La parte motivazionale relativa alla pena irrogata, attenendo ad un giudizio discrezionale del giudice di merito, è passibile di sindacato di legittimità nei soli limiti in cui all’imputato non sia dato comprendere in nessun modo del calcolo operato dal giudice né dell’utilizzo che questi abbia fatto dei criteri indicati dalla legge per la commisurazione.
Nell’ambito delle indagini condotte interamente in Italia, l’intercettazione di utenze straniere non necessitano della previa rogatoria internazionale tanto nel caso in cui l’utenza nazionale sia utilizzata all’estero quanto in quello in cui l’utenza straniera sia utilizzata all’interno dei confini dello Stato. Con la sentenza numero 19424, depositata il 12 maggio 2014 dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, i giudici di legittimità sono tornati ad occuparsi di due questioni alquanto delicate concernenti il processo penale la prima, più generica, attiene agli esatti confini degli obblighi motivazionali gravanti sul giudice la seconda, marcatamente specifica, attiene alla possibilità di utilizzare le risultanze di intercettazioni di utenze straniere. Associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e reati satellite. Nel caso di specie ad un nutrito numero di soggetti è stato contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ai sensi dell’articolo 74, d.P.R. numero 309/90 assieme a ulteriori delitti di detenzione e cessione, quasi tutti aggravati ex articolo 80, comma 2 del medesimo T.U. per effetto dell’ingente quantità di droga maneggiata dai rei. La condanna pronunciata dal Giudice delle indagini preliminari è stata confermata, sebbene con alcuni ritocchi in punto pena, dall’adita Corte d’appello. I confini degli obblighi motivazionali. Nei motivi di gravame, così come veicolati anche in sede di legittimità, il filo conduttore che emerge dalle argomentazioni difensive dei vari imputati è rappresentato dall’asserita insufficienza motivazionale quanto al calcolo della pena in concreto inflitta. In particolare, gli imputati hanno lamentato la mancanza delle indicazioni tese a permettere il controllo di congruità e ragionevolezza del trattamento sanzionatorio cui il giudice deve necessariamente adempiere, pena l’illegittimità stessa della declaratoria di condanna. La determinazione della pena base. I giudici romani osservano, anzitutto, come la motivazione in ordine alla determinazione della pena base, ed alla diminuzioni o agli aumenti operati per le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti, sia necessaria solo quando la pena inflitta risulti essere di gran lunga superiore alla misura della media edittale. Al di fuori di tale evenienza, l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congrua riduzione”, “congruo aumento”, o il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere del colpevole devono assumersi strumenti idonei a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente - sia pure globalmente - i criteri dettati dall’articolo 133, c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine all’ammontare della pena. Il bilanciamento delle circostanze. Quanto all’opera di bilanciamento delle circostanze se ne è rimarcata la caratterizzazione discrezionale tipica del giudizio di merito, come tale sfuggente al sindacato di legittimità qualora essa non sia il frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, per tale intendendosi «quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza o della prevalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto». Le circostanze generiche. Con riferimento alle circostanze generiche ex articolo 62-bis, c.p., in linea a quanto sopra osservato, gli Ermellini hanno ribadito il principio di diritto per cui queste attengono ad un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che ben può essere motivato implicitamente attraverso l’esame esplicito di tutti i criteri di cui all’articolo 133, c.p. ovvero tramite il ricorso alla motivazione implicita o ancora, a quella per relationem e finanche per formule sintetiche. Motivazione per relationem. Quanto alla prassi della motivazione di richiamo, ricorrente nell’ambito di quei processi in cui vi sono coimputati con posizioni analoghe, è stato sottolineato, senza eccezioni, il principio di diritto - già affermato con la sentenza delle Sezioni Unite nella primavera del 2000 - in virtù del quale essa è legittima nei limiti in cui il rinvio a faccia riferimento ad un atto legittimo del procedimento congruamente motivato b dia, in ogni caso, contezza della riflessione operata dal giudicante, sebbene con riferimento al provvedimento cui si rinvia c sia accompagnato dalla possibilità, per l’interessato, di prendere esatta conoscenza del contenuto del l’atto di riferimento, donde la piena facoltà di muovere ogni critica del caso. Intercettazione di utenze straniere. Altro profilo di indagine di singolare rilevanza contenuto nella pronuncia in commento attiene all’utilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni telefoniche concernenti utenze estere. Sul punto, gli imputati interessati della questione, hanno sostenuto come dette risultanze possono avere valore probatorio nei soli casi in cui sia stata avanzata debita rogatoria internazionale, ciò che non si era verificato nel caso di specie. La Cassazione, nel pronunciarsi sulla doglianza, ha di contro confutato la ricostruzione offerta dai difensori, confermando la legittimità dell’operato della procura. In dettaglio, i giudici capitolini hanno osservato come la rogatoria internazionale sia presupposto ineludibile dell’utilizzabilità delle intercettazioni nei limiti in cui l’attività di indagine sia svolta per intero in territorio estero al contrario, allorchè le investigazioni siano state condotte all’interno del territorio italiano, a nulla rileva che la captazione delle conversazioni abbia avuto ad oggetto un’utenza italiana o straniera. In questo secondo caso, invero, non ricorrere la ratio stessa alla cooperazione internazionale, e cioè quella di ammettere lo svolgimento di atti di indagine in un territorio soggetto alla altrui sovranità. Di talchè, in definitiva, ciò che rileva non è la nazionalità dell’utenza da intercettare quanto se l’intercettazione sia compiuta o meno nel territorio nostrano. Telefonate all’Italia o in Italia. In virtù di siffatte premesse, si distinguono due precise ipotesi in cui l’attività di intercettazione può dirsi legittimamente espletata. La prima è quella in cui un apparecchio cellulare italiano si trovi in territorio estero, ma il flusso comunicativo si registri in Italia qui - si precisa - non rileva il luogo in cui sia in uso l’apparecchio, bensì esclusivamente la nazionalità dell’utenza. La seconda ipotesi attiene al caso in cui un’utenza straniera sia in uso in territorio italiano ed il flusso delle comunicazioni avviene interamente all’interno dei confini dello Stato anche in questo caso l’intercettazione è legittima e non si deve fare ricorso alla rogatoria internazionale. Ne deriva che l’unica e sola ipotesi in cui è richiesta la previa richiesta di cooperazione internazionale per l’attività di captazione è quella in cui le conversazioni o comunicazioni transitino unicamente su territorio straniero ed ivi si svolgano le indagini degli inquirenti.