Il contratto di esclusiva tra il negozio di abiti da sposa e la società fornitrice è costato caro a quest'ultima, anche se il raggio di applicazione è di soli 30 chilometri e la violazione pare riguardi solo e soltanto un singolo episodio.
di Attilio IevolellaAttenzione ai contratti di esclusiva. Possono costare carissimo. Anche se il raggio di applicazione è di soli 30 chilometri e la violazione pare riguardi solo e soltanto un singolo episodio.Forse, però, a rendere la situazione più complessa può essere, come in questo caso, l'oggetto del contratto il sogno di quasi ogni donna, l'abito da sposa. Che deve essere non solo bello ma anche unico, e ovviamente costoso. Ebbene, ritrovarlo in un altro negozio, addirittura in offerta, è un affronto troppo grave. E anche di questo affronto ha dovuto tener conto la giustizia.Abiti da sposa. E lo sposo? Tutto nasce dal contratto di esclusiva tra una società che produce vestiti da sposa, da sposo e da cerimonia e un negozio. Nel raggio di 30 chilometri non debbono esserci altri negozi con i vestiti di quella società.L'accordo salta in aria quando alcuni capi vengono trovati, per giunta in offerta, in un altro negozio. E a nulla serve che il rappresentante commerciale della società provi a porvi rimedio accorre nel negozio finito nel mirino, compra tutti i capi incriminati e li cede, gratuitamente, al negozio esclusivista. E così, la questione arriva nelle aule dei tribunali, e, alla fine, la Corte d'Appello di Milano dichiara la risoluzione del contratto per inadempimento, con relativa condanna della società a pagare il risarcimento dei danni. Aggiungendo, peraltro, che l'esclusiva, inizialmente vigente solo per gli abiti da sposa aveva valore anche per gli abiti da sposo e quelli da società e da cerimonia , con un ampliamento, quindi, del contratto.Quanto mi costi La decisione della Corte d'Appello è tranchant per la società, che, però, prova a ribaltare la situazione, anche considerando quanto le pesa economicamente la sentenza, e propone ricorso in Cassazione.Tutto deve essere rimesso in discussione, secondo la società, ovvero circostanze ed episodi non prese in esame in primo grado e valutate come decisive in secondo grado.Ma, in maniera ampia, i giudici di piazza Cavour difendono le posizioni della Corte d'Appello. Così, era necessario decidere se sussistesse o meno, tra le parti, un patto di esclusiva anche in ordine agli abiti da sposo , e quindi potevano essere utilizzati elementi non presi in esame in primo grado in questa ottica, in particolare, viene a più riprese sottolineato il valore della mancata presentazione all'interrogatorio formale da parte del rappresentante commerciale della società. Anche come dato che rende ancora più chiaro un quadro probatorio preciso. Riferimento, tra l'altro, all'episodio dei capi in vendita, in offerta, nel negozio concorrente, capi subito comprati dal rappresentante commerciale e concessi gratuitamente al negozio esclusivista, e ai manifesti pubblicitari personalizzati che reclamizzavano non solo abiti da sposa ma tutto il vestiario inerente alle nozze e alle relative cerimonie .La beffa e il danno. Altro nodo centrale, per la società, è la condanna al risarcimento del danno al negozio esclusivista. Come è stato quantificato il danno? Su quali basi? Per i giudici di piazza Cavour, la Corte d'Appello ha compiuto una valutazione condivisibile, avendo tenuto conto sia del volume d'affari sviluppato, sia dello specifico episodio relativo alle proteste di un cliente .Episodio, questo, che mescola danno e beffa. Per il negozio, però. Difatti, era venuto meno un ordinativo di ben 8milioni di lire perché il cliente aveva constatato l'offerta in vendita di abiti, a minore prezzo in un altro negozio, quello incriminato. Anche di questo dato, quindi, la Corte d'Appello aveva potuto e dovuto tener conto quindi, la liquidazione dei danni non era avvenuta in mancanza assoluta di elementi di prova .E ora il risarcimento. Tutto confermato, quindi, per i giudici di piazza Cavour. La decisione della Corte d'Appello è lineare risoluzione del contratto e risarcimento dei danni. Quindi, ricorso della società pienamente rigettato, con relativa condanna al pagamento delle spese. Senza dimenticare i soldi da versare al negozio ex esclusivista, che avrà anche dovuto affrontare l'onere di scegliere un altro fornitore - in esclusiva, forse - per non perdere quote di mercato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 maggio - 12 luglio 2011, numero 15300Presidente Schettino - Relatore MateraPer scaricare la sentenza in formato pdf clicca qui