Il rimedio straordinario, previsto dall’articolo 625 bis c.p.p., richiede che l’errore di fatto in cui sia incorsa la Cassazione, sia costituito unicamente da sviste o errori di percezione nella lettura degli atti del giudizio di legittimità l’errore deve essere connotato dall’influenza esercitata sulla decisione dalla inesatta percezione dei dati processuali.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 21967 del 22 maggio 2013. Il caso. La vicenda processuale è relativa ad una condanna emessa nei confronti di medico odontoiatra ritenuto responsabile per colpa professionale per omessa tempestiva visita e conseguente tralasciata valutazione della situazione clinica dello stesso in esito alla quale i sanitari chiamati successivamente ad intervenire non avevano potuto giovarsi di valutazioni specialistiche. Il paziente veniva colpito da shock anafilattico in esito al quale sopraggiungeva la morte. La Corte di Cassazione riteneva il medico responsabile ai soli fini civilistici. Avverso la sentenza resa dalla Corte proponeva ricorso straordinario il l’imputato il quale denunciava, quale vizio l’errore di fatto consistito nel «qualificare l’imputato come titolare di abilitazione in medicina e chirurgia, come tale in grado di effettuare una precisa diagnosi sulla patologia del paziente così da redigere una certificazione medica idonea ad agevolare l’opera dei successivi sanitari intervenuti». La Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso, giudicandolo però infondato. L’articolo 625 bis c.p.p La Corte ritiene ammissibile il ricorso che, come è noto, deve essere presentato nel termine di 180 giorni dal deposito del provvedimento impugnato. Il ricorso, proponibile dal Procuratore Generale o dall’imputato, non sospende l’efficacia del provvedimento impugnato, salva, nei casi di eccezionale gravità la possibilità concessa alla Corte di provvedere con ordinanza in punto. L’errore materiale o di fatto può essere rilevato dalla Corte di Cassazione, motu proprio, in ogni momento. Si tratta all’evidenza di norma dettata ai fini di porre rimedio ai cosiddetti errori giudiziali e, come tutte le norme destinate a rimediare ad errori è connotata dal quel “bis” che, filosoficamente, rende assai bene l’immagine del legislatore attento, paterno e puntuale nel normare in relazione ai diritti dei propri cittadini. Descritta brevemente, ed in modo certamente incompleto, la natura della norma appare di tutta evidenza come sia indispensabile individuare quali siano le caratteristiche ontologiche che deve possedere quell’errore, materiale o di fatto, capace di causare l’annullamento del provvedimento giudiziario definitivo. L’errore materiale o di fatto . La Giurisprudenza della Corte in punto appare piuttosto saldamente ancorata ad alcuni presupposti contenuti e dichiarati nelle pronuncia a Sezioni Unite del 27 marzo 2002 numero 16103. In detta pronuncia l’errore di fatto viene identificato in quell’errore, causato da una svista o da una fallace percezione in cui la Corte sia incorsa nella lettura degli atti processuali, capace di esercitare una influenza diretta sulla decisione che, senza detta sbagliata o inesatta percezione, avrebbe avuto tenore diverso rispetto a quella adottata. in punto vv. anche Cass. Penumero Sez. VI 25121/12 citata nella pronuncia in commento . Ovvero, per dirla in modo più semplice e diretto se la Corte non avesse “sbagliato” nella lettura degli atti la sentenza sarebbe stata diversa rispetto a quella emessa. Appare evidente che ai fini della proponibilità del ricorso, e del giudizio che la Corte è chiamata ad esprimere, occorre che il ricorrente indichi e deduca un errore. Che detto errore sia percepibile dalla lettura degli atti e che si ponga in relazione, diretta ed immediata, quale presupposto logico, con la decisione. I termini del giudizio in Cassazione . Formulato e proposto il ricorso, la Corte dovrà verificare se l’errore dedotto sussista. Ove verificato sussistente l’errore, ammetterà il ricorso, avendo considerato integrati i presupposti del giudizio rescindente, ovvero la fondatezza della lamentata presenza di errore materiale o di fatto, dando così ingresso alla seconda, e assai più stringente, fase della valutazione dell’incidenza del vizio lamentato sul giudizio espresso. Si tratta del cosiddetto