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 12 maggio 2014, numero 19424 Presidente Gentile – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza emessa in data 2 ottobre 2012, decidendo sull'appello proposto avverso la sentenza in data 8 luglio 2010 del Gip presso il Tribunale della medesima città, per quanto qui interessa, assolveva Gr.Gi. dal reato ascrittogli al capo L per non aver commesso il fatto e rideterminava la pena in anni otto e mesi due di reclusione in parziale riforma dell'impugnata sentenza rideterminava altresì le pene per C.F. in anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa per D.A. in anni sette di reclusione per F.M. in anni sette e mesi otto di reclusione per Fr.Br. , esclusa la qualifica di promotore, in anni sette e mesi due di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa per M.L. in anni nove di reclusione per Q.E. in complessivi anni sette e mesi otto di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa per R.V. in anni dieci di reclusione ed Euro 42.000,00 di multa, confermando nel resto l'impugnata sentenza e di conseguenza anche le statuizioni di condanna nei confronti di G.M. , Ma.Gu. e M.S. . Agli imputati erano contestate due distinte associazioni per delinquere finalizzate al traffico degli stupefacenti del tipo cocaina articolo 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 , di cui una capo R , addebitata, tra gli altri, a F.M. , Gr.Gi. , M.L. ed D.A. localmente operativa in Napoli e provincia fino all'anno 2004 e l'altra capo BB attribuita, per quanto qui rileva, a R.V. , Mu.Sa. , G.M. , Q.E. , C.F. , Fr.Br. , Ma.Gu. , operativa in Napoli e Torre Annunziata fino all'anno 2005. Ad ognuno degli imputati, odierni ricorrenti, erano poi contestati singoli delitti fine, di cui all'articolo 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 commessi tra il 2003 ed il 2004 consistiti, di volta in volta, nell'importazione, nella detenzione o nella cessione della sostanza stupefacente, delitti scopo in taluni casi, avuto riguardo all'ingente quantità, anche aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 2, legge stup. La Corte territoriale confermava l'impianto logico argomentativo della sentenza impugnata emessa in seguito al giudizio abbreviato e peraltro neppure gravata nel merito da tutti gli imputati quanto piuttosto con riferimento al trattamento sanzionatorio in senso lato e, nel rigettare i motivi di gravame tendenti a depotenziare taluni atti di indagine, in particolare le intercettazioni, dei quali si eccepita talora la nullità oppure la loro inutilizzabilità patologica, perveniva alle conclusioni che sono state in precedenza riassunte. Tranne che per il trattamento sanzionatorio, hanno rinunciato ai motivi di appello con riferimento al giudizio sulla responsabilità i seguenti ricorrenti Fr.Br. , F. , Gr.Gi. , D.A. , C.F. , M.L. ed Q.E. . 2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza i cui motivi di gravame saranno enunciati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero nei limiti strettamente necessari per la redazione della motivazione ricorrono per cassazione a mezzo dei rispettivi difensori, tranne Q.E. , M.L. , G.M. , Gr.Gi. che ricorrono personalmente 1 C.F. che affida il gravame a due motivi con i quali deduce omessa motivazione sulla determinazione pena base ed omessa motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche con conseguente disparità di trattamento con riferimento alla posizioni di altri indagati 2 Ma.Gu. che affida le doglianze ad un unico motivo con il quale lamenta omessa motivazione sulla prova della ritenuta partecipazione all'associazione per delinquere contestata al capo BB 3 Q.E. che solleva un unico motivo di gravame con il quale deduce difetto di motivazione sul rilievo che dall'istruttoria dibattimentale sarebbe risultata l'inconfigurabilità della fattispecie delittuosa contestatagli 4 D.A. che, con unico motivo, lamenta violazione di legge ex articolo 62 bis e 133 cp e comunque difetto di motivazione ed illogicità quanto al diniego delle generiche ed al trattamento sanzionatorio, deducendo disparità di trattamento con i coimputati A. e Co. al quale sono state concesse le generiche 5 Fr.Br. che affida il gravame ad un unico motivo con il quale denunzia omessa motivazione sul diniego della attenuanti generiche ingente quantità capo u 6 F.M. , che deduce tre motivi di impugnazione con i quali lamenta difetto di motivazione sul capo della senza relativo all'affermazione della penale responsabilità primo motivo deduce di aver prestato collaborazione processuale dolendosi del mancato riconoscimento del settimo comma dell'articolo 74 legge stup. secondo motivo rileva il vizio di omessa motivazione in ordine al diniego di concessione delle attenuanti generiche terzo motivo 7 G.M. che affida il gravame a due motivi, lamentando, con il primo motivo, illogicità della motivazione sulla ritenuta affermazione della responsabilità penale desunta dal nome e dal riconoscimento della voce da parte della polizia giudiziaria nonché dalla perizia fonica quest'ultima, dagli esiti non certi, sarebbe stata disposta di ufficio con l'ammissione al giudizio abbreviato a dimostrazione della insufficienza dei primi due elementi nome e riconoscimento vocale per radicare l'affermazione della responsabilità nei suoi confronti e lamenta infine disparità di trattamento nell'irrogazione della pena secondo motivo 8 Gr.Gi. che solleva due motivi di gravame deducendo difetto di motivazione sull'affermazione della penale responsabilità primo motivo e sulla determinazione della pena secondo motivo 9 M.L. che solleva un unico motivo di gravame con il quale deduce difetto di motivazione sul rilievo che dall'istruttoria dibattimentale sarebbe risultata l'inconfigurabilità della fattispecie delittuosa contestatagli 10 Mu.Sa. che affida il grame a quattro complessi motivi con i quali deduce violazione delle norme processuali sulla captazione di conversazioni in partenza da utenza cellulare estera affidata ad ente gestore estero, derivandone da ciò la nullità/inutilizzabilità dei risultati in quanto occorreva dare corso alle rogatorie internazionali, giammai disposte, e conseguente travisamento