Il Giudice non può controllare l’effettività dei motivi del licenziamento collettivo

In materia di licenziamenti collettivi, l’imprenditore non è vincolato nell’ an della decisione, ma soltanto nel quomodo , essendo obbligato allo svolgimento della procedura di cui all’art. 4, che realizza così lo scopo di procedimentalizzare il potere di recesso, il cui titolare è tenuto non più a mere consultazioni, ma a svolgere una vera e propria trattativa con i sindacati secondo il canone della buona fede.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5195, depositata il 5 marzo 2014. Il dipendente impugna il licenziamento comminato nell’ambito di una procedura collettiva quali motivi può addurre? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio di impugnazione di un provvedimento risolutivo del rapporto di lavoro adottato nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, contestato sia dal punto di vista formale per l’asserita violazione della l. n. 223/1991 , sia dal punto di vista sostanziale in relazione alle esigenze sottese alla riduzione di personale . All’esito del giudizio di merito, è stata accertata la legittimità del licenziamento. In particolare, la comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3, l. n. 223/1991 successivamente culminata in un accordo sindacale è stata ritenuta adeguata quanto ai contenuti. La stessa comunicazione, intervenuta a meno di un mese di distanza dal licenziamento, inoltre, è stata considerata contestuale” all’invio alle organizzazioni sindacali dell’elenco dei lavoratoti collocati in mobilità con l’indicazione per ciascuno di essi del nominativo, residenza, qualifica, livello di inquadramento, età, carico di famiglia, nonché della puntuale indicazione delle modalità di attuazione dei criteri di scelta conseguentemente, le organizzazioni sindacali erano state poste nella condizione di verificare la corretta situazione del concordato criterio di scelta in sede di esubero. Ed ancora, è stata ritenuta infondata la censura riguardante il diritto di precedenza dei lavoratori licenziati per riduzione del personale presso la medesima azienda negli ultimi sei mesi art. 18, comma 1, l. n. 223/1991 , risultando coerente con la procedura di licenziamento collettivo – e, dunque, incompatibile con il predetto diritto – la previsione di nuove assunzioni di soggetti con diverse e particolari professionalità . La Cassazione chiarisce l’ambito ed i presupposti del licenziamento collettivo. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la fattispecie del licenziamento collettivo per riduzione di personale ricorre in presenza dell’operazione imprenditoriale di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro art. 24 , operazione che, da una parte, esclude dal suo ambito i licenziamenti dovuti a ragioni inerenti alla persona del lavoratore, per l’altra parte esclude anche i licenziamenti individuali per le stesse ragioni oggettive, ancorché plurimi, qualora non siano presenti i requisiti di rilevanza sociale collegati agli indici previsti dalla legge cfr. Cass., n. 11455/1999 e, più recentemente, n. 4653/2009 . La pronuncia in commento, ribadisce, poi, che la fattispecie di riduzione del personale regolata dalla l. n. 223/1991 non presuppone necessariamente una crisi aziendale, e neppure un ridimensionamento strutturale dell’attività produttiva, potendo il requisito della riduzione o della trasformazione di attività o di lavoro ravvisarsi nella decisione di modificare l’organizzazione produttiva anche soltanto con la contrazione della forza lavoro, con incidenza effettiva e non temporanea sul solo elemento personale dell’azienda cfr., ex plurimis , Cass., n. 11794/1999 . Licenziamento collettivo l’imprenditore è libero nella decisione, ma vincolato nelle modalità attuative. Nel disegno legislativo, il licenziamento collettivo per riduzione di personale è assoggettato a forme di controllo ex ante della decisione imprenditoriale, controllo di tipo sindacale e pubblico, ritenute maggiormente adeguate alla rilevanza sociale del fenomeno rispetto alle tecniche di controllo giudiziale ex post ed a dimensione individuale, restando escluso che la legittimità del recesso possa dipendere dai motivi della riduzione di personale, non sindacabili, infatti, dal giudice. La qualificazione del licenziamento in base al progetto di riduzione del personale con effetti sociali rilevanti comporta, in attuazione dell’art. 41 Cost., commi 2 e 3, che l’imprenditore sia vincolato non nell’ an della decisione ma soltanto nel quomodo , essendo obbligato allo svolgimento della procedura di cui all’art. 4, che realizza così lo scopo di procedimentalizzare il potere di recesso, il cui titolare è tenuto non più a mere consultazioni, ma a svolgere una vera e propria trattativa con i sindacati secondo il canone della buona fede. L’operazione imprenditoriale diretta a ridimensionare l’organico si scompone, infine, nei singoli licenziamenti, ciascuno giustificato dal rispetto dei criteri di scelta, legali o stabiliti da accordi sindacali, ma entro una cerchia di soggetti delimitati dal nesso di causalità , ossia dalle esigenze tecnico-produttive ed organizzative poste a base della scelta imprenditoriale cfr. art. 5, comma 1, primo periodo . Ai due livelli descritti – l’uno collettivo-procedurale, l’altro individuale-causale – corrisponde l’ambito del controllo giudiziale, cui è estranea la verifica dell’effettività e ragionevolezza dei motivi che giustificano, nelle enunciazioni dell’imprenditore, la riduzione di personale cfr. ad es, Cass., n. 528/2008 , cosicché il lavoratore licenziato è abilitato a far valere l’inesistenza del potere di recesso per violazione delle regole della procedura inefficacia del negozio risolutivo ovvero la lesione del diritto ad una scelta imparziale per violazione dei criteri stabiliti dalle legge o dall’accordo sindacale annullamento del licenziamento .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 gennaio – 5 marzo 2014, n. 5195 Presidente Stile – Relatore De Renzis Svolgimento del processo I. Con ricorso, depositato il 3.03.2004, S.S. conveniva in giudizio la S.p.A. POSTE ITALIANE per sentir dichiarare l'inefficacia dell'atto di risoluzione del rapporto di lavoro adottato nei sui confronti con nota del 19.11.2001 ed il riconoscimento del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro da lei occupato, con le conseguenti statuizioni di ordine risarcitorio, retributivo e previdenziale, e ciò In esito alla procedura prevista dagli artt. 4 e 24 della legge n. 223 del 1991. Si costituiva la convenuta, che contestava le avverse argomentazioni e deduzioni, sostenendo la legittimità della procedura di licenziamento collettivo sia sotto il profilo dell'attinenza al dato formale richiesto dalla richiamata legge n., 223/991, sia sotto l'aspetto delle esigenze sostanziali sottese alla riduzione di personale, sia con riguardo alla ratio legis , costituita dalla necessità di individuare le soluzioni che meglio contemperassero le esigenze dell'impresa con l'impatto sociale della procedura. All'esito il Tribunale di Roma rigettava il ricorso dichiarando la legittimità del licenziamento con sentenza n. 1983 del 27.01.2007. II. Tale decisione, a seguito di appello della S. , è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 3939 del 2010. la quale ha così argomentato la comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, terzo comma, della legge n. 223 del 1991 era adeguata quanto ai contenuti, essendo poi culminata nell'accordo sindacale del 17.10.2001 la stessa comunicazione, intervenuta il 14.12.2001 a meno di un mese di distanza dal licenziamento, intimato il 19.11.2001, era da considerarsi contestuale all'invio alle organizzazioni sindacali dell'elenco dei lavoratoti collocati in mobilità con l'indicazione per ciascuno di essi del nominativo, residenza, qualifica, livello di inquadramento, età, carico di famiglia, nonché della puntuale indicazione delle modalità di attuazione dei criteri di scelta cosicché le stesse organizzazioni sindacali erano state poste nella condizione di verificare la corretta situazione del concordato criterio di scelta in sede di esubero era infondata anche la censura dell'appellante riguardante il diritto di precedenza dei lavoratori licenziati per riduzione del personale preso la medesima azienda negli ultimi sei mesi art. 18, primo comma, legge n. 223/1991 , avendo correttamente ritenuto il primo giudice coerente con la procedura di licenziamento collettivo, e dunque incompatibile con il predetto diritto, la previsione di nuove assunzioni di soggetti con diverse e particolari professionalità l'esposta ultima censura era peraltro fuori bersaglio, in quanto erano generiche le allegazioni contenute nell'atto introduttivo in ordine al ricorso da parte di Poste Italiane, nel periodo successivo al licenziamento, a nuove assunzioni con contratti di apprendistato e contratti a tempo indeterminato. III. La S. propone ricorso per cassazione, articolato su cinque motivi, illustrati con memoria ex art. 378 CPC. Le Poste Italiane resistono