E’ ammissibile, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva, che il Tribunale del riesame possa disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito della ordinanza in un termine superiore ai giorni 30 di cui all’articolo 311, comma 5-bis, c.p.p., ma comunque non eccedente i 45 giorni indicati dall’articolo 309, comma 10, c.p.p.?
La questione. L’ordinanza numero 27828/2017 rimette alle Sezioni Unite una questione processuale per la quale si è formata una spaccatura piuttosto recente. Si tratta di stabilire, infatti, quale sia il termine massimo per il deposito della ordinanza custodiale a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, in casi di particolare complessità. Il ricorso di parte, censurando l’ordinanza confermativa della misura, ha dedotto l’inefficacia del provvedimento, stante che nel caso di specie di decisione conseguente ad annullamento con rinvio, il deposito va effettuato nel termine di trenta giorni, così come prescritto dall’articolo 311, comma 5- bis , c.p.p Invece, il Tribunale avrebbe erroneamente applicato il disposto dell’articolo 309, comma 10, c.p.p., il quale prescrive che, per i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa, per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, il termine per il suo deposito possa arrivare fino a quarantacinque giorni dalla decisione. Sì alla proroga del termine per il deposito. Ebbene, la Corte preso atto dell’esistenza di due orientamenti contrari sul punto, esamina gli stessi, partendo da quello utilizzato dai giudici di merito a sostegno della propria decisione. Per esso, infatti, anche nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura custodiale, il Tribunale del riesame può beneficiare del termine previsto dall’articolo 309, comma 10, c.p.p Non sarebbe corretto prevedere una distinzione tra i giudizi e, quindi, non applicare anche al giudizio di rinvio il comma 10 dato che tale giudizio non è chiuso e limitato alla sola valutazione delle precedenti acquisizioni. Infatti, il giudice del rinvio, se da un lato è vincolato al principio di diritto posto dalla Suprema Corte e all’indagine nel merito devoluta, dall’altro comunque resta salva «nella specifica materia, la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti» Cass. sez. 2, sentenza numero 16359/2014 . Per tale ultimo motivo, non è giustificabile una presunzione di maggiore semplicità della redazione del provvedimento in tali casi. Differenziazione delle discipline. A tale interpretazione si oppone, però, altro orientamento piuttosto recente che vuole, invece, che nel caso di ordinanza cautelare emessa a seguito di annullamento con rinvio, confermativa della misura coercitiva, il mancato rispetto del termine di 30 giorni stabilito dall’articolo 311 c.p.p. comporti perdita di efficacia del provvedimento «non essendo prevista la possibilità di un termine più lungo, non eccedente i quarantacinque giorni» Cass., Sez. 2, sentenza numero 20248/2016 . A differenza, pertanto, di quanto previsto dagli articolo 309 e 310 c.p.p., il comma 5- bis dell’articolo 311 non contempla per il giudice del rinvio alcuna possibilità di prorogare il termine per il deposito. Il termine di 30 giorni, ivi previsto, è da considerarsi perentorio, pertanto il suo superamento rende inefficace la misura. La necessaria introduzione di un termine perentorio, anche per la definizione del giudizio di rinvio, si giustifica con l’esigenza di definire con la massima celerità un procedimento che riguarda la libertà del soggetto interessato che, pur «essendosi già visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni dinanzi alla Suprema Corte, si trovi tuttavia ancora soggetto alla misura cautelare». A sostegno della diversità di disciplina sta il fatto, secondo questo orientamento, che è sicuramente meno complesso il giudizio che scaturisce da un rinvio. Resta, a questo punto, l’ultima parola alle Sezioni Unite.