Assalto mattiniero al campanello della casa dell’ex moglie: condannato

Condannato un uomo per il fastidio provocato alla donna. Fatale l’episodio verificatosi nelle prime ore di un mattino di fine ottobre l’uomo si è letteralmente ‘attaccato’ al campanello dell’abitazione dell’ex moglie. Risibile l’ipotesi che egli volesse soltanto vedere i figli.

Mattiniero per abitudine. Stile di vita, questo, legittimo, che, però, non può certo rendere comprensibile la scelta di presentarsi a casa della propria ex moglie e ‘attaccarsi’ al ‘campanello’ per un’ora, dalle 5e30 alle 6e30, giustificandosi, poi, con l’idea di voler attendere l’uscita dei figli per salutarli prima della scuola. Ricostruzione, questa, assolutamente risibile. Molto più logico, invece, pensare che il gesto dell’uomo sia stato finalizzato a creare fastidio alla ex moglie. Conseguenziale, e inevitabile, la condanna Cass., sent. n. 9780/2014, Prima Sezione Penale, depositata oggi . Suonatore di ‘campanello’. Netta la contestazione mossa nei confronti di un uomo avere posto in essere comportamenti di disturbo e di molestia in danno della moglie separata . Fatale un episodio in particolare l’uomo, in una giornata di fine ottobre, ha suonato, in continuazione, alla porta dell’abitazione della donna, a partire dalle 5e30, per almeno un’ora. Quadro cristallino, quindi, che, difatti, conduce il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale, a chiusura del giudizio abbreviato , a condannare l’uomo a pagare una ammenda di 200 euro . Fastidio. Secondo l’uomo, però, l’ottica adottata è troppo rigida. Innanzitutto perché, a suo dire, non è stata valutata con attenzione l’inaffidabilità e l’inattendibilità della ex moglie, la cui ostilità era testimoniata anche dall’ atteggiamento gravemente manipolatorio verso i figli , atteggiamento finalizzato a porli, in termini di autentica aggressività, contro il padre . Eppoi, aggiunge ancora l’uomo, l’episodio ‘incriminato’ è stato sopravvalutato, e mal interpretato egli era nelle vicinanze dell’abitazione della ex moglie – come certificato dai carabinieri, intervenuti proprio su richiesta della donna – soltanto per poter vedere i figli, in continuazione negatigli dalla ex moglie . Quindi, ad avviso dell’uomo, non vi era alcun biasimevole motivo nel ripetuto suono del campanello alla porta dell’abitazione della ex moglie egli era lì per attendere l’uscita dei figli, per poterli vedere mentre si recavano a scuola . Linea difensiva chiarissima, quella sostenuta dall’uomo, eppure valutata come risibile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano la condanna così come stabilita dal Gup del Tribunale. Nessun dubbio, difatti, è possibile sul comportamento tenuto dall’uomo, il quale ha suonato il campanello di casa della ex moglie, ripetutamente, in un arco temporale di circa un’ora, intorno alle 6 del mattino di un giorno, il 27 ottobre, che, in aree alpine, come quella che fu teatro della vicenda, si appalesa particolarmente mattiniera ciò conduce a valutare la condotta dell’uomo come incisivamente idonea ad arrecare fastidio e petulanza . Non credibile l’ipotesi che l’uomo volesse semplicemente esprimere, seppur con insistenza, il desiderio di vedere i figli alle 6 del mattino , o, ancora, che egli volesse attendere, a quell’ora che i figli uscissero per andare a scuola si tratta di una ricostruzione assolutamente illogica e irrazionale , concludono i giudici.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 – 28 febbraio 2014, n. 9780 Presidente Giordano – Relatore Bonito La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 27 settembre 2012 il GUP del Tribunale di Trento, all'esito di giudizio abbreviato richiesto con l'opposizione a precedente decreto penale di condanna, infliggeva la pena di euro 200,00 di ammenda a carico di P.U., imputato della contravvenzione di cui all'art. 660 c.p. perché, per petulanza e per altri biasimevoli motivi, tramite continui e frequenti contatti telefonici nonché appostamenti nella pubblica via, poneva in essere comportamenti di disturbo e di molestia in danno della moglie separata O.V. in Castello Molina di Fiemme, da giugno novembre 2010. A sostegno della decisione il giudice territoriale richiamava la denuncia della p.o., costituitasi parte civile - la quale, tra l'altro, ha accusato l'imputato di avere, il 27 ottobre 2010, suonato alla porta della sua abitazione, in continuazione, dalle ore 5,30 e di aver interrotto, nella stessa occasione, il quadro elettrico ubicato all'esterno della casa - e, con essa, gli accertamenti dei CC., intervenuti in seguito alla chiamata della O. delle ore 6,40. Il personale intervenuto ebbe a constatare in tale occasione la presenza dell'imputato nella sua autovettura posteggiata davanti all'abitazione della moglie dalla quale viveva ormai separato. 2. Ricorre per cassazione avverso detta sentenza l'imputato, assistito dal difensore di fiducia, in quale nel suo interesse sviluppa due motivi di impugnazione. 