Il ddl lavoro è legge: con l’approvazione del ddl si chiude il cantiere della riforma lavoro

Con 393 sì l’Aula di Montecitorio ha approvato definitivamente il testo del ddl di riforma del mercato del lavoro, già licenziato dal Senato, dopo aver votato per quattro volte la fiducia posta sull’articolato del testo. Il sì da parte del Parlamento al riordino delle norme sul lavoro, concesso dai partiti che sostengono il Governo non senza malumori diffusi, consentirà al presidente Monti di partecipare al vertice UE, in programma nei prossimi giorni, forte dell’approvazione di una ‘riforma strutturale’.

Come tale si presenta, in effetti, l’intervento riformatore, che incide - con i 72 articoli che lo compongono - su numerosi temi in ambito di diritto del lavoro. Le finalità. La ‘prospettiva di crescita’ in cui si colloca la riforma, a partire dal documento approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 marzo 2012, si traduce in concreto negli obiettivi perseguiti favorire i rapporti di lavoro stabile, rafforzare le tutele per l’impiego, contrastare la ‘flessibilità cattiva’. Il raggiungimento di tali scopi sarà valutato e monitorato, dopo l’entrata in vigore della legge, da un apposito sistema istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Flessibilità e tipologie contrattuali. La prima delle fattispecie contrattuali oggetto di modifica è quella dei contratti a tempo determinato. Per evitare un uso distorto - ‘ripetuto e reiterato’ si legge nella Relazione illustrativa - di tale forma, in luogo del contratto a tempo indeterminato, viene ampliato, ai fini della conversione, l’intervallo di tempo tra un contratto e l’altro tra le stesse parti contraenti nello spirito della direttiva numero 99/70/CE . Il contratto di apprendistato, invece, assolve alla funzione di ‘canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro’, come recita la Relazione. Tale tipologia contrattuale subirà l’innalzamento della durata minima e del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati. Per i tirocini formativi il Governo viene delegato ad introdurre un quadro normativo più razionale ed efficiente, che individui gli elementi qualificanti il tirocinio e regolamenti il suo svolgimento. A tutela del lavoro a tempo parziale vero e proprio, per evitarne l’uso distorto come strumento di copertura di utilizzi irregolari di lavoratori, al dipendente viene consentito, tramite contratto collettivo nazionale, di modificare simili clausole flessibili ed elastiche. Tra le forme ‘atipiche’, sono sottoposti a modifica anche il lavoro intermittente e il lavoro a progetto. Per il primo è previsto l’obbligo di effettuare una preventiva comunicazione amministrativa, con cui si segnala la chiamata vengono, inoltre, abrogati gli articolo 34, comma 2 e 37 del d.lgs. 276/03. Quanto al secondo, la riforma si prefigge lo scopo di evitare ‘l’elusione’ da parte del datore del rapporto subordinato tramite lo strumento della forma a progetto. In concreto, il progetto deve possedere i requisiti di determinatezza di cui all’articolo 1346 c.c. e viene introdotta un presunzione relativa di subordinazione nei casi in cui l’attività esercitata dal collaboratore sia analoga a quella svolta dai lavoratori dipendenti. Inoltre, in caso di mancata individuazione del progetto, il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa si trasforma automaticamente in rapporto di lavoro subordinato. Assicurazione sociale per l’impiego. L’Assicurazione sociale per l’impiego Aspi prenderà il posto, a partire dal 2013 ma a pieno regime nel 2017, le indennità di disoccupazione, compresa l’indennità di mobilità. Oltre ai lavoratori dipendenti, potranno accedervi anche apprendisti e collaboratori. Per le retribuzioni mensili inferiori a 1180 € l’importo erogato sarà pari al 75% dello stipendio, mentre per quelle superiori l’importo sarà aumentato, a partire dal 75%, del 25% della differenza tra retribuzione mensile e la retribuzione ‘di riferimento’. In ogni caso, la cifra massima erogabile è pari a 1119,32 €. Licenziamenti. L’intervento principale sul regime dei licenziamenti individuali riguarda l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, di cui si modificano i commi dal primo al sesto. Il lavoratore dipendente dal datore che impiega più di 15 lavoratoti è tutelato in caso di licenziamento illegittimo, in presenza di tre regimi sanzionatori. Il giudice, infatti, deve accertare che il licenziamento non sia avvenuto in presenza di discriminazione o motivo illecito, in presenza di inesistenza del giustificato motivo soggettivo o delle giusta causa, oppure del giustificato motivo oggettivo. Non subisce modifiche la disciplina dei licenziamenti discriminatori il datore di lavoro, qualunque sia il numero di dipendenti occupati, è tenuto al reintegro in caso di condanna a reintegrare il lavoratore e risarcire i danni subiti con indennità. Per le controversie in tema di licenziamenti viene introdotto un rito speciale, dedicato alle ipotesi regolate dal nuovo articolo 18 Statuto dei lavoratori. Il rito, che vuole essere snello ma garantire al contempo lo svolgimento in pieno contraddittorio, è bifasico nella prima fase il giudice decide con ordinanza se accogliere o meno la domanda del lavoratore la seconda, a carattere eventuale, in opposizione avverso l’ordinanza di accoglimento o di rigetto della domanda, è del tutto assimilabile al giudizio di merito che si svolge avanti al giudice del lavoro.

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