Quando il pagamento all’INPS estingue il reato...

Il giudice di merito deve verificare innanzitutto se l’accertamento dell’INPS sia stato regolarmente notificato all’imputato e, in mancanza, appurare se il decreto di citazione a giudizio contenga tutti gli elementi essenziali del predetto avviso periodo di omesso versamento e importo, sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi, avviso che il predetto pagamento nel termine integra causa di non punibilità , anche al fine di accertare la tempestività del pagamento.

Questo il principio affermato dalla sezione III Penale della Cassazione nella sentenza n. 29739 dell’11 luglio 2013. Il delitto di omesso versamento la diffida INPS Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente della Suprema Corte, la sussistenza del delitto di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali presuppone la rigorosa verifica che risulti certa la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni, da parte dell’INPS. Tale avviso deve specificamente indicare il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto, rendendo operante la causa di non punibilità prevista dall'art. 2, comma 1 bis, D.L. 12 settembre 1983 n. 463 convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983 n. 638 , come sostituito dall’art. 1, D.Lgs. n. 211/1994. Nell'ipotesi in cui l'esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l'imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità o per l'omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione dell'accertamento è compito del giudice accertare se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all'avviso omesso o comunque non notificato dell'ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla legge, di ottenere la non punibilità in conseguenza del pagamento operato entro tre mesi. ovvero il ruolo equipollente dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. o della citazione a giudizio. Infatti, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, con la notifica del decreto dì citazione o dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p., l'interessato ha avuto sicura conoscenza dell'accertamento previdenziale svolto nel suoi confronti ed è posto in grado di sanare le contestate violazioni. Tuttavia, come hanno chiarito le Sezioni Unite con la sentenza n. 1855 del 24 novembre 2011, il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all'imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso individuati nell'indicazione del periodo di omesso versamento e dell'importo, della sede dell'ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge, e che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità . Compito specifico del giudice di merito, onde poter affermare la sussistenza del delitto de quo , è dunque verificare in primis la avvenuta notifica all’imputato dell’avviso di accertamento dell’INPS, ovvero, in mancanza, se allo stesso sia stato notificato un atto processuale avviso ex art. 415 bis c.p.p. ovvero lo stesso decreto di citazione a giudizio avente un contenuto equipollente al suddetto avviso, si da rendere edotto l’imputato e conseguentemente effettiva la consapevolezza del medesimo di poter andare esente da pena eseguendo nel termine di tre mesi il pagamento del contributo omesso. Definitivamente superato, dunque, pare ormai l'indirizzo minoritario, non accolto dalle Sezioni unite e originato dalla pronuncia della Sez. III, 4 aprile 2006, Bianchi, in C.E.D. Cass., n. 235159, secondo cui la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni, dalla quale inizia a decorrere il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto – rendendo operante la causa di non punibilità prevista dall'art. 2 comma 1 bis D.L. n. 463/1983 – non può essere validamente surrogata dalla notifica del decreto di citazione a giudizio. Il caso. Nel caso in esame il ricorrente lamentava la mancata declaratoria di non punibilità da parte dei giudici di merito che, pur preso atto dell’avvenuto pagamento delle somme dovute all’INPS, avevano ritenuto tardivo il pagamento delle stesse in quanto non avvenuto nel termine di tre mesi dalla ritenuta regolare notifica da parte dell’INPS della diffida. Deduceva il ricorrente che la semplice presenza agli atti di due fogli spillati non dava piena prova della effettiva notifica al medesimo della diffida all’INPS e che, pertanto, il termine di tre mesi non era mai decorso, sicchè il pagamento delle somme dovute, avvenuto ancor prima che il ricorrente avesse avuto contezza dell’esistenza del processo penale, doveva ritenersi efficace e tempestivo ai sensi dell’art. 2 D.L. n. 463/83. Principi consolidati. La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, altro non fa che richiamare gli ormai consolidati principi di diritto summenzionati in punto di valenza ed efficacia della diffida INPS e della natura equipollente in presenza dei requisiti indicati dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ovvero del decreto di citazione a giudizio anche al fine di verificare la tempestività nel termine di tre mesi dell’avvenuto pagamento e, quindi, di escludere la penale responsabilità dell’imputato. Non essendovi agli atti la prova certa della avvenuta notifica al ricorrente della diffida da parte dell’INPS, il pagamento effettuato – sancisce la Corte – non può ritenersi tardivo, come invece hanno affermato i giudici di merito, la cui pronuncia viene pertanto annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello con esplicito invito a provvedere, anche d’ufficio, ex art 603 comma 3 c.p.p., alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale in appello, onde verificare se effettivamente sia avvenuta la notifica della diffida INPS e, dunque, da tale data sia decorso il termine per effettuare il pagamento utile ad estinguere la responsabilità penale, ovvero, in difetto, se natura equipollente potesse essere riconosciuta in costanza dei requisiti indicati dalle Sezioni Unite solo all’avviso ex art. 415 bis c.p.p. ovvero al decreto di citazione a giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 giugno 11 luglio 2013, numero 29739 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 10.6.2011, confermava la sentenza del Tribunale di Como, emessa il 20.10.2010, con la quale M.G. , previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di mesi 1 di reclusione ed Euro 300,00 di multa sostituita la pena detentiva con la corrispondente sanzione pecuniaria per il reato di cui agli artt. 81 c.p., 2 D.L. 463/83 per il mancato versamento delle ritenute previdenziali effettuate sulle retribuzioni dei dipendenti per il periodo omissis . Riteneva la Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, che agli atti vi era la prova dell'avvenuta ricezione da parte dell'imputato dell'accertamento svolto dall'Inps. Irrilevante era la circostanza della mancata specificazione della qualifica di chi aveva ricevuto l'atto, non dovendo avvenire la notifica con le forme richieste per la notificazione degli atti giudiziari. Non essendo avvenuto nel termine di tre mesi prescritto, il pagamento della cartella esattoriale non integrava la causa di non punibilità prevista dalla norma. Infine, la pena era stata correttamente quantificata, tenuto conto che si trattava di violazioni reiterate e per importi non di minima entità. 2. Ricorre per cassazione il M. , a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo il difetto e manifesta illogicità ed erroneità della motivazione in ordine all'accertamento dell'avvenuta notifica. Agli atti risultano allegati due fogli fotocopiati, per cui non è possibile alcun collegamento tra i medesimi. Non essendovi prova dell'avvenuta ricezione, il pagamento effettuato dal ricorrente quando non sapeva neppure della pendenza del procedimento penale integra la causa di non punibilità prevista dalla norma. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge per mancata applicazione della causa di non punibilità e della condizione di procedibilità prevista dall'articolo 2 c 1 bis L638/1983, nonché la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla omessa assoluzione dell'imputato con la formula perché il fatto non costituisce reato. Con il terzo motivo denuncia il difetto assoluto di motivazione in ordine alla richiesta di riduzione della pena ai minimi edittali e l'erronea applicazione dell'articolo 133 c.p Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. 2. Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte In tema di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, nel caso non risulti certa la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni, il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto rendendo operante la causa di non punibilità prevista dall'articolo 2 comma primo bis della legge 11 novembre 1983 numero 638, come modificato dal D.Lgs. n 211 del 1994 decorre dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p. cfr. Cass. penumero sez. 3 numero 41277 del 28.9.2004 conf. Cass. sez. 3 numero 27258 del 16.5.2007 sez. 3 numero 38501 del 25.9.2007 sez. 3 numero 4723 del 12.12.2007. Con la notifica del decreto di citazione o dell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p., invero, l’interessato ha avuto sicura conoscenza dell'accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti ed è posto in grado di sanare le contestate violazioni Cass. sez. 3 numero 38501/2007 cit. . Le Sezioni Unite, con la sentenza numero 1855 del 24.11.2011, nell'aderire all'indirizzo maggioritario sopra evidenziato escludendo quindi che ci si trovi in presenza di una causa di non procedibilità , hanno però precisato che nell'ipotesi in cui l'esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l'imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità o per l'omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione dell'accertamento il giudice di merito deve verificare se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all'avviso dell'ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla legge . Secondo le Sez.Unumero , quindi il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all'imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso individuati nell'indicazione del periodo di omesso versamento e dell'importo, della sede dell'ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge, e nell'avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità . 3. La Corte territoriale avrebbe, quindi, dovuto accertare, innanzitutto, se l'accertamento dell'INPS era stato regolarmente notificato all'imputato e, in mancanza, verificare, ove il pagamento della cartella esattoriale fosse avvenuto dopo tre mesi dalla notifica del decreto di citazione, se detto decreto contenesse tutte le indicazioni sopra richiamate. La Corte di merito ha ritenuto regolare la notifica dell'accertamento dell'Inps e quindi tardivo il pagamento. Dagli atti risultano due fogli fotocopiati separati, come da atto la stessa Corte territoriale, senza che sia possibile stabilire un collegamento tra gli stessi la provenienza da un Ente pubblico non fornisce, poi, alcuna garanzia, potendo esservi stata anche confusione tra diversi fogli fotocopiati insieme. Non vi è, quindi, certezza che la raccomandata indirizzata alla Soc. Ideai Service sia stata effettivamente ricevuta in data 28.3.2007 nella sede di detta società anche perché non vi è alcuna annotazione del numero di raccomandata e la firma del soggetto ricevente è illeggibile . La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. I Giudici del rinvio accerteranno, anche provvedendo d'ufficio ex articolo 603 co. 3 c.p.p., se la comunicazione dell'Inps sia stata notificata al ricorrente e, nella ipotesi negativa, se il decreto di citazione contenga le indicazioni evidenziate nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.