Riconosciuto l’assegno divorzile per l’ex moglie in crisi

Emerge in modo netto la precarietà della donna, destinataria anche di un provvedimento di sfratto. Confermato perciò l’obbligo dell’ex marito di versarle mille euro ogni mese.

Sfrattata e costretta a chiedere ospitalità a una persona anziana, facendole, in cambio, da badante. Situazione davvero precaria per una donna, che ha pieno diritto all’assegno divorzile da parte dell’ex marito Cassazione, ordinanza numero 30738/17, sez. VI Civile, depositata oggi . Sostegno. In primo grado l’onere economico dell’uomo viene fissato in «1.500 euro al mese». In secondo grado i giudici ritengono giusto ridurre l’importo in favore dell’ex moglie a «1.000 euro al mese». Nessun dubbio, invece, sul fatto che la donna abbia bisogno del sostegno economico dell’ex marito. Identica visione adottano anche i giudici della Cassazione, che respingono le obiezioni proposte dall’uomo. I magistrati ritengono evidente «l’inadeguatezza dei redditi» dell’ex moglie, che, di conseguenza, «non può far fronte alle normali esigenze di vita». A questo proposito viene evidenziato che, come ricostruito tra primo e secondo grado, «la situazione della donna si era aggravata a seguito di uno sfratto per morosità» e che «ella viveva nell’abitazione di una persona anziana che assisteva in cambio di ospitalità». In sostanza, è lapalissiana «la mancanza di indipendenza e di autosufficienza economica» della donna, e, di conseguenza, è doveroso l’aiuto da parte dell’ex marito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 28 novembre – 21 dicembre 2017, numero 30738 Presidente Scaldaferri – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 27 maggio 2016, per quanto ancora interessa, ha ridotto da Euro 1500,00 a Euro 1000,00 l'importo dell'assegno divorzile posto a carico di D.A. Anumero in favore dell'ex coniuge B.R Il D.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un complesso motivo, cui si è opposta la B Ragioni della decisione Il D.A. ha denunciato vizio motivazionale in ordine alla configurabilità dei presupposti per la concessione dell'assegno divorzile, di cui all'articolo 5, comma 6, legge numero 898 del 1970, che assume non ricorrenti nella fattispecie, imputandosi alla Corte di merito di avere mal valutato le condizioni reddituali sia proprie sia della Ba., la quale percepirebbe redditi da un'attività lavorativa svolta in nero, e di non avere ammesso le istanze istruttorie da esso proposte. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, nel confermare l'attribuzione dell'assegno divorzile, seppure in una misura ridotta rispetto a quella determinata dal primo giudice, ha accertato l'inadeguatezza dei redditi della Ba., tali da non permetterle di far fronte alle normali esigenze di vita i giudici di merito hanno precisato che la sua situazione si era aggravata a seguito di una sfratto per morosità e che non era contestato che ella vivesse nell'abitazione di una persona, anziana che assisteva in cambio di ospitalità. E' questo un accertamento di fatto, non revisionabile in sede di legittimità, che integra la condizione di mancanza di indipendenza-autosufficienza economica che è presupposto legale dell'attribuzione dell'assegno divorzile, alla luce della recente evoluzione della giurisprudenza di legittimità in materia Cass. numero 11504 del 2017 , risultando irrilevante l'ulteriore riferimento, presente nella sentenza impugnata, al requisito, ormai superato, della conservazione del tenore di vita matrimoniale. Inoltre, il motivo, prospettando un vizio di erronea, contraddittoria e carente motivazione, suppone come ancora esistente il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza, essendo invece oggi denunciabile, in seguito alla modifica dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. apportata dall'articolo 54 D.L. numero 83/2012, convertito in legge numero 134/2012, soltanto l'omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti Cass., sez. unumero , numero 8053 e 8054 del 2014 . Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi. Doppio contributo a carico del ricorrente come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.