L’articolo 41-bis ord. pen. riconosce il diritto ai colloqui anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato. Infatti, il detenuto sottoposto al suddetto regime ha diritto ad un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di soggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente. Per chi non effettua colloqui è prevista, inoltre, solo dopo i primi 6 mesi, l’effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di 10 minuti sottoposto anch’esso a registrazione e a videoregistrazione.
Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19826/21, depositata il 19 maggio. Il Tribunale di sorveglianza di Trieste accoglieva parzialmente il reclamo proposto da un detenuto nella casa Circondariale di Tolmezzo in regime di 41-bis ord. penumero , nei confronti del decreto del magistrato di sorveglianza di Udine che aveva respinto il reclamo contro il rigetto della Direzione del carcere di effettuare i colloqui in video-collegamento con i familiari, causa COVID-19. Il Tribunale ordinava all’Amministrazione penitenziaria di consentire all’imputato di videochiamare tramite l’uso della piattaforma DGSIA. Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Trieste ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, l’inosservanza o erronea applicazione degli articolo 69, comma 6, lett. b , 1, 35-bis, 4-bis, comma 2-quater, lett. b ord. penumero in quanto il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente riconosciuto il diritto al colloquio in video-collegamento da parte di coloro che sono sottoposti a regime detentivo differenziato. Inoltre, introducendo una nuova forma di colloquio e sforando la sfera di competenza della stessa Amministrazione. Tutto ciò basandosi sull’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui «la legge non contemplerebbe, né per i detenuti in regime ordinario, né per quelli sottoposti al regime di cui all’articolo 41-bis ord. penumero , videoconferenze o video-colloqui, né “colloqui visivi sui generis”, delimitando la legge penitenziaria i concetti di “colloquio” e di “corrispondenza telefonica”» Cass. numero 16557/2019 . Ma il ricorso del Procuratore generale è infondato, in quanto secondo la giurisprudenza di legittimità «i colloqui visivi costituiscono un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali gli articolo 28 ord. penumero , secondo cui particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie 18, comma 3, che riconosce particolare favore ai colloqui con i familiari 1, comma 6 e 15 ord. penumero i quali collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell’attività di recupero e rieducazione del condannato 61, comma 1, lett. a e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, numero 230, il quale contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell’isolamento con esclusione dalle attività in comune» Cass. numero 7654/2014, numero 47326/2011, numero 33032/2011, numero 27344/2003, numero 22573/2002 . Ne consegue che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell’articolo 41-bis ord. penumero . Infatti, ai sensi del suddetto articolo, il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto ad un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di soggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente. Per chi non effettua colloqui è prevista, inoltre, solo dopo i primi 6 mesi, l’effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di 10 minuti sottoposto anch’esso a registrazione e a videoregistrazione. Nel caso di specie il Tribunale ha sostituito il colloquio telefonico mensile con la videochiamata, da effettuare comunque utilizzando le apparecchiature presenti in carcere e sotto il controllo della polizia penitenziaria. Per questi motivi la Suprema Corte rigetta il ricorso formulato dal Procuratore generale e rinvia al Tribunale di sorveglianza di Trieste.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 aprile – 19 maggio 2021, numero 19826 Presidente Casa – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 13/10/2020, il Tribunale di sorveglianza di Trieste ha parzialmente accolto il reclamo proposto nell’interesse. di A.A. , detenuto nella casa Circondariale di Tolmezzo in regime di cui all’articolo 4-bis Ord. Penumero avverso il decreto numero 503/2020 del Magistrato di sorveglianza di Udine in data 13/5/2020 che, aveva respinto il reclamo contro il rigetto della Direzione del carcere di effettuare i colloqui in video-collegamento con i familiari, stante l’emergenza Covid-19. Per l’effetto, il Tribunale ordinò all’Amministrazione penitenziaria di consentire ad A. di effettuare mediante video-chiamata il colloquio telefonico mensile ex articolo 4-bis, comma 2-quater, lett. b , Ord. Penumero , mediante l’uso della piattaforma DGSIA e nell’osservanza delle cautele previste sia nella Circolare della Direzione Generale Detenuti e Trattamento numero 00312-16.0 del 30 gennaio 2019 sia nell’articolo 16.2 della Circolare 3676/6126 de12.10.2017, applicate a entrambe i colloquianti. Con la stessa ordinanza, il Tribunale di sorveglianza ha, inoltre, rigettato il reclamo tendente a ottenere i colloqui in videocollegamento e le telefonate sul cellulare dei familiari. 2. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 69, comma 6, lett. b , articolo 1 e 35-bis, articolo 4-bis, comma 2-quater, lett. b , Ord. Penumero . Il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente riconosciuto il diritto al colloquio in video-collegamento da parte di coloro che sono sottoposti a regime detentivo differenziato. Dal quadro normativo e amministrativo di riferimento, nondimeno, emergerebbe l’indebita estensione ai detenuti sottoposti a regime differenziato della disciplina dettata per la media e alta sicurezza, nonostante l’esclusione operata dall’Amministrazione, in linea con quanto previsto dal D.L. numero 34 del 2020, articolo 221, comma 10, che pone sullo stesso piano le due modalità dei colloqui tramite video-collegamento e con il mezzo telefonico, rimettendo l’effettiva valutazione alla discrezionalità della stessa Amministrazione, avuto riguardo alla situazione delle diverse realtà carcerarie. Inoltre, l’ordinanza impugnata introdurrebbe indebitamente una nuova figura di colloquio, individuando, per i detenuti in regime di 41-bis, lo svolgimento del medesimo tramite video-chiamata, in sostituzione di quello visivo, stabilendone le modalità svolgimento con un’ingiustificata ingerenza del Tribunale di sorveglianza rispetto a una sfera di competenza dell’Amministrazione, come riconosciuto, di recente, dalla stessa Corte di cassazione, secondo cui la legge non contemplerebbe, nè per i detenuti in regime ordinario, nè per quelli sottoposti al regime di cui all’articolo 41-bis Ord. Penumero , videoconferenze o video-colloqui, nè colloqui visivi sui generis , delimitando la legge penitenziaria i concetti di colloquio e di corrispondenza telefonica cfr. Sez. 1, numero 16557 del 16/4/2019, secondo cui vi sarebbe il rischio di una violazione della parità di trattamento tra i detenuti . Inoltre, le aperture registratesi nella giurisprudenza di legittimità sarebbero state giustificate dall’eccezionalità del caso concreto. In ogni caso, la realizzazione del colloqui con modalità telematiche atterrebbe non ai rapporti del detenuto con i familiari, ma alle relative modalità esecutive, che l’Amministrazione penitenziaria sarebbe chiamata a disciplinare. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza, da un lato, riconosciuto che nei casi in cui è stata ammessa la possibilità di svolgere il colloquio del detenuto sottoposto a regime differenziato attraverso video-collegamento, si trattava di casi eccezionali e, dall’altro lato, per avere generalizzato la relativa modalità, benché i legami familiari del detenuto potessero essere garantiti attraverso le modalità ordinariamente previste. Allo stesso modo, l’ordinanza impugnata, nella parte in cui riconosce che la conversazione a distanza possa essere notoriamente registrata attraverso la piattaforma Skype for Business o altra equivalente, peccherebbe di ingenuità, attesa la facilità di realizzazione di un’intrusione informatica, considerato l’elevato profilo criminale dei detenuti sottoposti a regime differenziato. Ciò assumerebbe una chiara rilevanza considerando che, con riguardo a tali detenuti, esiste il rischio di mantenere i contatti con i sodali in libertà, incrementato dal fatto che gli stessi congiunti del detenuto spesso sono legati alla criminalità organizzata, mantenendo vivi i contatti o sostituendosi al parente recluso in regime di 41-bis. Nè, la soluzione accolta dal Tribunale di sorveglianza di Trieste sul punto, ovvero la possibilità del controllo visivo da parte del personale della polizia penitenziaria e che il familiare svolga la video-chiamata presso un carcere all’uopo indicato, sarebbe praticabile da un punto di vista giuridico. Pertanto, l’ordinanza impugnata sarebbe illogica, per l’omessa considerazione, da parte del Tribunale, del regime differenziato e delle motivazioni che ne giustificano la previsione, non essendovi alcun serio contemperamento tra le esigenze contrapposte, con il rischio di adottare una soluzione generalizzata senza alcun bilanciamento fra i diritti del detenuto e le esigenze di tutela della collettività. 3.’ Avverso l’ordinanza ha anche proposto ricorso per cassazione A.A. , per mezzo del difensore di fiducia, avv. Maria Teresa Pintus, con il quale ha dedotto un unico motivo di impugnazione, denunciando, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 1, comma 6, articolo 15, articolo 18, comma 3, articolo 28 e articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. b , Ord. Penumero , D.P.R. numero 230 del 2000, articolo 61, comma 1, lett. a e articolo 73, comma 3, articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 29, 30 e 31 Cost., articolo 8 CEDU. Il Collegio avrebbe consentito al detenuto in regime differenziato di effettuare la telefonata mensile sostitutiva del colloquio visivo con i familiari aventi diritto, senza però motivare in relazione alla possibilità, chiesta in sede di reclamo, di effettuare il colloquio visivo in videoconferenza, avente la durata di un’ora e non di soli dieci minuti e, quindi, incorrendo in violazione di legge in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. 4. In data 21/3/2021 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale sono stati chiesti il rigetto del ricorso del Procuratore generale e la declaratoria di inammissibilità di quello di A. . 5. La difesa di A. ha, infine, presentato una memoria, con la quale ha dedotto in relazione al primo motivo del ricorso del Procuratore generale, che lo stesso non si confronta con quanto osservato dal Tribunale di sorveglianza di Trieste in ordine al fatto che la L. numero 70 del 2020, articolo 2-quater, non distingua tra detenuti sottoposti o non sottoposti al regime di cui all’articolo 41-bis Ord. Penumero e in ordine alla circostanza che le restrizioni per i detenuti in regime speciale possano essere adottate solo per ragioni di sicurezza, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze nnumero 97 del 2020 e 351 del 1996. Inoltre, il Tribunale di sorveglianza non avrebbe concesso i video-colloqui ma le videochiamate ossia le video-telefonate non vietate per i detenuti in regime di detenzione speciale. Quanto ai rischi che la videochiamata sia utilizzata per veicolare messaggi occulti ai familiari, essi dovrebbero essere esclusi quando la video-chiamata sia diretta a un interlocutore fisicamente presente in un istituto penitenziario. Lo stesso pericolo riguarderebbe, del resto, anche i colloqui visivi regolati dall’articolo 16 della Circolare D.A.P. numero 3676/6126 del 2/10/2017, presidiati dalla videoregistrazione e dall’ascolto, ma anche dalla possibilità di interruzione ai sensi del D.P.R. numero 230 del 2000, articolo 37, comma 4. Il secondo motivo sarebbe inammissibile perché proposto per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606 c.p.p., lett. e , laddove l’articolo 35-bis, comma 4-bis, Ord. Penumero prevedrebbe il ricorso soltanto per violazione di legge, sicché dovrebbe escludersi la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità cita Sez. 4, numero 29458 del 30/9/2020, A. . Nel merito, si osserva l’assenza di riscontri all’affermazione secondo cui sarebbe possibile, a terzi soggetti, appropriarsi delle registrazioni, copiarle, diffonderle ovvero utilizzare i più moderni strumenti informatici per compiere intromissioni ancora più radicali e che, in realtà, captare, registrare e diffondere le conversazioni telefoniche tradizionali tra il detenuto e i familiari sarebbe ancora più facile rispetto alle comunicazioni telematiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale è infondato e, pertanto deve essere respinto. Deve, invece, essere accolto il ricorso presentato dal detenuto. 2. Muovendo dall’analisi del ricorso della Parte pubblica, occorre premettere che, secondo la giurisprudenza di legittimità, i colloqui visivi costituiscono un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali l’articolo 28 Ord. Penumero , secondo cui particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie articolo 18, comma 3, che riconosce particolare favore . ai colloqui con i familiari 1, comma 6, e articolo 15 Ord. Penumero i quali collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell’attività di recupero e rieducazione del condannato articolo 61, comma 1, lett. a , e D.P.R. 30 giugno 2000, numero 230, articolo 73, comma 3, il quale contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell’isolamento con esclusione dalle attività in comune cfr. Sez. 1, numero 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Trigila, in motivazione Sez. 1, numero 47326 del 29/11/2011, Panaro, Rv. 251419 Sez. 1, numero 33032 del 18/4/2011, Solazzo, Rv. 250819 Sez. 1, numero 27344 del 28/5/2003, Emmanuello, Rv. 225011 Sez. 1, numero 22573 del 15/5/2002, Valenti, Rv. 221623 Sez. 1, numero 21291 del 3/5/2002, Floridia, Rv. 221688 . Un diritto, quello ai colloqui, che, peraltro, presenta un saldo radicamento sul piano costituzionale cfr. gli articolo 29, 30 e 31 Cost. posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti e convenzionale v. l’articolo 8, Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, il quale stabilisce che ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare . , sicché le limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui così Sez. 1, numero 23819 del 22/6/2020, Madonia, in motivazione . 