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 maggio – 6 giugno 2017, numero 27828 Presidente Tardio – Relatore Vannucci Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 8 marzo 2016 ex articolo 309 cod. proc. penumero il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con la quale, il 18 febbraio 2016, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vibo Valentia aveva applicato a R.G.S. la custodia cautelare in carcere, perché gravemente indiziata di avere concorso con V.D. nella commissione dei seguenti delitti a rapina pluriaggravata, avvenuta in omissis , ai danni di G.P.C. articolo 110, 628, primo e terzo comma, numero 1, 2 e 3-quinquies, cod. penumero b omicidio aggravato di G.P.C. , avvenuto in omissis articolo 110, 61, numero 2, 575, 576, primo comma, numero 1, cod. penumero c rapina pluriaggravata, unitamente anche ad altra persona non identificata, avvenuta in omissis , ai danni di Va.Lo. articolo 110, 628, primo e terzo comma, numero 1 e 2, cod. penumero . 2. In accoglimento del ricorso presentato da R. , questa Corte, con sentenza numero 47235 del 17 luglio 2016, ha annullato tale ordinanza rinviando per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro, sul rilievo che il difensore designato dall’indagata, avvocato Antonino Catalano, non aveva avuto a sua disposizione, prima dell’udienza di discussione, il termine di tre giorni liberi previsto dall’articolo 309, comma 8, cod. proc. penumero . 3. Con ordinanza pronunciata il 29 novembre 2016 in sede di rinvio, il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con la quale R. era stata assoggettata a custodia in carcere. Il Tribunale, per quanto qui interessa, ha disposto che la motivazione dell’ordinanza fosse depositata entro quarantacinque giorni dalla relativa pronuncia. La motivazione è stata depositata il 12 gennaio 2017. A fondamento della decisione relativa alla fissazione di tale termine, il giudice del merito cautelare ha affermato che la complessità della vicenda oggetto di esame e il contestuale, gravoso, carico di lavoro della sezione, chiamata a trattare i procedimenti in materia di libertà personale, giustificavano la fissazione del termine in questione alla luce del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione Sez. 5, numero 18572 del 08/01/2016, Di Carluccio, Rv. 266989 , anche nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza confermativa di misura coercitiva il tribunale del riesame poteva disporre per il deposito del provvedimento, nei casi in cui la stesura della motivazione fosse particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, un termine dalla decisione superiore ai trenta giorni indicati nell’articolo 311, comma 5-bis, cod. proc. penumero , ma, comunque, non superiore a quarantacinque giorni, secondo quanto previsto dall’articolo 309, comma 10, cod. proc. penumero . 4. Per la cassazione di tale ordinanza R. ha proposto ricorso, con atto che ha sottoscritto, deducendo che l’ordinanza avrebbe omesso di fare applicazione della regola contenuta nell’articolo 311, comma 5-bis, cod. proc. penumero e, a un tempo, avrebbe erroneamente applicato il precetto di cui all’articolo 309, comma 10, dello stesso codice. 4.1 Ad avviso della ricorrente, alla diversa formulazione letterale delle disposizioni rispettivamente contenute nei citati articolo 309, comma 10 nel testo risultante dalla sostituzione operata dall’articolo 11, comma 5, della legge numero 47 del 2015 e 311, comma 5-bis, del codice di rito introdotto dall’articolo 13 della stessa legge dovrebbe conseguire che, nel caso di ordinanza in materia di misura coercitiva emessa all’esito di giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione su ricorso dell’imputato, non sarebbe consentito al giudice del riesame del merito cautelare disporre la proroga fino a quarantacinque giorni del termine di trenta giorni per il deposito della motivazione della decisione, e che dal deposito della motivazione dopo trenta giorni dalla decisione deriverebbe la perdita di efficacia dell’ordinanza dispositiva della misura coercitiva. La ricorrente cita espressamente il principio affermato da altra sentenza della Corte di Cassazione Sez. 2, numero 20248 del 06/05/2016, Ginese, Rv. 266898 , nel senso della interpretazione da essa prospettata, e critica specificamente l’orientamento della giurisprudenza di legittimità cui si è dichiaratamente conformata l’ordinanza oggetto di impugnazione. La ricorrente conclude, quindi, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata in subordine, la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite per la risoluzione del contrasto giurisprudenziale. Considerato in diritto 1. Premesso che nel caso concreto l’ordinanza impugnata, emessa in sede di rinvio dal Tribunale di Catanzaro dopo l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione della pregressa ordinanza su ricorso dell’indagata R. , è stata depositata il 12 gennaio 2017, dopo che era scaduto il termine di trenta giorni dalla sua deliberazione avvenuta il 29 novembre 2016 ma prima della scadenza del termine di quarantacinque giorni fissato - al momento della decisione - per il relativo deposito, sussiste come del resto denunciato dalla stessa ricorrente oggettivo contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla interpretazione da dare al precetto contenuto nell’articolo 311, comma 5-bis, cod. proc. penumero , quanto al termine per il deposito dell’ordinanza resa a definizione del giudizio di rinvio. 2. Secondo un primo orientamento - cui l’ordinanza impugnata ha, come detto, esplicitamente dichiarato di conformarsi -, espresso con sentenza numero 18571/2016 Sez. 5, numero 18571 del 08/01/2016, Di Carluccio, Rv. 266989 , nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di una misura cautelare personale coercitiva, il tribunale del riesame può disporre per il deposito del provvedimento, nei casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, un termine superiore ai trenta giorni indicati nell’articolo 311, comma quinto bis, cod. proc. penumero , ma, comunque, non superiore a quello di quarantacinque giorni dalla decisione, secondo quanto previsto dall’articolo 309, comma decimo, cod. proc. penumero così la massima estratta dalla sentenza . A fondamento di tale interpretazione è stato rimarcato, nella motivazione, che il comma 5-bis dell’articolo 311 del codice di rito, introdotto dall’articolo 13 della I. numero 47 del 2015, ha la limitata funzione di equiparare la disciplina del procedimento a seguito di rinvio a quella ordinaria, laddove sino alla riforma si riteneva, diversamente, che nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento di un’ordinanza de libertate - pronunciata dal Tribunale del riesame - non fosse applicabile la disciplina dei termini prevista dall’articolo 309 cod. proc. penumero per il giudizio di riesame, bensì quella dettata dall’articolo 127 cod. proc. penumero v., ad es., Sez. 6, numero 22310 del 29/05/2006, Spagnulo, Rv. 234736 . Nella motivazione di quest’ultima decisione, si chiarisce, infatti, che il principio del diverso regime dei termini del provvedimento emesso in sede di riesame a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione si ricava dalla sentenza Sez. U, numero 5 del 17/04/1996, D’Avino, Rv. 204463, pronuncia che, pur non affrontando la questione del termine di comparizione bensì dei termini di cui all’articolo 309, commi 5 e 9, nella materia delle misure cautelari personali, ha affermato la mancanza di perentorietà dei termini stessi. La giustificazione di tale asserto è basata sulla differenza tra l’urgenza di provvedere con estrema rapidità nel caso di riesame successivo all’ordinanza impositiva della misura, incidendo il provvedimento sul bene della libertà e imponendosi, per tale motivo, una necessità di concentrazione dei tempi del procedimento relativo, e il diverso grado di speditezza che è richiesto nel giudizio di rinvio, allorché sul provvedimento de libertate si è già pronunciato il Tribunale in sede di riesame, ipotesi in cui si è già avuto in due diversi gradi di giurisdizione una prima valutazione sul provvedimento coercitivi . Nel mutato contesto normativo - prosegue la motivazione - deve, pertanto, ritenersi che il legislatore abbia inteso perseguire il fine della equiparazione della disciplina del procedimento di riesame, anche quando esso segue ad una sentenza di annullamento con rinvio. E tale finalità rimarrebbe pregiudicata dalla mancata applicazione del comma 10 dell’articolo 309 sopra menzionato. In effetti, non è dato ravvisare alcun motivo per operare una distinzione, anche perché a seguito dell’annullamento con rinvio non si realizza un giudizio chiuso e limitato alle precedenti acquisizioni. In materia di riesame delle misure cautelari, infatti, il giudice del rinvio ex articolo 