Spetta al donatario provare la non imputabilità dell’inadempimento

Nel giudizio di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere è il donatario-debitore che deve provare la causa non imputabile dell’inadempimento, mentre il donante-creditore è tenuto unicamente ad allegare ed indicare l’inadempimento del donatario. Nel caso di onere di assistere moralmente e materialmente il donante, l’allontanamento dalla casa di quest’ultimo non determina di per sé una causa non imputabile ai fini dell’accertamento della impossibilità della prestazione che estingue l’obbligazione, occorrendo anche la prova della diligenza impiegata in concreto per evitare che sorgesse l’ostacolo all’adempimento.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 21208 del 17 settembre 2013. Donazione modale e risoluzione per inadempimento. Oggetto della pronuncia in rassegna è la risoluzione per inadempimento di una donazione modale, il cui onere consisteva nell’obbligo per il donatario di assistere moralmente e materialmente il donante e la moglie. In seguito ad alcuni contrasti tra donante e donatario, quest’ultimo veniva allontanato dalla casa del donante, il quale agiva quindi per la risoluzione della donazione per l’inadempimento dell’onere. Mentre in primo grado veniva rigettata la domanda di risoluzione, in appello il giudice, accertato l’inadempimento del donatario, risolveva il contratto di donazione. Il giudice di seconde cure, in particolare, rilevava che avendo il donante eccepito l’inadempimento ed essendosi questo effettivamente verificato, sarebbe stato il donatario a dover provare che detto inadempimento fosse derivato da causa a lui non imputabile, cosa che invece, nel caso di specie, non ha fatto. Veniva quindi interposto ricorso per Cassazione volto a censurare la pronuncia di secondo grado sotto il profilo dell’erronea ripartizione dell’onere della prova nel giudizio in questione, in quanto – secondo la tesi del ricorrente, tale onere dovrebbe essere assolto dal donante. L’onere della prova nella responsabilità contrattuale. Sul punto, si deve ricordare come già da un decennio la giurisprudenza di legittimità abbia condivisibilmente tratteggiato l’onere della prova nel giudizio di responsabilità contrattuale, affermando che il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, ed eventualmente del termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento Cass. Sez. Un. 13533/2001 . Tale principio, costantemente affermato in relazione ai contratti sinallagmatici, non può che trovare applicazione anche con riguardo alle donazioni modali, non ravvisandosi esigenze che giustificano una differente ripartizione dell’onere della prova. L’inadempimento dell’onere e risoluzione. Pur non richiamando espressamente i menzionati principi, con la pronuncia in commento la Corte afferma analoghi principi anche con riguardo al giudizio di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere, nel quale, afferma la Corte, è il donatario-debitore che deve provare la causa non imputabile dell’inadempimento, mentre il donante-creditore è tenuto unicamente ad allegare ed indicare l’inadempimento del donatario. Aggiunge peraltro la Corte che nel caso di onere di assistere moralmente e materialmente il donante, l’allontanamento dalla casa di quest’ultimo non determina di per sé una causa non imputabile ai fini dell’accertamento della impossibilità della prestazione che estingue l’obbligazione, occorrendo anche la prova della diligenza impiegata in concreto per evitare che sorgesse l’ostacolo all’adempimento. In forza di tale ultimo principio la pronuncia in rassegna fa quindi applicazione del diffuso orientamento dottrinale e giurisprudenziale che ricollega il giudizio di non imputabilità dell’inadempimento all’accertamento della colpevolezza, sganciandolo invece da ogni riferimento oggettivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 maggio - 17 settembre 2013, n. 21208 Presidente Settimj – Relatore Proto Osserva in fatto Con citazione del 30/9/1993 An.Mi. conveniva in giudizio B.M.G. chiedendo e, premesso di averle donato con atto del 30/4/1992 un fondo con annesso fabbricato, chiedeva la risoluzione della donazione per inadempimento della B. , all'onere, espressamente convenuto, di assistere moralmente e materialmente il donante e sua moglie. La B. si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda sostenendo di essere stata cacciata di casa e anche percossa in data 16/2/1993 , così che le era stato impossibile assolvere l'onere. Il giudizio, dopo il decesso dell'attore, era proseguito dalla figlia ed erede A.M. il contraddittorio era integrato nei confronti di A.I. , altra figlie si corregge in figlia ed erede che faceva proprie le difese della convenuta B. e, in subordine, chiedeva che il contratto fosse risolto anche nei propri confronti. Il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi si corregge in Lombardi con