2.1. Consegue alle considerazioni che precedono che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell’articolo 41-bis Ord. Penumero , ai quali, nondimeno, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero dei colloqui e alle relative modalità di svolgimento, senza che però possa impedirsi al detenuto di accedervi. Infatti, ai sensi dell’articolo 41-bis, comma 1-quater, lett. b , Ord. Penumero , il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto a un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di soggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente. Inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l’effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di 10 minuti, sottoposto anch’esso a registrazione e comunque a videoregistrazione. Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che il colloquio telefonico mensile fosse sostitutivo del colloquio visivo e che al medesimo dovesse essere applicata la disciplina dell’articolo 16.2. della Circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017, numero 3676/6126, con conseguente obbligo, ai sensi dell’articolo 16.2, comma 4, di sottoporre la telefonata a registrazione e ascolto, nonché di effettuarla presso l’istituto penitenziario più vicino al luogo di residenza o di domicilio dei familiari destinatari della conversazione. E una volta operata la surroga del colloquio telefonico rispetto a quello visivo, il Collegio ha ritenuto che la comunicazione dovesse avvenire nelle forme della videochiamata. 3. Sul punto, osserva il Collegio che le modalità di svolgimento del colloquio rientrano in un ambito che appartiene certamente alle competenze dell’Amministrazione penitenziaria, chiamata a definire, attraverso disposizioni con cui si esplica la sua potestà organizzatoria, le concrete modalità di esercizio di quello che, come detto, si configura come un vero e proprio diritto, costituente estrinsecazione del diritto, di ascendenza costituzionale, al mantenimento delle relazioni familiari, ai sensi dell’articolo 29 Cost. e articolo 28 Ord. Penumero Potestà che, con riferimento ai detenuti sottoposti al regime dell’articolo 41-bis Ord. Penumero , deve esplicarsi attraverso la considerazione delle peculiari esigenze sottese al regime differenziato, che impongono di adottare le cautele necessarie a impedire forme di indebita comunicazione con l’esterno, attraverso cui il detenuto intenda perpetuare una posizione operativa all’interno del sodalizio di appartenenza. In proposito, va nondimeno ribadito che, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale, la disciplina più restrittiva prevista per i detenuti sottoposti al suddetto regime può ritenersi giustificata a condizione che le deroghe al regime ordinario siano strettamente connesse alle esigenze di ordine e di sicurezza e che esse siano non altrimenti gestibili, atteso che, ove le limitazioni non siano funzionali a tali esigenze, esse assumerebbero una portata puramente afflittiva, esulante dagli scopi che l’ordinamento attribuisce alla disciplina in questione cfr. Corte Cost., sentenza nnumero 97 del 2020 e 351 del 1996 nonché Sez. 1, numero 43436 del 29/5/2019, Gallucci, in motivazione . Ciò alla luce del principio che individua, nella congruità tra misura e scopo, una declinazione del principio di proporzione, in forza del quale la Corte Europea dei diritti dell’Uomo richiede che le misure che incidono sulle libertà riconosciute dalla Convenzione EDU debbano, per poter essere considerate legittime, perseguire un fine legittimo essere idonee rispetto all’obiettivo di tutela risultare necessarie, non potendo essere disposte misure meno restrittive e parimente idonee al conseguimento dello scopo non realizzare un sacrificio eccessivo del diritto compresso così Sez. 1, numero 43436 del 29/5/2019, Gallucci, in motivazione . 3.1. Lungo la delineata cornice interpretativa, va evidenziato che la Corte di cassazione ha recentemente affermato che il detenuto sottoposto a regime differenziato, ai sensi dell’articolo 41-bis Ord. Penumero , può essere autorizzato a effettuare colloqui visivi con i familiari mediante forme di comunicazione audiovisiva controllabili a distanza, secondo modalità esecutive idonee ad assicurare il rispetto delle esigenze imposte dal citato regime, ove ricorrano situazioni di impossibilità o, comunque, di gravissima difficoltà rispetto all’esecuzione dei colloqui in presenza così Sez. 1, numero 23819 del 22/6/2020, Madonia, Rv. 279577 . Ciò in quanto tali modalità di esecuzione del colloquio da remoto, che l’Amministrazione ha espressamente previsto per i detenuti riconducibili al circuito della cd. media sicurezza, appaiono in grado di garantire una forma di contatto a distanza senza pregiudizio, come si dirà, per le esigenze di tutela della collettività che sono proprie del regime differenziato e che costituiscono, come ricordato, il criterio essenziale per verificare se la disciplina di maggior rigore sia giustificata. Il colloquio in videochiamata