Assegno di divorzio: è opportuno ritornare a valutare anche il tenore di vita e non solo l’autosufficienza

Vediamo, quindi, cosa è successo questa mattina e quali sono state le tesi che si contengono il campo in attesa della decisione delle Sezioni Unite.

Si è tenuta questa mattina l’udienza pubblica delle Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sull’importante e delicata questione dell’assegno divorzile dopo la nota sentenza 11504/2017 della prima sezione civile che aveva innovato il quasi trentennale orientamento giurisprudenziale affermando che occorre svolgere un giudizio in duplice fase in una prima fase occorre valutare se esiste l’ an del diritto guardando soltanto all’adeguatezza dei mezzi e, in una seconda ed eventuale fase valutare ai fini del quantum anche il tenore di vita durante la vita matrimoniale. La questione è stata assegnata alla decisione delle Sezioni Unite in forza del provvedimento del Primo Presidente del 30 ottobre 2017 e la cui opportunità”, se non addirittura la necessità, era stata sottolineata dai più e anche dal Procuratore Generale nel corso dell’udienza pubblica. Vediamo, quindi, cosa è successo questa mattina e quali sono state le tesi che si contengono il campo in attesa della decisione delle Sezioni Unite. Il caso sub judice. Nel caso di specie era stata impugnata una sentenza della Corte di Appello di Bologna che aveva negato il diritto all’assegno all’ex moglie in quanto disponeva di mezzi adeguati per il proprio sostentamento richiamando proprio il nuovo corso della prima sezione civile. Certamente il caso era particolare come è emerso durante la discussione un matrimonio celebrato nel 1978 durato 27 anni dove i due coniugi avevano svolto le loro attività professionali fino a conseguire un rispettabile patrimonio. Patrimonio costruito dai coniugi durante il matrimonio ognuno con la propria attività professionale che, al momento della separazione, ammontava a circa 7 milioni di euro e che venne diviso tra i due coniugi in parti sostanzialmente uguali. All’esito del primo grado di giudizio la signora ottenne dal Tribunale di Reggio Emilia un assegno di circa 4.000 euro mensili che, però, la Corte di appello ritenne non più dovuti con conseguente diritto dell’ex marito a ottenere la restituzione di quanto versato in forza della sentenza di primo grado. Occorre guardare sempre al caso concreto Ebbene, per la Procura Generale il principio affermato dalla prima sezione della Cassazione con la nota sentenza 11504 del 2017 potrebbe essere pure, in astratto, condivisibile nella parte in cui ritiene che l’autosufficienza sia uno dei parametri da esaminare. Tuttavia qualsiasi principio secco o rigido corre il rischio di favorire una giustizia di classe occorre sempre guardare – specie in questa materia caratterizzata da infinite variabili – al caso concreto. il giudizio deve essere unitario. Occorre guardare al caso concreto svolgendo un giudizio unitario” sulla spettanza del diritto all’assegno. Ne deriva – volendo seguire l’insegnamento della sentenza della Corte Costituzionale n. 11/2015 – la necessità di superare quella doppia fase” ribadita dalla prima sezione e consistente, cioè, nell’esaminare prima se esiste il diritto guardando all’autosufficienza dei mezzi e, poi, ritenuto esistente il diritto passare alla fase di quantificazione. E in questo giudizio unitario occorre guardare a tutti i parametri previsti dall’art. 5, comma 6, della legge valorizzando il caso concreto. Semplificazione delle motivazioni. Del resto, la difesa della ricorrente ha richiamato l’attenzione della Suprema Corte anche sul fatto che dopo la sentenza 11504 si è assistito ad un cambiamento nella tecnica di motivazione dei giudici non più una ponderata” valutazione di tutti gli elementi, ma tutto più semplificato” con il richiamo alla sola adeguatezza dei mezzi. Un mutamento che per la difesa della ricorrente non appare giustificato né dalla c.d. autoresponsabilità né dalla maggiore semplificazione della procedura di divorzio anche davanti all’Ufficiale di stato civile o in sede di negoziazione assistita né, infine, dal confronto con gli altri ordinamenti se è vero che, ad esempio, il giudice inglese ha la necessità di considerare il tenore di vita e l’eventuale vantaggio conseguito dal matrimonio. Ed ancora, come sarebbero del resto giustificabile l’assenza di solidarietà postconiugale con la previsione di quella particolare solidarietà che emerge dalle norme che prevedono la pensione di reversibilità, l’assegno successorio e la quota del TFR percepito? Rilevanza della divisione del patrimonio? Secondo la difesa dell’ex marito, pure a voler ritenere possibile il riconoscimento dell’assegno, resterebbe comunque che, nel caso concreto, la finalità dell’assegno sarebbe stata assicurata dalla ripartizione in parti uguali del cospicuo patrimonio accumulato durante la vita coniugale al momento della separazione personale dei coniugi. Del resto, ha osservato la difesa, dopo la separazione nessun apporto era stato dato da un coniuge allo sviluppo del patrimonio dell’altro così che non appare corretto che a giustificare l’assegno possa essere soltanto la disparità reddituale.