In assenza di una specifica previsione della norma primaria e seguendo un’interpretazione funzionale ed adeguatrice dell’articolo 22 l. numero 247/2012 oltre che meramente letterale della norma, è possibile nominare nelle Commissioni esaminatrici anche i magistrati addetti alla Cassazione non più in servizio «la garanzia di professionalità, derivante dalla funzione, dal tipo, dal livello, dal grado di preparazione professionale posseduto» è desumibile dal CV degli stessi, la cui nomina, nel caso esaminato, era avvenuta col consenso del Primo Presidente della S.C. in ragione della notevole esperienza dagli stessi maturata nel corso del servizio.
È quanto chiarito dal TAR Lazio con la sentenza numero 9010/18 del 21 agosto assunto che, ad avviso della scrivente, potrebbe valere anche per le Commissioni per l’esame di abilitazione forense . Il caso. Il ricorrente non superava la verifica finale d’idoneità propedeutica per l’iscrizione all’albo per il patrocinio presso le magistrature superiori. Contestava vari vizi relativi alla costituzione della Commissione, alla procedura della valutazione finale ed alla presunta illegittimità della bocciatura, ma il TAR li ha respinti in blocco. Sì ai pensionati nelle Commissioni. Si contesta che la Sottocommissione era formata, tra l’altro, da un professore ordinario di diritto in pensione nonchè avvocato cassazionista e da due magistrati in quiescenza per raggiunti limiti d’età. Per il ricorrente questa circostanza era incompatibile col dettato del combinato degli articolo 22 l. numero 247/12 e 9 Regolamento del CNF 1/15 che prevede che le Commissioni per la verifica finale del corso presso la SSA siano composte da membri del CNF, «avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di Cassazione» od al Consiglio di Stato. Non sono ammissibili e viziate di carenza d’interesse le sue doglianze relative alla presenza di questi ultimi magistrati nelle sottocommissioni in ogni caso la delibera del Consiglio CNF con cui si ratifica la nomina dei commissari ha effetto sanante ex tunc Cons. St. numero 4650/15 . Il TAR, accogliendo le difese del CNF, rileva che «la regola secondo cui i presidenti ed i componenti di una commissione di concorso cessano dall’incarico una volta risolto il rapporto d’impiego con l’Amministrazione, opera soltanto nel caso in cui si tratti di soggetti nominati in funzione del rapporto d’impiego che li lega all’Amministrazione che ha indetto la procedura» Cons. St. numero 51/99 . Le richiamate norme si limitano ad indicare solo le categorie che devono obbligatoriamente far parte delle Commissioni e delle Sottocommissioni, ma tace sul punto specifico TAR Lazio numero 5989/17 . Nulla vieta dunque di avvalersi di membri esterni che, in passato, abbiano fatto parte delle stesse la loro individuazione non può essere tacciata di irrazionalità perchè rientra nel potere discrezionale del Legislatore TAR Lazio 12268/14 garantendone il possesso delle qualità professionali richieste come esplicato in epigrafe. “Mobilità interna” dei Commissari. Il ricorrente ha contestato inoltre che detti magistrati erano stati assegnati, inizialmente alla Sottocommissione I competente in diritto civile poi spostati alla II che si occupa di diritto penale, prova sostenuta dallo stesso. Si noti che questa verifica è ben diversa dall’esame di abilitazione forense che si svolge su base nazionale, perciò «in assenza di previsioni, sia a livello legislativo che regolamentare, di un vincolo esclusivo di appartenenza del singolo componente alla Sottocommissione, così come di una ripartizione delle tre discipline processuali tra le tre sottocommissioni» i singoli commissari possono essere “spostati” all’occorrenza da una sottocommissione all’altra. Infatti «le diverse sottocommissioni costituirebbero una mera articolazione funzionale mobile ed elastica della Commissione centrale, prive dunque del carattere della stabilità e della inamovibilità», sono «una sorta di “gruppo di lavoro”», tanto che tutte le loro attività sono svolte di concerto e dipendono dalla Commissione centrale che ogni giorno redige il verbale di apertura e chiusura in cui confluiscono quelli delle singole sottocommissioni. Insindacabilità del voto. Come per l’esame d’abilitazione forense il G.A. non può sindacare il giudizio