Ultime volontà con atto pubblico: se non c’è consapevolezza, vale il precedente olografo

E’ irrilevante che il testamento pubblico sia redatto da un pubblico ufficiale. Spetta a chi vuole farlo valere dimostrare che la redazione è avvenuta in un intervallo di lucidità.

Così ha confermato la propria giurisprudenza la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 2212, depositata il 30 gennaio 2013. Il Centro per anziani vuole l’eredità. Una signora, vista l’età, è ospite di un Centro residenziale per anziani. Nel 1983 redige un testamento olografo in cui dichiara erede il Centro che la sta ospitando. Nel 1988 un notaio attesta, con atto pubblico, la sua volontà di rendere eredi altre due persone, decisione in contrasto con la precedente statuizione, ma prevalente per posteriorità. Dopo la sua morte, il Centro chiede la nullità del testamento pubblico per vizio del consenso della signora. E’ invece valido ed efficace, con tutto l’interesse del Centro a tale dichiarazione, il precedente testamento olografo. La domanda viene accolta dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. I due «eredi pubblici» ricorrono per cassazione. C’era incapacità di testare? Chi deve provarlo? Deducono violazione o falsa applicazione degli articolo 591 e 2697 c.c Il primo prevede che sono incapaci di testare coloro che, sebbene non interdetti, «si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento». La seconda norma, invece, impone, a chi vuol far valere un diritto in giudizio, di «provare i fatti che ne costituiscono il fondamento». Sostengono che l’atto è stato redatto da un notaio e che quindi fa pubblica fede, anche se il pubblico ufficiale non può attestare lo stato personale della disponente. Inoltre, la prova dell’incapacità è stata dedotta da un giudizio probabilistico del CTU. C’è la prova del progressivo decadimento. La Cassazione ripercorre l’analisi compiuta dalla corte territoriale, rilevandone un percorso motivazionale logico e corretto. Le prove dell’incapacità, oltre che dalla CTU, sono state ricavate da dichiarazioni testimoniali attendibili. Due persone, che frequentavano assiduamente la deceduta signora, hanno riferito un progressivo stato di decadimento. In ospedale, dove era stata ricoverata per la rottura del femore, è stato accertato un completo disorientamento nel tempo e nello spazio. Infine, il notaio che poi ha redatto l’atto, si era rifiutato, in due occasioni precedenti, di attestarne la volontà, poiché «non appariva in grado di essere pienamente consapevole di ciò che avrebbe dovuto compiere». La scelta dell’atto pubblico non prova la capacità di intendere. Da tutto ciò è stato correttamente ritenuto che al momento del testamento pubblico, «in termini di prevalente probabilità», la dichiarante non fosse in grado di intendere e di volere, nonostante la volontà di redigere un atto pubblico, che «non costituisce prova del pieno possesso delle proprie facoltà mentali». C’è inversione dell’onere della prova. Le parti ricorrenti non hanno assolto al proprio onere probatorio. Infatti, non hanno dimostrato la lucidità della signora al momento della redazione del testamento. La Cassazione ricorda che, secondo suo consolidato orientamento in tema di annullamento di testamento per incapacità del testatore, «mentre costituisce onere a carico di chi quello stato di incapacità assume provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere del testatore, quando invece risulti lo stato di incapacità permanente di quest’ultimo come nella fattispecie , incombe a colui che faccia valere il testamento dimostrare che la redazione è avvenuta in un intervallo di lucidità».