627 cod. proc. penumero è certo vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione ed è limitato, nell’indagine di merito devoluta, all’esame del punto della prima decisione attinto da annullamento, con divieto di estendere l’indagine a vizi di nullità o inammissibilità non riscontrati dalla Corte e tuttavia, resta salva, nella specifica materia, la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti v., ad es., Sez. 2, numero 16359 del 12/03/2014, Uni Land S.p.a., Rv. 261611 , con la conseguenza che non si giustifica neppure astrattamente una presunzione di maggiore semplicità nella redazione del provvedimento . Motivazione di segno sostanzialmente analogo quella riportata è contenuta nella, coeva, sentenza numero 18572/2016 Sez. 5, numero 18572 del 08/01/2016, Di Carluccio, Rv. 267219 . A tale principio ha dato continuità la successiva sentenza numero 5502/2017 Sez. 1, numero 5502 del 05/10/2016, dep. 2017, Celso, numero m. , in consapevole contrasto con il principio, di segno opposto, affermato dalle decisioni menzionate nel successivo paragrafo. In particolare, con la sentenza da ultimo citata è stato evidenziato che gli argomenti, diversi da quelli relativi al contenuto letterale delle disposizioni di legge processuale, utilizzati a fondamento dell’indirizzo interpretativo non condiviso il riferimento specifico è alla motivazione della sentenza numero 20248 del 06/05/2016, Ginese, Rv. 266898 , non si attagliavano al caso in esame, in cui l’annullamento della precedente decisione del Tribunale del riesame è stata dovuta a ragioni di natura esclusivamente processuale riguardanti l’invalidità della rinuncia alla richiesta di riesame allora formulata dal difensore dell’indagato , e dunque il giudice di rinvio è stato investito per la prima volta del riesame funditus dell’intero merito cautelare, richiedente un impegno motivazionale certamente più complesso e gravoso di quello del giudice che aveva emesso l’ordinanza annullata che si era limitato a dichiarare l’inammissibilità del gravame gli argomenti spesi dall’indirizzo contrario si rivelano perciò carenti di portata dimostrativa generale, e non appaiono in grado di contraddire la diversa soluzione interpretativa che è stata sopra raggiunta in termini che si ritengono maggiormente coerenti a una lettura sistematica e funzionale della disciplina risultante dal novellato testo normativo. La presunzione astratta di una maggiore semplicità della redazione del provvedimento emesso dal tribunale in sede di giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento della misura cautelare non si giustifica, d’altronde, alla luce della natura di giudizio allo stato degli atti del procedimento di riesame, nel quale non opera il principio devolutivo e sono suscettibili di valutazione anche i nuovi elementi di fatto sopravvenuti, che non esorbitino dal punto della decisione investito dalla pronuncia di annullamento Sez. 2 numero 16359 del 12/03/2014, Rv. 261611 Sez. 2 numero 15757 dell’1/04/2011, Rv. 249939 . 3. A tale interpretazione della portata precettiva del comma 5-bis dell’articolo 311 cod. proc. penumero , quanto al termine per il deposito di ordinanza pertinente a misura coercitiva, resa in sede di rinvio da annullamento disposto dalla Corte di cassazione su ricorso dell’indagato ovvero dell’imputato , si contrappone quella affermata dalla sentenza numero 20248/2016 Sez. 2, numero 20248 del 06/05/2016, Ginese, Rv. 266898 e da quella, coeva, numero 23583/2016 Sez. 2, numero 23583 del 06/05/2016, Schettino, numero m. . 3.1. Con la prima decisione si è fissato il principio, come da massima estratta, secondo il quale in caso di ordinanza cautelare emessa a seguito di annullamento con rinvio, su istanza dell’imputato, di un provvedimento confermativo della misura coercitiva, il mancato rispetto del termine di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza ne comporta la perdita di efficacia, non essendo prevista la possibilità di un termine più lungo, non eccedente i quarantacinque giorni, che il tribunale può disporre per la sola ordinanza emessa ex articolo 309 cod. proc. penumero . Nella motivazione di tale sentenza di annullamento senza rinvio di ordinanza emessa ex articolo 311 cod. proc. penumero dal