tecnico-discrezionale dato dalle Commissioni esaminatrici, salvo tassativi casi manifesta illogicità o irragionevolezza del giudizio espresso ovvero un travisamento dei fatti od una motivazione carente e tale da non consentire la comprensione dell’iter logico-motivazionale che ha condotto alla valutazione negativa del candidato Cons. St. numero 601/99 e TAR Lazio numero 8774/18 . Questi criteri non ricorrono nella fattispecie il giudizio, seppure sintetico, denota che l’elaborato del ricorrente presentava carenze relativamente «al criterio della “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” ed alla richiesta dimostrazione dell’adeguata conoscenza degli istituti giuridici trattati “con particolare riferimento a quelli processuali”». Ergo il giudizio non era arbitrario ed è quindi insindacabile dal TAR.
TAR Lazio, sez. III, sentenza 21 marzo – 21 agosto 2018, numero 9010 Presidente De Michele – Estensore Vallorani Fatto A decorrere dall'entrata a regime della nuova legge professionale forense numero 247 del 2012, gli avvocati non possono più accedere in via automatica all'Albo speciale per il patrocinio dinnanzi alle giurisdizioni superiori, ma debbono seguire una delle due procedure abilitative previste dall'articolo 22 della legge in questione. La procedura che interessa in questa sede è delineata dall’articolo 22, comma 2 della legge citata, secondo cui “l'iscrizione può essere richiesta anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all'albo di otto anni, successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF. Il regolamento può prevedere specifici criteri e modalità di selezione per l'accesso e per la verifica finale di idoneità. La verifica finale di idoneità è eseguita da una commissione d'esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione”. La suddetta disciplina trova attuazione nel Regolamento del CNF 20 novembre 2015, numero 1, e, anno per anno, nei singoli bandi. L’Avv. -omissis-, interessato ad ottenere l’iscrizione all’Albo speciale ai sensi della procedura di cui al menzionato articolo 22, comma 2, ha presentato domanda di ammissione alla Scuola per l’anno 2016, sostenendo e superando la prescritta prova preselettiva. Dopo aver frequentato regolarmente il Corso, egli ha poi sostenuto la verifica finale di idoneità nella materia di diritto processuale penale, svolgendo la relativa traccia. Tuttavia il giudizio della II Sottocommissione, formulato nella seduta del omissis -, sull’elaborato identificato dal codice omissis risultato poi corrispondente alla persona del ricorrente è stato di “non idoneo” vedi doccomma 7, 8 e 9 ric. . In conseguenza della valutazione di inidoneità riportata, l’odierno ricorrente non figura nell’atto di approvazione dell'elenco degli aventi diritto alla presentazione della domanda per l'iscrizione nell'Albo speciale davanti alle Giurisdizioni superiori, adottato dal Presidente del CNF il 28 aprile 2017. Pertanto, con ricorso spedito a notifica in data omissis e depositato il successivo omissis -, l’interessato ha impugnato il giudizio negativo espresso nei suoi confronti da ritenere, a suo avviso, manifestamente illegittimo e meritevole di annullamento per i seguenti motivi A Motivi afferenti alla costituzione della Commissione e alla procedura I. “Violazione di legge articolo 33 comma 5 della Costituzione italiana in relazione all’articolo 22 comma 2 della l. numero 2 47/2012 – articolo 9 regolamento C.N.F. numero 1 del 20.11.2015 – articolo 12 del bando per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori del 05.01.2016 – eccesso di potere sviamento – straripamento – carenza assoluta di potere ” la II Sottocommissione che ha proceduto all’esame e alla valutazione dell’elaborato del ricorrente era così composta prof. avv. L. A. Presidente della Commissione, avvocato cassazionista e professore ordinario a riposo consiglieri dott. U. A. e dott. A. S. magistrati di Cassazione a riposo avv. F. F. e avv. B. B. entrambi avvocati cassazionisti ad avviso del ricorrente la composizione dell’organo collegiale, come in concreto realizzata, è da ritenere illegittima in quanto né l’articolo 22, comma 2, della citata Legge numero 247 del 2012, né il Regolamento attuativo del CNF numero 1 del 2015 vedi articolo 9, comma 2 e articolo 12, comma 3 