Minacce contro gli ispettori DIGOS durante una manifestazione: condannati

Nel corso di una manifestazione pubblica gli imputati rivolgevano frasi intimidatorie per far allontanare alcuni ispettori della DIGOS. Nel giudizio di merito viene affermata la responsabilità nei confronti dei manifestanti per minaccia ad un pubblico ufficiale. Detta decisione è confermata anche dai Giudici di legittimità che, ritenendo sussistenti i presupposi della minaccia, sollevano solo alcuni dubbi circa la possibilità di riconoscimento delle circostanze attenuanti e della tenuità del fatto per la determinazione della pena.

Sul punto la Cassazione con sentenza numero 27181/18 depositata il 13 giugno. Il fatto. I Giudici di merito di Genova condannavano tre imputati alla pena di giustizia per aver il primo danneggiato alcuni contenitori dei rifiuti posti in un via pubblica e gli altri due per aver rivolto espressioni minacciose nei confronti di alcuni ispettori della DIGOS di Genova nel corso di una manifestazione. Contro la decisione di merito i condannati hanno proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza. Dopo aver ritenuto parzialmente fondato il motivo di ricorso del primo imputato in relazione al diniego delle circostanze attenuati generiche senza una specifica motivazione da parte del Giudice di merito, la Cassazione si è concentra sul ricorso promosso dagli altri due imputati, i quali lamentano la valenza minatoria delle espressioni pronunciate, oggetto di reato, nonché il mancato riconoscimento da parte della sentenza di merito della particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis c.p e delle circostanze attenuati generiche per la riduzione della pena. Idoneità della minaccia. In primo luogo, osserva la Suprema Corte, deve essere disatteso il motivo di ricorso in merito alla sussistenza del reato di cui all’articolo 366 c.p. Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale in quanto la condotta è assistita da dolo specifico e si consuma indipendentemente dal raggiungimento dello scopo prefissato dal reo. Infatti «l’idoneità della minaccia deve essere valutata con giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettivo del fatto e può integrarla anche una espressione ingiuriosa, volta a ottenere l’interruzione dell’attività di ufficio che si veniva svolgendo». Nella fattispecie in esame, come descritto nella sentenza impugnata, gli ispettori della DIGOS si erano avvicinati ai ricorrenti, avendo notato confusione in un gruppo di persone, ma gli imputati li avevano allontanati con frasi minacciose come «non vi vogliamo vicinoDovete stare indietro o davanti e non al fianco. Fate Scifo». Chiara, secondo la Cassazione, la valenza intimidatoria e minacciosa della condotta degli imputati. Infine la Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso in merito all’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. e in relazione alla valutazione delle circostanze attenuanti. In conclusione gli Ermellini annullano la sentenza, limitatamente ai motivi accolti, e rinviano ad un nuovo giudizio sui citati punti ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 marzo – 13 giugno 2018, numero 27181 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 82 del 9/03/2017 la Corte di appello di Genova ha confermato le condanne inflitte dal Tribunale di Genova con sentenza numero 4958/2013 a L.R. ex articolo 111, 635, commi 1 e 2 numero 3 in relazione all’articolo 625, numero 7 cod. penumero , per avere - nel corso di una manifestazione di protesta - danneggiato alcuni contenitori dei rifiuti di proprietà dell’AMIU posti su una via pubblica, trascinandoli, ribaltandoli e da solo o con ignoti complici bruciandoli, e a M.M. e T.C. ex articolo 110 e 336 cod. penumero , per avere - in occasione della stessa manifestazione - rivolto le espressioni minacciose indicate nell’imputazione agli ispettori R.M. e G.F. della D.I.G.O.S. di Genova. 2. Gli imputati chiedono l’annullamento della sentenza. 2.1. Nel ricorso di L. si deducono a violazione degli articolo 110 e 635 cod. penumero perché la condotta a lui attribuibile non danneggiò i cassonetti, in quanto egli semplicemente li rimosse dal loro alloggiamento, e perché il ricorrente non ha successivamente concorso a incendiarli b vizio di motivazione circa l’identificazione del ricorrente - avvenuta tre mesi dopo i fatti tramite l’osservazione di alcuni videofotogrammi - e circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la quantificazione della pena pag. 9 del ricorso . 2.2. M. e T. hanno presentato, nella stessa data 23/05/2017 due ricorsi congiunti, i motivi dei quali possono così compendiarsi a omessa valutazione delle deduzioni difensive concernenti la valenza minatoria delle espressioni pronunciate, potendo semmai la frase finale fate schifo integrare il reato di oltraggio b vizio di motivazione circa la sussistenza del concorso con altri manifestanti rimasti ignoti spalleggiati da un gruppo di una ventina circa di manifestanti c vizio di motivazione nel disconoscimento della particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis cod. penumero d assenza di motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della riduzione della pena. Considerato in diritto 1. Il ricorso di L. è parzialmente fondato. 