giudizio rescissorio. Il giudizio rescissorio . La Corte indica quali debbano essere i presupposti necessari a considerare l’errore denunciato in grado di aver influenzato, direttamente e quale presupposto logico, la decisione adottata. Dal novero di tali errori vanno esclusi gli errori valutativi e di giudizio, mentre debbono essere considerati quei fatti la cui verità sia incontra stabilmente esclusa o quelli, non considerati, la cui verità sia positivamente stabilita e, tanto nell’uno che nell’altro caso, il fatto non deve aver costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziarsi L’errore deve rivestire inderogabile carattere decisorio. Non deve essere ricondotto all’errore percettivo non inerente il processo formativo della volontà dei giudici di legittimità, non deve poi consistere in errore già commesso eventualmente dai giudici di merito e che in quanto tale avrebbe dovuto essere tempestivamente denunciato attraverso gli specifici mezzi di impugnazione. Deve, ovviamente, essere in grado di aver determinato la decisione assunta dal Giudice di legittimità Proprio su questo ultimo aspetto la Corte, versandosi in ipotesi di responsabilità medica e, dunque, di posizione di garanzia attribuita al sanitario che avrebbe dovuto agire secondo le regole d diligenza /guide linee mediche ovvero dotarsi delle competenze necessarie ad eseguire la diagnosi anche attraverso l’ausilio di specialisti reperibili, ha ritenuto non rilevante l’errore di fatto denunciato. Un’ultima annotazione tra le righe, ma forse neppure molto, la Corte ha ribadito la necessità di immediata denuncia dei vizi. Un altro tassello sulla strada della affermazione della teoria, condivisibile, volta a punire processualmente l’abuso di diritto.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 aprile - 22 maggio 2013, numero 21967 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto C.F. , tramite difensore, propone ricorso straordinario, ai sensi dell'articolo 625 bis c.p.p. contro la sentenza numero 13547/12 di questa Corte, quarta Sezione penale, pronunciata il 2.12.2011 e depositata il 11.4.2012, che - per quanto interessa - aveva rigettato il ricorso da lui proposto avverso la sentenza 372/10 della Corte d'Appello di Potenza nel procedimento penale a carico del personale sanitario per la morte del paziente D.M.A. a causa di un grave shock settico svilupppatosi a seguito di una infezione in corrispondenza di un molare. La decisione di questa Corte rendeva pertanto definitiva la condanna dell'odierno ricorrente al solo risarcimento del danno nei confronti delle parti civili per colpa professionale consistita nell'avere omesso, nel pomeriggio del omissis di provvedere a visitare il paziente, e quindi di effettuare alcuna valutazione della patologia, limitandosi ad avviarlo presso l'Ospedale di omissis omettendo di inquadrare la situazione clonica e di consentire ai sanitari successivi di avvalersi di una valutazione specialistica odontoiatrica . A motivo del ricorso straordinario il ricorrente deduce un errore di fatto consistito nel qualificare l'imputato come titolare di abilitazione in medicina e chirurgia, come tale in grado di effettuare una precisa diagnosi sulla patologia del paziente così da redigere una certificazione medica idonea ad agevolare l'opera dei successivi sanitari intervenuti. Osserva infatti di essere laureato in odontostomatologia e non anche in medicina e chirurgia, svolgendo il servizio di guardia presso la clinica odontostomatologica omissis . Di conseguenza, egli non essendo un medico, non poteva redigere nessuna certificazione idonea ad agevolare l'opera degli altri sanitari, considerato che il paziente era in preda a gravi compromissioni sistemiche largamente eccedenti qualsiasi patologia odontoiatrica e se lo avesse fatto avrebbe commesso esercizio abusivo della professione di medico chirurgo. In data 30.3.2013 le parti civili hanno depositato una memoria difensiva insistendo per l'inammissibilità o il rigetto del ricorso straordinario. Considerato in diritto 1. Il ricorso - proposto il 1.8.2012 e quindi tempestivamente - pur essendo ammissibile in rito, è infondato. Storia, natura e ratio del rimedio, e lettera della disposizione che lo istituisce, impongono di ritenere che l'errore di fatto che può dare luogo ex articolo 625 