ammettono la figura del magistrato di Cassazione “a riposo”, prevedendo la norma primaria e parimenti la norma regolamentare attuativa che “La verifica finale di idoneità è eseguita da una commissione d'esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione” pertanto il termine “magistrato addetto”, ad avviso del ricorrente, comporta la necessità che possano integrare l’Organo collegiale i soli appartenenti della categoria professionale in discorso a condizione che siano ancora in attività ciò troverebbe conferma nella previsione di cui all’articolo 47 della Legge numero 47 del 2012 che, ove ha inteso contemplare la figura del “magistrato in pensione”, lo ha fatto espressamente ma soltanto con riferimento alla composizione delle diverse Commissioni valutatrici nelle procedure per l’abilitazione all’esercizio della professione forense II. “Violazione di legge articolo 9 della Legge numero 247/2012 in relazione all’articolo 9 del Regolamento C.N.F. numero 1 del 20.11.2015 e all’articolo 12 del bando per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori del 05.01.2016 – violazione del decreto del presidente CNF del -omissis- eccesso di potere sviamento – straripamento – carenza assoluta di potere ” il ricorrente contesta che l’Organo che ha corretto l’elaborato di diritto processuale penale del ricorrente era composto da tre commissari Avv. L. A. Avv. F. F. Dott. A. S., magistrato a riposo originariamente assegnati dal Presidente del C.N.F. alla I Sottocommissione e, quindi, alla valutazione delle sole prove in materia civile ad avviso del ricorrente ciò non era consentito in quanto sia il citato Regolamento articolo 9 che il bando del Corso Cassazionisti 2016 articolo 12 prevedevano di ripartire la Commissione preposta alla verifica finale in tre Sottocommissioni, ciascuna dedicata ad una sola, specifica materia di esame in ogni caso la scelta di sostituire tre componenti della II Sottocommissione dedicata al diritto processuale penale con membri provenienti dalla I Sottocommissione e ad essa assegnati con apposito decreto , non avrebbe garantito figure professionali adeguatamente competenti nella materia prescelta dal candidato III. “Violazione di legge articolo 33 comma 5 della costituzione italiana in relazione all’articolo 22 comma 2 della l. numero 2 47/2012 – articolo 9 regolamento CNF numero 1 del 20.11.2015 – articolo 12 del bando per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori del 05.01.2016 – eccesso di potere sviamento – straripamento – carenza assoluta di potere ” la Commissione sarebbe stata illegittimamente nominata dal Presidente del CNF con proprio decreto monocratico e non con deliberazione collegiale del Consiglio Nazionale Forense il Consiglio Nazionale Forense avrebbe indebitamente delegato l’esercizio del proprio potere in quanto, secondo gli articolo 6 e 12 del Regolamento del CNF il Presidente è organo sfornito di poteri di amministrazione attiva e di nomina B Motivi relativi alla presunta illegittimità del giudizio di non idoneità comminato al ricorrente IV. “Violazione di legge articolo 3 Legge. numero 241/1990 in relazione agli articolo 22 comma 2 della l. numero 2 47/2012, 9 del regolamento C.N.F. numero 1 del 20.11.2015 e 12 del bando per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori del 05.01.2016 eccesso di potere errore di fatto erroneità manifesta ” contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nel proprio scarno giudizio, secondo il ricorrente, l’istituto asseritamente non trattato giudizio di comparazione delle circostanze ai sensi dell’articolo 69 c.p. in realtà sarebbe stato esaminato dal candidato nel corpo dell’elaborato la Commissione sarebbe pertanto incorsa in “error facti” V. “Violazione di legge articolo 3 l. numero 241/1990 in relazione agli articolo 22 comma 2 della Legge. numero 247/2012, 9 del Regolamento C.N.F. numero 1 del 20.11.2015 e 12 del bando per l’ammissione al corso propedeutico all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori del 05.01.2016 eccesso di potere violazione del giusto procedimento difetto assoluto di istruttoria – di motivazione – disparita’ di trattamento – sviamento” il vizio di difetto assoluto di motivazione si manifesterebbe nel fatto che il giudizio si sostanzia in una mera “clausola di