Laziogate: concluso il filone penale, la palla passa al giudice civile

La Cassazione sposa il più recente orientamento, estinto il reato resta il solo giudice civile.

La Cassazione pone la pietra tombale su uno degli scandali di criminalità politica” che più ha mosso le cronache degli ultimi anni. Si trattava del Laziogate”, di una vicenda giudiziaria il cui attore protagonista - l’ex presidente della Regione Lazio Francesco Storace – avrebbe realizzato condotte, fra le altre contestate, di accesso abusivo ai sistemi informatici , coadiuvato dal suo staff e dai titolari di società investigative, al fine di invalidare una lista elettorale concorrente capeggiata da Alessandra Mussolini. Il filone romano s’era già concluso, con esiti assolutori per il governatore, non rimaneva, per i coimputati, che il filone milanese – luogo di promozione dell’associazione a delinquere -. La Cassazione, Sesta sezione Penale, n. 7083, depositata il 13 febbraio 2014, riconosce le ormai decorse prescrizioni, rinviando al giudice civile ai fini risarcitori. A prescrizione maturata non resta che il giudice civile ex art. 622 c.p. I giudici aderiscono alle Sezioni Unite n. 40109/2013, dep. il 29 settembre. Quando vengono meno gli interessi penali del procedimento – alla sanzione del reo, decorso il tempo per l’accertamento del reato - deve operare il rinvio al giudice civile ex art. 622 c.p.p. – e non più il giudice penale è competente ex art. 578 c.p.p. -, siccome sono esaurite le competenze processuali e penali ad accertare il fatto. L’art. 622 cit. fa fermi gli effetti della sentenza penale”, dunque opera il rinvio al giudice civile sia nei casi di accertamento penale già esaurito – già acclarata la responsabilità penale – sia in ogni altro caso di statuizione penalmente rilevante, tipo la declaratoria di intervenuta prescrizione, come in oggetto. Esaurito il processo penale – e i soggiacenti interessi generali alla sanzione del reo -, non resta che il giudice civile. La sentenza Tettamanti”, una decisione coerente. Il quadro è conforme allo stato giurisprudenziale in ordine ai rapporti fra azione civile e penale. In caso di declaratoria di intervenuta prescrizione ex art. 129 c.p.p., secondo la nota sentenza c.d. Tettamanti – Sez. Un. 15 settembre 2009 –, questa prevale sul proscioglimento del merito, quando le ragioni dell’assoluzione non risultano evidenti dagli atti. Semplicemente, esaurito l’interesse specificamente penale al perseguimento del reo – siccome operante una causa estintiva del reato – il processo penale dichiara la prescrizione e si ritrae , lasciando in ogni caso campo libero al giudice civile, competente a decidere per le statuizioni civili, anche facendo tesoro delle valutazioni insite nelle motivazioni delle sentenze che hanno accertato la decorsa prescrizione. La società è privata, la funzione è pubblica, i dipendenti sono incaricati di pubblico servizio. Nella terra di mezzo delle società private con funzioni pubbliche – ossia partecipate da enti pubblici ovvero aziende speciali ovvero enti pubblici economici -, i giudici confermano la natura pubblica del rapporto di servizio dei dipendenti. Quest’ultimi sono, quando non adibiti a mere incombenze d’ordine od operative, pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio – e i reati che commettono sono propri – a danno della pubblica amministrazione - e non comuni. Nel caso in oggetto si trattava di Telecom s.p.a., il cui trattamento dei dati d’utenza – finalizzato alla rilevazione del segreto d’ufficio ex art. 326 c.p. - costituisce attività di pubblico interesse. Lo stato giurisprudenziale sembra scivolare verso le ipotesi c.d. sostanzialistiche, che dalla funzione pubblica dell’attività svolta dagli enti – oltre le forme giuridiche privatistiche adottate per l’esercizio – deduce ogni effetto penale rilevante, quando la natura pubblica è parte costitutiva della fattispecie penale o di una aggravante.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 ottobre 2013 - 13 febbraio 2014, n. 7083 Presidente Agrò – Relatore Raddusa Ritenuto in fatto 1. A.N. , AM.Ma.Vi., L.F., P.P. sono stati tratti a giudizio avanti al Tribunale di Milano con diverse imputazioni. Più precisamente A. è stato chiamato a rispondere dei reati di cui ai capi R corruzione , S rivelazione segreti d'ufficio , e T interferenze illecite nella vita privata L. , nella sua qualità di Maresciallo della Guardia di Finanza, dei reati di cui ai capi A, associazione per delinquere finalizzata al reperimento e all'utilizzazione di segreti d'ufficio per procurare indebiti profitti patrimoniali , C corruzione e D rivelazione di segreti d'ufficio Am. dei reati di cui ai capi V e CC corruzione oltre che dei capi W, X, Z, AA distinti episodi di rivelazione di segreti d'ufficio , ed infine Y violazione art. 167 D.Lvo 196/03 P. è stato chiamato a rispondere dei capi A associazione per delinquere come sopra , B e H corruzione , G e T interferenze illecite nella vita privata , L, M, N, O, P distinti episodi di rivelazione di segreti di ufficio . 2. Con sentenza emessa in data 4/11/2010, il Tribunale ha ritenuto l'A. responsabile per i fatti allo stesso ascritti, riqualificato il capo S ai sensi dell'art. 326 comma I cp l'Am. responsabile dei reati allo stesso imputati, riqualificati i capi W, X, Z, AA ai sensi dell'art. 326 cp comma I L. dei reati allo stesso ascritti, qualificato il capo sub d ai sensi del comma 1 dell'art. 326 cp P. dei reati allo stesso imputati, qualificato il capo D ai sensi dell'art. 326 comma I cp e quello sub G quale tentativo ex art. 56 cp. A. , Am. e L. hanno riportato una condanna alla pena di anni 3 di reclusione P. , alla pena di anni 4 mesi 1 gg. 10 di reclusione. 2.1 In ragione della relativa costituzione di parte civile, il Tribunale ha poi condannato l'Am. al risarcimento del danno in favore di Telecom Italia in uno a T.S. coimputata nel medesimo processo e poi acquiescente alla sentenza di primo grado nonché al risarcimento del danno in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri P. al risarcimento dei danni in favore di Telecom Italia, liquidati in Euro 13.000 P. , L. e A. in solido al risarcimento dei danni in favore della Presidenza del Consiglio, del Ministero degli Interni, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze, danni liquidati in Euro 50.000. 3. Interposto appello, la Corte di Appello di Milano ha modificato la sentenza impugnata limitatamente al solo A. quanto alla pena comminata, riducendola, e con riferimento alla posizione del L. , accogliendo il motivo di appello legato al difetto di legittimazione del Ministero della difesa in punto al riconosciuto diritto al risarcimento del danno e per l'effetto rideterminando l'entità del risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili Presidenza del Consiglio, Ministero degli Interni, Ministero dell'Economia e delle Finanze siccome dovuto in solido da A. L. e P. per gli episodi e in Euro 4.000 e da parte di L. e P. in solido per tutti gli altri episodi in Euro 40.000. 