di Angelo Buscema
di Angelo Buscema *Costi di manodopera sempre documentabili in assenza di una contabilità di cantiere spetta ai giudici di merito la valutazione. L'ordinanza numero 6778 della Corte di Cassazione, depositata il 24 marzo 2011, ha statuito che la produzione di documentazione dopo il controllo dell'Amministrazione, da parte di un'impresa, per provare i costi di manodopera sostenuti, deve essere valutata dal giudice di merito anche se il contribuente non aveva istituito la contabilità per ciascun cantiere. Il socio amministratore può sempre provare i costi di manodopera sostenuti in assenza di una contabilità di cantiere. Poiché spetta ai giudici di merito la valutazione. La vicenda. Tale pronuncia ha accolto il ricorso di una società la quale si era vista rettificare i redditi perché, secondo l'Ufficio accertatore, la manodopera impiegata era eccessiva per il numero di ore. L'ufficio aveva presunto l'impiego dei lavoratori per effettuare operazioni in evasione di imposta a favore di terzi. Il tutto, peraltro, era stato avvalorato per i verificatori dalla mancanza di un idonea contabilità di cantiere per riscontrare l'effettiva manodopera utilizzata in ciascun sito produttivo. La tesi dell'Amministrazione finanziaria era poi stata sostanzialmente condivisa dalla Commissione Tributaria Regionale. La Suprema Corte, invece, ha censurato la sentenza di secondo grado poiché ritenuta mancante di adeguate motivazioni. I giudici di legittimità, accogliendo la tesi difensiva hanno censurato la sentenza di secondo grado in quanto non ha motivato le ragioni per le quali non è stata ritenuta sufficiente la successiva documentazione prodotta dall'impresa. Dalla presenza di lavoratori in nero si presumono maggiori ricavi. Giova rilevare che con sentenza numero 2593 del 3 febbraio 2011 la Corte di Cassazione ha riconosciuto legittima la presunzione di maggiori ricavi operata dall'ufficio, sulla base di personale in nero. L'impiego in nero di un lavoratore non solo impedisce la deduzione dei costi non contabilizzati, ma giustifica il maggior reddito accertato induttivamente dall'Agenzia delle Entrate. Il Collegio ha rilevato che il divieto di doppia presunzione c.d. praesumptio de praesumpto attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice e non può ritenersi, invece, violato nel caso, quale quello di specie, in cui da un fatto noto presenza di un dipendente non regolarmente assunto per il quale la stessa contribuente ha ammesso la corresponsione di una retribuzione non contabilizzata si risale - peraltro in forza di presunzione legale, seppur relativa articolo 39, comma 1, lett. d , D.P.R. numero 600/1973 - ad un fatto ignorato maggior redditività dell'impresa e, non semplicemente maggior costi per retribuzioni, come prospetta in memoria il contribuente , in relazione alla quale la contribuente non ha assolto l'onere della prova contraria . Sul punto specifico dei maggiori ricavi derivanti dalla presenza di personale in nero ricordiamo l'intervento della Corte di Cassazione - la sentenza numero 6335/2008 - che ha presunto che le somme versate dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscano corrispettivo di prestazioni lavorative, cassando così la sentenza di merito che aveva ritenuto credibile l'asserzione del contribuente secondo cui tali versamenti costituivano restituzione di prestiti concessi dai dipendenti - extracomunitari - al datore di lavoro. Sciolto ogni dubbio non c'è la doppia presunzione. Dunque, la Suprema Corte ha affermato - nei riguardi della tesi avanzata dal contribuente - che, non solo il lavoratore clandestino non è un costo deducibile, ma la sua presenza fa senz'altro presumere un maggior reddito legato a un maggiore volume d'affari. Al contribuente l'onere della prova. Inoltre, rispetto a tale ricostruzione, il contribuente non ha opposto alcuna prova contraria, come voluto, per scardinare gli addebiti mossi, dalla disposizione generale contenuta nell'articolo 2697, comma 2, c.c La regola sostanziale di riparto dell'onere della prova onus probandi ei incumbit qui agit non qui negat posta dall'articolo 2697 c.c. trova, cittadinanza nelle controversie tributarie pur non esprimendo regole proprie dell'ordinamento tributario. L'articolo 2697 c.c. distribuisce, il rischio del mancato convincimento del giudice. Non esiste incompatibilità giuridica tra il processo tributario ed i presupposti richiesti dall'istituto dell'onere della prova di cui all'articolo 2697 c.c. in buona sostanza le disposizioni fiscali non pongono divieti espressi od impliciti all''applicazione nella materia tributaria dell'articolo 2697 c.c. che è una regola di giudizio sul fatto incerto che soccorre il giudice che non può emanare decisioni di non liquet. Peraltro, l'onere della prova costituisce un elemento ineliminabile nel processo tributario a