Regali ai minori in cambio di atti sessuali: c’è utilità economica

Nella fattispecie di prostituzione minorile consistente nel compimento di atti sessuali con minorenne in cambio di utilità economiche è irrilevante il consenso del minore che può essere, peraltro, non genuino ma frutto dell’opera di convincimento posta in essere dall’adulto, così come è irrilevante se l’atto è unico o plurimo.

È quanto emerge dalla sentenza n. 37815 della Corte di Cassazione, depositata il 16 settembre 2013. Il caso. La Corte d’appello aveva riformato in toto una sentenza di condanna emessa dal Tribunale per prostituzione minorile, odioso reato di cui era accusato un uomo imputato per aver dato denaro e altre regalie a numerosi ragazzini in cambio di prestazioni sessuali. Il Procuratore Generale e le parti civili però non si arrendeva e censuravano la sentenza assolutoria emessa con la formula perché il fatto non sussiste davanti alla Cassazione denunciando violazione di legge sostanziale nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione. Manca il rapporto sinallagmatico? Secondo i giudici territoriali, nel caso in esame, mancava quel rapporto sinallagmatico tra la condotta sessuale e i doni elargiti ai ragazzi, elemento che caratterizza il reato di prostituzione minorile. Era infatti emerso in dibattimento che l’imputato era solito dare denaro e regali quando si incontrava con i ragazzi, anche se durante l’incontro non vi erano rapporti sessuali. La circostanza che non sempre alla dazione di un quid corrispondesse sempre una prestazione sessuale da parte dei ragazzi, secondo la motivazione censurata, escludeva quell’indispensabile sinallagma previsto dalla fattispecie incriminatrice che punisce chi compie atti sessuali a pagamento o per un corrispettivo con una persona minore e quindi l’insussistenza del fatto-reato. In ballo ci sono anche ragioni politico-criminali. Il delitto di prostituzione minorile si declina fondamentalmente in due filoni da un lato, la condotta punita più severamente di chi induce, favorisce o sfrutta la prostituzione, dall’altro, la condotta residuale di chi compie atti sessuali con un minore in cambio di denaro o altra utilità economica. Quest’ultima previsione è clausola di sussidiarietà orientata ad anticipare la tutela, punendo anche la mera condotta del cliente . Un’unica rubrica identificativa dell’elemento comune Tra le due condotte che comportano sanzioni ben diverse per gravità corre un elemento comune che è quello dell’atto sessuale in cambio di denaro o altra utilità, motivo per cui unica è la rubrica dell’articolo di legge prostituzione minorile . la controprestazione. L’elemento retributivo dell’atto sessuale è ciò che identifica la condotta punita anche un isolato atto sessuale retribuito è considerato prostituzione, restando fuori dall’ambito di indagine se la condotta sia anche abituale o vi siano più fruitori. Nel concetto di utilità economica rientra anche la mera ospitalità, in quanto fornire vitto e alloggio che costituiscono mezzi di sussistenza indispensabili equivale a corrispondere un’utilità Trib. Milano, 19 luglio 2007 . Peraltro nel caso al vaglio della Corte di Cassazione, colpiva nel segno la censura del Procuratore Generale che aveva evidenziato come la sentenza, pur dando atto dell’esistenza della pluralità di rapporti fisici con contestuale elargizione di doni, non spiegava per quale ragione alternativa al corrispettivo sessuale tali regali venivano fatti. Reticenza giustificata. Uno dei testi minori aveva giustificato la propria originaria reticenza riguardante le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari quando aveva 15 anni come dettata dalla vergogna che provava di fronte ai propri genitori. A fronte delle divergenze con le dichiarazioni dibattimentali, il teste era stato ritenuto inattendibile dalla Corte d’appello che si soffermava solo sul contrasto tra le due versioni fornite, omettendo di analizzare criticamente la spiegazione addotta.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 giugno 16 settembre 2013, n. 37815 Presidente Squassoni Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 28.11.2012 la Corte d'Appello di Catanzaro - riformando totalmente la pronunzia del Tribunale - ha assolto l'imputato T.P. dai reati di cui ai capi B prostituzione minorile ai danni di C.A. e L.M. e C tentata prostituzione minorile in danno di L.M. con la formula perché il fatto non sussiste. Ha dichiarato non doversi procedere per difetto di querela in ordine a reato di cui al capo A come riqualificato dal Tribunale art. 609 quater, atti sessuali con i minori R.M. , R.A. , S.F. e C.G. . La Corte di merito, per escludere la sussistenza dei reati di prostituzione minorile capi B e C , ha svolto le seguenti argomentazioni quanto al reato sub B in danno del C. , ha rilevato che mancava il rapporto sinallagmatico tra la condotta e le regalie elargite al ragazzo quanto al reato sub B in danno del L. , e a quello sub C in danno del medesimo, ha considerato inattendibili le dichiarazioni della parte offesa. Infine, ha dichiarato l'improcedibilità per mancanza di querela in ordine al reato di cui all'art. 609 quater capo A , perché, essendo venuti meno i reati sub B e C, veniva a mancare la connessione con reati perseguibili di ufficio. 