stile dalla quale non è dato comprendere il percorso logico-motivazionale presupposto” in particolare, sarebbe del tutto omesso il doveroso raffronto con i criteri di valutazione generali predeterminati dalla Commissione né vengono riportati e/o evidenziati anche mediante l’apposizione di segni grafici sul corpo dell’elaborato i passaggi dell’elaborato da cui sarebbe scaturito il contestato giudizio di inidoneità. Il CNF si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, con articolate memorie in cui sostiene la legittimità degli atti impugnati. All’udienza del 21 marzo 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione. Diritto 1. Con riguardo al primo motivo presenza in Commissione di numero 2 magistrati in quiescenza e non più in servizio presso la Suprema Corte , il Collegio osserva che, come correttamente eccepito dal CNF, la regola secondo cui i presidenti ed i componenti di una commissione di concorso cessano dall’incarico una volta risolto il rapporto d’impiego con l’Amministrazione, opera soltanto nel caso in cui si tratti di soggetti nominati in funzione del rapporto d’impiego che li lega all’Amministrazione che ha indetto la procedura cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 gennaio 1999, numero 51 . Del resto l’articolo 22, comma 2, della legge numero 247/2012 non vieta espressamente la possibilità di far ricadere la nomina di uno dei componenti su soggetto esterno perché collocato a riposo , che nel passato abbia fatto parte delle categorie indicate, e che abbia, per tale ragione, la qualificazione prevista, atteso che come ben argomentato dalla difesa del CNF ciò che si vuole tutelare è “la garanzia di professionalità, derivante dalla funzione, dal tipo, dal livello, dal grado di preparazione professionale posseduto”, che nel caso di specie può essere desunta dai curricula dei due componenti di cui si contesta la presenza nell’organo di valutazione. Va considerato, peraltro, anche che, nel caso di specie, la designazione dei componenti già Consiglieri di Cassazione, che hanno lasciato il servizio per raggiunti limiti di età, è avvenuta con l’assenso del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, in ragione della notevole esperienza dagli stessi maturata nel corso del servizio. In assenza di una specifica previsione della norma primaria e seguendo una interpretazione funzionale ed adeguatrice dell’articolo 22 della Legge 247/2012 oltre che meramente letterale della norma, deve quindi ritenersi ammissibile anche il coinvolgimento di magistrati addetti alla Cassazione non più in servizio, i quali hanno certamente fornito un valido e qualificato apporto al funzionamento della Commissione indicata. Per quanto precede il primo motivo deve essere respinto. 2. Sul secondo motivo il Collegio osserva, in primo luogo, che l’articolo 22, comma 2, della legge numero 247/2012 dispone espressamente che la verifica finale di idoneità, al termine del corso propedeutico all'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori, deve essere “eseguita da una commissione d'esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione”. Come già osservato da questo Tribunale cfr. sentenza numero 5989/2017 la legge di riforma individua specificamente le categorie professionali alle quali devono appartenere i componenti della Commissione chiamata a verificare le competenze di coloro che intendono ottenere l'abilitazione alla professione di Avvocato Cassazionista. Detta individuazione corrisponde alla discrezionalità del legislatore e non presenta profili di irragionevolezza cfr. anche TAR Lazio, sez. III, 4 dicembre 2014, numero 12268 . Il C.N.F., peraltro, ha ritenuto di integrare la predetta disciplina con il Regolamento numero 1/2015, prevedendo con l’articolo 9 che la stessa Commissione per la verifica di idoneità “deve essere composta da quindici componenti effettivi e quindici supplenti, scelti tra membri del Consiglio Nazionale Forense, avvocati iscritti all’Albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, professori universitari di ruolo in materie giuridiche e magistrati addetti alla Corte di cassazione o magistrati del Consiglio di Stato. Designa, altresì, il presidente e due vicepresidenti. La Commissione opera attraverso tre sottocommissioni composte da cinque membri