4. Hanno proposto ricorso in cassazione, ciascuno autonomamente tramite il rispettivo difensore fiduciario, i detti imputati A. , Am. , L. e P. . 4.1 Ricorso proposto da A.N. . Risulta dedotto un unico motivo addotto sotto l'egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 111 Cost, 125 e 192 cpp nonché vizio di motivazione, mancante in punto alla indicazione degli elementi posti a fondamento del reso giudizio di responsabilità. Secondo quanto indicato in ricorso la motivazione sarebbe apodittica. Manca infatti la specificazione di quali siano stati gli elementi di prova a carico dell'A. idonei a giustificare il reso giudizio di responsabilità, operato sulla base di valutazioni insoddisfacenti, apparenti e astratte, confondendo ambiti probatori con asseriti moventi ascritti al ricorrente, di certo non utili per ritenere provata la consapevolezza in capo al ricorrente quanto agli illeciti negozi asseritamente posti in essere tra i soci della SSI e il L. . A fronte di un unico dato certo, l'incarico conferito al P. di bonificare i locali della regione Lazio adibiti ad ufficio del presidente Storace, si perviene al ritenuto giudizio di responsabilità, senza alcuna precisazione del criterio e del percorso logico seguiti. 4.2 Ricorso Am. . Viene addotto un unico motivo, legato ad una affermata assoluta carenza di motivazione. La sentenza di appello malgrado i rilievi formulati con il gravame dedica poche righe alla posizione dell'A. , limitando la relativa disamina al solo tema della pena ed a quello dell'erroneo mancato addebito al ricorrente delle spese processuali. Il resto della motivazione è integralmente dedicato alle posizioni degli altri ricorrenti senza che venga fornita risposta alcuna in ordine al motivo in forza al quale non era configurabile il delitto di corruzione reso in concorso con la Palella, non rivestendo quest'ultima la figura di incaricato di pubblico servizio, dato di certo non ricavabile dalla sentenza passata in giudicato relativa alla posizione della predetta, resa ai sensi dell'art. 444 cpp. 4.3 Ricorso P. . Dieci i motivi addotti a sostegno del gravame. 4.3.1 Con i motivi da 1 a 3 si lamenta violazione di legge avuto riguardo alla contestazione associativa capo A della rubrica nonché vizio di motivazione. Il ricorrente sarebbe estraneo al reato associativo perché non coinvolto nelle attività sottese ai reati fine dell'associazione, id est la corruzione dei due marescialli della Guardia di Finanza finalizzata all'acquisizione delle informazioni ottenute tramite la violazioni di più segreti d'ufficio attività questa autonomamente poste in essere dagli altri coimputati G. e Ga. , separatamente processati, come riconosciuto dalla stessa sentenza di appello che nega contatti diretti del ricorrente con l'Am. e il L. e tace sui rapporti di direzione e cooperazione posti in essere dal ricorrente rispetto agli altri due sodali. In ogni caso, mancano gli elementi costitutivi in sé della fattispecie associativa avuto riguardo alla presenza del vincolo associativo e alla indeterminatezza del programma criminoso. Sul piano della motivazione, la sentenza è ermetica nel descrivere il ruolo ascritto al ricorrente nell'ambito dell'associazione, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo, limitandosi ad una mera sovrapposizione tra il ruolo di socio accomandatario della società costituita con G. e Ga. e quello di partecipe alla ritenuta organizzazione criminale, senza approfondire i temi del dolo e dell'affectio societatis malgrado l'apposito rilievo in tal senso sollevato in appello. La sentenza è poi illogica la dove per un verso, in linea con l'interposto appello, ritiene essenziale la prova della partecipazione del sodale ai reati fine oggetto dell'associazione mentre poi, per altro verso, omette ogni necessario approfondimento in punto alle singole condotte poste in essere dal concorrente proprio con riferimento a detti reati, quantomeno nell'ambito del mero concorso morale. Manca infine del tutto la motivazione in ordine al ruolo di promotore, contestato con apposita censura e non adeguatamente argomentato neppure dalla decisione di primo grado. 4.3.2. Con i motivi 4 e 5 si denunzia travisamento probatorio e motivazione illogica e mancante avuto riguardo alle contestazioni di cui ai capi B e D qualificata la seconda ai sensi dell'art. 326 comma I cp . La corruzione presuppone il dolo specifico occorre dunque la prova del contatto con il funzionario corrotto, nella specie non riscontrata ne riscontrabile dalle dichiarazioni del teste Ga. neppure nei termini della istigazione rivolta al suddetto ed al G. di attivare il proprio contatto per ottenere le informazioni coperte da segreto. Ciò anche con riferimento al 326 la dove come nella specie manchi la dimostrazione della istigazione. Con l'appello, poi, si lamentava che la decisione di primo grado derivava da una errata analisi logico argomentativa degli elementi in atti, senza che a tale rilievo sia stata data risposta alcuna, avendo peraltro la Corte omesso integralmente di approfondire i temi legati alle due contestazioni in oggetto. 4.3.3. Con il motivo sub 6 si lamenta l'erronea applicazione dell'art. 615 bis cp con riferimento al capo G, perché l'introduzione presso la detta società era stata favorita da un socio della predetta società, e quindi non poteva ritenersi indebita. 4.3.4 Con il motivo sub sette si lamenta l'erronea applicazione degli artt. 319 e 320 cp quanto al capo H e dell'art. 615 bis per i capi L, M, N, O, P avuto riguardo alla figura di incaricato di pubblico servizio ascritta al C. . Questi non aveva la possibilità di accedere ai dati comunicati ebbe a farlo solo in forza dell'accesso consentitogli dall'utilizzo della password di pertinenza del suo superiore. Non aveva dunque la caratteristica tipica dell'autonomia ed ella discrezionalità. 4.3.5 Con il motivo sub 8 si lamenta illogicità della pronunzia con riferimento al capo T per la presenza di una assoluzione piena per la medesima imputazione, autonomamente contestata e giudicata dal tribunale di Roma, con la formula del fatto non sussiste. 4.3.6. Con i capi 9 e 10 si lamenta violazione di legge e difetto di motivazione, comunque illogica e contraddittoria in punto alla continuazione ed alla dosimetria della pena. 5. Ricorso L. . Vengono lamentate in ricorso diverse violazioni di legge e, al contempo, con riferimento alle medesime contestazioni, vizi di motivazione. 