con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione ed errata applicazione dell'art. 4 3 comma della legge n. 223 del 1991, sotto il profilo dell'inadeguatezza della comunicazione dell'avvio della procedura di mobilità, nonché vizio di motivazione, su fatti decisivi della controversia art. 360 n. 3 e n. 5 C.P.C. . La S. , nel censurare l'impugnata sentenza, ripropone i rilievi, già esposti in sede di appello contro la decisione di primo grado, sostenendo che l'azienda si era limitata, con riguardo all'indicazione del personale in esubero, ad allegare, per giustificare un taglio di 9000 posti di lavoro, una scarna tabella indicante il personale in eccesso ripartito per regione e per aree funzionali . Da parte sua la resistente società osserva che l'assunto della ricorrente si basa su una interpretazione formale ed astratta della richiamata norma di cui all'art. 4, 3 comma, della legge n. 223 del 1991 con riguardo alla comunicazione iniziale di avvio della procedura e al ruolo delle organizzazioni sindacali, coinvolti nella funzione di tutore degli interessi dei lavoratori interessati dalla vasta riorganizzazione dell'ente e dalla collocazione in mobilità di una parte di essi. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia difetto di motivazione in ordine alle altre doglianze relative ai vizi della comunicazione di avvio della procedura. La doglianza si articola sul difetto di motivazione relativamente alla mancata ed insufficiente indicazione dei motivi dell'esubero e sulla mancata indicazione del personale abitualmente impiegato. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 4, 3 comma, della legge n. 223 del 1991, anche in relazione agli artt. 115 e 116 CPC e all'art. 2697 Cod. Civ., nonché difetto di motivazione in ordine alla mancata puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta con riferimento ai requisiti pensionistici in possesso dei lavoratori. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione dell'art. 4 della legge n. 223 del 1991 in relazione agli artt. 2727 e 2697 Cod. Civ. e dell'art. 116 CPC, con riferimento ^ all'inefficacia sanante dell'accordo sindacale nonché difetto di motivazione. In particolare viene sottolineato come il fatto che sia stata raggiunta una intesa sindacale non è sufficiente di per sé ad escludere l'inadeguatezza della comunicazione iniziale con plateale violazione da parte del giudice di appello in materia di presunzioni e di valutazioni delle prove, oltre che in punto di errata ed inesatta motivazione. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di diritto art. 5 della legge n. 223 del 1991 , nonché difetto di motivazione circa la mancata individuazione preliminare dell'ambito organizzativo di operatività del criterio di scelta e difetto di coerenza tra licenziamento ed esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso aziendale. La censura investe in particolare la sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto non fondata la doglianza, mossa sin dal primo grado, alla procedura adottata da Poste Italiane, in violazione della richiamata norma e dall'illegittimità dell'utilizzo, come unico criterio di scelta, del possesso dei requisiti pensionistici. 2. Gli esposti motivi, da esaminarsi congiuntamente ed unitariamente stante la loro intima connessione, sono privi di pregio e vanno disattesi in base alla considerazioni che seguono. Devono essere, in primo luogo, richiamati i principi enunciati da questa Corte nell'interpretazione della legge n. 223 del 1991 e successive modificazioni legge emanata sullo schema della direttiva CEE 1975/129, così come modificata dalla direttiva 1992/56 a come precisato da Cass. 12-10-1999 n. 11455 e dalle conformi decisioni successive v, più di recente Cass. 84/2009, Cass. 4653/2009 la fattispecie del licenziamento collettivo per riduzione di personale ricorre in presenza dell'operazione imprenditoriale di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro art. 24 , operazione che, da una parte, esclude dal suo ambito i licenziamenti dovuti a ragioni inerenti alla persona del lavoratore, per l'altra parte esclude anche i licenziamenti individuali per le stesse ragioni oggettive, ancorché plurimi, qualora non siano presenti i requisiti di rilevanza sociale collegati agli indici previsti dalla legge il numero dei licenziamenti ai sensi dell'art. 24, comma 1, oppure, indipendentemente dal numero, la circostanza che a licenziare sia un'impresa che ha ottenuto l'intervento pubblico della cassa integrazione guadagni, secondo la