Consiglio comunale acceso: dire a qualcuno «mediocre» può essere ingiuria, ma anche no …

La causa di non punibilità della provocazione non esige solo comportamenti rilevanti sul piano penale, essendo sufficienti anche comportamenti contrari alle norme di civile convivenza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 35497, depositata il 26 agosto 2013. Reciproche accuse sulla mala gestio dei fondi destinati a un evento paesano. Un imputato è stato ritenuto responsabile di avere qualificato il suo interlocutore come mediocre e meno di mediocre alla presenza di più persone. Infatti, gli epiteti erano stati pronunciati durante un consiglio comunale, in risposta alle domande della persona offesa sulle regole di bilancio. In sede di merito, tali domande non erano state qualificate come fatto ingiusto capace di integrare una vera e propria provocazione, bensì come richieste di delucidazione. Pertanto, ne era seguita la condanna per il reato di ingiurie. L’espressione offensiva non era riferita alla persona dell’avversario. Il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando vizio della motivazione a proposito della ricostruzione della vicenda, sotto il profilo della integrazione della causa di non punibilità della provocazione per il fatto ingiusto altrui. A suo dire, i giudici avrebbero totalmente ignorato – senza neppure qualificarli inattendibili – i testi della difesa, i quali avrebbero riferito di un dibattito politico molto acceso che aveva portato a uno scontro verbale tra le parti. In base a quanto riportato da tali testimonianze, la persona offesa aveva incalzato l’imputato con domande polemiche alle quali quest’ultimo aveva replicato che mediocre era la conoscenza che la persona offesa aveva delle norme che regolano i bilanci. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato. La causa di non punibilità si valuta considerando il contesto e Infatti, secondo gli Ermellini, la conferma della condotta di rilevanza penale è stata effettuata sul rilievo che la persona offesa non avrebbe proferito frasi offensive , senza considerare che per la causa di non punibilità della provocazione sono sufficienti anche comportamenti contrari alle norme di civile convivenza. anche il complessivo comportamento della persona offesa. Per Piazza Cavour, la sentenza impugnata risulta carente nella motivazione, non avendo in alcun modo analizzato i termini del motivo di appello con il quale era stato dedotto, sulla base delle testimonianze indotte dalla difesa, che il vocabolo mediocre non era semplicemente scaturito da una richiesta di delucidazioni della persona offesa, ma da un contesto più articolato. Un contesto nel quale la frase incriminata poteva assumere una valenza diversa se valutata in riferimento alla critica non alla persona ma alla natura della obiezione che essa formulava, in rapporto al tema in quel momento in discussione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 luglio - 26 agosto 2013, n. 35497 Presidente Marasca – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione C.M. avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza in data 6 dicembre 2011 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di ingiurie, commesso il 28 settembre 2007, in danno di G.C L'imputato è stato ritenuto responsabile di avere qualificato il suo interlocutore come mediocre e meno di mediocre alla presenza di più persone. La frase era stata proferita nell'ambito di un consiglio comunale, quando l'imputato l'aveva pronunciata in risposta alle domande della persona offesa sulle regole di bilancio domande che il giudice riteneva non qualificabili come fatto ingiusto capace di integrare una vera e propria provocazione, essendo invece richieste di delucidazione. Deduce difensore il vizio della motivazione a proposito della ricostruzione della vicenda come operata dai testi della difesa, sotto il profilo della integrazione della causa di non punibilità della provocazione per il fatto ingiusto altrui. I testi indotti dalla difesa erano stati semplicemente ignorati dal giudice di primo e secondo grado, senza neppure essere qualificati inattendibili, nonostante gli stessi avessero riferito di un dibattito politico molto acceso che aveva portato ad uno scontro verbale tra le parti, fatto di reciproche accuse sulla mala gestio dei fondi destinati ad un evento paesano. Una discussione che aveva visto la persona offesa incalzare l'imputato con domande polemiche alle quali quest'ultimo aveva replicato sostenendo che mediocre era la conoscenza che la persona offesa aveva delle norme che regolano i bilanci. E senza, cioè, che l'espressione offensiva potesse intendersi riferita alla persona dell'avversario. Il ricorso è fondato. Nella sentenza impugnata, la conferma della condotta di rilevanza penale, in assenza di provocazione determinata dal fatto ingiusto altrui, è stata effettuata sul rilievo, sostenuto dai testi della accusa, che la persona offesa non avrebbe proferito frasi offensive . È tuttavia da rilevare che la causa di non punibilità della provocazione non esige solo comportamenti rilevanti sul piano penale, essendo sufficienti anche comportamenti contrari alle norme di civile convivenza. Sotto questo profilo la sentenza impugnata risulta carente nella motivazione poiché finisce per essere apodittica nel rilievo sopra ricordato, non avendo in alcun modo analizzato i termini del motivo di appello con il quale era stato dedotto, sulla base delle testimonianze indotte dalla difesa, che il vocabolo mediocre non era semplicemente scaturito da una richiesta di delucidazioni della persona offesa bensì da un contesto più articolato e comprensivo del complessivo comportamento di questa un contesto nel quale la frase incriminata poteva assumere una valenza diversa se valutata in riferimento alla critica non alla persona ma alla natura della obiezione che essa formulava, in rapporto al tema in quel momento in discussione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza per nuovo esame.