del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in parte qua primo motivo inutilizzabilità delle intercettazioni per assoluta mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi secondo motivo manifesta illogicità della motivazione sul trattamento sanzionatorio terzo motivo manifesta illogicità della motivazione sulla disparità del trattamento sanzionatorio rispetto ad altri imputati quarto motivo 11 R.V. che solleva sei complessi motivi di gravame deducendo violazione delle norme processuali sulla captazione di conversazioni in partenza da utenza cellulare estera affidata ad ente gestore estero, derivandone da ciò la nullità/inutilizzabilità dei risultati in quanto occorreva dare corso alle rogatorie internazionali, giammai disposte, e conseguente travisamento del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in parte qua primo motivo inutilizzabilità delle intercettazioni per assoluta mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi secondo motivo illogicità della motivazione nell'affermazione della responsabilità del R. in ordina al capo s terzo motivo illogicità della motivazione circa la configurabilità dell'aggravante di cui al capo t quarto motivo omessa motivazione circa la configurabilità dell'aggravante di cui al capo u quinto motivo manifesta illogicità della motivazione sulla disparità del trattamento sanzionatorio rispetto ad altri imputati sesto motivo . Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell'interesse di C.F. è infondato e va respinto. 1.1. Quanto al primo motivo di gravame, si assume che la Corte territoriale abbia omesso qualsiasi motivazione in ordine alla individuazione del reato ritenuto più grave, essendo stato segnalato che il Gup aveva fissato la pena base per il delitto di cui al capo S della rubrica senza dare conto del meccanismo attraverso il quale erano state considerate le due circostanze aggravanti ex articolo 112 cod. penumero ed articolo 80, comma 2, legge stup. Tuttavia, a seguito delle modifiche legislative intervenute per effetto del decreto-legge 30 dicembre 2005, numero 272 convertito con la legge 21 febbraio 2006, numero 49, il primo giudice avrebbe dovuto indicare se la pena applicata fosse riconducibile o meno a quella più favorevole ed individuabile da sei anni a venti anni di reclusione e non da anni otto ad anni venti di reclusione come anteriormente alla modifica , con la conseguenza che la Corte territoriale non solo non avrebbe considerato la censura ma sarebbe incorsa nel medesimo errore commesso dal Gup indicando cumulativamente l'aumento per le circostanze aggravanti e non consentendo di stabilire quale fosse la pena base inflitta per il reato di cu al capo S , quale aumento fosse stato apportato per la circostanza ex articolo 80 legge stup. e quale ulteriore aumento fosse stato ritenuto congruo per l'aggravante di cui all'articolo 112 cod. penumero , trattandosi di rilevanti omissioni che, attesa la diversa natura delle circostanze una ad effetto speciale e l'altra comune , impediscono il controllo di legittimità sulla congruità sia degli aumenti che della pena complessivamente irrogata. Il motivo non può essere accolto per le seguenti considerazioni. Va chiarito come il primo giudice abbia ritenuto il ricorrente colpevole del reato di cui al capo S importazione di cocaina articolo 73 legge stup. aggravato ex articolo 112 numero 1 cod. penumero ed 80, comma 2, legge stup. accertato nel febbraio 2004 applicando la pena complessiva di anni dodici di reclusione ed Euro 50.000 di multa, aumentata per la continuazione con i reati ascritti ai capi Z e BB ad anni 15 di reclusione ed Euro 60.000 di multa, ridotta ad anni 10 ed Euro 40.000 di multa per la diminuente del rito. La Corte di appello ha ridotto la pena al anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000 di multa, determinando la pena base per il reato di cui al capo S , ritenuto più grave e doppiamente aggravato dall'articolo 80, comma 2, legge stup. e dall'articolo 112 cod. penumero , in anni dodici di reclusione ed Euro 50.000 di multa, sul quale ha applicato l'aumento per la continuazione pari a nove mesi di reclusione ed Euro 10.000 di multa, operando sulla pena complessiva di anni dodici, mesi nove di reclusione ed Euro 60.000 di multa la riduzione di 1/3 per il rito e pervenendo alla pena finale di anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000 di multa. Ne consegue come la Corte territoriale non abbia indicato l'aumento della pena applicata per effetto del riconoscimento delle aggravanti. Ciò posto, va chiarito che la motivazione in ordine alla determinazione della pena base, ed alla diminuzione o agli aumenti operati per le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti, è necessaria solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale. Fuori di questo caso anche l'uso di espressioni come pena congrua pena equa , congrua riduzione , congruo aumento o il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell'imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall'articolo 133 cod. penumero per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al quantum della pena Sez. 5, 29/08/1991, numero 9141, Ormando, Rv. 188590 . Nel caso di specie, la Corte di appello ha omologato la posizione del ricorrente a quella del coimputato Fr.Br. , evidenziando come nella determinazione della pena fosse da prendere in considerazione la estrema gravità dei fatti evincibile dall'ingente quantità di stupefacente importato. Il comma quarto dell'articolo 63 cod. penumero disciplina l'ipotesi del concorso di più circostanze aggravanti autonome o indipendenti o ad effetto speciale. Il legislatore, nel disciplinare la materia, ha adottato il criterio del cumulo giuridico nel senso che, qualunque sia il numero delle circostanze, il giudice dovrà applicare un solo aumento in corrispondenza con la circostanza che comporta il trattamento sanzionatorio più gravoso, ma potrà comunque facoltativamente aumentare fino ad un terzo, come previsto dagli articolo 64 e 65 cod. penumero , la pena così determinata. Per circostanza più grave deve intendersi quella che comporta il massimo di pena più elevato e non vi è dubbio che tra la circostanza ex articolo 80 legge stup. e quella ex articolo 112 cod. penumero sia più grave la prima. Va aggiunto che tale disciplina, dopo la riforma introdotta dalla legge 31 luglio 1984, numero 400, è applicabile anche nel caso di concorso di due o più circostanze tutte a effetto speciale, con la conseguenza di impedire un eccessivo aumento che derivava in passato dall'applicazione, in tale ipotesi, del cumulo materiale previsto al secondo comma dell'articolo 63 cod. penumero . L'aumento di pena, discrezionalmente irrogato, deve essere espressamente motivato dovendo il