Alla volte si è portati ad effettuare la seguente equazione infiltrazione proveniente da una parte comune dell’edificio = risarcimento del danno al condomino che l’ha subita. Le cose non stanno sempre così e dietro al famigerato caso fortuito, che libera da responsabilità la compagine, vi può essere proprio il comportamento del danneggiato.
In buona sostanza, per sintetizzare l’esito di un giudizio di secondo grado culminato nella sentenza n. 369 resa dalla Corte d’appello di Firenze lo scorso 28 febbraio 2013, è possibile affermare quanto segue il condominio va esente da responsabilità per danni da infiltrazioni se si accerta che tali infiltrazioni siano in verità dovute alla cattiva esecuzione di opere necessarie a scongiurarli anche in relazione alla destinazione d’uso derivante degli interventi del condomino su parti di sua proprietà. Il caso . Un condomino fa causa alla compagine alla quale partecipa lamentando danni da infiltrazioni provenienti dal tetto condominiale. Il condominio si difende specificando che nessuna responsabilità può essergli attribuita poiché i fenomeni infiltrativi sono dovuti ai lavori eseguiti dal condomino che ha trasformato la soffitta di sua proprietà in un’abitazione. Il giudizio di primo grado, come spesso accade in casi del genere, veniva deciso anche grazie all’espletamento di una C.T.U. le infiltrazioni non erano contestate ma per il giudice adito era necessario far chiarezza sulla loro reale provenienza. L’esito della causa non era favorevole al condomino/attore secondo il magistrato di prime cure, che fondava la propria decisione sulle risultanze della relazione consegnatagli dal suo ausiliario, i danni erano conseguenza delle opere mal eseguite da parte dell’attore. Da qui la decisione di quest’ultimo di proporre appello avverso la decisione a lui contraria. Il condominio risponde a titolo di responsabilità obiettiva per i danni da cose in custodia ma La prima cosa che la Corte d’Appello di Firenze, investita della vicenda, ha tenuto a precisare, richiamando tra l’altro una serie di precedenti di merito e di legittimità, è proprio l’aspetto inerente la responsabilità del condominio per i danni provenienti da cose comuni. Si legge in sentenza che sull’applicabilità dell’art. 2051 c.c. in materia di danni verificatisi in regime condominiale non sembra possa dubitarsi, dato il costante e ripetuto insegnamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, che è ricorrente l’affermazione secondo cui il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile . è pur sempre necessario verificare l’esistenza di fattori che escludano tale responsabilità . Ciò detto, i giudici fiorentini ribadiscono che quella prevista dalla norma citata è una forma di responsabilità oggettiva e che l'unica possibilità per liberarsi dalla responsabilità è dimostrare l'assenza del rapporto di causalità tra la condotta e l'evento ovvero provare positivamente il fatto estraneo alla propria sfera di controllo avente impulso causale autonomo si configura, invece, la re-sponsabilità qualora persista l'incertezza sull'individuazione della causa concreta . Proprio il caso sottoposto alla loro attenzione, concludono, va annoverato tra quelli nei quali non può dirsi esistente un nesso di causalità tra parti comuni e danni. Come ha avuto modo di specificare il C.T.U. nel giudizio di primo grado, precisano i giudici del gravame, i danni erano dovuti alla cattiva esecuzione delle opere di trasformazione della destinazione d’uso dell’unità immobiliare dell’appellante, che da soffitta era divenuta civile abitazione. Cosa di per sé non illegittima, tengono a precisare dalla Corte fiorentina, ma sicuramente mal eseguita s’è vero, com’è vero, che il consulente del giudice di primo grado ha concluso che la responsabilità dei fenomeni di condensa è da imputare totalmente alla proprietà o comunque a chi ha effettuato il cambio di destinazione d’uso senza apportare tutte le misure necessarie a consentire l’abitabilità dei locali minimizzando l’incidenza sul danno di marginali ed eccezionali infiltrazioni provenienti da una gronda comune. In buona sostanza i giudici confermano la sentenza e affermano va bene eseguire ristrutturazioni ma che siano fatte a regola d’arte, sennò non ci si può lamentare delle conseguenze.