Tribunale di Catanzaro si è, in particolare, affermato che, a differenza di quanto previsto dai novellati articolo 309 e 310 cod. proc. penumero , il comma 5-bis del successivo articolo 311 non contempla la possibilità per il giudice del rinvio di disporre la proroga del termine per il deposito dell’ordinanza fissato dallo stesso comma in trenta giorni decorrenti da quello della decisione in misura non superiore a quarantacinque giorni nel caso di mancato rispetto del termine di trenta giorni l’ordinanza dispositiva della misura coercitiva perde efficacia è dunque stabilito, anche per il procedimento conseguente ad una decisione di annullamento con rinvio, il principio della perentorietà dei termini e della conseguente perdita di efficacia della misura, in caso di loro violazione principio che, ovviamente, non trova applicazione qualora l’annullamento con rinvio abbia riguardato - diversamente dal caso di specie un’ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal tribunale in accoglimento di un appello del p.m., la cui esecuzione - secondo la regola generale posta dall’immutato terzo comma dell’articolo 310 - resta sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva l’introduzione, ad opera del citato comma 5-bis, di termini perentori anche per la definizione del giudizio di rinvio risponde innegabilmente all’esigenza di definire con la massima celerità la posizione di chi, pur essendosi visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni dinanzi alla Suprema Corte, si trovi tuttavia ancora soggetto alla misura cautelare la diversa disciplina riflette altresì una valutazione di non particolare complessità di un nuovo giudizio scaturito dall’annullamento con rinvio . 3.2. Nella motivazione della seconda sentenza numero 23583 del 06/05/2016, citata , che ha annullato senza rinvio altra ordinanza emessa ex articolo 311 cod. proc. penumero dal Tribunale di Catanzaro, si legge che il più volte citato comma 5-bis dell’articolo 311 cod. proc. penumero ha inteso disciplinare in termini più stringenti la sequenza procedimentale che si determina in seguito all’annullamento con rinvio dell’ordinanza del Tribunale del riesame, atteso che in tal caso permane la limitazione della libertà personale dell’interessato tale disciplina è, perciò, coerente con le esigenze di tutelare nella sua massima estensione la libertà personale, protetta come bene primario dall’articolo 13 della Costituzione e dalle norme delle convenzioni internazionali che sanciscono il diritto di ogni persona sottoposta ad arresto o detenzione a ricorrere al giudice per ottenere entro brevi termini articolo 5 comma 4 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo o senza indugio articolo 9, comma 4, del Patto internazionale sui diritti civili e politici una decisione sulla legalità della misura e sulla liberazione la norma, pertanto, non prevede la possibilità, per il giudice del rinvio, di derogare al predetto termine, fissando per il deposito della motivazione un termine più ampio, sicché deve ritenersi inutiliter dato il termine di 45 giorni, entro il quale il Tribunale del riesame si è riservato di depositare le motivazioni del provvedimento . 4. Alla luce del riscontrato contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione sottoposta a questa Corte dalla ricorrente con l’unico motivo posto a fondamento del richiesto annullamento dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro il 29 novembre 2016, si impone, in considerazione soprattutto del fondamentale diritto della libertà personale coinvolto dalla sollecitata decisione e della rilevanza della soluzione del contrasto per la sua tutela, l’intervento regolatore delle Sezioni Unite, ai sensi dell’articolo 618 cod. proc. penumero , sulla seguente questione di diritto Se nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva il tribunale del riesame possa disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito della ordinanza in un termine superiore ai giorni trenta di cui all’articolo 311, comma 5-bis, cod. proc. penumero , comunque non eccedente il termine di quarantacinque giorni di cui all’articolo 309, comma 10, cod. proc. penumero . P.Q.M. Visto l’articolo 618 cod. proc. penumero rimette il ricorso alle Sezioni Unite.