giudice, in tal caso, dare conto dell'uso del potere discrezionale esercitato, con la conseguenza che, in mancanza di qualsiasi motivazione in proposito, l'aumento discrezionale della pena, quanto alle circostanze aggravanti ulteriori rispetto a quella più grave, deve ritenersi, come nella specie, non esercitato. Rispetto alla congruità della pena in relazione all'omessa applicazione dell'aumento, l'interesse all'impugnazione spetta, a condizioni esatte, al pubblico ministero che, nella specie, non ha gravato la sentenza in parte qua, con la conseguenza che sul punto della decisione si è formato il giudicato interno. È principio generale dell'ordinamento processuale che l'esistenza del giudicato formatosi nel corso dello stesso giudizio cosiddetto giudicato interno e dei conseguenti effetti preclusivi che da esso derivano può essere rilevata di ufficio, in ogni stato e grado del giudizio Sez. 5, del 04/12/1967, numero 1356,, dep. 25/03/1968, Gliottone, Rv. 107279 . Ne consegue, da un lato, l'inammissibilità del rilievo formulato e, dall'altro, che la pena stabilita per il reato base, così come determinata anche per effetto dell'aumento previsto dall'articolo 80, comma 2, legge stup., non viola il principio di legalità, in relazione all'articolo 2 cod. penumero in conseguenza dello ius novum derivante dalla novella ex lege numero 46 del 2006 che ha modificato il trattamento sanzionatorio disciplina dichiarata incostituzionale tra la data della decisione e quella della pubblicazione della presente sentenza , neppure sotto l'unico profilo per il quale, stante il principio del divieto della reformatio in peius, il ricorrente difetterebbe di interesse, perché, se anche fosse stato disposto l'aumento massimo di 2/3 per l'aggravante ex articolo 80 legge stup., la pena per il reato base risulterebbe pari ad anni sette, mesi 2 e giorni 12 di reclusione ed Euro 30.000 di multa, il cui aumento di 2/3 determinerebbe la pena di anni dodici di reclusione ed Euro 50.000 di multa come indicata in sentenza e dunque la Corte territoriale avrebbe comunque tenuto conto, quanto al minimo edittale, dello ius novum comportante, ex articolo 2 cod. penumero , la disciplina di favore. Il primo motivo è dunque infondato. 1.2. Anche il secondo motivo di gravame è infondato, dovendosi ribadire il principio secondo il quale la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato implicitamente attraverso l'esame esplicito di tutti i criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero Sez. 6, del 04/07/2003 numero 36382, Dell'Anna e altri, Rv. 227142 o con il ricorso alla motivazione implicita o per relationem o a formule sintetiche Sez. 4, 23/04/2013 numero 23679, Viale e altri, Rv. 256201 . Nel caso di specie il diniego delle generiche è stato motivato sul rilievo che nella determinazione della pena fosse da prendere in considerazione la estrema gravità dei fatti evincibile dall'ingente quantità di stupefacente importato. 2. Il ricorso proposto nell'interesse di Ma.Gu. è infondato. Con l'unico motivo di gravame si contesta la partecipazione all'associazione per delinquere sul rilievo dell'insussistenza della prova che il ricorrente fosse associato, dell'assoluzione conseguita in ordine ad un reato fine, al fatto di aver trafficato autonomamente in sostanze stupefacenti avendo riportato una condanna in Spagna, che la presunta intermediazione del Ma. tra il S. ed i fornitori spagnoli non si era verificata. Rispetto alla ratio decidendi espressa dalla Corte partenopea pag. 6 della sentenza impugnata , ove sono richiamati i criteri adottati dal primo giudice per l'affermazione della responsabilità, riportati i risultati delle intercettazioni, è indicata la iperattività del ricorrente in territorio spagnolo per conto dei S. , il motivo si lascia apprezzare per la sua assoluta genericità. Va ricordato come, in tema di impugnazione, i motivi di gravame devono essere specifici e quindi, pur nella libertà della loro formulazione, devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione l'oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie. 3. Anche il ricorso proposto personalmente da Q.E. è generico non essendovi alcun riferimento preciso alle ragioni della decisione che, in maniera aspecifica, il ricorrente intenderebbe contrastare. È peraltro contestata l'affermazione della responsabilità nonostante, nel corso del giudizio d'appello, il ricorrente abbia rinunziato ai motivi proposti con riferimento al ritenuto giudizio di colpevolezza. 4. Il ricorso proposto nell'interesse di D.A. è infondato. Con esso si lamenta violazione di legge per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e per la determinazione della pena denunciando si la disparità di trattamento rispetto alle pene irrogate a A.G. ed a Co.Vi. . Quanto al diniego delle attenuanti generiche, va ribadito il principio per il quale la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato implicitamente attraverso l'esame esplicito di tutti i criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero Sez. 6, del 04/07/2003 numero 36382, Dell'Anna e altri, Rv. 227142 o con il ricorso alla motivazione impolita o per relationem o a formule sintetiche Sez. 4, 23/04/2013 numero 23679, Viale e altri, Rv. 256201 . Nel caso di specie il diniego delle generiche è stato motivato sul rilievo che nella determinazione della pena fosse da prendere in considerazione la gravità dei fatti. Quanto al diverso trattamento che sarebbe stato riservato dalla Corte territoriale ai coimputati A.G. e Co.Vi. , osserva il Collegio come ai coimputati siano state concesse le attenuanti generiche, viceversa negate al ricorrente come lo scarto di pena non sia rilevante anni sette di reclusione al ricorrente anni sei e mesi otto al Co. ed anni sei e mesi sei all'A. e come nella determinazione della pena la discrezionalità del Giudice del merito non sia sindacabile in sede di giudizio di legittimità se, come nella specie, congruamente motivata. 5. Con l'unico motivo di ricorso Fr.Br. si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia preso in considerazione i motivi di impugnazione proposti per ottenere la concessione delle attenuanti generiche. Il motivo è infondato, avendo la Corte d'appello, con congrua motivazione, respinto il gravame sul rilievo della posizione apicale detenuta all'interno del sodalizio e dell'estrema gravità dei fatti in relazione all'ingente quantità dello stupefacente importato. 