ciascuna”. Tale disciplina è stata poi ripetuta nell'articolo 12 del Bando del 5.1.2016 con il quale si è proceduto alla nomina della Commissione. Come si è rilevato nella superiore narrativa, l’organo collegiale che ha proceduto ad esaminare il ricorrente risultava composto da tre avvocati cassazionisti dei quali uno, il prof. A., anche docente universitario, seppure a riposo per raggiunti limiti di età e da due magistrati a riposo della Suprema Corte di Cassazione. Nonostante la presenza delle varie componenti prescritte dall’articolo 22, comma 2, della Legge numero 247 del 2012 forense, magistratuale ordinaria e universitaria , la composizione in concreto del collegio al momento della valutazione dello scritto è contestata dal ricorrente in quanto vi sarebbe la presenza secondo il ricorrente, non autorizzata da alcuna norma di commissari che erano stati assegnati inizialmente in ragione della loro specifica esperienza professionale e competenza tecnica alla I Sottocommissione “dedicata” al diritto civile e non alla seconda “competente” in materia di diritto penale . La parte resistente, da parte sua, sostiene la legittimità della composizione della Commissione di valutazione “centrale”, nella quale erano presenti esponenti di ognuna delle quattro categorie previste dal bando, di modo che, una volta costituita la Commissione centrale in ossequio alla norma primaria, l’articolazione in sottocommissioni in base all’articolo 9 del regolamento del CNF risulta conseguenza logica e necessitata dal carico di lavoro attribuito alla Commissione stessa. Secondo il CNF, invero, le diverse sottocommissioni costituirebbero una mera articolazione funzionale mobile ed elastica della Commissione centrale, prive dunque del carattere della stabilità e della inamovibilità, senza che possa evincersi dalle norme di riferimento alcun vincolo di appartenenza ad essa del singolo componente designato, il quale, invero, fa parte della Commissione in quanto tale e non della singola Sottocommissione il che, peraltro, è ancor più evidente per i membri supplenti i quali pacificamente possono operare all’interno dell’uno o dell’altro gruppo di lavoro, in funzione delle esigenze che di volta in volta si manifestano . Nello stesso tempo, la disposizione regolamentare che ha previsto l’istituzione delle tre sottocommissioni articolo 9 Regolamento CNF numero 1 del 2015 , oltre a non contemplare alcun vincolo di appartenenza esclusiva alla singola Sottocommissione, non contiene in nessun luogo indicazioni in merito a distinte specializzazioni per materia da riferire a ciascuna delle Sottocommissioni. Il Collegio ritiene di condividere gli assunti difensivi del CNF sul punto. Oltre all’argomento appena accennato assenza di previsioni, sia a livello legislativo che regolamentare, di un vincolo esclusivo di appartenenza del singolo componente alla Sottocommissione, così come di una ripartizione delle tre discipline processuali tra le tre sottocommissioni , il Collegio osserva altresì che, a differenza di quanto accade nell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense – in cui l’articolazione in commissione centrale presso il Ministero della Giustizia e commissioni istituite presso le singole Corti di Appello e relative sottocommissioni , è motivata dalla necessità di garantire il contemporaneo svolgimento della medesima prova su tutto il territorio nazionale, sicchè le sottocommissioni operano, in quel caso, in base a modalità organizzative autonome ad esempio secondo un proprio autonomo calendario – al contrario, nella prova finale di idoneità per cui è causa, le tre sottocommissioni non hanno mai svolto alcuna attività al di fuori dello spazio e del tempo in cui ha operato la Commissione nel suo “plenum”, come dimostrato dal fatto che il calendario delle attività della commissione “centrale” ha coinciso con quello delle singole sottocommissioni che non si sono mai riunite con cadenze temporali diverse dalla Commissione plenaria . Lo stesso è anche stato il luogo in cui si sono contemporaneamente svolte le operazioni la sede della Scuola Superiore dell’Avvocatura in Roma per ogni giornata è stato redatto un verbale della Commissione plenaria di apertura e chiusura delle operazioni cui accedono i verbali delle singole sottocommissioni. In