5.1 In particolare, si lamenta la violazione del principio della reformatio in peius con riferimento alla condanna al risarcimento in favore delle parti civili. È stata esclusa in accoglimento dell'appello la legittimazione del Ministero della difesa in conseguenza è stato ridotto l'importo determinato in primo grado da 5.000 a 4.000 Euro per i fatti legati alla vicenda XXXXXXXX da 50.000 a 45.000 per gli altri reati. Le parti civili interessate erano 4, ciascuna ugualmente considerata in sentenza, aveva diritto ad una quota massima di Euro 12.500. Tuttavia per effetto della affermata riduzione, il dovuto per ciascuna di tali parti civile invece che mantenersi nei limiti di quanto indicato in primo grado, è stato aumentato. 5.2 Si ribadisce, ancora, l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata negli altri gradi di giudizio, evidenziandosi al fine che i reati commessi dal ricorrente sono stati commessi in XXXXXX e che il fatto più grave commesso è la corruzione di cui al capo B che doveva fungere da riferimento per ancorare la competenza territoriale si evidenzia ancora che, anche a voler riferirsi al reato associativo, la competenza andava semmai riferita al Tribunale di Roma. 5.3 Si contesta la sussistenza del reato di cui all'art. 326 nessuno dei dati rilevati e rivelati dal ricorrente, sia ricavato dallo SDI sia attinto dalla anagrafe tributaria, era coperto da segreto per definizione normativa, sia di legge che di regolamento al più trattavasi di dati rivelati in violazione della legge 121/81, art. 12, la cui applicazione andava effettuata nel caso a mano in quanto il relativo trattamento sanzionatorio è più grave, nel minino, rispetto al 326. E l'applicazione di tale norma viene invocata perché più favorevole in una ottica disciplinare. 5.4 Si contesta, sotto ogni versante, fa presenza dell'associazione e comunque il ruolo di associato si trattava di soci, non di associati e di certo non lo erano gli estranei alla SSI che collaboravano dall'esterno in favore di una società che svolgeva legittimamente attività investigativa e le informazioni fornite, pur se acquisite illecitamente, erano in linea con l'attività della società. I due finanzieri in definitiva erano canali utili ad una agenzia investigativa e gli elementi addotti a sostegno della tesi associativa in realtà non erano tali da comprovare sia l'elemento materiale che quello soggettivo afferente la partecipazione sociale. Il tutto tralasciando il rapporto occorso con il G. , definito biunivoco perché caratterizzato da informazioni reciproche, mentre in assenza di un tariffario predeterminato, gli importi versati al ricorrente erano solo mere regalie le modalità illecite di acquisizione dei dati non asservivano la condotta ascritta agli esterni in termini tali da renderli partecipi di una associazione criminale considerato anche il dato della limitatezza dei contatti il L. conosceva solo il G. . 5.5 Sempre in ragione del rapporto biunivoco con il G. , in ragione della loro amicizia e sostanzialmente della collaborazione nonché della natura di mere regalie, quanto alle somme ricevute, si nega l'ipotesi corruttiva, comunque anche in funzione di una pena più mite e si evidenzia altresì che il tempo di commissione del delitto andrebbe poi delimitato al giugno del 2005 e non al marzo del 2006, in ragione dell'ultimo contatto riscontrato con il G. . Si adduce, ancora, la mancata assunzione di prove decisive la testimonianza del dottor g. utile ad acquisire una serie di informazioni scientifiche relative alle trascrizione delle conversazioni di cui alle intercettazioni in atti coinvolgenti il L. , essenziale per negare, attraverso una valutazione tecnica del sonoro, la prova del dolo rispetto alle fattispecie contestate la mancata acquisizione della versione integrale degli interrogatori resi innanzi ai Pm in fase predibattimentale, in atti solo nella versione riassuntiva, ammessi dal Tribunale e mai prodotti dal PM. 5.6 Si lamenta infine la manifesta illogicità del trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto 6. La sentenza impugnata va annullata nei confronti di A.N. e P.P. in relazione al capo T loro ascritto perché l'azione penale non poteva essere proseguita ai sensi dell'art. 649 c.p.p Rileva poi la Corte come sia maturata, tra la sentenza di appello e il presente grado di giudizio la prescrizione con conseguente estinzione dei relativi reati tale da imporre la declaratoria del non doversi procedere con riferimento all'A. relativamente ai capi R e S con riferimento a L. e Am. relativamente a tutti i reati imputati agli stessi con riferimento al P. in relazione ai capi B , D , G , H , L , M , N , O e P . Malgrado l'intervenuta prescrizione, l’esercizio dell'azione civile risarcitoria e la parziale fondatezza, nei termini precisati da qui a poco, dei gravami articolati dai ricorrenti A. , Am. e P. impone l'annullamento della sentenza con rinvio, per nuovo giudizio, al Giudice civile competente in grado di appello ai sensi dell'art. 622 cp cfr sul punto da ultimo Sez. U, Sentenza n. 40109 del 18/07/2013 Ud. dep. 27/09/2013 Rv. 256087. La infondatezza del gravame articolato dal P. relativamente alla contestazione associativa, per la quale non è maturata la prescrizione, impone poi la reiezione del ricorso sul punto e la conseguente rideterminazione della relativa pena in ragione della intervenuta estinzione per prescrizione degli altri reati imputati al detto ricorrente. Infine, quanto al gravame del L. , ferma la prescrizione già evidenziata, la esclusiva fondatezza, tra le ragioni di ricorso, di quella legata alla rideterminazione del danno quale effetto della decisione assunta in appello impone, già in questa sede, di procedere in coerenza alla riduzione dell'importo all'uopo dovuto. 7. [L'intervenuta prescrizione dei reati diversi dalla imputazione associativa contestata al P. ]. Tutti i reati ascritti agli odierni ricorrenti, diversi dalla contestazione mossa sub A della rubrica al P. , si sono estinti per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di appello. Al fine va evidenziato. - che la disciplina da applicare, anche per le imputazioni legate a reati commessi antecedentemente alla entrata in vigore della novella legislativa dettata sul tema della prescrizione, va individuata nella attualmente vigente formulazione del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 cpp la sentenza di primo grado è stata emessa successivamente alla entrata in vigore della novella si vedano in tal senso l'art. 10 comma III legge 251/05 e la sentenza delle SS.UU di questa Corte n. 15933 del 24/11/2011, Rv. 252012 - per tutte le dette imputazioni ricomprese in un area piuttosto vasta ed eterogena che copre dall'associazione semplice ex art. 416 cp, salvo quanto si dirà per il promotore, alla corruzione ex artt. 319 - 321 cp, nella formulazione vigente all'epoca dei fatti dalla rivelazione di segreti d'ufficio ex art. 326 comma I cp alle interferenze illecite ex art. 615 bis ed alla violazione del disposto di cui all'art. 167 DLVO il periodo di prescrizione massimo considerato ex lege, considerati i rispettivi livelli edittali, è quello di anni sette e mesi sei mentre l'unico periodo di sospensione utile al fine all'uopo riscontrato in primo grado, per 19 gg