiare nel piazzale antistante il porto. Il divieto, ribadito a più riprese dal vigile urbano, scatena la reazione del conducente di un ciclomotore, che reagisce in maniera brutale, colpendo con una testata il pubblico ufficiale. La querelle giudiziaria che ne consegue, ovviamente, si chiude con una condanna per il conducente, ritenuto colpevole dei reati di «resistenza a pubblico ufficiale» e di «lesioni volontarie lievissime». Su questi punti, difatti, Tribunale e Corte d’Appello concordano in maniera piena. Provocazione? Il conducente, però, non accetta la condanna, e presenta ricorso per cassazione. A suo avviso, difatti, la vicenda va ricostruita in maniera diversa. Più precisamente, va letta meglio la animata discussione avuta col vigile urbano, discussione «degenerata in una reciproca aggressione fisica» e «insorta dopo che egli aveva ottemperato all’ordine impartitogli» quindi, «essendo mancata la necessaria contemporaneità tra l’atto del pubblico ufficiale e la violenza», secondo l’uomo «non sarebbe configurabile il reato». Per giunta, sempre in questo quadro, il conducente afferma che «la violenza incriminata fu posta in essere per reazione al comportamento aggressivo e arrogante del pubblico ufficiale», e sostiene, poi, che le lesioni sarebbero state semplicemente «la conseguenza di un gesto istintivo e volontario». Due paccheri non posson bastare Alla luce della vicenda, così come ricostruita, i giudici della Cassazione fanno chiarezza sul comportamento tenuto dal vigile urbano. Quest’ultimo fu ricoperto di improperi dal conducente del ciclomotore e come risposta «levò la mano verso il viso dell’imputato, minacciando di dargli “due paccheri”» ebbene, la minaccia verbale del pubblico ufficiale «non si è posta completamente al di fuori della sua attività funzionale né ha manifestato intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni per perseguire finalità vessatorie». Partendo da questa premessa, quindi, la lettura del comportamento tenuto dal conducente del ciclomotore è chiara egli colpì il vigile urbano per «opporsi all’esecuzione di un ordine legittimamente impartito». Eppoi l’intenzionalità della testata è evidente, soprattutto tenendo presente che il vigile urbano, alto un metro e novanta, «gli stava di fronte, per cui, per colpire il pubblico ufficiale, l’imputato ha dovuto puntare i piedi e proiettarsi verso l’alto». Da confermare, quindi, per i giudici di Cassazione, la condanna pronunciata in Appello, accompagnata anche dal pagamento delle spese in favore della parte civile.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 gennaio – 8 febbraio 2012, numero 4929 Presidente Di Virginio – Relatore Garribba Motivi della decisione § 1. Con sentenza del 4 marzo 2009 la Corte d'appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale che aveva dichiarato C. D. colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni volontarie lievissime, per avere colpito al volto con una testata il vigile urbano M.F. che, preposto alla regolazione della sosta nel piazzale antistante il porto di Sorrento, gli aveva ordinato di non parcheggiare il ciclomotore. Contro detta sentenza ricorre l'imputato che denuncia 1 violazione dell'articolo 337 cod penumero e mancanza di motivazione,. perché la discussione, degenerata in una reciproca aggressione fisica, era insorta dopo ch’egli aveva ottemperato all'ordine impartitogli dal vigile urbano e quindi, essendo mancata la necessaria contemporaneità tra l'atto del pubblico ufficiale e la violenza o minaccia diretta all'opposizione, non sarebbe configurabile il reato contestato 2. violazione dell'articolo 4 d.lgs.lgt. numero 288/1944 e mancanza di motivazione, perche la sentenza non ha considerato che la violenza incriminata fu posta in essere per reazione al comportamento aggressivo e arrogante del pubblico ufficiale che, colpendolo con uno schiaffo, attuò l'atto arbitrario previsto dalla citata esimente 3. violazione dell'articolo 582 cod.penumero e mancanza di motivazione, perché le lesioni sarebbero state la conseguenza di un gesto istintivo e involontario. § 2. Il ricorso è manifestamente infondato, perché la decisione impugnata poggia su una motivazione completa ed esaustiva fornita soprattutto dal giudice di primo grado ,. che, muovendo da un'accurata analisi delle risultanze probatorie, perviene a una ricostruzione dei fatti logica e coerente, seguita dalla corretta applicazione della norma penale. I motivi proposti in realtà prospettano solo ragioni di merito volte a ottenere una diversa valutazione della prova, sollecitando questa Corte a una rilettura degli atti che esorbita dal sindacato riservato al giudice di legittimità. In particolare si osserva - in ordine al primo motivo, che l'imputato SI rifiutò di ottemperare all'ordine del vigile urbano che gli proibiva di parcheggiare in quel posto e proprio per questa ragione nacque la discussione poi degenerata nella violenza pertanto i giudici di merito, accertato che l'imputato colpì il vigile con la testata per opporsi all'esecuzione di un ordine legittimamente impartito, lo hanno correttamente dichiarato colpevole del reato di resistenza a pubblico ufficiale - in ordine al secondo motivo, è emerso che il vigile urbano, in risposta agli improperi rivoltigli, levò la mano verso il viso dell'imputato minacciando di dargli due paccheri e quest’ultimo, come immediata reazione, lo colpì con la testata al volto la minaccia profferita dal pubblico ufficiale a seguito dell’ingiusta aggressione verbale subita non si è posta --secondo la valutazione discrezionale dei giudici di merito - completamente ai di fuori della sua attività funzionale né ha manifestato intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni per perseguire finalità vessatorie e, pertanto, mancavano le condizioni per riconoscere l'esimente invocata - in ordine al terzo motivo, il giudice ha affermato l'intenzionalità della testata,. rilevando che l'imputato era seduto sul ciclomotore, mentre il vigile, alto m. 1,90, gli stava dr fronte, per cui, per colpire il pubblico ufficiale, l'imputato ha dovuto di proposito puntare i piedi e proiettarsi verso l'alto. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte civile che liquida nella somma di euro mille oltre accessori.