appare conforme anche alle esigenze poste alla base della disciplina introdotta dal decreto L. 10 maggio 2020, numero 29, dettato per la gestione della cd. emergenza Covid-19,òche ha previsto la possibilità per i condannati, gli internati e gli imputati di svolgere a distanza i colloqui con i congiunti, proprio per la impossibilità di effettuare i colloqui in presenza determinata dalla situazione pandemica senza che, peraltro, la disciplina distingua tra i detenuti cui è riferibile, sicché da essa possono essere esclusi i detenuti assoggettati al regime penitenziario differenziato soltanto ove la relativa scelta sia realmente funzionale all’obiettivo primario dell’articolo 41-bis Ord. Penumero , costituito dalla necessità di escludere i contatti tra il detenuto e il gruppo criminale di riferimento. Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente evidenziato come la video-chiamata debba essere effettuata utilizzando le apparecchiature presenti nel carcere in cui il detenuto in regime ex articolo 41-bis Ord. Penumero si trova ristretto e quelle installate nell’istituto in cui dovrà essere presente il familiare che debba effettuare la video-chiamata ciò che, ragionevolmente, consente di escludere la possibilità di veicolare messaggi occulti o impliciti, atteso che, diversamente opinando, dovrebbe pervenirsi a escludere anche il colloquio visivo, rispetto al quale ricorrerebbe un analogo rischio. Inoltre, tale possibilità è ulteriormente ridotta dal presidio costituito dalla videoripresa e dall’ascolto della conversazione, oltre che dalla possibilità di interrompere la comunicazione D.P.R. numero 230 del 2000, ex articolo 37, comma 4, svolgendosi sotto il controllo del personale di polizia penitenziaria. Inoltre, l’utilizzo della rete intranet del Ministero della giustizia, che si avvale del personale e delle risorse del D.A.P. e dalla D.G.S.I.A., la possibilità di intercettazione, pur prospettata nel ricorso del Procuratore generale, deve ritenersi, del pari, assolutamente contenuta. Fermo restando che tali profili pertengono a censure che il ricorrente ha prospettato deducendo vizio della motivazione, non consentito in caso di ricorso per cassazione in materia di reclamo giurisdizionale, circoscritto dall’articolo 35-bis Ord. Penumero comma 4 alla sola violazione di legge. Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso formulato dalla Parte pubblica, che proprio in considerazione di tale qualità non deve essere condannata alle spese del procedimento. 4. Venendo, quindi, al ricorso proposto nell’interesse di A.A. , le relative censure riguardano due distinti profili da un lato, la richiesta di effettuare telefonate collegandosi all’utenza cellulare della madre e, dall’altro lato, la possibilità che la videochiamata sia ricondotta alla disciplina dei colloqui e non a quella della corrispondenza telefonica. Quanto al primo profilo, il Tribunale di sorveglianza ha condivisibilmente ribadito che l’utilizzo del cellulare impedisce l’identificazione dell’interlocutore del detenuto sottoposto a regime differenziato, circostanza che vanificherebbe le esigenze di controllo sottese al regime differenziato e alla necessità di escludere i contatti tra il detenuto e il gruppo criminale di riferimento. Ne consegue che, sul punto, la prospettazione difensiva è manifestamente infondata. Fondato è, invece, il secondo profilo. Come già osservato, la videochiamata può in teoria costituire una modalità esecutiva sia del colloquio visivo, sia di quello telefonico. Nel caso di specie, tuttavia, A. aveva chiesto che il colloquio visivo avvenisse con modalità telematica. Il Tribunale di sorveglianza ha, però, ritenuto che la videochiamata costituisse la modalità esecutiva del colloquio telefonico, il quale, come detto, soggiace a una differente disciplina, in particolare per quanto concerne la sua durata, sensibilmente ristretta per tale tipologia di colloqui. La soluzione adottata dal Collegio triestino si pone, nondimeno, in contrasto con quella accolta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la video-chiamata costituisce una modalità esecutiva del colloquio visivo nei casi in cui esso, per motivi eccezionali, non possa avere luogo cfr. Sez. 1, numero 23819 del 22/6/2020, Madonia, in motivazione . Ne consegue che, sul punto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Trieste. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso del Procuratore generale deve essere rigettato. Viceversa, il ricorso del detenuto deve essere accolto nei termini indicati, sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio in relazione alla equiparazione della videochiamata al colloquio telefonico, al Tribunale di sorveglianza di Trieste. P.Q.M. Rigetta il ricorso del Procuratore generale. Annulla l’ordinanza impugnata su ricorso proposto da A.A. e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Trieste.