udienza dall'11 giugno 2009 sino al 30 giugno si è rivelato ininfluente rispetto alla acertata estinzione del reato - il momento di consumazione delle rispettive fattispecie va dal marzo 2005 le imputazioni più remote, mosse ai capi W e X ed AA all'Am. quelle ai capi B, D, L, M al P. al marzo 2006 le imputazioni più recenti, quelle sub CC all'Am. tutte quelle ascritte al Liguori quelle sub A, H, L riferite al P. guardando dunque a quest'ultimo riferimento temporale, ovviamente assorbente rispetto ad imputazioni caratterizzate da una anteriore data di consumazione, già nel settembre 2013 tutte le contestazioni mosse in processo erano coperte da prescrizione. Tanto non può riferirsi alla contestazione associativa mossa sub A della rubrica al P. nel caso l'imputazione risulta integrata anche dalla attribuzione all'imputato del ruolo di promotore, con conseguente applicazione della pena prevista dal comma 1 dell'art. 416 cp sette anni nel massimo ne viene che i ragione della data di consumazione del reato, risalente al marzo 2006, e considerato all'uopo il disposto di cui agli artt. 157 e 161 stesso codice, alla data di definizione del presente processo la prescrizione non poteva ritenersi maturata per siffatta imputazione. Per quanto si dirà più precisamente nell'esamina ciascun gravame, nessuno dei ricorsi presenta profili di inammissibilità tali da ostacolare in radice il normale decorso della prescrizione, altrimenti ininfluente ove come nella specie maturato tra la sentenza di appello e quella di legittimità. Piuttosto, la presenza, in sentenza, delle statuizioni civili di natura risarcitoria legate alle ipotesi di reato prescritte impone una compiuta disamina di ciascuna ragione di impugnazione, dunque oltre l'evidenza di cui al comma II dell'art. 129 cpp. 8. Preliminarmente vanno esaminate le questioni in rito di natura pregiudiziale sollevate dai ricorrenti nei rispettivi gravami. Ci si riferisce in particolare al ne bis in idem eccepito dal P. con riferimento al capo T nonché alla incompetenza territoriale sollevata dal L. . 8.1 Appare fondato il motivo legato alla violazione del disposto di cui 649 cp con riferimento al capo T l'introduzione in presso la sede di Alternativa sociale commessa il 28 febbraio 2005, contestata ex art. 615 bis cp . Trattasi, all'evidenza, del medesimo fatto per il quale il ricorrente è stato giudicato e assolto dal Tribunale di Roma in data 5 maggio 2010, sentenza all'epoca dell'appello qui in disamina non ancora passata in giudicato definitività per contro acquisita oggi in esito alla conferma all'uopo resa dalla Corte di appello di Roma in data 29/10/12, quest'ultima coperta da giudicato. Ne viene l'accoglimento sul punto del gravame del P. con estensione dei relativi effetti - pur in assenza di apposito motivo di gravame in tal senso sollevato - ex art. 587 cpp anche all'A. , concorrente nel detto reato e destinatario delle medesime statuizioni rese in parte qua dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Roma. 8.2 È invece infondata e per alcuni versi inammissibile in radice la questione di competenza ribadita dal L. in questa sede. Al fine basta evidenziare, in linea con la decisione impugnata, che il riferimento alla contestazione associativa capo A della rubrica ha motivatamente radicato la competenza in luogo di ritenuta programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio di riferimento in considerazione della maggiore gravità del reato in questione rispetto a tutti gli altri reati fine contestati ai diversi coimputati, comprese le ipotesi di corruzione ciò per la attribuzione, ad alcuni dei sodali, della qualifica di promotori tanto da giustificare il riferimento alla pena massima di cui al comma I dell'art. 416 cp nell'ottica di cui all'art. 16 cpp . Gli ulteriori profili posti alla base del motivo, volti a contrastare l'affermazione per quale la competenza, con riferimento alla contestazione associativa, non andava comunque individuata in Milano, vanno ritenuti inammissibili, a prescindere dalla stessa manifesta infondatezza del rilievo, perché sottendono una prospettazione in fatto diversa da quella articolata innanzi ai giudici del merito nel fondare la relativa eccezione tutta incentrata sulla competenza da determinare in ragione dei reati fine ascritti al L. . 9. Prima di passare alla disamina di tutti gli altri motivi di doglianza riferiti a ciascun ricorso giova rendere due ulteriori precisazioni preliminari. 9.1 In primo luogo, una migliore intellegibilità della decisione giustifica un sostanziale accorpamento della trattazione relativa ad alcune posizioni in ragione della comune prospettazione di taluni temi in giudizio si fa riferimento specificatamente alle posizioni del P. e del L. limitatamente ai tratti relativi alla contestazione associativa ancora, nuovamente a quella del P. nonché a quella dell'Am. esclusivamente in punto alle contestazioni legate alla compiutezza della motivazione resa dalla Corte territoriale sulla qualifica soggettiva ascritta ai correi C. per il primo e P. per il secondo con riferimento alle imputazioni loro ascritte in concorso ai suddetti. 9.2 In secondo luogo pare altresì opportuno precisare che nel caso in esame la struttura motivazionale della sentenza di appello, in ragione della condivisa valutazione degli elementi probatori posti a fondamento delle rispettive decisioni, appare saldarsi con quella precedente per formare un sostanziale, unico, complesso corpo argomentativo, destinato a differenziarsi con specificità solo in punto ai profili di contestazione sollevati dai singoli interessati tramite l'appello. 10. [La contestazione associativa mossa al P. ed al L. ]. Secondo la ricostruzione congiuntamente e conformemente operata dai giudici del merito l'associazione contestata al capo A vedeva quali partecipi i soci della società in accomandita semplice SIS costituita dal ricorrente P. , quale accomandatario, e dai due coimputati G. e Ga. , questi ultimi estranei alla presente fase di legittimità nonché i due pubblici ufficiali, entrambi componenti della Guardia di Finanza, estranei alla detta compagine sociale, id est il L. e l'Am. anche quest'ultimo non coinvolto nel presente giudizio di legittimità . Ai primi tre viene ascritto il ruolo di promotori, avendo costituito la società destinata a realizzare gli illeciti posti a fondamento del comune programma criminale e costituendo gli stessi lo snodo essenziale sia dell'iniziativa criminale che della organizzazione strutturata al fine. La finalità perseguita dalla compagine sociale era certamente lecita fornire ai clienti un servizio investigativo quanto più completo piuttosto, era deviata la strumentale realizzazione del servizio offerto, sviato dall'asservimento dello stesso ad azioni illecite che nella loro prospettazione presupponevano una adeguata programmazione ed organizzazione strumentale, destinata a sovrapporsi a