2.1 Denuncia col primo di essi la difesa ricorrente inosservanza delle norme processuali in tema di verifica dell'attendibilità della testimonianza della parte offesa, costituita parte civile, osservando nel corso del processo sono stati depositati importanti documenti, deposito posto come condizione per il giudizio abbreviato da essi si deduce inequivocabilmente l'inaffidabilità e la inattendibilità della persona offesa in particolare la CTU disposta dal Tribunale di Trento attestante l'ostilità della O. verso l'ex marito e la sua incapacità di controllo e discernimento le numerose archiviazioni disposte in seguito alle denunce della O. stessa contro il marito per i reati previsti dagli artt. 594, 595, 635, 612, 570, 572 e 612-bis c.p. la relazione dei servizi sociali del 16.10.2012, comprovante l'atteggiamento gravemente manipolatorio della p.o. verso i figli per porli, in termini di autentica aggressività, contro il padre di qui, dai contenuti dei richiamati documenti, del tutto ignorati dal giudicante, la prova evidente della inaffidabilità della p.o. nelle accuse verso l'ex marito, fortemente osteggiato. 2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione dell'art. 660 c.p. e illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del reato contestato, in particolare osservando nella vicenda in esame il giudicante ha escluso la rilevanze delle poche o nulle telefonate accertate a carico dell'imputato per poi valorizzare un unico episodio, quello del 27.10.2010 prova della condotta di reato è stata ritenuta la presenza dell'imputato nelle vicinanze dell'abitazione della O. stare nelle vicinanze però non prova alcuna molestia ovvero petulanza e l'imputato era in quel luogo soltanto per poter vedere i figli, in continuazione negatigli dalla ex moglie come ampiamente provato con la documentazione innanzi richiamata dal settembre 2010, afferma la CTU disposta dal tribunale di Trento, la O. impedisce all'ex marito di incontrare i figli di qui l'assenza del biasimevole motivo anche in presenza di un eventuale suono del campanello il padre fuori di casa attendeva l'uscita dei figli per poterli vedere mentre si recavano a scuola di qui l'insussistenza dei requisiti di legge relativi alla contravvenzione cointestata. 3. Il ricorso è infondato. 3.1 Il reato di molestia o disturbo alle persone, secondo consolidato insegnamento giurisprudenziale, non ha natura di reato necessariamente abituale, sicché può essere realizzato anche con una sola azione Cass., Sez. I, 08/07/2010, n. 29933 purchè particolarmente sintomatica la stessa dei requisiti della fattispecie tipizzata. Su tale presupposto teorico è stata ritenuta molesta, ad esempio, anche una sola telefonata perché effettuata alle ore 23, ritenuta notturna, con il futile pretesto della richiesta di restituzione di una tuta Cass., Sez. I, 22/04/2004, n. 23521 ovvero, dopo la mezzanotte, perché, nella specie, si è ritenuto che l'ora della telefonata dimostrava sia l'obiettiva, molesta intrusione in ore riservate al riposo, sia l'evidente intenzione dell'imputato di molestare la moglie, e non già di vedere il bambino, come difensivamente opinato, che a quell'ora avrebbe dovuto dormire Cass., Sez. I, 12/11/2009, n. 36 . Nei richiamati precedenti l'unicità della telefonata è stata però criticamente valutata, ai fini di verificare, in concreto, la ricorrenza dei requisiti di legge per la sussistenza della contravvenzione, giacchè, ai fini del reato previsto dall'art. 660 c.p., l'atto di molestia dev'essere ispirato da biasimevole motivo o rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri. Di qui la rilevanza data all'ora dell'unica telefonata, eccezionalmente ritenuta petulante, ed ai motivi di essa. 3.2 Nel caso in esame l'imputato è accusato di aver suonato il campanello di casa, ripetutamente, in un arco temporale di circa un'ora, intorno alle sei del mattino di un giorno, il 27 ottobre, che in aree alpine come quella che fu teatro della vicenda, si appalesa particolarmente mattiniera e per questo incisivamente idonea ad arrecare fastidio e petulanza. Il fatto in sé, pertanto, è stato correttamente inserito dal giudicante nell'ipotesi tipica contestata ed alla tesi accusatoria la difesa ha opposto ragioni di merito volte a fornire una versione alternativa dei fatti di causa, versione alternativa peraltro per più profili irragionevole vedere i figli alle sei del mattino ed attendere a quell'ora che uscissero per andare a scuola è francamente ricostruzione assolutamente illogica ed irrazionale. Lo sforzo maggiore della difesa, anche in questa fase di legittimità, si è però indirizzato sulla valutazione della prova a carico e sulla attendibilità delle accuse della ex moglie. Sul punto di nessun rilievo sono i documenti acquisiti al processo a riprova dell'instabilità mentale della p.o. e del suo astio verso l'ex marito, dappoichè il giudicante ha logicamente concluso per la credibilità delle denunce in atti sulla base dell'intervento dei CC., chiamati dalla p.l. e sopraggiunti verso le ore 6.40 per constatare la singolare presenza a quell'ora dell'imputato davanti alla casa della p.l A ciò si aggiunga che nessuna plausibile e ragionevole giustificazione di quella presenza è stata data dall'interessato prima e dalla difesa successivamente. 5. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.