prescindere dalla natura dispositiva o inquisitoria del processo. Spetta al Fisco provare i fatti costitutivi della pretesa erariale. E' ius receptum che spetta all'Amministrazione finanziaria - nel quadro dei generali principi che governano l'onere della prova - dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell'esistenza di un maggiore imponibile, mentre il contribuente, il quale intenda contestare la capacità dimostrativa di quei fatti, oppure sostenere l'esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve a sua volta dimostrare gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano. Nell'ambito del rapporto d'imposta spetta al Fisco l'onere di provare i fatti costitutivi della pretesa erariale mentre incombe sul contribuente la prova del fatto modificativo ed estintivo dell'obbligazione tributaria. Il Fisco è gravato in sede contenziosa dell'onere di provare i fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria non in quanto autore dell'atto, sottoposto alla verifica della CT, ma perché riveste la posizione sostanziale di creditore. La veste di parte attrice in senso sostanziale è assunta dal fisco il contribuente è formalmente attore ma dal punto di vista sostanziale è il fisco creditore che deve fornire la prova del credito vantato La posizione formale delle parti ricorrente e resistente non interessa la regola di riparto dell'onere della prova è al rapporto sostanziale tra il fisco-creditore ed il contribuente-debitore che si riferisce la regola di cui all'articolo 2697 c.c L'azienda deve sempre documentare i costi. Il contribuente deve provare i fatti che comportano una riduzione del carico fiscale, che costituiscono il diritto al rimborso, o il diritto all'agevolazione o esenzione fiscale Secondo le regole generali che disciplinano l'assolvimento dell'onere della prova, il cittadino utente, che richiede la riduzione dell'importo da pagare, deve motivare e dimostrare l'esistenza delle condizioni che legittimino la riduzione richiesta. Se è vero che spetta all'A.F. dimostrare l'esistenza di fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rilevatori dell'esistenza di un maggiore imponibile, è altrettanto vero che il contribuente che intenda contestare la capacità dimostrativa di quei fatti, oppure sostenere l'esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve a sua volta dimostrare gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano. Riguardo alla determinazione del reddito d'impresa si è, infatti ribadito che spetta all'ufficio finanziario provare le componenti attive del maggior imponibile accertato, ma spetta al contribuente che intenda contestare tale determinazione, sostenendo ad esempio l'esistenza di costi maggiori di quelli considerati, documentare che essi esistono e sono inerenti all'esercizio cui l'accertamento si riferisce. * Esperto tributario
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 11 novembre 2010 - 24 marzo 2011, numero 6778Presidente Cappabianca - Relatore BisogniFatto e dirittorilevato che in data 5 ottobre 2010 è stata depositata relazione che qui si riporta relativa al ricorso numero 5119/09 Il relatore cons. Giacinto Bisogni Letti gli atti depositati.Osserva 1. La controversia ha per oggetto l'impugnazione, da parte della società contribuente SALPA s.r.l., dell'avviso di accertamento dell'Ufficio di La Spezia dell'Agenzia delle Entrate con il quale erano stati ripresi a tassazione costi indeducibili ed era stato rettificato il reddito, per il periodo di imposta 1998, in relazione alla verifica fiscale che aveva consentito, secondo l'Amministrazione, di constatare maggiori ricavi non contabilizzati.Specificamente l'Agenzia rilevava su questo secondo punto che i verificatori avevano ritenuto non giustificate un certo numero di ore lavorate e le avevano considerate come relative a prestazioni rese a terzi senza fatturazione. La società ricorrente si opponeva all'accertamento e deduceva che le prestazioni di lavoro erano state svolte da dipendenti assunti presso la sede di Savona, iscritti presso l'INAIL locale e destinati ai cantieri presenti nella provincia di Savona nonché da tali lavoratori che avevano operato nei cantieri di La Spezia come trasfertisti 2. La C.T.P. di La Spezia accoglieva parzialmente il ricorso, confermando il recupero dei costi salvo quelli concernenti una nota di accredito per la quale l'Ufficio aveva ritenuto obbligatoria l'emissione di fattura e ritenendo che la società ricorrente avesse portato una ricostruzione analitica e documentata delle ore ritenute lavorate in nero nell'accertamento. La C.T.R. ha invece accolto l'appello dell'Agenzia salvo per quanto riguarda il recupero a tassazione non riconosciuto dalla C.T.P. e ha confermato la legittimità dell'accertamento 3. Ricorre per cassazione la società contribuente con 5 motivi di impugnazione. L'Agenzia delle Entrate si difende con controricorso Ritiene che 1. i primi tre motivi di ricorso attinenti alla insufficienza e incongruità della motivazione, il cui esame risulta assorbente, siano fondati dato che la C.T.R. si è sostanzialmente limitata a richiamare l'assenza di una contabilità analitica di cantiere che, peraltro, pacificamente, è stata integrata dalla successiva produzione di documentazione e deduzione di chiarimenti da parte della SALPA s.r.l. sulla quale la C.T.R. non ha speso alcuna considerazione specifica e alcuna valutazione sostanziale idonea a far comprendere le ragioni della decisione 2. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l'accoglimento del ricorso rilevato che in data 5 ottobre 2010 è stata depositata relazione che qui si riporta relativa al ricorso numero 5585/09 Il relatore cons. Giacinto Bisogni Letti gli atti depositati.Osserva 1. La controversia ha per oggetto l'impugnazione, da parte della società contribuente SALPA s.r.l., dell'avviso di accertamento dell'Ufficio di La Spezia dell'Agenzia delle Entrate con il quale erano stati ripresi a tassazione costi indeducibili ed era stato rettificato il reddito, per il periodo di imposta 1998, in relazione alla verifica fiscale che aveva consentito, secondo l'Amministrazione, di constatare maggiori ricavi non contabilizzati.Specificamente l'Agenzia rilevava su questo secondo punto che i verificatori avevano ritenuto non giustificate un certo numero di ore lavorate e le avevano considerate come relative a prestazioni rese a terzi senza fatturazione. La società ricorrente si opponeva all'accertamento e deduceva che le prestazioni di lavoro erano state svolte da dipendenti assunti presso la sede di Savona, iscritti presso l'INAIL locale e destinati ai cantieri presenti nella provincia di Savona nonché a tali lavoratori che avevano operato nei cantieri di La Spezia come trasfertisti 2. La C.T.P. di La Spezia accoglieva parzialmente il ricorso, confermando il recupero dei costi salvo quelli concernenti una nota di accredito per la quale l'Ufficio aveva ritenuto obbligatoria l'emissione di fattura e ritenendo che la società ricorrente avesse portato una ricostruzione analitica e documentata delle ore ritenute lavorate in nero nell'accertamento. La C.T.R. ha invece accolto l'appello dell'Agenzia salvo per quanto riguarda il recupero a tassazione non riconosciuto dalla C.T.P. e ha confermato la legittimità dell'accertamento 3. Ricorre per cassazione l'Agenzia delle Entrate con un unico motivo di impugnazione con il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 600 del 1972, articolo 6 e 26, dica la Corte se il D.P.R. numero 600 del 1972, articolo 26, concerne tutte le possibili ipotesi di variazione dell'imponibile e dell'imposta di guisa che, quindi, deve ritenersi applicabile sia al fine della determinazione dell'ammontare dell'I.V.A. sia ai fini dell'imposta sui redditi e, ciò premesso, relativamente al caso di specie, dica se, contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sentenza, la società possa stornare ricavi in assenza dei presupposti previsti dalla normativa sopra richiamata e in assenza della fattura che la medesima società contribuente ha omesso di emettere al momento della percezione dell'acconto 4. Si difende con controricorso la società SALPA s.r.l. Ritiene che 1. il ricorso deve essere riunito a quello proposto dalla SALPA s.r.l. avverso la stessa sentenza della CTR iscritto al numero R.G. 5119/09 2. il ricorso dell'Agenzia delle Entrate sia infondato in quanto la decisione della C.T.R. è stata fondata anche sulla risolutiva circostanza di fatto della avvenuta prova da parte della contribuente della successiva fatturazione dell'intero importo della prestazione cui si riferiva il parziale storno ritenuto illegittimo dall'amministrazione finanziaria. Rispetto a tale ratio decidendi l'Agenzia non ha proposto impugnazione e, per quanto possa valere, le motivazioni addotte dalla C.T.R. sul punto appaiono congrue e conseguenti allo svolgimento dei fatti 3. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso ritenuto che i due ricorsi aventi ad oggetto l'impugnazione della stessa sentenza devono essere riuniti la prima delle due relazioni sopra riportate appare pienamente condivisibile cosicché i primi tre motivi del ricorso della società contribuente devono essere accolti con rinvio alla C.T.R. della Liguria in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione mentre il ricorso dell'Agenzia delle Entrate deve considerarsi assorbito.P.Q.M.La Corte riunito il ricorso iscritto al R.G. numero 5585/09 al ricorso iscritto al R.G. numero 5119, accoglie i primi tre motivi del ricorso della società contribuente, assorbiti gli altri motivi e il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Liguria che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.