6. F.M. con il primo motivo impugna il capo della sentenza che lo ha dichiarato colpevole e la censura è, all'evidenza, inammissibile avendo il ricorrente, nel corso del giudizio di appello, rinunziato, al pari di altri, al motivo di gravame relativo all'affermazione della penale responsabilità. Il secondo motivo, con il quale deduce di aver collaborato con la Giustizia e si duole del mancato riconoscimento della diminuente di cui al settimo comma dell'articolo 74 legge stup., è infondato per genericità nella sua proposizione, non avendo neppure indicato la natura della collaborazione processuale eventualmente prestata al fine di consentire lo scrutinio sulla configurabilità degli elementi costitutivi necessari per il riconoscimento della diminuente rivendicata. Il terzo motivo, con il quale contesta il giudizio di comparazione reclamando la prevalenza delle attenuanti generiche stimate equivalenti alle contestate aggravanti, è infondato, dovendosi ricordare a tale proposito che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto Sez. U, 25/02/2010 numero 10713, Contaldo, Rv. 245931 , situazione nella specie ricorrente avendo la Corte del merito ridotto comunque la pena irrogata in primo grado. 7. I motivi proposti personalmente da G.M. sono infondati. Quanto al primo motivo, il ricorrente rivolge censure fattuali nei confronti dell'impugnata sentenza sul rilievo che la responsabilità - desunta dal nome, dal riconoscimento della voce da parte della polizia giudiziaria e dalla perizia fonica - sarebbe stata fondata su elementi equivoci, tendendo così ad ottenere una ricostruzione alternativa della vicenda ed una rivalutazione del materiale probatorio che non sono consentite in sede di legittimità. Con il secondo motivo deduce una disparità di trattamento con altri coimputati, che neppure indica, in ordine alla determinazione della pena, connotandosi quindi il motivo per assoluta genericità. 8. I motivi proposti personalmente da Gr.Gi. sono infondati. Quanto al primo, con il quale si contesta il giudizio di colpevolezza, esso è inammissibile avendo il ricorrente rinunciato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di gravame relativi all'affermazione della responsabilità. Il secondo motivo si rivolge nei confronti del trattamento sanzionatorio ed è infondato avendo la Corte territoriale, con congrua ed adeguata motivazione perciò insindacabile nel giudizio di legittimità, ridimensionato la pena inflitta in primo grado e non avendo il ricorrete indicati specifiche ragioni di dissenso. 9. Il ricorso proposto personalmente da M.L. , identico a quello di Q.E. , è parimenti generico non essendovi alcun riferimento preciso alle ragioni della decisione che, in maniera aspecifica, il ricorrente intenderebbe contrastare. È peraltro contestata l'affermazione della responsabilità nonostante, nel corso del giudizio d'appello, il ricorrente abbia rinunziato ai motivi proposti con riferimento al ritenuto giudizio di colpevolezza. 10. Residuano i motivi di ricorso proposti da Mu.Sa. e R.V. che, contenendo alcune doglianze del tutto analoghe e pienamente sovrapponibili, vanno trattati congiuntamente. 10.1. Con il primo motivo entrambi i ricorrenti deducono la nullità dell'impugnata sentenza per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero in relazione agli articolo 271 cod. proc. penumero , 727 ss. cod. proc. penumero inosservanza delle prescritte regole procedurali delle rogatorie internazionali con riferimento alla intercettazione telefonica di utenze estere di cui ai decreti e relative utenze espressamente indicati ed allegati ai rispettivi ricorsi, anche ai fini di cui all'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen manifesta illogicità motivazionale che affligge il provvedimento gravato nella misura in cui la Corte d'appello avrebbe del tutto travisato il reale tenore della pronunzia della Corte di cassazione numero 35229 del 2005 giungendo apoditticamente ad attribuirle valenza contrapposta alle tesi difensive, laddove detta statuizione pienamente le avalla piena conferenza della richiamata pronunzia rispetto alle doglianze difensive di cui ai motivi di gravame presentati dalla difesa di Mu.Sa. e R.V. , nelle quali si lamentava la mancata attuazione della richiesta procedura rogatoriale per l'intercettazione telefonica di utenze cellulari riconducibili a gestore di telefonia mobile spagnolo, discendendo da ciò la necessità di dare corso alla procedura di rogatoria internazionale sull'esclusiva base della nazionalità dell'utenza monitorata che, nel caso di specie, era spagnola e destituendo di rilevanza - a differenza di quanto ritenuto dalla corte di appello di Napoli nell'impugnata sentenza - l'elemento relativo all'ambito territoriale in cui le captazioni venivano eseguite oppure il luogo ove i colloqui tra i loquentes venivano effettuati. I motivi sono infondati. Va preliminarmente osservato come la questione presenta consistenti profili di inammissibilità per genericità. Infatti, oltre all'indicazione dei numeri delle utenze estere, contenute nel ricorso e negli allegati provvedimenti autorizzativi, per le quali non si sarebbe dato corso, secondo l'assunto dei ricorrenti, alla rogatoria internazionale, non vi è alcuna specificazione dei contenuti essenziali delle conversazioni intercettate e della loro rilevanza con riferimento all'esito del processo in relazione alle specifiche prove poste a fondamento del giudizio di colpevolezza. La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere generica una censura che non specifichi la decisività, enunciando con precisione in quale misura le prove, delle quali si chiede l'inutilizzabilità, abbiano influito sul ragionamento probatorio. Non è sufficiente declamare la decisività di un accertamento senza indicare in modo circostanziato le questioni dedotte e il rilievo che esse abbiano avuto sulla ratio decidendi. Siccome l'inidoneità di un atto a produrre efficacia probatoria rileva entro i limiti in cui l'atto stesso sia stato utilizzato, tant'è che l'atto processuale può essere espunto e, ricorrendo alla prova di resistenza, è eventualmente possibile confermare l'esito del giudizio, il principio di autosufficienza del ricorso richiede che, per le questioni dedotte in riferimento agli atti del processo, siano riportati i punti di tali atti investiti dal gravame e sia indicata specificamente la rilevanza della questione. In ogni caso, indipendentemente dall'inammissibilità, la censura è infondata. I ricorrenti partono dall'assunto che l'intercettazione di un'utenza estera implichi necessariamente che il mezzo di ricerca della prova sia assunto, per ciò solo, in regime di extraterritorialità con conseguente necessità di dare corso alla rogatoria internazionale per la legittimità del procedimento probatorio e la conseguente utilizzazione processuale dell'atto. Ciò vale, senza dubbio, nella misura in cui l'attività di indagine venga compiuta in territorio estero, ossia qualora si desse corso ad operazioni di intercettazione compiute in altro Stato indipendentemente dall'utenza