Nei limiti del credito da garantire, il sequestro non ha confini

L’applicazione del sequestro conservativo – nel caso concreto ad un trust - è legittima quando si possa fondatamente ritenere che le garanzie possano venire meno o essere disperse, senza che l’equilibrio tra patrimonio del debitore e crediti garantiti sia dell’erario sia dei privati possa rappresentare un limite ‘quantitativo’ al sequestro.

Il caso. Nell’ambito di un procedimento per i reati di cui agli articolo 643 e 61 numero 7, c.p., il GIP del tribunale di Roma emetteva decreto di sequestro conservativo, contemporaneamente ad un sequestro preventivo sui beni dell’imputato. Nel valutare la sussistenza dei presupposti applicativi del sequestro conservativo, il giudice aveva valutato che ci fossero chiari indici dell’intenzione dall’imputato di distrarre i beni oggetto della misura in concreto, era stato costituito un trust allo scopo di vendere numerosi beni immobili della persona offesa . L’indagato, vistosi rigettare l’istanza di riesame dal Tribunale della Libertà di Roma, proponeva ricorso per cassazione. Necessità del sequestro conservativo. Quale motivo di ricorso viene addotta l’assenza di una valutazione sulla sproporzione tra beni posseduti e crediti da garantire, in particolare con riferimento al credito erariale per il procedimento in corso. Inoltre, nell’apprezzare il periculum in mora, il giudice non avrebbe tenuto conto del vincolo cautelare già esistente sui beni in forza del sequestro preventivo. La Cassazione dichiara il ricorso manifestamente infondato per due ordini di ragioni. I vincoli reali possono coesistere. Innanzi tutto, secondo la giurisprudenza prevalente della S.C., la coesistenza tra il sequestro conservativo e quello preventivo sui medesimi beni è ammissibile, dato che i due interventi cautelari hanno finalità e modalità applicative differenti. In particolare, l’obiettivo assegnato al sequestro preventivo è quello di garantire il credito, sia dell’erario sia dei privati. Applicazione del sequestro conservativo. Inoltre, la misura cautelare in parola è stata correttamente applicata, poiché il GIP ha effettuato preventivamente «un giudizio prognostico che faccia fondatamente ritenere che le garanzie possano venire a mancare o essere disperse», rispettivamente per fatti indipendenti dalla volontà del debitore oppure per comportamenti addebitabili al debitore. Nella fattispecie, il provvedimento impugnato ha ampiamente motivato riguardo all’elevata abilità dell’imputato nel porre in essere condotte distruttive, con ciò giustificando dal punto di vista soggettivo l’applicazione del vincolo cautelare senza dovere tener conto della proporzione tra patrimonio del debitore e crediti garantiti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 giugno – 28 giugno 2012, numero 25520 Presidente Fiandanese – Relatore Prestipino In fatto e in diritto 1. Con ordinanza del 29.12.2011, il Tribunale della Libertà di Roma, rigettava l'istanza di riesame proposta dal legale rappresentante del T.A. , G.P. , imputato in concorso con M.P. ed E.L. nei cui confronti si procedeva separatamente per i reati di cui agli articolo 81 cpv., 643 e 61 nr. 7 in danno di A.F. , contro il decreto di sequestro conservativo emesso dal gip dello stesso tribunale nei confronti del predetto T. . 2. In sintesi, il tribunale del riesame, premessa l’indiscutibile sussistenza del fumus boni iuris, relativamente all'ipotesi di reato contestata agli imputati, anche in considerazione del rinvio a giudizio di M.P. ed E.L. , rilevava anzitutto, a sostegno della valutazione del periculum in mora, l'assoluta sproporzione tra i beni delle due imputate e il danno cagionato dal reato. Ma rilevava, inoltre, come l'immediato reimpiego delle ingentissime somme ricavate dalla vendita degli immobili della persona offesa attraverso il sofisticato strumento della costituzione di un T. , fosse chiaro indice della volontà degli imputati di distrarre i beni escludeva infine che nella valutazione del periculum in mora potesse interferire il concorrente sequestro preventivo disposto sugli stessi beni. 3-. Ricorre il difensore deducendo il vizio di violazione di legge dell'ordinanza in relazione all'articolo 316 c.p.p Mancherebbe infatti nell'ordinanza ogni concreto apprezzamento sulla sproporzione tra beni posseduti da una parte, e crediti da garantire dall'altra, con particolare riferimento all'ammontare del credito erariale per le spese del procedimento le valutazioni del tribunale sul periculum in mora, inoltre, non terrebbero conto del vincolo cautelare già impresso sui beni con il sequestro preventivo, e non identificherebbero alcun concreto sospetto di dispersione dei beni derivante da condotte di impoverimento del debitore. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. 1. Va anzitutto rilevato, con riferimento alla preliminare questione difensiva della preesistenza, sui beni in oggetto, di un sequestro conservativo, che le finalità e le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono di per sé idonee a realizzare quelle proprie del sequestro conservativo, sicché è ammissibile non solo la coesistenza dei due sequestri sugli stessi beni, ma anche il succedersi nel tempo dei vincoli reali, sempre che ne ricorrano i presupposti di applicazione Vedi, da ultimo, Cass. Sez. 6, Sentenza numero 13142 del 16/03/2011 Peli e altro . 2. Nella prevalente, e comunque condivisibile giurisprudenza di questa Corte cfr., ad es., Cass. Sez. 2, Sentenza numero 6973 del 26/01/2011, Imputato Grossi l'applicazione del sequestro conservativo presuppone un giudizio prognostico che faccia fondatamente ritenere che le garanzie possano venire a mancare o essere disperse, sia per fatti indipendenti dalla volontà e, quindi, dal comportamento del debitore garanzie che manchino , sia per comportamenti addebitabili più strettamente al debitore garanzie che si disperdano , atteso che il legislatore ha voluto coprire tutta la possibile gamma delle ipotesi che, in astratto, potrebbero portare alla perdita delle garanzie, avendo avuto l'obiettivo primario di garantire e proteggere comunque il credito dell'erario e/o dei privati . E, ciò, senza dire che non manca nel provvedimento impugnato il riferimento a condotte distrattive, anzi all'elevata abilità distrattiva dimostrata dagli imputati, già con lo stesso ricorso al sofisticato strumento del T. , alla stregua di una valutazione che soddisfa anche il criterio soggettivo invocato dai ricorrenti e che consente tra l'altro di attribuire minore importanza al dato della proporzione o sproporzione patrimoniale, dal momento che l'eventualità di condotte dispersive non trova certo un limite nell'equilibrio tra patrimonio del debitore e crediti garantiti. 3. In ogni caso, le valutazioni del Tribunale sull'ammontare prevedibilmente onerosissimo delle spese di gestione del patrimonio in sequestro corrispondono ad un apprezzamento di merito che soddisfa lo standard minimo motivazionale desumibile dall'articolo 325 c.p.p., a tenore del quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Cass. S.U.,29 maggio 2008 numero 25933, Malgioglio nel senso che non sia consentito in materia di misure cautelari reali investire la corte di legittimità di questioni afferenti la motivazione del provvedimento, salvo che questa sia totalmente assente, vedi, con specifico riferimento al sequestro conservativo, Cassazione penale sez. V, 6 marzo 2012, numero 19132 . Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all'effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.