2. Contro la decisione ricorrono per cassazione sia il Procuratore Generale di Catanzaro che, tramite i difensori, le parti civili R.M. , R.A. e S.F. con tre separati, ma identici ricorsi , nonché C.G. e C.A. , con separati e parzialmente identici ricorsi. 2.1 Con un unico motivo, il Procuratore Generale di Catanzaro denunziando l'inosservanza dell'art. 600 bis comma 2 c.p. e mancanza e contraddittorietà della motivazione, rileva che la Corte d'Appello non ha considerato l'articolata opera di convincimento posta in essere dall'imputato attraverso i regali per vincere la resistenza dei minori. Inoltre non avrebbe considerato le spiegazioni date dal teste L. per giustificare le originarie reticenze vergogna verso i propri genitori . Quanto alla rilevata incongruenza delle telefonate, il PG ha rilevato che il L. aveva detto di non ricordare di avere fatto telefonate all'imputato, il che non significa escludere . Conclude il PG ricorrente osservando che la sussistenza del reato di cui all'art. 600 bis comma 2 cp prostituzione minorile estende la procedibilità di ufficio in ordine al reato di atti sessuali con minorenni di cui all'art. 609 quater reato contestato al capo A . 2.2 I ricorrenti R.M. , R.A. e S. , aderendo sostanzialmente al ricorso del PG, denunziano la violazione dell'art. 600 bis comma 2 cp nonché l'illogicità e contraddittorietà della motivazione svolgendo considerazioni analoghe. 2.3 C.G. , a sua volta, propone due motivi di ricorso. Con una prima censura denunzia anch'egli l'inosservanza dell'art. 600 bis comma 2 cp e il vizio di motivazione rilevando che la Corte d'Appello ha escluso la sinallagmaticità tra le condotte ma non ha spiegato quale sarebbe stata la condotta alternativa, cioè il fine perseguito in concreto dal T. che elargiva danaro ai fanciulli che incontrava e che in occasione dei rapporti sessuali dava più soldi . Con un secondo motivo di ricorso il C. denunzia l'inosservanza dell'art. 192 cpp sulla ritenuta inattendibilità del L. e richiama le giustificazioni date al ragazzo in dibattimento circa le diverse affermazioni rese alla PG quando aveva quindici anni. 2.4 C.A. denunzia anch'egli l'inosservanza dell'art. 600 bis comma 2 cp e il vizio di motivazione sulla base delle stesse argomentazioni utilizzate dal C.G. a sostegno del primo motivo del suo ricorso. 3. L'imputato in data 3.6.2013 ha depositato una memoria difensiva. Considerato in diritto 1. Innanzitutto, va rilevata l'inammissibilità della memoria difensiva depositata dall'imputato solo il 3.6.2003, quindi appena tre giorni prima dell'udienza pubblica. Infatti, come più volte affermato da questa Corte, il termine di quindici giorni per il deposito di memorie difensive previsto dall'art. 611 cod. proc. pen., è da ritenersi applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di cassazione dall'obbligo di prenderle in esame cfr. Sez. 6, Sentenza n. 18453 del 28/02/2012 Ud. dep. 15/05/2012 Rv. 252711 Sez. 2, Sentenza n. 1417 del 11/10/2012 Ud. dep. 11/01/2013 Rv. 254303 Sez. 1, Sentenza n. 17308 del 11/03/2004 Ud. dep. 14/04/2004 Rv. 228646 . Il principio va oggi senz'altro ribadito non avendo l'imputato addotto alcuna ragione per indurre la Corte ad opinare diversamente. 2. Venendo all'esame dei ricorsi - che, evidenziando sostanzialmente anche vizi motivazionali, ben possono formare oggetto di trattazione unitaria - la Corte ne rileva la fondatezza sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte - a cui va data senz'altro continuità - la disposizione di cui all'art. 600 bis cp., comma 2, sanziona penalmente chi compie atti sessuali a pagamento o con un corrispettivo, con persona minore. È stato in particolare affermato Sez. 3, Sentenza n. 16759 del 07/02/2013 Ud. dep. 12/04/2013 Rv. 255453 cfr. cass. Sez. 3, Sentenza n. 4235 del 11/01/2011 Cc. dep. 04/02/2011 Rv. 249316 che la fattispecie dell'art. 600 bis, comma 2 ha carattere marcatamente residuale come risulta all'evidenza dall'inciso salvo che il fatto costituisca più grave reato , che si qualifica come clausola di sussidiarietà