telefonica attinta nazionale o estera , ma non può valere, come i Giudici del merito hanno esaurientemente spiegato, quando tutta l'attività di indagine è stata interamente compiuta nel territorio delle Stato italiano indipendentemente dall'utenza attinta dall'intercettazione nazionale o estera . Questo per la fondamentale ragione che, diversamente, ne risulterebbe stravolto il concetto stesso di rogatoria internazionale, in relazione al suo oggetto, non essendo concepibile una richiesta di assistenza giudiziaria ad uno Stato estero per un'attività interamente espletata nel territorio nazionale e senza che sia stata compiuta alcuna attività materiale invasiva della territorialità e dunque della sovranità di uno Stato estero, con la conseguenza che laddove una tale attività debba invece essere espletata in territorio straniero, solo allora sarà necessario ricorrere alla cooperazione giudiziaria come nel caso di intercettazione, ad esempio, di utenza italiana che si sposti in territorio estero utilizzando i ponti radio ivi esistenti . Ciò che dunque rileva non è la nazionalità dell'utenza da intercettare quanto se l'intercettazione sia compiuta o meno nel territorio italiano, che costituisce accertamento di fatto il quale si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato. Va ricordato che le utenze straniere non sono intercettabili tramite le centrali telefoniche di commutazione o ponti radio ubicati in Italia a condizione che la comunicazione si svolga interamente all'estero e tra utenze straniere. Quando invece l'utenza straniera entra in collegamento con un'utenza italiana sia essa ricevente o sia essa chiamante l'intercettazione diventa possibile attraverso l'incanalamento del flusso di comunicazioni, via cavo o via etere, sulle centrali esistenti nel territorio italiano con la conseguenza che la comunicazione telefonica con utenza estera risulta materialmente intercettabile e legittimamente intercettata nella misura in cui arrivi in Italia o parta dall'Italia. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che per ciò che concerne le intercettazioni su utenze straniere, l'attività c.d. di instradamento , che è identica a quella di canalizzazione dei flussi , consente la captazione di telefonate che transitano dalle centrali collocate nel territorio dello Stato italiano, e cioè attraverso i cc.dd. ponti telefonici . Ne consegue che l'attività di intercettazione viene eseguita esclusivamente se la telefonata, pur avendo ad oggetto un'utenza straniera, od essendo compiuta all'estero, si avvale di una delle centrali collocate in Italia per collegarsi con altra utenza, ovvero nel caso inverso che altra utenza si colleghi a quella estera usufruendo dei ponti telefonici siti in Italia. Su tale presupposto è stato affermato il principio per il quale non comporta violazione delle norme sulle rogatorie internazionali l'intercettazione di telefonate in partenza dall'Italia e dirette all'estero, in quanto tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene compiuta interamente sul territorio italiano Sez. 4, del 30/06/2004, numero 37646, Romeo, Rv. 229149 . In linea con tale orientamento risulta anche il precedente giurisprudenziale citato dai ricorrenti per il quale, in tema di intercettazioni telefoniche, nel caso in cui le relative operazioni riguardino un'utenza telefonica mobile, non rileva, al fine della individuazione della giurisdizione competente, il luogo dove sia in uso il relativo apparecchio, bensì esclusivamente la nazionalità dell'utenza, essendo tali apparecchi soggetti alla regolamentazione tecnica e giuridica dello Stato cui appartiene l'ente gestore del servizio. Ne consegue che non è necessario esperire una rogatoria internazionale, se le operazioni di intercettazione di un'utenza mobile nazionale in uso all'estero possono essere svolte interamente nel territorio dello Stato Sez. 4, 07/06/2005, numero 35229, Mercado Vasquez, Rv. 232080 . Ciò significa che, se un apparecchio cellulare italiano si trovi in territorio _ estero, ma il flusso comunicativo si registri in Italia e non all'estero, non rileva il luogo dove sia in uso il relativo apparecchio, bensì esclusivamente la nazionalità dell'utenza. Allo stesso modo, se un'utenza straniera sia in uso in territorio italiano ed il flusso delle comunicazioni avviene interamente nel territorio dello Stato italiano, l'intercettazione dell'apparecchio è legittima senza necessità che sia dia corso ad una rogatoria internazionale. In conclusione, la giurisprudenza di legittimità è saldamente orientata nel senso che la materia è regolata da un principio di fondo secondo il quale il ricorso alla rogatoria internazionale è richiesto solo allorché l'attività captativa sia diretta a percepire contenuti di comunicazioni o conversazioni che transitino unicamente su territorio straniero. Nel caso di specie, il Tribunale pag. 36 della sentenza di primo grado e la Corte d'appello pag. 8 della sentenza , si sono ampiamente attenuti a tale principio con conseguente infondatezza dei rispettivi motivi di gravame. 10.2. Con il secondo motivo di gravame, entrambi ricorrenti deducono la nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero per manifesta illogicità motivazionale laddove la Corte di appello con riferimento alle doglianze di inutilizzabilità patologica degli esiti delle intercettazioni telefoniche per assoluta mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi, specificamente indicati nei ricorsi e ad essi allegati, ha ritenuto di condividere integralmente le argomentazioni del primo giudice, ad esse riportandosi, sul rilievo della legittimità della motivazione per relationem e sul presupposto che le obiezioni della difesa non contenessero elementi nuovi rispetto a quelli valutati in prime cure, omettendo del tutto di considerare come i motivi di gravame fossero invece specificamente dettagliati e diretti a stigmatizzare il portato motivazionale della pronunzia gravata con specifico riferimento all'illogicità che la minava, risolvendosi le motivazioni in mere clausole di stile. Osserva il Collegio come analoghi e consistenti profili di inammissibilità per genericità dei motivi si registrano anche con riferimento alla presente doglianza sul rilievo che, al di là dell'allegazione dei decreti censurati, nulla di specifico si riscontra circa la loro rilevanza con riferimento all'esito del processo in relazione alle specifiche prove poste a fondamento del giudizio di colpevolezza, laddove, come in precedenza chiarito, il principio di autosufficienza del ricorso richiede che, per le questioni dedotte in riferimento agli atti del processo, siano riportati i punti di tali atti investiti dal gravame e sia indicata specificamente la rilevanza della questione, potendo la sentenza resistere sulla base delle prove legittimamente acquisite e dovendosi stimare generici i richiami a pag. 5/6 del ricorso Mu. e peraltro del tutto assenti nel ricorso R. . In ogni caso, indipendentemente dall'inammissibilità, la censura è parimenti infondata. Le Sezioni Unite Primavera hanno definitivamente precisato come la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale sia del tutto legittima alle seguenti condizioni 1 - faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione 2 - fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione 3 - l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione Sez. U, del 21/06/2000, numero 17, Primavera, Rv. 216664 . Siccome, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione, ricorrono le suindicate condizioni e dalla lettura dei provvedimenti allegati al ricorso è possibile dedurre l'iter cognitivo e valutativo seguito dal giudice, i cui risultati sono stati conosciuti, i motivi di ricorso devono ritenersi infondati. 