previsione dell'art. 4, comma 1 b la fattispecie di riduzione del personale regolata dalla legge n. 223 del 1991, non presuppone necessariamente una crisi aziendale, e neppure un ridimensionamento strutturale dell'attività produttiva, potendo il requisito della riduzione o trasformazione di attività o di lavoro ravvisarsi nella decisione di modificare l'organizzazione produttiva anche soltanto con la contrazione della forza lavoro, con incidenza effettiva e non temporanea sul solo elemento personale dell'azienda Cass. 27-4-1992 n. 5010, Cass. 5-5-1995 n. 4874, Cass. 21-10-1999 n. 11794 c nel disegno legislativo, il licenziamento collettivo per riduzione di personale è assoggettato a forme di controllo ex ante della decisione imprenditoriale, controllo di tipo sindacale e pubblico, ritenute maggiormente adeguate alla rilevanza sociale del fenomeno rispetto alle tecniche di controllo giudiziale ex post ed a dimensione individuale, restando escluso che la legittimità del recesso possa dipendere dai motivi della riduzione di personale, non sindacabili, infatti, dal giudice tanto è vero che la riduzione di personale ingiustificata non è prevista dalla legge tra i motivi di annullamento del singolo licenziamento d la qualificazione del licenziamento in base al progetto di riduzione del personale con effetti sociali rilevanti comporta, in attuazione dell'art. 41 Cost., commi 2 e 3, che l'imprenditore sia vincolato non nell'an della decisione ma soltanto nel quomodo, essendo obbligato allo svolgimento della procedura di cui all'art. 4, che realizza così lo scopo di procedimentalizzare il potere di recesso, il cui titolare è tenuto non più a mere consultazioni, ma a svolgere una vera e propria trattativa con i sindacati secondo il canone della buona fede l'operazione imprenditoriale diretta a ridimensionare l'organico si scompone, infine, nei singoli licenziamenti, ciascuno giustificato dal rispetto dei criteri di scelta, legali o stabiliti da accordi sindacali, ma entro una cerchia di soggetti delimitati dal nesso di causalità , ossia dalle esigenze tecnico-produttive ed organizzative poste a base della scelta imprenditoriale arg. ex art. 5, comma 1, primo periodo e ai due livelli descritti, l'uno collettivo-procedurale, l'altro individuale causale, corrisponde l'ambito del controllo giudiziale, cui è estranea, come detto, la verifica dell'effettività e ragionevolezza dei motivi che giustificano, nelle enunciazioni dell'imprenditore, la riduzione di personale cfr. ex plurimis, Cass. 4970/1999, 11455/1999, 9045/2000, 6385/2003, 13182/2003, 9134/2004, 10590/2005, 528/2008 , cosicché il lavoratore licenziato è abilitato a far valere l'inesistenza del potere di recesso per violazione delle regole della procedura inefficacia del negozio risolutivo , ovvero la lesione del diritto ad una scelta imparziale per violazione dei criteri stabiliti dalle legge o dall'accordo sindacale annullamento del licenziamento . La sentenza impugnata motiva la decisione di legittimità del licenziamento intimato alla S. rilevando che la lettera di avvio della procedura di mobilità doveva ritenersi adeguata con riferimento al disposto della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, nella parte in cui prescrive che la comunicazione preventiva per iscritto ai sindacati deve contenere, oltre all'indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza e l'impossibilità di altre soluzioni, la precisazione del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente e del personale abitualmente impiegato, nonché delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano della attuazione del programma di messa in mobilità. La stessa sentenza, premessa quindi la sufficienza del contenuto della comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali, rileva che la scelta imprenditoriale della società, esercente attività sull'intero territorio nazionale, di decidere il ridimensionamento del personale nella sua consistenza complessiva, anche al fine di ridurre i costi di gestione, non poteva che avvenire per aree funzionali e per aree geografiche , sulla base di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, ciò non comportando la necessità di richiedere l'indicazione delle concrete posizioni lavorative in relazione alle mansioni svolte e la necessità della verifica dell'effettività e ragionevolezza dei motivi che giustificavano, nelle enunciazioni dell'imprenditore, la riduzione del personale. Su questa linea, secondo il giudice di appello, si è mossa la società Poste Italiane,la quale