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 dicembre 2012 – 30 gennaio 2013, numero 2212 Presidente Felicetti – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Con atto di citazione del 10-5-1991 il Centro Residenziale per Anziani omissis ed il Comune di Laveno Mombello convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano B.O. ed A C. chiedendo dichiararsi la nullità per vizio del consenso della testatrice del testamento pubblico del 30-7-1988 con il quale M F. aveva nominato suoi eredi universali i suddetti convenuti, e conseguentemente dichiarare valido ed efficace il precedente testamento olografo redatto dalla stessa testatrice il 10-8-1983 e pubblicato il 3-5-1990, e dichiarare pertanto erede il Centro Residenziale per Anziani omissis e legatario il Comune di Laveno Mombello. La B. ed il C. costituendosi in giudizio contestavano il fondamento delle domande attrici di cui chiedevano il rigetto, ed in via riconvenzionale chiedevano accertarsi la validità e l'efficacia del testamento pubblico del 30-7-1988. Il Tribunale adito con sentenza del 13-10-2003 accoglieva le domande attrici e rigettava la domanda riconvenzionale. Proposto gravame da parte da parte della B. e del C. cui resistevano il Centro Residenziale per Anziani omissis ed il Comune di Laveno Mombello la Corte di Appello di Milano con sentenza del 5-7-2006 ha rigettato l'impugnazione. Avverso tale sentenza la B. ed il C. hanno proposto un ricorso articolato in tre motivi cui il Comune di Laveno Mombello ed il Centro Residenziale per Anziani omissis hanno resistito con controricorso le parti hanno successivamente depositato delle memorie. Motivi della decisione Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione dei controricorrenti di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale, in quanto priva sia di alcun riferimento alla sentenza impugnata sia di data. L'eccezione è infondata. La procura al difensore apposta a margine del ricorso, come nella fattispecie, deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione, e soddisfa quindi il requisito della specialità previsto dall'articolo 365 c.p.c. la mancanza di data poi non produce la nullità della procura, atteso che la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza gravata si ricava dall'intima connessione con il ricorso al quale accede, nel quale la sentenza è menzionata, nonché dalla nomina di un domiciliatario e/o di un difensore del foro di Roma con l'elezione di domicilio presso il medesimo Cass. 25-7-2006 numero 16907 , come appunto nella fattispecie. Venendo quindi all'esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione o falsa applicazione degli articolo 591 e 2697 c.c., censurano la sentenza impugnata avendo individuato in uno stato di eventuale mera alterazione delle facoltà intellettive della testatrice la causa della sua incapacità a redigere il testamento in realtà anche dalle deposizioni dei testi indotti dalle controparti dottor T. , dottor Ca.Ga. e V P. era emerso solo che la F. era in condizioni di non completa lucidità e non riconosceva le persone, senza alcuna indicazione chiara e certa sulla sua incapacità assoluta di intendere e di volere inoltre i testi indotti dagli esponenti avevano affermato che la testatrice era ancora sostanzialmente lucida, sebbene con facoltà in parte diminuite o attenuate a cagione dell'età. I ricorrenti aggiungono che anche la cartella clinica relativa al ricovero dal omissis al omissis presso l'Istituto Ortopedico omissis faceva generico riferimento allo stato della paziente disorientata nello spazio e nel tempo senza che tale annotazione fosse stata conseguente ad una indagine su di una patologia mentale. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando vizio di motivazione, rilevano sotto un primo profilo che il giudice di appello, senza esprimere alcuna giustificazione al riguardo, ha ritenuto di valorizzare le deposizioni dei testi favorevoli alla controparte rispetto a quelle dei testi dottor L. e dottor c. commercialista il primo e geriatria e medico di famiglia il secondo . Essi poi assumono che la Corte territoriale ha proceduto ad una acritica ricezione delle conclusioni del CTU, che del resto aveva ritenuto che la testatrice non fosse stata capace di intendere e di volere al momento della redazione del testamento pubblico del 30-7-1988 sulla base di un giudizio meramente probabilistico. I ricorrenti inoltre sostengono che senza alcuna motivazione la sentenza impugnata ha aderito alle argomentazioni del CTU, il quale non aveva specificato il presunto nesso tra l'intervento al femore e la asserita riduzione delle facoltà mentali, senza comparare quanto indicato nella richiamata cartella clinica con gli accertamenti svolti in due precedenti ricoveri del marzo e del novembre 1987, dove era stato attestato che la paziente era lucida e che non si erano rilevate alterazioni nelle sue facoltà neurologiche. Con il terzo motivo i ricorrenti, deducendo violazione o falsa applicazione dell'articolo 591 c.c. ed omessa motivazione, assumono che la sentenza impugnata ha del tutto ignorato la portata dell'atto di ultima volontà espresso dalla F. nella forma del testamento pubblico con dichiarazione ricevuta dal notaio Fa. di . che, pur non potendo attestare lo stato personale della disponente, aveva recepito una volontà di cui aveva dato atto in un testamento destinato ad avere pubblica fede. Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate. La Corte territoriale, procedendo all'esame degli elementi probatori acquisiti, ha richiamato anzitutto le deposizioni dei testi C.G. , medico di fiducia della F. , e di P.V. , che avevano assiduamente frequentato la testatrice negli ultimi anni della sua vita, e soprattutto del notaio T. , specificando che i primi due testimoni avevano riferito del progressivo decadimento già nel . delle condizioni non solo fisiche, ma anche mentali, della F. , che non riconosceva più le persone note e non aveva una esatta cognizione del tempo e dei luoghi il T. , poi, incaricato di redigere un testamento pubblico della F. , si era recato presso la sua abitazione sia nel gennaio che nel omissis , ma in entrambe le occasioni si era rifiutato di redigere l'atto in quanto quest'ultima non appariva in grado di essere pienamente consapevole di ciò che avrebbe dovuto compiere. Il giudice di appello ha poi evidenziato che, in occasione di un ricovero presso l'Istituto Ortopedico omissis nell' omissis in seguito alla frattura di un femore, all'ingresso in ospedale ed anche successivamente era stato accertato un completo disorientamento nel tempo e nello spazio della F. . La sentenza impugnata ha quindi richiamato le conclusioni cui era giunto il CTU F M. , che aveva ritenuto, in termini di prevalente probabilità , che la F. , in conseguenza dei fenomeni involutivi connessi all'età e della situazione di sostanziale incapacità di intendere e di volere riscontrata nel menzionato ricovero dell' omissis accertamento peraltro coerente con l'esame neurologico del omissis effettuato presso l'Ospedale OMISSIS , che aveva segnalato soggetto dal tono dell'umore espanso per difetto di critica del reale , verosimilmente insuscettibile di un apprezzabile miglioramento soprattutto a distanza di poco tempo, tenuto conto anche della recente malattia traumatica e del trattamento anestesiologico subito, non fosse capace di intendere e di volere all'atto della redazione del testamento pubblico del omissis . Pertanto la Corte territoriale, dopo aver affermato altresì che non costituisce prova del pieno possesso delle proprie facoltà mentali da parte del testatore la scelta del testamento pubblico, ha aderito alle indicazioni del CTU, ed ha poi aggiunto che il rilevato stato di incapacità di intendere e di volere di carattere totale e permanente della F. aveva comportato l'inversione dell'onere probatorio a carico di coloro che intendevano avvalersi del testamento impugnato in ordine al pieno possesso delle facoltà mentali da parte della testatrice al momento della redazione dell'atto, evidenziando che detto onere probatorio non era stato assolto. Il giudice di appello, quindi, avendo indicato puntualmente le fonti probatorie del suo convincimento, ha posto in essere un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale immune dalle censure sollevate dai ricorrenti, che invero tendono inammissibilmente a prospettare una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti - trascurando così di considerare la competenza esclusiva al riguardo del giudice di merito anche in ordine all'apprezzamento delle prove ritenute più convincenti e delle deposizioni testimoniali considerate più attendibili - senza evidenziare specificatamente eventuale vizi nell’ iter argomentativo seguito dalla sentenza impugnata. Correttamente poi la Corte territoriale ha considerato di per sé irrilevante il fatto che il testamento pubblico viene redatto da un pubblico ufficiale al fine di ritenere che il disponente per tale ragione sia nel possesso delle sue facoltà mentali vedi al riguardo Cass. 18-8-1981 numero 4939 , tanto più che nella fattispecie, ha evidenziato, la relativa sottoscrizione, oltre che incerta nella sua stesura, presentava aspetti singolari, posto che il testamento risultava sottoscritto dalla F. come Ma Fu. ved. F. invece che come M F. ved. Fu. . Deve poi rilevarsi la correttezza delle conseguenze sul piano giuridico - sotto il profilo dell'onere probatorio spettante alla B. ed al C. e da costoro non assolto - tratte dalla sentenza impugnata all'esito della valutazione effettuata delle risultanze istruttorie, atteso che secondo l'orientamento consolidato di questa Corte in tema di annullamento del testamento per incapacità del testatare, mentre costituisce onere a carico di chi quello stato di incapacità assume provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere del testatore, quando invece risulti lo stato di incapacità permanente di quest'ultimo come nella fattispecie , incombe a colui che faccia valere il testamento dimostrare che la redazione è avvenuta in un intervallo di lucidità Cass. 6-5-2005 numero 9508 . Il ricorso deve pertanto essere rigettato le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 5.000,00 per compensi.