quella, lecita, societaria. La peculiare natura del programma imponeva infatti ai tre promotori, a monte, la preventiva individuazione di soggetti dotati di qualifiche e poteri strumentali tali da consentire loro di poter accedere, violando le leggi, ad informazioni riservate in ragione del ruolo dagli stessi rivestito da qui, per quel che primariamente interessa, avuto riguardo alle due posizioni in disamina, il continuativo e sistematico coinvolgimento dei due pubblici funzionari, inseriti nella struttura come partecipi i due componenti della GDF L. e Am. , chiamati, tramite il mercimonio della rispettiva funzione, alla rivelazione delle notizie coperte da segreto conosciute in ragione del ruolo soggettivamente rivestito. Viene puntualmente rimarcata la presenza di ruoli assolutamente ben definititi all'interno della struttura organizzativa di pertinenza dell'associazione contestata il P. aveva il ruolo di trovare i clienti e costituiva un tramite di assoluto rilievo con determinati ambienti politici romani peculiare il riferimento alla vicenda omissis resa su incarico dell'A. ancora, curava il settore dell'acquisizione di informazioni su utenze mobili. Gli altri due sodali garantivano il collegamento con il L. e l'Am. , assolutamente noto anche al P. , che aveva assoluta contezza di come gli altri associati si procuravano le notizie riservate tanto da conoscere costi delle singole informazioni, secondo un prezziario predefinito, e tanto da sollecitare spesso l'acquisizione delle informazioni attraverso siffatti canali privilegiati, finendo persino per vantarsi della struttura organizzativa così predisposta per garantire al fine un servizio quanto più satifattivo. I costi delle informazioni riservate acquisite tramite le condotte illecite ovviamente venivano riversate sul cliente, destinatario finale del servizio ma gli addebiti e gli accrediti legati alle condotte illecite, non formalmente contabilizzati, venivano gestiti in comune da tutti e tre i soci chiamati, compreso il P. , in caso di necessità ad alimentare il conto societario proprio in ragione degli scopi illeciti. Dell'associazione era partecipe anche il L. il quale, in uno con l'Am. , si muoveva secondo un tariffario predeterminato nella consapevolezza che la prestazione era rivolta a favorire i traffici illeciti dei tre soci della SIS, ben oltre l'ambito formale della correlazione della prestazione alla detta società. 10.1 Questa la struttura argomentativa posta a fondamento della ritenuta ipotesi associativa, primariamente tratta dal portato della sentenza di primo grado cui la sentenza di appello finisce per appoggiarsi esplicitamente, emerge in coerenza l'infondatezza dei rilievi critici sollevati dai ricorrenti, destinati a contestare la ascrivibilità agli stessi di un determinato e consapevole ruolo partecipativo. 10.1.1. Guardando alle doglianze sul punto sollevate dalla difesa del P. , giova osservare come la Corte, con puntualità e coerenza a norma, neghi rilievo al dato in forza al quale il ricorrente non aveva contatti diretti con il L. e l'A. , non costituendo la conoscenza reciproca di tutti i sodali elemento essenziale della sussistenza del reato associativo. Per quanto evidenziato dalla Corte di merito, piuttosto, siffatta evenienza trovava valida giustificazione nella ripartizione di ruoli tra i diversi sodali, rientrando i contatti con i due pubblici ufficiali tra i compiti assunti dal G. e dal Ga. . Ciò che invece assume rilievo al fine, come correttamente indicato nelle due sentenze in disamina, era la consapevolezza che il P. aveva della presenza e del ruolo stabilmente ascritto ai pubblici ufficiali coinvolti nel progetto utilizzati quali chiavi di accesso ad archivi altrimenti preclusi e acquisire così informazioni coperte dal segreto tanto emergendo non solo dalla consapevolezza specifica dei costi, definiti tramite un sostanziale prezziario in uso tra i sodali, quanto ai diversi servizi prestati ma soprattutto dai commenti favorevoli resi dal P. sull'operato del L. in ordine al servizio prestato nel rendere gli accertamenti chiesti su e sulla si veda la trascrizione della intercettazione riportata a pagina 99 della sentenza di primo grado , segno inequivoco della consapevolezza del ricorrente rispetto alla presenza ed al ruolo rivestito dal L. . L'intero corpo della motivazione rende poi palese la preminenza del ruolo rivestito dal ricorrente nel quadro organizzativo sotteso alla associazione in contestazione, così da giustificare la ritenuta partecipazione qualificata. La licenza investigativa conferita nella società era nella titolarità del P. e, per forza di cose, costituiva il presupposto imprescindibile dell'iniziativa non solo societaria ma propria anche del parallelo programma criminale. Del resto, così ricostruita, l'associazione riscontrata ruotava inevitabilmente intorno al P. e agli altri soci della Sis, con il ricorrente destinato a rivestire momento essenziale della intera finalizzazione illecita che si muoveva parallelamente all'azione sociale lecita già solo in considerazione del ruolo di procacciatore di clienti allo stesso specificatamente ascritto. 10.1.2 Parimenti infondate si sono rivelate le censure sollevate sul punto dal L. , viziate da radicale inammissibilità là dove si sostanziano, senza segnalare manifeste incongruenze logiche dell'argomentare tracciato dai giudici del merito in termini di assoluta conformità, in una ricostruzione alternativa delle vicende in fatto poste a fondamento della affermata partecipazione associativa. Che all'associazione contestata prendeva parte anche il L. con la consapevolezza di fornire, in termini di stabile continuatività, una prestazione destinata ad inserirsi in un quadro organizzativo criminale predeterminato, dotata di assoluta rilevanza strategica quanto al raggiungimento dello scopo associativo, è conclusione che trova adeguato riscontro nel motivare delle due decisioni di merito - dal riferimento del corrispettivo previsto per ciascuna, diversificata, informazione richiesta, ad un tariffario sufficientemente predeterminato, conosciuto da tutti i sodali, tale da sgombrare il campo da ogni possibile dubbio sulla natura di mere regalie da ascrivere ai corrispettivi ricevuti per le propalazioni indebite così da confermare definitivamente la stabilità e la continuità delle dette prestazioni illecite, in linea con le diverse contestazione mosse dalla consapevolezza in punto alla provenienza delle richieste di illecita acquisizione delle informazioni riservate, per quanto veicolate direttamente solo dal Ga. e dal G. , da parte anche di altro soggetto immediatamente coinvolto nel progetto comune, id est il P. , chiamato a verificarne il contenuto ed il P. , del resto, era il formale titolare della licenza investigativa sì che il suo interessamento non poteva sfuggire anche al L. - dall'operare del ricorrente secondo moduli organizzativi prefissati l'utilizzo di un sito appositamente creato per condividere con gli altri sodali attraverso mail riservate le notizie riferite ed attraverso strumenti forniti dall'organizzazione comune un telefono per le comunicazioni riservate , segni inequivoci di un vincolo operativo destinato a legare le reietarate prestazioni illecite chieste e rese - dalla consapevolezza anche delle finalità sottese alla ricerca delle informazioni illecitamente propalate, segno di una condivisione dell'operato illecito palesemente incompatibile con la estraneità al gruppo si veda quanto riportato a pagina 53 della sentenza di primo grado in ordine alle informazioni legate al caso Da qui la infondatezza delle censure mosse dal L. in ordine alla contestazione associativa. 