nell'avviare la procedura di mobilità motivandola con l'esigenza di ridurre i costi mediante l'attuazione di una riduzione complessiva di personale, aveva precisato che il ridimensionamento concerneva in varia misura tutti i settori produttivi, tutte le professionalità impiegate e l'intero territorio nazionale, facendo altresì presente che le denunciate eccedenze avrebbero potuto avere un impatto sociale minimo nel caso di adozione del criterio di scelta del possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione, posseduto da molti dipendenti. Si preannunciava, altresì, dopo i licenziamenti, una riorganizzazione del lavoro soprattutto mediante mobilità geografica del personale. La comunicazione alle organizzazioni sindacali precisava, quindi, il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti suddivisi tra le quattro aree funzionali di inquadramento area di base, area operativa, area quadri di secondo livello e area quadri di primo livello e per regione geografica. In definitiva, secondo la valutazione del giudice del merito, nell'ottica così delineata la società non aveva l'onere di specificare l'eccedenza ufficio per ufficio, con riguardo al settore di attività e alla dislocazione territoriale, indicando gli addetti alle mansioni concrete ritenute non più utili per l'organizzazione. Così decidendo, come già si è detto, la sentenza impugnata non ha violato né l'art. 1 né l'art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991 a l'art. 1, perché ha riconosciuto la facoltà di Poste Italiane S.p.A., che svolge l'identica attività produttiva sull'intero territorio nazionale, di decidere il ridimensionamento dell'impresa con esclusivo riguardo alla consistenza complessiva del personale ed al fine di ridurre i costi di gestione, determinando le eccedenze in un certo numero di lavoratori regione per regione e per area di inquadramento professionale, e ciò, come già detto, in conformità alla contrattazione collettiva b l'art. 4, comma 3, perché ha ritenuto, ai fini della valutazione della sufficienza dei contenuti della comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali, non rilevanti i motivi esternati nella stessa comunicazione, che determinano l'eccedenza. Correttamente pertanto, in applicazione dei principi di diritto sopra precisati, è stato ritenuto che il progetto di riduzione del personale complessivo dell'azienda postale imponesse di indicare soltanto la ripartizione delle eccedenze per categorie professionali, nonché per le aree del territorio nazionale, anche in vista della conseguente necessità di una nuova distribuzione geografica del personale e di una riorganizzazione del lavoro. In relazione a tale progetto, infatti, non sarebbe stata coerente l'indicazione di uffici o reparti con eccedenze, coincidendo la collocazione dei dipendenti da licenziare con l'intero complesso aziendale né avrebbe avuto alcun senso la specificazione delle concrete posizioni lavorative che si intendevano eliminare, risultando tale profilo completamente estraneo alle ragioni della decisione imprenditoriale. D'altra parte come chiarito da Cass. n. 84/2009 e Cass. 4653/2009 il riferimento legislativo ai profili professionali va inteso sì in termini di esclusione della prospettiva formale delle categorie artt. 2095 e 2103 c.c. al fine di privilegiare gli aspetti funzionali della categoria o qualifica di inquadramento, ma ciò non significa certo richiedere l'indicazione delle concrete posizioni lavorative, cioè delle mansioni svolte, restandosi pur sempre sul piano astratto della classificazione del personale alla stregua della disciplina applicabile al rapporto di lavoro ed allora, se il giudice di merito aveva accertato che la contrattazione collettiva recava un sistema di inquadramento del personale per aree funzionali , ciascuna caratterizzata dall'idoneità professionale allo svolgimento di una pluralità di mansioni, non si comprende perché l'indicazione dell'area di appartenenza non sarebbe indicazione dei profili professionali . La sentenza impugnata, inoltre, è in linea anche con il principio di diritto secondo cui, in ragione del fine delle informative sulla procedura di mobilità, che è quello di favorire la gestione contrattata della riduzione di personale, la circostanza che sia stato in concreto raggiunto tale fine, per essere stato stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali, assume rilevanza nel giudizio di completezza della comunicazione di cui all'art. 4, comma 3, citato, mentre le eventuali insufficienze o inadempienze