definitiva, come eccepito dal CNF nelle proprie memorie difensive, le diverse sottocommissioni non assurgono certamente al ruolo di organo valutativo autonomo e tanto meno statico, atteggiandosi piuttosto a mera articolazione funzionale una sorta di “gruppo di lavoro” della Commissione centrale, con conseguente possibilità dei membri di una Sottocommissione di sostituire, all’occorrenza, componenti di un’altra Sottocommissione che siano impediti per qualsiasi ragione a condizione, rileva il Collegio, che siano comunque compresenti all’interno dell’organo così formato esponenti delle diverse categorie professionali a cui fa riferimento l’articolo 22, comma 2, Legge numero 247 del 2012, condizione che nel caso di specie non è contestata . Per le ragioni che precedono si ritiene che il motivo sia da respingere. 3. Non merita miglior sorte il terzo motivo relativo all’asserita illegittimità della modalità di nomina della Commissione . Si osserva in punto di fatto che il Consiglio di Sezione si è riunito il 5 ottobre 2016 e ha delegato il Vice Presidente Sica a raccogliere le singole disponibilità, anche su designazione dei componenti del Consiglio di Sezione, dei potenziali membri dell’organo valutativo, ed a presentare la proposta alla successiva riunione del CNF. Quindi il 21 ottobre 2016, il Consiglio, considerate le segnalate disponibilità, manifestate e acquisite, di soggetti appartenenti alle diverse categorie previste nel Regolamento della procedura e nel relativo bando, ha deliberato di delegare il Presidente Mascherin, con la collaborazione del Cons. Sica all’effettiva formazione della Commissione per la verifica finale di idoneità relativa al corso Cassazionista – sessione 2016. Il Presidente del CNF, pertanto, in forza della delega ricevuta, ha proceduto il 10 novembre 2016 a nominare i professionisti componenti la Commissione. E’ stato documentato in corso di causa dall’Ente resistente che il menzionato provvedimento monocratico di nomina e i successivi di sostituzione di singoli membri sono stati ratificati con delibere collegiali dal Consiglio Nazionale Forense vedi, in particolare, la delibera del Consiglio numero 136 del 25.11.2016 . Come dedotto, in modo convincente, dalla difesa del CNF, l’atto del “plenum” può essere qualificato come delega formale inter-organica in quanto investe il rapporto tra organi facenti parte di una medesima struttura soggettiva . Peraltro, con la successiva ratifica da parte dell’organo delegante il Consiglio dell’attività espletata dall’organo delegato, il Consiglio, titolare della competenza alla nomina dei commissari di esame, ha pienamente espletato la sua funzione di controllo e partecipazione rispetto ad ogni singolo atto dell’organo monocratico delegato, le cui scelte risultano in definitiva – oltre che autorizzate ex ante – anche condivise e convalidate ex post. La delega di poteri tra organi appartenenti allo stesso ente pubblico, come noto, secondo la migliore dottrina costituisce una fattispecie di trasferimento dell’esercizio del potere da un organo ad un altro delega interorganica è un atto amministrativo organizzativo il cui effetto è quello di conferire all’organo delegato una competenza di tipo derivato, per un certo affare o per una determinata materia poiché ad essere trasferita non è la competenza in quanto per fare questo sarebbe necessaria una previsione di legge ma il suo esercizio, la titolarità del potere resta in capo al delegante e, nel caso di delega inter-organica come nella specie , l’organo delegante conserva anche il potere di agire in ordine all’affare oggetto della delega, fin quando l’attività delegata non si sia del tutto esaurita ovvero non vi sia stata revoca della delega. Il Collegio ritiene che sia dirimente nella specie il dato oggettivo dell’avvenuta ratifica deliberata dal Consiglio in data 25.11.2016, in quanto gli effetti sananti ed “ex tunc” di essa che non risulta peraltro impugnata dal ricorrente consentono anche di prescindere dalla necessità di approfondire la censura relativa alla validità della delega che parte ricorrente collega alla mancanza di una previsione normativa almeno regolamentare che la autorizzasse. Infatti, ove anche si ritenesse l’atto presidenziale viziato da illegittimità, si tratterebbe di incompetenza