1.1. Infondate risultano le deduzioni sviluppate circa la prova della sua responsabilità per il reato di danneggiamento. Quanto alla identificazione del ricorrente prima parte del secondo motivo di ricorso la motivazione della sentenza impugnata si salda con quella della decisione del Tribunale che ha congruamente precisato che egli era ben conosciuto dai poliziotti e fu visto e ripreso prima dell’inizio della manifestazione continuativamente, fino a che non apparve travisato ma sempre con in tasca un sacchetto di colore azzurro che Io rese riconoscibile in tutte le successive sequenze pag. 2 . Quanto alla azione del ricorrente primo motivo di ricorso , con argomentazione adeguata rispetto alle questioni che pone la ricostruzione dei fatti nella vicenda in esame, la Corte di appello ha rilevato - come già il Tribunale - che L. , viene ripreso quando spinge uno dei cassonetti che verranno danneggiati e ha considerato che rimuovere dal loro alloggiamento i cassonetti, trasportarli per dei metri verso il centro della piazza è gesto che è prodromico, funzionale e immediatamente collegato al loro danneggiamento di cui si è perfettamente consapevoli che sta per avvenire e nel quale si coopera , perché si realizza il primo segmento dell’azione collettiva che porta al danneggiamento pag. 9 . Vale, del resto, osservare che la rimozione dei cassonetti dal loro alloggiamento già li rese inservibili articolo 635, comma 1, cod. penumero rispetto alla loro funzione. 1.2. Fondate, invece, risultano le deduzioni sviluppate nel secondo motivo di ricorso circa la motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche, che nella sentenza di primo grado, si è risolta in una formula no 62 bis per gravità condotta pag. 4 , inadeguata - perché non esplicita le ragioni per le quali la condotta è stata valutata grave - mentre è del tutto assente nella sentenza impugnata, che, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto. 2. I ricorsi di M. e T. sono parzialmente fondati. 2.1. Infondato risulta il primo motivo di ricorso. Il delitto ex articolo 336 cod. penumero è di mera condotta assistita da dolo specifico e si consuma indipendentemente dal raggiungimento dello scopo prefissatosi dal reo Sez. 6, numero 4691 del 27 settembre 2011, non mass. . L’idoneità della minaccia deve essere valutata con giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto Sez. 6, numero 36073 del 6 maggio 2014, non mass. e può integrarla anche una espressione ingiuriosa, volta a ottenere l’interruzione dell’attività di ufficio che si veniva svolgendo Sez. 6, numero 10946 del 16 febbraio 2016 non mass. . Nel caso in esame, come decritto nel capo di imputazione, i due ispettori della D.I.G.O.S., avendo notato un gruppo di persone che aveva iniziato a travisarsi, si erano avvicinati ma i due ricorrenti, li invitarono con le frasi richiamate nell’imputazione, a allontanarsi non vi vogliamo vicino Dovete stare indietro o davanti e non al fianco. Te schifo. Non vi vogliamo . Nella sentenza impugnata, si rimarca l’illiceità di intimare, spalleggiati da un gruppo di circa venti manifestanti, ai due ispettori di non seguire parallelamente il corteo di protesta all’altezza dei manifestanti pagg. 9-10 . 2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Nella sentenza di primo grado si precisa che la ricostruzione del fatto deriva dalle dichiarazioni dei due ispettori della Digos, secondo cui a parlare fu prevalentemente T. ma M. lo spalleggiò - mentre, per altro verso, si erano avvicinati una ventina circa di manifestanti - e si afferma che i due ispettori dovettero desistere dal seguire il corteo. Pertanto, M. , non essendosi limitato a un comportamento meramente passivo, concorse nel reato Sez. 6, numero 28698 del 17/04/2012, Rv. 253694 . 2.3. Il terzo motivo di ricorso è fondato. La Corte di appello non ha motivato il rigetto della richiesta di applicazione dell’articolo 131 bis cod. penumero disposizione posteriore alla emanazione della sentenza di primo grado perché, come evidenziato nei ricorsi, la formula adoperata nella sentenza la prescrizione elimina alla radice le lagnanze difensive in ordine all’applicazione dell’articolo 131-bis cod. penumero pag. 10 - valevole per le contravvenzioni medio tempore prescritte - non può valere per il delitto ex articolo 336 cod. penumero perché non prescritto. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto. 2.4. Anche il quarto motivo di ricorso è fondato. La motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche - che nella sentenza di primo grado, si è risolta in una formula no 62 bis per gravità condotta pag. 4 , inadeguata perché non esplicita le ragioni per le quali la condotta è stata valutata grave - è del tutto assente nella sentenza impugnata che, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’applicazione delle attenuanti generiche e, quanto a M. e T. , anche sull’accertamento della causa di non punibilità ex articolo 131 bis cod. penumero e rinvia per nuovo giudizio sui punti ad altra Sezione della corte d’appello di Genova. Rigetta i ricorsi nel resto.