informative possono, in ogni caso, essere fatte valere dalle organizzazioni sindacali e non dai singoli lavoratori, salvo che questi ultimi dimostrino l'idoneità in concreto di siffatte informative a fuorviare o ledere l'esercizio dei poteri di controllo preventivo attribuiti alle organizzazioni sindacali, con ricadute a essi lavoratori pregiudizievoli Cass. n. 528/2008 . La sentenza impugnata, pertanto, accertato che vi era stata effettivamente la gestione contrattata della riduzione di personale in tutti i profili, fino a realizzare il risultato di un notevole ridimensionamento delle eccedenze inizialmente programmate, ha tratto le conseguenze sul piano della sufficienza delle informazioni fornite nella fase di avvio della procedura. Peraltro, anche la prospettiva di ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti mediante l'applicazione del criterio di scelta necessitante di accordo sindacale del possesso dei requisiti per la pensione, ha offerto elementi utili alla valu-tazione di sufficienza e coerenza dei contenuti della comunicazione preventiva. Il detto criterio, in linea con le considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 268/1994, è ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte conforme al principio di ragionevolezza e non discriminazione, coerente soprattutto con le finalità del controllo sociale affidato ai sindacati e agli organi pubblici vedi Cass. 21-9-2006 n. 20455, Cass. 24-4-2007 n. 9866 . Le condizioni favorevoli per un accordo sindacale sul detto criterio erano appunto costituite dalla riduzione di personale da operare sull'intero organico dell'azienda su base nazionale e in relazione a tutte le aree di inquadramento del personale, senza distinzioni tra uffici e settori produttivi specifici, sicché in relazione alla posizione della ricorrente correttamente è stata ritenuta da parte dei giudici di merito la legittimità del licenziamento. Con riguardo, in particolare al rilievo, di cui al quarto motivo del ricorso per cassazione, relativo alla dedotta inefficacia sanante dell'accordo sindacale, va osservato che i giudici di appello non hanno fatto menzione di tale profilo, ma hanno evidenziato, come già detto, il contenuto della comunicazione di avvio della procedura avente la funzione di rendere lo stesso sindacato edotto del progetto del datore di lavoro e le esigenze espresse dal medesimo e consentire l'esame congiunto sulla finalità di controllo sociale affidato ai sindacati cfr Cass. n. 9866 del 2007 e Cass. n. 20455 del 2006 . Con riguardo alla censura, di cui al terzo e quinto motivo del ricorso, circa l'ambito di operatività del criterio di scelta della prossimità a pensione e del difetto di coerenza tra licenziamento ed esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso aziendale, va ulteriormente puntualizzato, con riferimento al primo profilo, che il criterio riferito all'anzianità prossima a pensione secondo costante giurisprudenza è idoneo ai fini dell'individuazione del personale in esubero cfr ex plurimis Cass. n. 4186 del 2013, Cass. n. 9866 del 2007 Cass. n. 21300 del 2006 e, con riferimento al secondo profilo, che la scelta imprenditoriale era finalizzata ad un ridimensionamento della complessiva consistenza del personale con la riduzione di costi e con la conseguente collocazione in mobilità di una parte del personale in questo senso per analoghe vicende cfr Cass. n. 5886 del 2011 e Cass. n. 925 del 2011 . 3. In conclusione. Il ricorso va respinto, essendosi la sentenza impugnata conformata al principio di diritto più volte enunciato da questa Corte in casi analoghi cfr Cass. cit. n. 5886 del 2011 Cass. cit. n. 925 del 2011 Cass. n. 4653 del 2009 secondo cui In tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale dalla L. n. 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all'art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l'imprenditore può limitarsi all'indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso alla stregua della classificazione per aree funzionali ciascuna caratterizzata dall'idoneità professionale allo svolgimento di una pluralità di mansioni tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e si è in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all'esito della procedura, che, nell'ambito delle misure idonee a ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, adotti, su base nazionale, il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione . Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compensi, oltre accessori di legge.