bis c.p.p. all'annullamento della sentenza della Corte di cassazione è solo quello costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte nella lettura degli atti del giudizio di legittimità errore connotato dall'influenza esercitata sulla decisione dalla inesatta percezione di dati processuali, il cui svisamento conduce ad una sentenza diversa da quella che sarebbe adottata senza l'errore di fatto Cass. Sez. 6, Sentenza numero 25121 del 02/04/2012 Cc. dep. 22/06/2012 Rv. 253105 Sez. unumero 27 marzo 2002, dep. 30 maggio 2002, numero 16103 . Di conseguenza - va escluso ogni errore valutativo o di giudizio - l'errore di fatto censurabile, secondo il dettato dell'articolo 625 bis c.p.p., deve consistere in una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di legittimità, e, per usare la terminologia dell'articolo 395 c.p.c., numero 4, cui si è implicitamente rifatto il legislatore nella introduzione dell'articolo 625 bis c.p.p., nel supporre la esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero nel supporre l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita , e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare - l'errore di fatto deve inoltre rivestire inderogabile carattere decisivo , deve cioè necessariamente tradursi, per legittimare il ricorso straordinario, nell'erronea supposizione di un fatto realmente influente sull'esito del processo, con conseguente incidenza effettiva sul contenuto del provvedimento col quale si è concluso il giudizio di legittimità - deve escludersi che nell'area dell'errore di fatto denunziabile con ricorso straordinario possa essere ricondotto l'errore percettivo non inerente al processo formativo della volontà del giudice di legittimità - il preteso errore di fatto non deve consistere in un errore già commesso, eventualmente, dai giudici di merito, e che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere tempestivamente denunciato attraverso gli specifici mezzi di impugnazione proponibili avverso le relative decisioni. In sintesi, esulando dall'errore di fatto ogni profilo di diritto o valutativo esso coincide con l'errore revocatorio - secondo l'accezione che vede in esso il travisamento degli atti nelle due forme della invenzione o della omissione , - in cui sia incorsa la stessa Corte di Cassazione nella lettura degli atti del suo giudizio. In ogni caso, non si è in presenza di un errore di fatto quando esso non risulti dovuto a una vera e propria svista materiale , ossia a una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l'erronea decisione. 2. Nel caso in esame, la Corte di cassazione con la sentenza 13547/2012 ha condiviso la scelta ricostruttivo - valutativa dei giudici di merito nel senso che l'imputato ha omesso di effettuare una precisa diagnosi della situazione del D.M. , eventualmente anche con l'ausilio di specialisti reperibili, così da redigere una certificazione medica idonea ad agevolare l'opera dei successivi sanitari intervenuti. Ma ha altresì riportato circostanze decisive valutate dalla Corte di Potenza - che però il ricorrente trascura di evidenziare - e cioè che la valutazione specialistica a lui richiesta era di natura specialistica odontoiatrica e che lo shock settico causa del decesso si era sviluppato a seguito di una infezione localizzata in corrispondenza di un molare cfr. pagg. 3, 13 e 14 . Manca dunque la decisività dell'errore che si addebita alla sentenza oggi impugnata col ricorso straordinario, perché è evidente che la valutazione specialistica odontoiatrica richiesta nella fattispecie - frutto di una accertamento in fatto del giudice di merito sulla scorta di indagini peritali e come tale qui non sindacabile - spettava appunto soltanto ad un odontoiatra, quale era certamente il Dott. C. . Di conseguenza, l'aggiunta - contenuta nel provvedimento impugnato - di una non posseduta competenza specifica in medicina generale da parte del Dott. C. in possesso di sola laurea in odontoiatria come da certificazione prodotta certamente integrante l'errore di percezione risultante da atti del giudizio di legittimità rende ammissibile il ricorso nella fase c.d. rescindente del presente procedimento, ma non ha avuto comunque alcuna incidenza sul contenuto del provvedimento definitivo. Consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.