mirata a rendere residuale, appunto, l'applicazione della fattispecie rispetto ad altri reati che sanzionano più gravemente il fatto di chi compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica laddove il comma 1 della medesima disposizione sanziona, con una pena più grave, il fatto di chi induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero -prosegue la stessa disposizione - il fatto di chi ne favorisce o ne sfrutta la prostituzione. In comune le due fattispecie hanno la nozione di atti sessuali con un minore di anni diciotto in cambio di denaro o di altra utilità che può qualificarsi come prostituzione minorile formulazione, questa, che costituisce infatti la rubrica che accomuna le due ipotesi di reato e che è centrata sulla sinallagmaticità tra atto sessuale e corrispettivo economico cfr. Cass., sez. 3, 4 luglio 2006 - 5 ottobre 2006, n. 33470, secondo cui anche un isolato atto sessuale retribuito è considerato atto di prostituzione per il fruitore della prestazione e, di conseguenza, per il minore, essendo questa definizione incentrata sull'elemento retribuivo - la controprestazione dell'atto sessuale - senza che siano richiesti l'abitualità della condotta o la pluralità di fruitori della stessa cfr. altresì Cass., sez. 3, 15 aprile 2010 - 4 giugno 2010, n. 21335, che ha ritenuto che anche il singolo episodio di percezione del denaro o di altra utilità è idoneo ad integrarne gli estremi del reato di prostituzione minorile. Sempre secondo la giurisprudenza, nella fattispecie dell'art. 600 bis, comma 2 l'agente tiene un comportamento che è sì abusivo del minore, ma che è assolutamente neutro rispetto alla determinazione della volontà, pur immatura, di quest'ultimo di assentire al compimento di atti sessuali con controprestazione il minore non è benché minimamente sollecitato, o incoraggiato, o blandito perché si determini al compimento dell'atto sessuale con controprestazione cfr. cass. Sez. 3, Sentenza n. 16759 del 07/02/2013 cit. . Si è sottolineato inoltre che, con l'art. 600 bis, comma 2, il legislatore sia quello della L. n. 268 del 1998 che, a maggior ragione, quello della L. n. 38 del 2006 , per cercare di eliminare ogni forma di prostituzione minorile, ha introdotto una inedita fattispecie di reato sottoponendo a sanzione penale anche la mera condotta del cliente Cass., sez. 3, 4 luglio 2006 - 5 ottobre 2006, n. 33470, cit. . 3. Nella fattispecie in esame, la Corte di merito ha motivato l'assoluzione dell'imputato dal reato di prostituzione minorile in danno del C. perché dalle dichiarazioni della parte offesa era emerso che il T. dava sempre danaro o altri regali quando si incontrava col ragazzi, anche quando non avevano rapporti sessuali e da tale circostanza ha dedotto che mancava l'indispensabile rapporto di sinallagmaticità tra la condotta dell'imputato e l'elargizione di tali regali. Così argomentando, però, il giudice di merito si è discostato non solo dal citato principio di diritto, che - come si è visto - ritiene punibile anche un anche il singolo episodio di percezione del denaro o di altra utilità, ma ha dato una motivazione illogica perché pur dando per provata l'esistenza di una pluralità di rapporti fisici e con contestuale elargizione di doni, non ha però spiegato a quale titolo venivano date al ragazzo le regalie o le somme di danaro che, in occasione o in previsione dei rapporti sessuali, diventavano addirittura più consistenti, come pure è stato accertato. Ed ancora, quanto alle condotte nei confronti di L. , pur avendo la parte offesa dato in dibattimento una giustificazione alla rilevata divergenza tra le dichiarazioni negative inizialmente rese in sede di indagini preliminari e quelle di tutt’altro tenore rese in dibattimento facendo richiamo al senso di vergogna provato la prima volta quando aveva quindici anni, che lo aveva indotto a negare i fatti, poi confermati in dibattimento , la Corte d’Appello ha trascurato ogni analisi in ordine a tale giustificazione, limitandosi a rilevare il contrasto tra le due versioni. Parimenti, ha dato rilievo decisivo anche alla questione delle telefonate, evidenziando il contrasto tra i tabulati telefonici che ne registravano 19 e le affermazioni del teste, senza esaminare criticamente il significato delle dichiarazioni rese in proposito dal L. , in termini di incertezza. Si impone pertanto l’annullamento della sentenza e il giudice di rinvio riesaminerà il caso tenendo conto dei principi e dai rilievi di cui sopra, fornendo congrua e logica motivazione resta logicamente assorbito l’esame della procedibilità del reato di cui all’art. 600 quater c.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.