relativa ex articolo 21 octies co. 1 della legge 241/1990, tale quindi da determinare annullabilità e non nullità dell’atto come accadrebbe nell’ipotesi, non ricorrente nella specie, di difetto assoluto di attribuzioni . Trattasi pertanto, come giustamente ritenuto dall’Ente resistente, di vizio sanabile ai sensi dell’articolo 21 nonies, comma 2, della Legge numero 241/1990 attraverso un provvedimento di convalida, il quale assume tradizionalmente la denominazione di “ratifica” quando è diretto a sanare un vizio di incompetenza. L’efficacia sanante ha efficacia “ex tunc” secondo indirizzi consolidati sia teorici che giurisprudenziali e, poiché il Consiglio delegante ha ratificato “in toto” l’attività delegata, debbono ritenersi definitivamente consolidati e stabilizzati gli effetti degli atti compiuti dal Presidente per la formazione della Commissione per l’esame finale di idoneità dei candidati. Al riguardo, a supporto dell’argomentazione che precede, giova citare un recente arresto del Consiglio di Stato secondo cui “l'originaria illegittimità è stata sanata dalla ratifica con le due delibere consiliari da ultimo ricordate, emesse da quello che è l'organo investito del potere di adottare gli atti in questione, ovvero il consiglio d'amministrazione del Consorzio odierno appellante principale. Deve poi evidenziarsi che in virtù degli articolo 21-nonies, comma 2, l. 7 agosto 1990, numero 241, e 6, l. 18 marzo 1968, numero 249 Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali , l'atto amministrativo può essere convalidato dall'autorità amministrativa anche in pendenza del giudizio di impugnazione, e finanche in grado d'appello, con la sola esclusione dell'ipotesi che sia intervenuta una sentenza passata in giudicato in questo senso, da ultimo Cons. Stato, IV, 29 dicembre 2014, numero 6384 V, 6 ottobre 2015, numero 4650 . Quindi, nell'ambito di questo generale potere di convalida rientra la specifica ipotesi della ratifica, la quale consiste nella sanatoria di atti affetti dal vizio dell'incompetenza relativa, come appunto avvenuto nel caso di specie” Consiglio di Stato, sez. V, 2 agosto 2016, numero 3482 . La censura esaminata va pertanto respinta. Per quanto concerne la presenza all’interno della Commissione, nominata con decreto presidenziale del 10 novembre 2016, di numero 4 consiglieri di Stato – categoria non contemplata nell’elencazione di cui all’articolo 22, comma 2, Legge numero 247 del 2012 la quale si riferisce testualmente ai soli magistrati addetti alla Cassazione si rileva che la censura, prima ancora che infondata, è inammissibile per difetto di interesse atteso che nella Sottocommissione che ha in concreto giudicato l’elaborato dell’avv. omissis non era presente alcun consigliere di Stato. In ogni caso giova chiarire che la sentenza di questa Sezione numero 5989/2017, invocata dal ricorrente a sostegno della propria tesi, ha in effetti affermato l’illegittimità della composizione della Commissione in tutti i casi in cui i Consiglieri di Stato siano nominati in sostituzione dei magistrati addetti alla Cassazione, in modo tale che non sia presente all’interno dell’Organo di valutazione neanche un solo magistrato appartenente a detta categoria ma, allo stesso tempo, non ha escluso la possibilità che i consiglieri di Stato possano legittimamente far parte dell’organo di valutazione. Per tutte le ragioni che precedono il terzo motivo va respinto. 4. Possono infine essere esaminati congiuntamente i motivi quarto e quinto che attengono entrambi alle modalità di valutazione dell’elaborato del ricorrente, sotto i profili della carenza di istruttoria, della disparità di trattamento e/o della manifesta irragionevolezza. I motivi in discorso non possono trovare accoglimento stante il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il sindacato sulle valutazioni delle Commissioni esaminatrici, anche in campo di esame si Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, attiene al merito di giudizi tecnico-discrezionali rispetto ai quali è preclusa al Giudice Amministrativo la formulazione di giudizi sostitutivi che costituirebbero una inaccettabile intromissione del Giudice nelle valutazioni riservate agli organi dell’Amministrazione. La possibilità di un sindacato con esito demolitorio è da ammettere