sentenza del 22/3/2005 rigettava le domande. La Corte di Appello di Napoli con sentenza del 25/5/2010 accoglieva l'appello di A.M. e dichiarava risolto il contratto di donazione rilevando che l'onere di provare la causa non imputabile dell'inadempimento incombeva sulla donataria, tenuta alla prestazione che le prove raccolte non consentivano di ritenere provata l'impossibilità di adempiere la prestazione per causa non imputabile che i testi dell'attrice avevano espresso valutazioni e non fatti e anche i fatti riportati non erano specifici ed erano in gran parte appresi da altri La Corte territoriale prendeva in esame le singole testimonianze dei testi di parte convenuta rilevando - che B.T. , fratello della convenuta, aveva riferito che nel omissis la sorella era stata cacciata di casa da A.M. e che il padre Mi. era divenuto insopportabile per le continue richieste di essere accompagnato a visite specialistiche, ma queste richieste rientravano nelle prestazioni oggetto dell'obbligo - B.G. aveva dichiarato di sapere solo quanto riferito dalla sorella - F.E. nulla sapeva sulle ragioni dell'allontanamento, pur confermando l'assistenza prestata dalla B. dal omissis al omissis e così anche S.U. La Corte rilevava ancora che il primo giudice non aveva considerato le testimonianze di St.Ca.Ro. e di S.M. il primo ha riferito che quando, nel omissis A.M. si trasferì a omissis , i coniugi A. erano già stati abbandonati dalla B. e la circostanza era confermata dalla teste S.M. . La Corte territoriale sulla base della valutazione di tutte queste testimonianze concludeva nel senso che non era possibile stabilire se il rientro di A.M. presso la casa dei genitori fosse la conseguenza dell'abbandono degli stessi da parte della B. oppure la causa dell'allontanamento della B. medesime si corregge in medesima e che, quindi, non era provata la non imputabilità dell'inadempimento, tenuto conto che era possibile affermare con certezza che la B. aveva assistito i nonni solo fino a Dicemebre si corregge in Dicembre XXXX o al massimo omissis , comunque aveva cessato di accudirli prima del ritorno di A.M. nella casa dei genitori, nonni della B. . B.M.G. ha proposto ricorso affidato a due motivi. Resiste con controricorso A.M. . È rimasta intimata A.I. . Osserva in diritto 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 793 c.c. e la contraddittorietà della motivazione sostiene che i testi avevano riferito in merito all'assistenza prestata, collocandola temporalmente, e sul fatto che i coniugi A. correggi in A. avevano cambiato atteggiamento nei confronti della B. e conclude affermando che tale mutamento di atteggiamento era sicuramente riferibile al rientro di A.M. presso la casa dei genitori la quale, addirittura, come provato da testi e certificato medico l'aggredì fisicamente cacciandola fuori di casa ciò malgrado la ricorrente aveva comunicato con lettera la sua disponibilità a prestare assistenza, alla quale il donante replicava con la diffida a presentarsi dal notaio per la risoluzione della donazione. La ricorrente prosegue osservando, in punto di diritto che, escluso il carattere di sinallagmaticità tra la donazione e il modus, sarebbe stato onere del donante provare l'inadempimento e non viceversa. 1.1 Il motivo è manifestamente infondato sotto ogni profilo La motivazione, che si afferma contraddittoria, sussiste ed è immune da contraddizioni non rileva il fatto che per un certo periodo la B. abbia effettivamente prestato assistenza, quanto la circostanza che, a partire dal OMISSIS non l'aveva più prestata e non v'era prova che ciò fosse avvenuto per fatto a lei non imputabile in quanto, come ritenuto dal giudice di appello con adeguata e non contraddittoria motivazione, perciò non sindacabile in questa sede, non è provato se il rientro della figlia presso l'abitazione dei coniugi A. fosse stata la causa dell'allontanamento della B. o invece la conseguenza dell'inadempimento della stessa all'obbligo di accudirli essendo rimasti soli. Del tutto furori tema è l'assunto secondo il quale l'onere della prova del mancato assolvimento dell'onere di prestare assistenza dovrebbe gravare sull'avente diritto alla prestazione è risultato che, di fatto, l'assistenza era terminata, nell'ipotesi più favorevole, nel gennaio 2003 e quindi l'inadempimento era provato ciò che doveva essere provato era la non imputabilità dell'inadempimento, ma, secondo i principi a tutti noti, la prova della non imputabilità dell'inadempimento, come previsto dall'art. 1218 c.c., è a carico del debitore, indipendentemente dalla circostanza che il contratto abbia o meno natura sinallagmatica. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 793 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e il vizio di motivazione e sostiene che - il giudice di appello ha mal valutato le prove - ha fondato la decisione su testimonianze de relato - non ha considerato la circostanza, riferita dal teste B.T. , che essa ricorrente era stata cacciata da casa - ha posto a fondamento della decisione solo le testimonianze di controparte, dalle quali non potevano trarsi le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di appello - non ha preso in considerazione le testimonianze di C. e D.M. - ha mal valutato la testimonianza di Ab.Gi. che aveva riferito di problemi tra A.M. e il marito che avrebbero dovuto convincere il giudice che il rientro nella casa dei genitori era dovuto proprio a tali contrasti e non al fatto che i genitori erano rimasti privi di assistenza. 2.1 Il motivo è manifestamente infondato quanto al vizio di motivazione e alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. perché la motivazione, come risulta dalla superiore espositiva in fatto, è completa, tiene conto anche delle testimonianze rese da parte convenuta, valutandole complessivamente e la censura è diretta semplicemente, ma inammissibilmente, ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del materiale probatorio conforme alle aspettative della ricorrente. Circa la mancata considerazione delle testimonianze dei testi C. e D.M. , la censura non da conto della rilevanza in quanto non spiega cosa i testi avrebbero riferito e come la loro testimonianze si corregge in testimonianza avrebbe potuto essere decisiva. Il fatto che B.M. il omissis sia stata cacciata di casa da A.M. è un fatto riconosciuto e considerato nella stessa sentenza che, tuttavia, con congrua motivazione, non lo ritiene sufficiente per la prova della non imputabilità dell'inadempimento tenuto conto la B. si era già resa inadempiente all'obbligo di assistenza. È inammissibile per mancanza di specificità la censura di violazione di legge perché non è spiegato come sarebbe stato violato e falsamente applicato l'art. 793 c.c. che si assume violato e falsamente applicato, salvo che per quanto riguarda la non riconducibilità del fatto, come unilateralmente ricostruito dalla ricorrente in contrasto con la ricostruzione del giudice del merito, esente, per le ragioni già espresse dai vizi motivazionali e di valutazione prove dedotti nel motivo. Infine l'argomento secondo il quale da una testimonianza de relato quella di Ab.Gi. secondo la quale A.M. aveva problemi con il marito si dovrebbe ricavare che la stessa era rientrata presso i genitori non per accudirli a causa dell'inadempimento della B. , ma proprio per quei problemi ”, è argomento che, in quanto fondato su una mera ipotesi, non assume alcuna rilevanza. 4. Pertanto il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato manifestamente infondato. Considerato che il ricorso è stato fissato per l'esame in camera di consiglio e che sono state effettuate le comunicazioni sia al P.G. che ha concluso per l'inammissibilità o il rigetto del ricorso, sia alle parti costituite. Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore. Con riferimento alla pretesa impossibilità della prestazione, occorre ulteriormente osservare ad integrazione della relazione che la sola e pacifica circostanza dell'allontanamento dalla casa non determina di per sé una causa non imputabile ai fini dell'accertamento dell'impossibilità della prestazione che estingue l'obbligazione occorrendo anche la prova della diligenza impiegata in concreto sia per evitare che sorgesse, l'ostacolo all'adempimento efr., tra le tante, Cass. 30/4/2012 n. 6594 . Proprio questa prova è stata ritenuta mancante dalla Corte di Appello che ha preso in considerazione le testimonianze di St.Ca.Ro. e di M S. i quali avevano riferito che quando A.M. si era trasferita da . a omissis i coniugi A. erano già soli perché abbandonati dalla nipote la Corte territoriale ha poi considerato tutte le testimonianze nel loro complesso giungendo alla conclusione che nessuna era decisiva al fine della prova dell'allontanamento volontario della B. dall'abitazione dei nonni con conseguente inadempimento dell'onere imposto con la donazione, ovvero dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione di assistenza e cura per il comportamento dei donanti e dei loro familiari. Per tali ragioni è stata ritenuta mancante la prova, della quale era onerata l'obbligata, dell'impossibilità della prestazione infatti la Corte territoriale ha osservato che non è dato sapere se tale ultima circostanza il rientro di A.M. nel omissis a omissis per assistere i genitori sia stata la causa dell'allontanamento della B. ovvero la sua conseguenza, al fine di accudire i genitori ormai rimasti soli” , la motivazione è dunque in linea con i principi costantemente affermati in tema di impossibilità della prestazione, secondo i quali deve essere offerta dall'obbligato la prova della non imputabilità, anche remota, dell'evento impeditivo v., da ultimo Cass. n. 6594/2012 cit. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna B.M.G. a pagare a A.M. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi.