Respinte le obiezioni della seconda moglie, che deve accontentarsi del 13 per cento della pensione, a seguito della morte del marito. Ben più alta la quota riconosciuta alla prima moglie dell’uomo. Irrilevante la lunga convivenza che ha preceduto il secondo matrimonio. Decisivo, invece, il peso dell’assegno divorzile concesso alla prima moglie.
Convivenza ‘forzata’ la coppia, difatti, ha dovuto attendere quasi quindici anni prima di poter ufficializzare, con il matrimonio, il proprio rapporto. Ciò perché è stata lunga e complessa la procedura di divorzio dell’uomo dalla prima moglie. Tale dato – ben quattordici anni di convivenza prematrimoniale –, però, non consente alla seconda moglie, una volta deceduto il marito, di pretendere una quota maggiore della pensione di reversibilità. Decisivo il ‘peso specifico’ dell’assegno divorzile riconosciuto alla prima moglie. Cassazione, sentenza numero 14793, sez. I Civile, depositata oggi Pensione in ballo. Sproporzione netta, quella sancita dai giudici, sia di primo che di secondo grado l’87 per cento della pensione di reversibilità, a seguito della morte dell’uomo, viene riconosciuta alla prima moglie solo il 13 per cento, invece, alla seconda moglie. Secondario, per i giudici, l’elemento della lunga «convivenza prematrimoniale» – 1991-2005 – posto in evidenza dalla seconda moglie. Rilevanti, invece, le «condizioni economiche» difatti, «la prima moglie» ha «redditi esigui, a differenza della seconda moglie, titolare di quote societarie e amministratrice di società». Ciò comporta che sia «determinante» il parametro della «durata» del primo «rapporto matrimoniale», protrattosi ufficialmente dal 1969 al 2005, quando l’uomo, ottenuto il divorzio, ha sposato la seconda moglie. Assegno salvo. E proprio la seconda moglie, ovviamente, decide di proseguire nella battaglia giudiziaria, proponendo ricorso in Cassazione e puntando ad una quota più alta della pensione di reversibilità. Per raggiungere tale obiettivo ella evidenzia, ancora una volta, l’importanza della «lunga convivenza prematrimoniale» con l’uomo, convivenza ‘obbligata’ poiché «il matrimonio era stato celebrato solo nel 2005 per la necessità di attendere la conclusione del giudizio di divorzio dalla prima moglie». Tutto ciò, secondo la donna, dovrebbe condurre a un ricalcolo delle quote della pensione di reversibilità attribuite a lei e alla prima moglie. Ma questa visione viene respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano la proporzione stabilita in Appello 87 per cento alla prima moglie, 13 per cento alla seconda moglie. Certo, riconoscono i giudici, non vi è solo il «criterio temporale della durata formale del rapporto matrimoniale» per la «ripartizione del trattamento di reversibilità fra ex coniuge titolare di assegno divorzile e coniuge superstite». Certo, ammettono ancora i giudici, è anche possibile il ricorso a «correttivi di tipo equitativo», valutando, ad esempio, «la durata della convivenza prematrimoniale e le condizioni economiche». Ma l’obiettivo è, comunque, quello di evitare che il primo coniuge «sia privato dei mezzi indispensabili per il mantenimento del tenore di vita cui era preordinato l’assegno di divorzio» e che il secondo coniuge «sia privato dei mezzi necessari per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita». Ebbene, in questa vicenda, valutando tutti gli elementi a disposizione – soprattutto le posizioni economiche delle due donne –, è logico ritenere che «una diversa ripartizione, più favorevole alla seconda moglie» pregiudicherebbe «la funzione di sostegno economico cui era preordinato l’assegno divorzile a favore della prima moglie».
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 maggio – 30 giugno 2014, numero 14793 Presidente Luccioli – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Il Tribunale di Brescia, pronunciandosi sulla domanda proposta da C.E. che aveva chiesto l'accertamento del suo diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex coniuge V.B., deceduto nel 2010, con il quale era stata coniugata dal 1969 al 2005 e dal quale percepiva un assegno mensile di € 450,00 oltre rivalutazione , determinò la suddetta quota nella misura dell'87%, con decorrenza dalla data di deposito del ricorso della C., e nella restante parte in favore di B.L. con la quale il V. si era risposato nel 2005. La Corte di appello di Brescia, con sentenza 19 aprile 2012, ha condiviso la ripartizione percentuale effettuata dal tribunale modificandone la decorrenza dal primo giorno del mese successivo al decesso dell'ex coniuge e rigettato il motivo di gravame con cui la seconda moglie aveva fatto valere la lunga convivenza prematrimoniale con il V. dal novembre 1991 al fine di ottenere una ripartizione della pensione più favorevole per lei. La corte ha ritenuto che fossero prevalenti, rispetto alla convivenza prematrimoniale tra la B. e il V., le condizioni economiche delle parti e poiché la prima moglie aveva redditi esigui, a differenza della seconda moglie B. che era titolare di quote societarie e amministratrice di società, ha ritenuto determinante il parametro valutativo della durata del rapporto matrimoniale. La B. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui resiste la C. l'Inps ha presentato controricorso nel quale si è rimesso alla valutazione di questa Corte ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità. Motivi della decisione Nel primo motivo per violazione e falsa applicazione degli articolo 5 e 9 della legge numero 898/1970 la B. imputa alla corte del merito di non avere dato alcun rilievo alla lunga convivenza prematrimoniale e di non avere considerato che il matrimonio con il V. era stato celebrato solo nel 2005 per la necessità di attendere la conclusione del giudizio di divorzio dalla prima moglie che le condizioni economiche della C. erano migliori delle sue e che i suoi redditi societari erano incerti. Nel secondo motivo per violazione di legge e vizio di motivazione è dedotta la violazione del principio secondo cui la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata, oltre che sulla base della durata del rapporto matrimoniale, ponderando ulteriori elementi di valutazione, allo scopo di evitare che anche il secondo coniuge, oltre che il primo, sia privato di quanto necessario per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita inoltre la Corte del merito non avrebbe considerato il periodo di convivenza prematrimoniale, né che la quota spettantele della pensione di reversibilità subiva una decurtazione da parte dell'Inps in ragione del suo reddito. I suddetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché connessi tra loro, sono infondati. L'articolo 9 della legge numero 898/1970, che prevede il criterio temporale della durata formale del rapporto matrimoniale ai fini della ripartizione del trattamento di reversibilità fra ex coniuge titolare di assegno divorzile e coniuge superstite, è stato interpretato da questa Corte v., tra le altre, Cass. numero 16093 e 10391/2012, numero 5060/2006, numero 28478/2005, numero 6272/2004 , in linea con la Corte costituzionale v. sent. numero 419/1999 , nel senso che il giudice del merito ha la possibilità di applicare correttivi di tipo equitativo, tra i quali la durata della convivenza prematrimoniale e le condizioni economiche delle parti interessate, al fine di evitare che il primo coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per il mantenimento del tenore di vita cui era preordinato l'assegno di divorzio ed il secondo sia privato dei mezzi necessari per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita. La ponderazione in concreto dei diversi parametri rientra nel prudente apprezzamento del giudice del merito, fermo restando il divieto di giungere, attraverso la correzione del criterio temporale, sino al punto di abbandonare totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali v. Cass. numero 2092/2007 . La sentenza impugnata, in applicazione di tali principi e contrariamente a quanto affermato nel ricorso, ha tenuto conto del periodo di convivenza prematrimoniale e, nell'ambito di una valutazione complessiva e ponderata dei diversi parametri, ha ritenuto che una diversa ripartizione in senso più favorevole alla seconda moglie pregiudicasse la funzione di sostegno economico cui era preordinato l'assegno divorzile a favore della prima moglie. E' questa una valutazione riservata al giudice del merito che non può essere censurata in questa sede mediante una inammissibile richiesta di revisione del giudizio di fatto relativo alle condizioni economiche della prima moglie, ovvero di perequazione economica tra le posizioni degli aventi diritto per il tramite del meccanismo divisionale previsto dalla legge v. Cass. numero 16093/2012 cit. . Il ricorso è quindi rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, tenuto conto della peculiarità della fattispecie e delle ragioni della decisione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.