10.3 Per quanto sopra affermato, il reato associativo si è prescritto relativamente al L. non con riferimento al P. , in ragione della ribadita partecipazione qualificata, sì che in parte qua la sentenza di appello trova piena conferma. 11. Devono poi ritenersi fondate le doglianze mosse nei ricorso dell'Am. e del P. relativamente alla qualifica di incaricati di pubblico servizio ascritta quanto ai reati attribuiti in concorso con l'Am. , capi W e Z ricondotti all'egida dell'art. 326 comma I cp e CC, contestato ai sensi degli artt. 319/321 cp a P.A. ed a C.P. quanto alle imputazioni di cui ai capi da L a P della rubrica, tutte eseguito in concorso con il P. e ricondotte all'ipotesi normativa di cui all'art. 326 comma I cp . 11.1 Non sembra superfluo precisare che la valutazione unitaria del tema discende dalla considerazione, altrettanto unitaria, fornita sull'argomento dalla Corte territoriale punto C della motivazione, fl. 11 che nel rendere la valutazione in disamina la Corte territoriale ne ha perimetrato la rilevanza alle sole contestazioni afferenti le ritenute rivelazioni di segreti d'ufficio ex art. 326 cp comma I quando per contro il tema involge certamente anche l'imputazione per corruzione di cui al capo CC della rubrica che indefettibilmente passa dalla qualifica di incaricato di pubblico servizio ascritta alla P. in mancanza della quale viene coerentemente meno in sé il mercimonio della funzione che in punto di fatto le contestazioni poggiano soggettivamente sul ruolo di dipendenti di due diversi cali center di due compagnie telefoniche pacificamente ascritto sia alla P. che al C. e sul piano della condotta materiale, nella rivelazione, anche in favore degli odierni ricorrenti, dei dati dalle intestazioni al traffico relativi a diverse utenze mobili. Viene contestata dai due ricorrenti la valutazione in forza alla quale la qualifica di incaricato di pubblico servizio viene dalla Corte territoriale comunemente ascritta ai due soggetti sopra indicati in ragione del fatto che le relative mansioni operative non potevano essere considerate materiali o meramente esecutive trovandosi gli stessi istituzionalmente a contatto con gli utenti per ricevere reclami ed esaminare gli aspetti relativi al consumo così da essere in grado di correlare tra loro dati isolati. 11.2 In linea di principio va ribadito che quello legato alle comunicazioni mantiene i connotati propri del servizio di pubblico interesse, essendo indifferente che allo svolgimento dello stesso concorrano, anche in via non esclusiva, enti ed imprese concessionarie aventi natura privata ed ancora che i dipendenti di un ente o di una società concessionaria, anche in via non esclusiva, di un servizio di interesse pubblico, vanno considerati incaricati di un pubblico servizio, in quanto concorrono allo svolgimento dell'attività ad esso connessa, a nulla rilevando la natura pubblica o privata dell'ente o dell'imprenditore al quale questa attività sia riferibile da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 37099 del 19/07/2012, Rv. 253477 . Ciò che rileva al fine è che gli stessi, agendo nell'ambito di una funzione comunque colorata da interessi pubblici, svolgano una attività di carattere intellettivo con esclusione dunque delle semplici mansioni d'ordine e delle prestazioni d'opera meramente materiale priva tuttavia dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione in relazione alla quale si pongono in termini di complementarietà e accessorietà. La comunicazione dei dati relativi alle utenze mobili, anche quelli limitati alla mera indicazione delle generalità di riferimento delle utenze stesse, è stata poi ritenuta, nella giurisprudenza anche recente di questa Corte, tale da integrare l’ipotesi di reato prevista dal comma I del'art. 326 cp cfr Sezione Sesta, sentenza nr 7370/12 . 11.3 Tornando al tema qui in disamina, assume dunque un rilievo di assoluta pregnanza, nel pervenire alla valutazione funzionale alla qualifica ex art. 359 cp, il dato legato alla stretta correlazione tra mansioni espletate e possibilità di accesso ad informazioni riservate, non altrimenti trattabili se non con il consenso esplicitato degli interessati, trattandosi di questione evidentemente dirimente per escludere la natura meramente materiale o solo d'ordine delle relative incombenze, incompatibili con la qualifica ascritta ai due concorrenti intranei rispetto alle ipotesi di reato contestate e ritenute. La Corte non fornisce sul punto una risposta puntuale né scevra da manifeste incongruenze logiche senza che peraltro in parte qua possa validamente farsi riferimento alla sentenza di primo grado, priva di approfondimento sul tema. In particolare, la sentenza si muove dentro il sillogismo in forza al quale la possibilità di ricevere i reclami ed esaminare gli aspetti afferenti il consumo poneva in contatto gli agenti e gli utenti in termini tali da poter disporre, nei termini sistematici imposti dalla qualifica ritenuta, delle chiavi di accesso alle notizie riservate afferenti le diverse utenze. Ma tale correlazione logica appare apoditticamente affermata non viene precisato da quali momenti si traggono premesse in fatto e conclusioni , muove da dati che al più si connotano per la occasionante e la limitatezza soggettiva dell'accesso i reclami o che non risultano precisati nei termini che li rendono funzionali alla valutazione resa l'imprecisato riferimento ai contatti con l'utenza per tutti gli appetti relativi al consumo . Per contro, poiché nella specie i reati contestati, anche nella valutazione che ne fornisce la Corte, vedono esplicitamente ascritto ai detti soggetti il ruolo di concorrente qualificato senza che la materialità della condotta di acquisizione dei dati sia riferita a terzi altrimenti dotati della qualifica pubblicistica e poiché tale qualifica presuppone, anche di fatto, nel settore di riferimento, la possibilità di accedere in modo sistematico alle banche dati riservate in ciò individuandosi il discrimine con le mansioni non utili a fondare la valutazione ex art. 358 cp, ecco che in parte qua la sentenza impugnata non si rivela appagante e, malgrado l'intervenuta prescrizione, in presenza delle statuizioni risarcitorie di natura civilistica, se ne impone l'annullamento con rinvio al fine di colmare tale difetto di motivazione. 