Corte di Appello di Firenze, sez. II Civile, sentenza 24 gennaio - 28 febbraio 2013, n. 369 Presidente Turco Relatore Riviello Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 28/9/2006 Lorenzo C. conveniva davanti alla Corte di Appello di Firenze il Condominio di via n. Montecatini Terme PT d’ora in poi più semplicemente Condominio proponendo appello avverso la sen-tenza 21/3/2006 n. 53/06, con la quale il Tribunale di Pistoia - Sezione distaccata di Monsummano Terme aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni subiti dal suo quartiere in conseguenza di infiltrazioni e muffe per assenza di responsabilità del Condominio avendo lo stesso C. alterato lo stato dei luoghi per avere adibito a civile abitazione una soffitta, praticando altresì aperture nel tetto. Esponeva l’appellante che la sentenza impugnata era ingiusta in quanto le infiltrazioni esistevano già prima dell’acquisto, erano state poste all’ordine del giorno di varie assemblee, ne era stata deliberata l’eliminazione ma i lavori non erano stati eseguiti alla specie sarebbe applicabile il disposto di cui all’art. 2051 c.c. e non, come ritenuto dal primo giudice, l’art. 2043 c.c. la C.T.U. aveva evidenziato quale causa principale la cattiva realizzazione della gronda non era stata adeguatamente motivata la compensazione per 1/3 delle spese legali. Radicatosi il contraddittorio, il Condominio contestava le censure mosse dalla parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva la conferma tranne per il capo della condanna alle spese, spiegando appello incidentale relativamente alla compensazione parziale. Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa veniva trattenuta in decisione all’udienza collegiale del 10 gennaio 2013, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte e decisa nella camera di consiglio del 24/1/2013. Motivi della decisione Sull’applicabilità dell’art. 2051 c.c. in materia di danni verificatisi in regime condominiale non sembra possa dubitarsi, dato il costante e ripetuto insegnamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, che è ricorrente l’affermazione secondo cui il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile Cass. civ. sez. II 12 luglio 2011 n. 15291 Tribunale Potenza 2 aprile 2009 n. 276 in Guida al diritto 2009, 36, 70 . Si tratta di una forma di responsabilità che viene anche qualificata oggettiva, prevista per far fronte alle molteplici fonti di pericolo ravvisabili in particolari situazioni di fatto, determina, sulla base dell'esistenza del solo effettivo nesso causale, la responsabilità del danneggiante per il danno cagionato rectius, verificatosi come conseguenza immediata e diretta della propria condotta. L'unica possibilità per liberarsi dalla responsabilità è dimostrare l'assenza del rapporto di causalità tra la condotta e l'evento ovvero provare positivamente il fatto estraneo alla propria sfera di controllo avente impulso causale autonomo si configura, invece, la re-sponsabilità qualora persista l'incertezza sull'individuazione della causa concreta. Segnatamente, il semplice rapporto con la cosa in custodia ed il nesso causale tra la res ed il nocumento arrecato si pone, in via genetica, a carico di chi si trova in una relazione di fatto con la medesima cosa che gli consenta di prevedere e controllare i rischi ad essa inerenti. Premesso ciò e ritenuta l’applicabilità della disposizione dianzi richiamata, si rileva che il caso in esame verte in tema di infiltrazioni in appartamento di proprietà esclusiva e dei conseguenti danni da cose in custodia e bisogna stabilire, sotto il profilo sostanziale, se e quali delle situazioni giuridiche soggettive relative al condominio ed al condomino sussistano e, cioè, rispettivamente il dovere del primo di effettuare le opere ed il correlativo diritto del secondo a chiederne ed ottenere l'intervento del medesimo o, viceversa, il diritto del condominio ad andare esente da responsabilità e l'obbligo