10.3. Passando ai motivi strettamente personali ai singoli ricorrenti, Mu.Sa. con il terzo motivo lamenta nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero manifesta illogicità motivazionale che affligge la pronunzia laddove la Corte di appello nel condividere il trattamento sanzionatorio stimato equo dal primo giudice, ha disatteso le doglianze sulla pena in considerazione dell'estrema gravità dei fatti e dei pessimi precedenti penali del ricorrente, che non avrebbero consentito di ravvisare circostanze suscettibili di una valutazione idonea a bilanciare in qualche modo gli aspetti allarmanti della vicenda, laddove, invece, trattasi, ad avviso del ricorrente e come ictu oculi evincibile dal certificato del casellario giudiziale dell'imputato, allegato al ricorso, di soggetto gravato esclusivamente da due precedenti penali di non eccessivo allarme sociale, oltretutto risalenti nel tempo, certamente non valutabili come pessimi furto tentato in concorso, commesso da minorenne concorso in contrabbando di t.l.e. ed in violazione delle norme sulla disciplina dell'i.v.a. , con consequenziale illogicità motivazionale che tale erronea valutazione ha comportato con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche ex articolo 62 bis cod. penumero , invocate dalla difesa dell'imputato nei motivi di gravame anche in ragione dei suoi non gravi precedenti penali illogicità della motivazione laddove la Corte ha valutato come negativa la personalità del prevenuto promanante senza dubbio dall'illogico giudizio di gravità dei precedenti penali. Il motivo è infondato dovendosi ricordare il principio, già in precedenza richiamato, secondo il quale la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato implicitamente attraverso l'esame esplicito di tutti i criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero Sez. 6, del 04/07/2003 numero 36382, Dell'Anna e altri, Rv. 227142 o con il ricorso alla motivazione implicita o per relationem o a formule sintetiche Sez. 4, 23/04/2013 numero 23679, Viale e altri, Rv. 256201 . Nel caso di specie il diniego delle generiche è stato peraltro congruamente motivato sulla considerazione dell'estrema gravità dei fatti, essendo risultato in sentenza come il ricorrente abbia assunto una posizione di spiccato rilevo in un'organizzazione criminale stabile, ben collaudata, con notevole disponibilità di mezzi, capace di esercitare un consistente traffico internazionale di droga con importazioni di ingenti quantitativi di stupefacente in Italia è stato accertato che il ricorrente, secondo la doppia conforme statuizione dei Giudici del merito, aveva il compito di curare, in accordo con S.S. , l'acquisizione delle sostanze stupefacenti e di provvedere allo smistamento di esse tra gli altri componenti il gruppo, mantenendo contatti essenzialmente con R.V. , G.M. e Gr.Ca. . Il richiamo del giudice del merito ai precedenti penali costituisce, in relazione alla loro esistenza, un fatto oggettivo e non sindacabile in sede di legittimità quanto alla valenza discrezionalmente attribuita dalla Corte distrettuale in applicazione dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero . 10.4. Con il quarto motivo Mu.Sa. deduce manifesta illogicità della motivazione sulla disparità del trattamento sanzionatorio rispetto ad altri coimputati sull'assunto che gli stessi sarebbero anche maggiormente gravati. Il motivo è infondato. Ed infatti le posizioni processuali rispetto alle quali la disparità è denunciata non appaiono affatto sovrapponibili a quella del ricorrente, vuoi per la differenza delle imputazioni in relazione alle vicende processualmente trattate A.C. , A.G. , vuoi per il minore carico degli addebiti, giustificativo di una pena più contenuta Fr.Br. , vuoi per il comportamento processuale S.S. , vuoi per la equiparazione del trattamento sanzionatorio R.V. sicché, nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di trattamento dosimetrico, alla luce della pena inflitta, è stato dal giudice correttamente esercitato, così dimostrando di aver tenuto conto degli elementi indicati nell'articolo 133 cod. penumero . 10.5. Il terzo, il quarto e il quinto motivo di gravame proposti nell'interesse di R.V. possono essere congiuntamente trattati. Con essi si deduce la nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero con riferimento al capo s della rubrica per illogicità della motivazione sull'assunto che la Corte di appello ha attribuito causale certa ed incontrovertibile ai fatti di cui al detto capo s quanto agli incontri dei quali discorrevano un interlocutore, identificato nel ricorrente, e coloro che venivano identificati nei coimputati S.S. e Co.Pa. , tanto in assenza di qualsivoglia elemento investigativo aliunde ricavabile che deponesse univocamente in tal senso, ma esclusivamente in ragione del contesto in cui il R. , il S. e la Co. erano coinvolti in relazione ad altre vicende relative alla droga illogicità del sillogismo in base ai quale gli incontri in parola sarebbero riconducibili al delitto di cui al capo s solo ed esclusivamente in ragione del numero di imputazioni, inerenti alle violazioni del d.P.R. 309 del 1990, mosse al R.V. ed ai coimputati S. e Co. nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero con riferimento alla motivazione circa la ritenuta configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 80, comma 2, d.P.R. numero 309 del 1990 sempre in relazione reato di cui al capo s della rubrica omessa motivazione con riferimento alla doglianza relativa alla circostanza che il gruppo del R. operante in Napoli fosse solo uno dei presunti destinatari della sostanza stupefacente sequestrata in data 29 febbraio 2004 terzo motivo nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma l,lett. e , cod. proc. penumero con riferimento al difetto di motivazione circa la ritenuta configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 80, comma 2, d.P.R. numero 309 del 1990 in relazione reato di cui al capo t della rubrica quarto motivo nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero con riferimento alla motivazione circa la ritenuta configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 80, comma 2, d.P.R. numero 309 del 1990 in relazione reato di cui al capo u della rubrica omessa motivazione in tal senso per non avere la Corte di merito esplicitato le ragioni per le quali il dato di fatto secondo cui il ricorrente non fosse il destinatario dell'intero quantitativo di stupefacente sequestrato non sia stato valutato ai fini dell'inidoneità a ritenere configurabile a suo carico l'aggravante de qua quinto motivo . I motivi sono infondati. Con essi il ricorrente solleva doglianze di merito e, come tali, insuscettibili di radicare il sindacato di legittimità, ipotizzandosi, attraverso una diversa lettura del materiale processuale, una ricostruzione alternativa dei fatti accertati dai Giudici di merito con congrua e logica motivazione. Va precisato come la Corte territoriale abbia, al pari del Tribunale, correttamente proceduto ad una lettura logica ed organica del materiale processuale. Quanto al capo S , attraverso la doppia conforme decisione dei Giudici del merito, è stato accertato come il R. fosse il sicuro destinatario di una parte consistente del carico di stupefacente pari a 17,446 chilogrammi di cocaina sequestrato a Ru.Gi. ed il coinvolgimento del ricorrente è stato desunto dalle intercettazioni e dai contatti intrattenuti con S.S. proprio nel periodo in cui quest'ultimo era stato in Spagna per sovraintendere all'operazione di acquisto della droga, parte della quale fu sequestrata a Ru.Gi. . Allo stesso modo, quanto al capo T , sono stati accertati i costanti rapporti tra il ricorrente e Co.Pa. che, dopo l'arresto del Ru. vicenda capo S , aveva curato il ritiro, per conto del R. , ed il trasporto da Roma a Napoli di dodici chilogrammi di cocaina ed a carico della quale fu successivamente eseguito il sequestro di quattordici chilogrammi di cocaina capo U , quale parte del carico di ventuno chilogrammi, di cui gli altri sette furono ritirati da Fr.Br. , che ha reso precise ammissioni in tal senso pag. 11 della parte motivazionale della sentenza d'appello . In tutte le suddette vicende il preciso coinvolgimento del R. è stato ritenuto sulla base di inequivoche conversazioni intercettate e che il ricorrente avesse preso parte ad esse è stato probatoriamente sostenuto sulla base dei risultati della perizia fonica e dai continui riferimenti al suo di battesimo ed anche per accertamenti di polizia giudiziaria, posto che il ricorrente è stato riconosciuto presso l'aeroporto di OMISSIS e riscontrato nella lista passeggeri nel volo XXXXXX Napoli - Barcellona, unitamente a S.S. ed a G.C. . Posto che il quantitativo di stupefacente importato dalla Spagna di cui ai capi s , t ed u , non consente di dubitare, trattandosi di cocaina, quanto alla configurabilità dell'ingente quantità anche per la sola quota parte destinata al gruppo di R.V. e la cui destinazione è stata curata o doveva essere curata dalla Co. , le critiche verso l'impugnata sentenza in sostanza si risolvono nell'enunciazione di censure fattuali e quindi inammissibili nel giudizio di cassazione perché non tengono conto che il sindacato di legittimità sui provvedimenti giurisdizionali non può mai comportare una rivisitazione dell'iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi diretti ad inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito come, anche a seguito della modifica dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , introdotta dalla legge numero 46 del 2006, il sindacato della Corte di cassazione rimanga circoscritto nell'ambito di un controllo di sola legittimità, con la conseguenza che la possibilità, attribuitale dalla norma, di desumere la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da altri atti del processo non le conferisce il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, bensì quello di valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all'annullamento quando la prova omessa o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata Sez. 6, 18/12/2006, numero 752, dep. 16/01/2007, Romagnolo, Rv. 235732 . Ne consegue che, anche di fronte alla previsione di un ampliamento dell'area entro la quale il controllo sulla motivazione deve operare, non muta affatto la natura del sindacato di legittimità, che rimane limitato alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento impugnato e non può comportare una diversa lettura del materiale probatorio, anche se plausibile, sicché, per la rilevazione dei vizi della motivazione, occorre che gli elementi probatori indicati in ricorso siano decisivi e dotati di una forza esplicativa tale da vanificare l'intero ragionamento del giudice del merito Sez. 3, 27/09/2006, numero 37006 Piras, Rv. 235508 . Al cospetto perciò di una ricostruzione dei fatti correttamente operata dalla doppia conforme valutazione dei Giudici del merito, immune da vizi logici e sorretta da adeguata motivazione, i motivi di ricorso devono essere respinti per infondatezza. 10.6. Con il sesto ed ultimo motivo R.V. , al pari del ricorrente Mu. , deduce manifesta illogicità della motivazione sulla disparità del trattamento sanzionatorio rispetto ad altri coimputati sull'assunto che gli stessi sarebbero anche maggiormente gravati. Il motivo è parimenti infondato. Ed infatti, anche con riferimento al R. , le posizioni processuali rispetto alle quali la disparità è denunciata non appaiono affatto sovrapponibili vuoi per la differenza delle imputazioni in relazione alle vicende processualmente trattate A.C. , A.G. , vuoi per il comportamento processuale S.S. , sicché, nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di trattamento dosimetrico, alla luce della pena inflitta è stato, anche in siffatto caso, da. giudice correttamente esercitato in linea con gli elementi indicati nell'articolo 133 cod. penumero , avuto anche riguardo alla decisiva circostanza per la quale la Corte territoriale ha rideterminato la pena nei confronti del ricorrente sul rilievo di doverla commisurare a quella irrogata ad altri imputati per medesimi fatti e così riducendola dai dodici anni di reclusione ed Euro 50.0000 di multa, inflitti in primo grado, a dieci anni di reclusione ed Euro 42.000 di multa, derivando anche da ciò l'infondatezza del motivo proposto in parte qua. 11. Al rigetto dei ricorsi consegue, come da pedissequo dispositivo, la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.