esclusivamente nei casi in cui alla Commissione sia addebitabile una manifesta illogicità o irragionevolezza del giudizio espresso ovvero un travisamento dei fatti, oppure una motivazione carente perché tale da non consentire la comprensione l’iter logico-motivazionale che ha condotto alla valutazione negativa del candidato. In effetti in ordine a detto apprezzamento – insindacabile nel merito – la cognizione del Giudice Amministrativo deve ritenersi piena in conformità all’indirizzo giurisprudenziale formatosi a partire dalla nota decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, 9.4.1999, numero 601 in cui si chiarisce come il sindacato giurisdizionale non possa essere limitato ad un esame estrinseco della valutazione discrezionale, secondo i noti parametri di logicità, congruità e completezza dell’istruttoria, dovendo invece l’oggetto del giudizio estendersi alla esatta valutazione del fatto, secondo i parametri della disciplina nella fattispecie applicabile . In questa cornice di riferimento “se è vero che il Giudice non può esimersi dal valutare l’eventuale erroneità, o arbitrarietà, dell’apprezzamento dell’Amministrazione, è anche vero che il medesimo non può sostituirsi all’Amministrazione stessa nel puro apprezzamento di valore, sottostante a scelte discrezionali, come quelle di cui si discute nel caso di specie. Tali scelte, stante la natura del presente contenzioso, attengono a discrezionalità tecnica, in quanto l’esercizio del potere non implica nella specie una valutazione di opportunità, ma l’esatta valutazione di un “fatto” e cioè i titoli scientifici e i curricula dei candidati messi a confronto secondo i parametri della disciplina scientifica di riferimento, i quali non possono qui prescindere da un più o meno ampio margine di opinabilità derivante dal carattere valutativo dell’apprezzamento. In presenza di valutazioni tecnico-discrezionali, il vizio funzionale può emergere solo sotto il profilo dell’arbitrarietà, quando la ragione delle scelte amministrative compiute non appaia logica e verificabile, di modo che sia impossibile valutare l’effettiva rispondenza della scelta stessa all’interesse pubblico, perseguito dalla norma attributiva del potere TAR Lazio, III, 6.8.2018, numero 8774 che cita Cons. Stato, sez. VI, 17.1.2011, numero 229 . Venendo al caso di specie si osserva che la scheda valutativa impugnata si esprime in questi termini “l’elaborato si presenta povero nell’affrontare le varie problematiche e carente nella individuazione delle censure, che si sarebbero potute muovere avverso la impugnata sentenza. In particolare risulta del tutto omesso il motivo di censura attinente al trattamento sanzionatorio relativo senza procedere al giudizio di comparazione imposto dall’articolo 69 c.p.”. Il Collegio osserva che, pur nella sua sinteticità, il giudizio esprime l’iter argomentativo che è alla base della valutazione di inidoneità la quale è altresì riconducibile, oggettivamente, ad alcuni dei criteri di massima prefissati dalla Commissione vedi verbale numero 4 del 16.12.2016, docomma 10 ric. , atteso che la carenza sopra rilevata dall’organo collegiale è riconducibile, da un lato, al criterio della “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” e, dall’altro, alla richiesta dimostrazione dell’adeguata conoscenza degli istituti giuridici trattati “con particolare riferimento a quelli processuali”. Quanto, infine, all’errore di fatto e all’erroneità manifesta di cui sarebbe viziata la valutazione per aver erroneamente rilevato [] l’omesso giudizio di comparazione delle circostanze previste dall’articolo 69 c.p. si osserva che, stante la brevità del passaggio contenuto nell’elaborato può presumersi che, sul punto, la Commissione abbia ritenuto l’argomento sviluppato in modo insufficiente. I rilievi che precedono sono sufficienti per pervenire alla reiezione dei motivi IV e V. 5. In conclusione, per tutto quanto precede, il ricorso è da respingere. La novità della questione interpretativa consente di ritenere che sussistano eccezionali motivi, ai sensi degli articolo 26, comma 1, c.p.a. e 92 c.p.c., per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra tutte le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 numero 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.