del condomino a provvedere personalmente o comunque a subire le conseguenze delle infiltrazioni ciò, quindi, al fine di valutare se sia configurabile l'obbligo, a carico del condominio, di eseguire le opere necessarie ed, altresì se sussista il diritto del condomino ad ottenere il risarcimento dei danni subìti. Dedotto dall’appellante il fatto posto a fondamento del proprio diritto e dati per accertati i fatti, in quanto non è stato seriamente messo in dubbio che le infiltrazioni fossero sussistenti, il nesso di causalità è stato demandato all’espletamento di una C.T.U. disposta in primo grado che, ad avviso della Corte, ha portato a far ritenere provato il caso fortuito dovuto al comportamento dello stesso danneggiato e a mandare esente il Condominio da qualsivoglia responsabilità, in ciò confermandosi, con altra motivazione, la sentenza impugnata. È risultato dall’attività istruttoria svolta ed è pacifico in causa che il C. acquistò la porzione di immobile ubicata nel Condominio e destinata a soffitta e la trasformò in abitazione, procedendo all’apertura di due finestre e alla sistemazione interna, tra l’altro, applicando alle pareti carta da parati e, poi, concedendola in locazione. Il consulente, quale ausiliario tecnico, nel campo della propria particolare esperienza, del magistrato ha ricevuto l'incarico di accertare e valutare i fatti peraltro già acquisiti e in tale ottica la consulenza può costituire fonte oggettiva di prova dell’esistenza del fortuito. Diversamente da quel che sostiene in atto d’appello il C., il consulente non ha categoricamente attribuito ad una cattiva realizzazione della gronda la causa delle infiltrazioni tale aspetto essendo marginale e, comunque, inserito in un ben diverso contesto costruttivo dell’immobile, preesistente alla trasformazione della soffitta in quartiere ad uso abitativo , ma ha affermato, anche in sede di chiarimenti, che il modesto aggetto della gronda del tetto può aver, solo ed esclusivamente nei casi di precipitazioni meteoriche eccezionali, provocato qualche locale e temporanea infiltrazione, ma ciò non può aver costituito la causa di quanto lamentato da controparte muffe diffuse . Si ribadisce che la responsabilità dei fenomeni di condensa è da imputare totalmente alla proprietà o comunque a chi ha effettuato il cambio di destinazione d’uso senza apportare tutte le misure necessarie a consentire l’abitabilità dei locali . In casi siffatti, la giurisprudenza ha avuto modo di escludere la responsabilità del condominio, come evidenziato dal Trib. Salerno sez. II 10 settembre 2010 n. 1997 in Redazione Giuffrè 2010 la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal proprietario dell'immobile per danneggiamento da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza condominiale soprastante, non viene accolta dal giudice allorquando si accerti che dette infiltrazioni sono dovute, non ad un difetto di manutenzione o vizio del sistema di smaltimento delle acque, bensì ad abbondanti precipitazioni che hanno comportato il deflusso delle ac-que dal terrazzo verso la zona sottostante entrando dalla finestra del danneggiato priva di chiusura e protetta solo da inferriata e dal Trib Milano sez. X 15 aprile 2009 n. 5002 in Giustizia a Milano 2009, 4, 28 che fa risalire il caso fortuito al profilo causale dell'evento, riconducibile ad un elemento esterno recante il carattere dell'imprevedibilità e dell'inevi-tabilità, tale da interrompere il nesso eziologico con la cosa in custodia . Ebbene, con riguardo a tale profilo, come si è detto, il C.T.U. non sembra nutrire dubbi di sorta, affermando più volte che la responsabilità delle muffe e delle tracce di umidità deve farsi risalire alla condotta dell’appellante, che trasformando i locali in civile abitazione da soffitta che era, ha causato fenomeni di condensa dovuti alla mancanza di isolamento termico della copertura, di idoneo isolamento termico delle pareti nonché alla mancanza di areazione dei locali che, nella loro pregressa destinazione non richiedevano gli stessi accorgimenti di un locale abitato il che spiega perché non sia presente né un isolamento