12. Va poi completata la disamina delle residue doglianze sottese ai ricorsi del P. e del L. , ferma la intervenuta prescrizione dei reati di riferimento per quanto già accennato. 12.1 Quanto al P. , osserva la Corte che - in punto ai motivi sub 4 e 5, relativi alle imputazioni inerenti i capi B e D, per concorso in corruzione propria e rivelazione ex art. 326 comma 1 si tratta del mercimonio legato alla propalazione delle informazioni riservate - dati anagrafici, precedenti di polizia, disponibilità patrimoniali e risultanze anagrafiche, intetstaioni di beni mobili e utente telefoniche - fornite dal L. e dell'A. , consultando archivi il cui accesso è consentito a determinati pubblici ufficiali, agli altri sodali G. , Ga. e per l'appunto P. , le due sentenze di merito cristallizzano adeguatamente i profili di responsabilità ascritti al ricorrente, tutt'altro che estraneo alle fattispecie imputate in ragione della primarietà del contatto tenuto con i due pubblici ufficiali dagli altri due soci e sodali del resto si è detto che il ricorrente aveva contezza dei costi e del tramite soggettivo attraverso il quale venivano acquisite dette informazioni si che non residua spazio al dubbio quanto alla configurabilità del concorso per contrastare la ricostruzione in fatto si adduce inoltre un travisamento probatorio da ritenersi inammissibile sia perché genericamente introdotto sia perché incompatibile con la doppia valutazione conforme resa dai due giudici del merito inammissibile è infine anche il profilo legato alla addotta omessa motivazione sulle incongruenze logiche destinate a viziare l'argomentare della decisione di primo grado, segnalate con l'appello e asseritamente pretermessi nella valutazione della Corte territoriale, non avendo il ricorrente nuovamente dettagliato in questa sede il tenore dei motivi sul punto sollevati in appello - in punto al motivo sub 6, ne va sanzionata la inammissibilità avendo la Corte territoriale fornito puntuale risposta ai rilievi sollevati con l'appello che in questa sede vengono sostanzialmente ribaditi senza confrontarsi con le indicazioni argomentative tracciate dal giudice dell'appello - infine i motivi 9 e 10, legati alla pena, avuto riguardo in particolare alla entità degli aumenti apportati per la continuazione con riferimento alle ipotesi di reato diverse da quella associativa, risultano travolti dalla intervenuta prescrizione dei reati in questione. 12.1.2 Sul piano del trattamento sanzionatorio, infine, prescritti tutti i reati diversi da quello contestato al Capo A della rubrica l'associazione ex art. 416 cp, con il ruolo di promotore e organizzatore , nel caso ritenuto all'epoca dal Tribunale quello più grave nel valutare la continuazione con le altre contestazioni ne consegue che la pena va determinata in misura corrispondente a quanto riconosciuto al P. in primo grado per tale titolo, id est anni due e mesi due di reclusione in tale computo già considerate le generiche, sempre ridotte in ossequio alla vantazione resa dal Tribunale cfr fl. 143 della sentenza di primo grado . 12.2 Si sono rivelate parimenti infondate le ulteriori lagnanze addotte dal L. diverse da quelle afferenti la contestazione associativa, tutte ad eccezione di quella involgente l'entità del risarcimento comminato in secondo grado in favore delle parti civili. 12.2 Le caratteristiche oggettive delle notizie riservate riferite dal L. siccome tratte dall'anagrafe tributaria, dagli archivi SDI e da banche dati di privati gestori di utenze telefoniche mobili, accessibili al ricorrente solo in ragione del suo ruolo soggettivamente qualificato, non lasciano margine al dubbio in punto alla presenza delle contestate rivelazioni sanzionate ex art. 326 coma I cp. Le notizie acquisite e rilevate tratte dalla banca dati istituita presso il Dipartimento della Sicurezza del Ministero dell'Interno a norma dell'art. 8 della legge 121/81 sono pacificamente coperte dal segreto giusta l'art. 9 della stessa disposizione legislativa che ne vieta la diffusione ed il successivo art. 12 che ne sanziona penalmente la condotta resa in violazione di siffatto obbligo di riservatezza. Vero è poi che tale ultima disposizione, in ragione della previsione di un minimo edittale più elevato, meglio si attagliava alla specie rispetto alla generica previsione dettata dal comma I dell'art. 326 ma sfugge al Collegio l'interesse sotteso ad una siffatta rivendicazione da parte dello stesso imputato, non altrimenti adeguatamente precisata da generiche esigenze disciplinari. Le ulteriori notizie ricavate dalla anagrafe tributaria e propalate dal L. risultano espressamente coperte ex lege dall'obbligo di segretezza in ragione del disposto di cui all'art. 15 DPR 605/73, solo in parte derogato dall'art. 68 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, novellato dall'art. 6 della legge 19 luglio 1977, n. 412, che rende suscettibili di domino pubblico esclusivamente i dati ricavabili dalle dichiarazioni dei redditi, diversi da quelli in processo rilevati dal ricorrente cfr la sentenza di questa Corte nr 32200 dei 07/08/2002 Rv. 222306 . Le contestazioni legate alla corruzione imputata al capo C della rubrica sono caratterizzate primariamente da una ricostruzione dei fatti alternativa a quella delle due decisioni di merito, non suscettibile di prospettazione in questa sede ed in ogni caso immediatamente contraddetta dal tenore delle emergenze istruttorie avuto riguardo in particolare alla natura dei rapporti occorsi con il G. , pacificamente orientate nei termini del mercimonio della funzione pubblica di pertinenza del L. . La Corte, poi, motiva adeguatamente sulla non decisività della testimonianza dello psicologo, non ammessa in primo grado, indicato dalla difesa del ricorrente, ritenendola giustificatamente superflua nel raffronto tra la relatività dell'indagine psicodiagnostica sottesa alla deposizione pretermessa e le emergenze oggettive portate dal materiale istruttorie acquisito. La richiesta, infine, legata alla acquisizione dei verbali integrali degli interrogatori resi innanzi a PM e GIP da G. , Ga. e dal L. stesso non assume rilievo per diverse ragioni non risulta che la stessa sia stata fatto oggetto di apposita doglianza in appello si che ne risulta preclusa a monte la deduzione in questa sede resta da comprendere poi perché di tale integrazione non si sia fatta parte diligente la stessa difesa del L. mentre sono labiali e tutt'altro che dettagliate sul piano della decisività sono le affermate distonie di contenuto tra la versione di siffatti interrogatori a disposizione del PM e quella utilizzata dai Giudici del merito. 