Mascherine e turbolenze ad alta quota: il tafferuglio sul volo Ibiza-Bergamo avrà un seguito in tribunale?

La notizia è di pochi giorni fa e, complice il gran baccano che ha provocato, è assurta subito agli onori delle cronache dell'era covidiana. Si legge nei vari, molteplici resoconti del fatterello che ad una passeggera era chiesto di tirare su la mascherina.

La passeggera per questa richiesta essa sarebbe andata su tutte le furie, seppellendo un'altra passeggera sotto un fitto diluvio di insulti, culminato in un sonoro sputo. La scena, prontamente filmata da qualche lesto smartphone, pare abbia fatto rapidamente il giro del web e dei social, così come è oggi costume ogni qualvolta si verifichi un fatto fuori dall'ordinario. Non manca mai – ovunque ci si trovi – chi si improvvisa cameraman e cattura fulmineamente la sequenza dei fatti, o almeno una parte di essa. Dalla videoripresa si passa poi alla diffusione del filmato, che – lungi dall'essere messo a disposizione soltanto di chi ha titolo per usufruirne – comincia solitamente a circolare su tutti i canali meno controllabili che l'Essere Umano abbia mai concepito i social network . Sempre facendo fede alle cronache, pare che al momento dell'atterraggio l'intemperante passeggera sia stata segnalata all'autorità giudiziaria, non sappiamo con esattezza per quale ragione specifica, e che la stessa abbia manifestato l'intenzione di agire per vie legali contro chiunque abbia divulgato il filmato girato a bordo dell'aereo. Se le misure di contenimento hanno evidentemente dato sui nervi della popolazione – che soffre da oltre un anno nella speranza di uscire da un tunnel che appare senza uno sbocco definitivo – tanto da ispirare un movimento, quello dei “ no-mask ”, prontamente sforacchiato dagli strali dei virologi, d'una cosa va dato atto di questo episodio conosciamo soltanto ciò che le immagini, la cui virulenza non ha nulla da invidiare a quella del coronavirus, ci hanno consegnato. Verrà, probabilmente, il momento in cui sapremo qual è la ragione che ha generato il tafferuglio, ammesso che ve ne sia una. Nel frattempo, rifletteremo sul ruolo dei social nella cronaca , e sulle conseguenze a cui va incontro chi ne abusa. La diffusione dei video sulla rete. La normativa sulla privacy è un insidioso labirinto di norme, pieno di dedali e rinvii, nel quale è facile perdere la bussola e ritrovarsi a girarvi dentro senza cavare un ragno dal buco. Il corpo principale ha forma di Testo Unico – l'intenzione era quella, quindi, di sistematizzare ciò che sistematico non lo era affatto -, e quando nel 2003 fu varato evidentemente non ci si accorse che con i suoi oltre 180 articoli senza contare la carovana degli allegati aveva la stessa agilità di manovra d'un transatlantico in uno stagno. A rendere più catartico il supplizio dell'interprete che volesse malauguratamente metteci mano ci ha pensato l'Unione Europea, che nel 2016, con l'intento di armonizzare le diverse normative nazionali, ha varato il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati in sigla GDPR , al quale il nostro ordinamento nel 2018 ha dovuto adeguarsi con un decreto legislativo i cui effetti sulla coerenza del tessuto normativo interno non osiamo scandagliare più a fondo non foss'altro che per paura di smarrire la via del ritorno. E come se non bastasse, alcuni fenomeni – vedi il caso per l'appunto della pubblicazione di un video su Internet – ricadono anche sotto il vigore della legge sulla tutela del diritto d'autore, che inevitabilmente con la normativa in materia di protezione dei dati ha notevoli punti di contatto. E' con questo ingombrante fardello di norme, il più delle volte inconsapevolmente violate da chi fa uso o abuso dei social, che occorre fare i conti. Senza entrare nel dettaglio per non affliggere il lettore, basterà dire che – in linea del tutto generale – la diffusione penalmente rilevante di immagini altrui presuppone intanto l' assenza del consenso del soggetto ritratto e, in secondo luogo, è necessario che la condotta sia mossa dal dolo specifico di cercarvi un profitto o di arrecare ad altri un danno. Innumerevoli le eccezioni alla necessità del previo consenso dell'interessato, generalmente connesse alla natura del personaggio ritratto si pensi al soggetto famoso , ovvero a quella della rilevanza del fenomeno descritto l'interesse pubblico della sua conoscenza esime dalla necessità di procurarsi il consenso di chi vi appare coinvolto. Certamente, tra queste ipotesi non rientra la diffusione sui social di tutto ciò che viene catturato dagli obiettivi di telecamere, smartphone et similia. E per arrivare a questa conclusione non occorre scansare l'annegamento nella normativa sulla privacy basta soltanto un po' di buonsenso.