termico né l’impermeabilizzazione sulla copertura e se pure la dimensione ridotta della gronda può aver determinato ma solo in concomitanza con eventi eccezionali qualche fenomeno di infiltrazione, la causa principale e determinante viene fatta risalir alla condensa cui sono dovuti il degrado delle condizioni igieniche dei locali e delle finiture interne dell’appartamento. Conclude il C.T.U. nella relazione datata 1 /12/2003 che per evitare i sopra indicati inconvenienti sarebbero stati necessari accorgimenti necessari al rispetto dei requisiti igienico sanitari funzionali alla salubrità dell’ambiente comprendendo in questa dizione anche la protezione del soffitto non solo con un idoneo isolamento termico [ma] anche con un’impermeabilizzazione della copertura e nella relazione di chiarimenti 1 /7/2004 ribadisce quanto in precedenza affermato. Con questo non si vuol dire che al C. fosse inibito di trasformare i locali da soffitta a quartiere di civile abitazione ma che ciò egli doveva fare con gli accorgimenti resi necessari dalla tecnica e dall’arte costruttiva e le conseguenze del relativo mancato rispetto non possono che ridondare in suo danno. Neppure può valere quale riconoscimento di responsabilità del Condominio aver delibe-rato l’esecuzione di lavori di rifacimento del tetto, giacché un eventuale intervento in tal senso non può sovrapporsi o eliminare la responsabilità dell’appellante nell’aver prodotto danni prima di tutto alla sua proprietà se non a quella comune. Non resta, allora, che respingere l’appello principale. Deve, invece, essere accolto l’appello incidentale relativo alla parziale compensazione delle spese del giudizio di primo grado. Come più volte sostenuto in giurisprudenza si veda per tutte Cass. civ. sez. II 17 maggio 2012 n. 7763, secondo cui ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., pure nel testo applicabile ratione temporis prima della modifica introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. a, l. 28 dicembre 2005 n. 263, la scelta di compensare le spese processuali è riservata al prudente, ma comunque motivato, apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale anche il capo della sentenza che pronuncia sulle spese deve essere motivato mediante l'esplicita indicazione dei giusti motivi che hanno condotto a compensarle tra le parti, in particolare quando, pur in presenza, come nella specie, di una totale soccombenza, si sia proceduto a parziale compensazione. Di ciò è consapevole lo stesso appellante, che proponendo l’appello affronta espressamente tale profilo, anche se non si comprende bene quale sia la censura che egli intende rivolge avverso la decisione impugnata, chiedendone la riforma nel merito. Nel caso di specie una compensazione anche solo parziale si scontra, come detto, con la totale soccombenza del C., la cui domanda non è risultata in primo grado e non risulta in appello fondata e la conseguenza non può che essere quella della sua condanna al pagamento integrale delle spese del doppio grado di giudizio, ivi comprese quelle di A.T.P. e di C.T.U., restando ferma la quantificazione delle spese come determinata nella sentenza impugnata. P.Q.M. la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’appello proposto con di citazione notificato il 28/9/2006 da L. C. nei confronti del Condominio di via n. Montecatini Terme PT e sull’appello incidentale da quest’ultimo proposto avverso la sentenza 21/3/2006 n. 53/06, del Tribunale di Pistoia - Sezione distaccata di Monsummano Terme, così provvede 1 rigetta l’appello proposto dal C. 2 accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, condanna l’appellante al pagamento in favore del Condominio delle spese del giudizio di primo grado, come determinate nella sentenza impugnata, e delle spese di A.T.P. e di C.T.U. 3 condanna l’appellante a rimborsare al Condominio le spese processuali del presente grado del giudizio, liquidate sulla base del compenso per gli avvocati in ambito civile come stabilito dagli artt. 1 11 D.M. 140/2012 in complessivi 4.000,00 per compen-so tabellare ex art. 11 oltre C.AP. e I.V.A. come per legge.