12.3 È invece fondata la contestazione legata alla portata del risarcimento posto a carico del ricorrente una volta modificata dalla Corte territoriale la decisione adottata in primo grado per la ritenuta assenza di legittimazione attiva in capo al Ministero della Difesa rispetto alle ragioni di nocumento legate alle condotte illecite del L. . In coerenza a siffatto elemento riformatore la quota parte del credito vantato da ciascuna parte civile non poteva mai essere diversa e superiore rispetto a quella alle stesse riconosciuta in primo grado più precisamente il danno da risarcire alle parti civili costituite Presidenza del Consiglio e Ministeri degli interni, della Difesa e dell'Economia e Finanze è stato quantificato in Euro 50.000 complessivi così che per ciascuna parte il nocumento patito ammontava ad Euro 12.500. Esclusa la legittimazione del Ministero della Difesa, il ricorrente non poteva che essere condannato ad una somma non superiore ad Euro 37.500 12.500 x 3 pari al numero delle parti civili per il quale venne confermato il diritto , diversa ed inferiore da quella ritenuta dalla Corte territoriale. In parte qua occorre dunque ridurre l'importo dovuto a titolo di risarcitorio dal L. , chiamato a rispondere nei confronti della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri dell'Interno e della Economia e Finanze, per un importo complessivo di Euro 37.500 e, seguendo la linea tracciata dai giudici del merito, di tale importo la somma di Euro 3.250 va imputata ai reati di cui ai capi C e D e posta in solido con P. e A. , laddove venga confermato in sede di rinvio il giudizio di responsabilità per le ipotesi di reato per le quali si è provveduto in questa sede all'annullamento la residua somma di Euro 34.250 va correlata alle ipotesi di cui ai capi da A a D della rubrica, in solido con il P. . 13. Da ultimo va esaminato il ricorso presentato dall'A. . Si è già detto del Capo T e del giudicato caduto sula sentenza del Tribunale di Roma, confermata dalla Corte di appello della stessa città, sul medesimo fatto tale da imporre l’annullamento della decisione in ragione dell'applicazione alla soecie del disposto di cui all'art. 649 cpp. 13.1 Quanto al capo sub S l'aver istigato G. , P. e Ga. , anche per il tramite del L. , alla acquisizione e propalazione di informazioni riservate su M.P. e S.R. , le due decisioni di merito si rivelano immuni da censure. La lettura delle relative argomentazioni grazie ai puntuali riferimenti alle risultanze delle intercettazioni, alle sovrapponibili dichiarazioni di G. e Ga. , al primo memoriale sequestrato al P. da adeguatamente conto della effettiva natura del mandato conferito dall'A. al P. acquisire informazioni riservate sui soggetti sopra indicati, non altrimenti accessibili, di fatto fornite dal L. e comunicate ai soci della SIs con le modalità organizzative cui si è già fatto cenno in linea di logica coerenza con l'importo retribuito per tale incarico assolutamente sproporzionato rispetto al dato effettivamente fatturato, formalmente ascritto ad una bonifica degli ambienti relativi all'ufficio della Presidenza della Regione Lazio . In questa ottica, una volta dato per scontato che il mandato afferiva l'assunzione di notizie coperte dal segreto, non altrimenti acquisibili se non ponendo in essere la condotta di cui all'art. 326 comma I cp, diviene coerentemente indifferente, come puntualmente evidenziato dalla Corte territoriale, la non conoscenza, in capo al committente, delle modalità, di realizzazione, anche soggettiva, della fattispecie illecita sostanzialmente commissionata altra strada non v'era, infatti per realizzare il risultato perseguito sicché del tutto correttamente il cliente committente risponde, in via di concorso e quale istigatore, del reato commesso dal pubblico ufficiale qui il L. individuato e utilizzato dagli investigatori destinatari diretti dell'incarico il P. con l'ausilio di G. e Ga. per l'acquisizione delle informazioni coperte da segreto oggetto del mandato investigativo. 13.2 Erra tuttavia la Corte territoriale nell'adoperare il medesimo percorso logico indifferentemente sia per la rivelazione ex art. 326 cp che per il concorso nella corruzione del L. posta in essere dai soci della SIS per pervenire alla acquisizione delle dette notizie segrete Capo R . Se infatti, partendo dalla segretezza delle notizie da acquisire, la rivelazione di cui all'art. 326 cp se del caso remunerata dando corpo all'ipotesi di cui al terzo comma della stesa fattispecie è un passaggio obbligato destinato a coinvolgere per forza di cose anche il cliente committente dell'investigatore incaricato di fornire tali informazioni, analoga considerazione logica non può essere pedissequamente spesa con riferimento alla corruzione eseguita per realizzare il fine perseguito quest'ultima costituisce, infatti, modalità del tutto eventuale e non necessaria della dinamica che porta all'acquisizione delle informazioni richieste, suscettibili di essere rivelate anche senza dare corso alla corruzione del soggetto qualificato che le rileva. Ecco dunque che il concorso dell'A. , in risposta alle obiezioni di parte ricorrente, andava in parte qua argomentato in termini evidentemente confacenti alla fattispecie contestata, precisando, soprattutto sul versante dell'elemento soggettivo, in che termini dal materiale istruttorio acquisito possa effettivamente ascriversi all'A. anche la corruzione del L. realizzata da P. , G. e Ga 13.3 In termini identici a quanto sopra già rappresentato per le posizioni dell'Am. e del P. , l'intervenuta prescrizione dei reati impone l'annullamento della condanna limitatamente al giudizio di responsabilità penale originariamente ritenuto la fondatezza poi delle contestazioni mosse sul capo R e la contestuale presenza delle statuizioni civili di condanna impongono in pare qua l’annullamento con rinvio al Giudice civile competente in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.N. in relazione al capo T perché l'azione penale non poteva essere proseguita ai sensi dell'art. 649 c.p.p. e in relazione ai capi R e S perché i relativi reati sono estinti per prescrizione e rinvia per il nuovo giudizio ai fini civili al giudice civile competente per valore in grado di appello. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di L.F. e Am.Ma.Vi. perché i reati loro ascritti sono estinti per prescrizione ridetermina per L. il risarcimento del danno in complessivi Euro 37.500,00 rinvia per Am. per il nuovo giudizio ai fini civili al giudice civile competente per valore in grado di appello. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.P. in relazione al capo T perché l'azione penale non poteva essere proseguita ai sensi dell'art. 649 c.p.p. e in relazione ai capi B , D , G , H , L , M , N , O e P perché estinti per prescrizione rigetta il ricorso del P. in relazione al reato di cui al capo A e ridetermina la relativa pena in anni due e mesi due di reclusione rinvia per il nuovo giudizio ai fini civili al giudice civile competente per valore in grado di appello.