Viene rubato un cellulare ad una impiegata della cancelleria del tribunale mentre un uomo chiede delle informazioni, ma quest’ultimo non può essere condannato per il concorso nel furto aggravato visto che era lì solo per chiedere chiarimenti sullo stato di una sua pratica.
Questo è il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 32782/13, depositata lo scorso 26 luglio. La fattispecie. Un uomo e una donna entrano nella cancelleria del Tribunale e, mentre l’uomo chiede informazioni all’impiegata in merito ad una pratica che lo riguarda, la donna si avvicina alla scrivania dell’impiegata - allontanatasi per recuperare la pratica richiesta - e ruba il cellulare di quest’ultima. Per il delitto di furto aggravato, in concorso con l’esecutrice materiale, viene condannato anche l’uomo, che presenta ricorso per cassazione non ritenendo la sua condotta penalmente rilevante. Chiedere informazioni in cancelleria non è infrequente. A non condividere la visione dei giudici di merito è la stessa S.C. che, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, sottolinea che non sono stati evidenziati particolari elementi che «potessero dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la preordinazione di quell’atteggiamento», per accordo con la donna, laddove l’insistenza del ricorrente «non appare tale da potersi configurare come una forma di partecipazione all’azione, trattandosi di comportamento di per sé non significativo e non infrequente in chi si reca in un ufficio a chiedere notizia di qualche pratica che lo riguarda».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 giugno – 26 luglio 2013, numero 32782 Presidente Marasca – Relatore Savani In fatto e diritto Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Genova, ridotta la pena per l'applicazione di attenuanti generiche equivalenti, ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 28 novembre 2011 dal locale Tribunale, appellata fra l'altro da C.G. , dichiarato responsabile del delitto di furto aggravato in concorso, commesso il omissis . Propone ricorso per cassazione l'imputato deducendo difetto di motivazione da parte della Corte territoriale sulle doglianze avanzate con l'atto di appello laddove aveva sostenuto di non aver partecipato in alcun modo all'azione della CO. , che l'aveva accompagnato nella cancelleria della Corte d'appello di Genova dove era avvenuto il furto. In particolare, mentre C. chiedeva informazioni su di una pratica che lo riguardava ed una delle impiegate si recava in un'altra stanza per dare all'uomo le informazioni di cui aveva necessità, la CO. era entrata nella zona della cancelleria riservata agli impiegati e si era impossessata del telefono cellulare abbandonato sulla propria scrivania dall'impiegata che si era spostata per dar risposta al C. . L'appello aveva evidenziato come presso quella cancelleria vi fosse effettivamente una pratica riguardante il prevenuto, come l'allontanamento della p.l. fosse stato del tutto casuale, per la temporanea assenza dell’impiegata addetta a quella specifica pratica, così che non poteva essere ritenuto a rigor di logica che i due avessero preordinato un'azione combinata, anche per la notoria assenza nelle cancellerie degli uffici giudiziali di beni di valore trasportabili, e per l'occasionalità dell'allontanamento dalla sua scrivania della persona offesa. La CO. avrebbe approfittato, con un'iniziativa estemporanea, dell'assenza della impiegata, mentre irrilevante sarebbe stato il comportamento del ricorrente, che si era limitato a chiedere quale fosse lo stato della sua pratica. Il ricorso deve essere accolto. Il giudice d'appello non ha affrontato le questioni poste dall'appellante sulla possibilità di ipotizzare una sua partecipazione al fatto delittuoso, mentre il primo giudice si era limitato a constatare che il C. aveva chiesto notizie della pratica. Non può esser condivisi la visione dei giudici del merito secondo cui quello sarebbe stato un modo surrettizio per distrarre l'impiegata ed agevolare la pretesa complice, non essendo stati evidenziati nelle sentenze particolari elementi che potessero dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio la preordinazione di quell'atteggiamento, per accordo con la CO. , laddove la sottolineata insistenza del C. non appare tale da potersi configurare come una forma di partecipazione all'azioni, trattandosi di comportamento di per sé non significativo e non infrequente in chi si reca in un ufficio a chiedere notizia di qualche pratica che lo riguarda. Non essendo stati evidenziati ulteriori elementi tali da dimostrare la partecipazione del C. al furto, non resta altro al Collegio che annullare la sentenza impugnata senza rinvio per non avere il C. commesso il fatto. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio per non aver commesso il fatto.