Resta immutato il diritto di proprietà, come registrato dalla c.t.u. E la singola opera, non realizzata anche dagli altri condomini, non deturpa il decoro e l'estetica dell'edificio.
Spazio d’accesso ai ‘box auto’ comune? Non è sufficiente l’uso ripetuto perché esso diventi condominiale. Di conseguenza, la scelta di ‘riappropriarsi’ di quello spazio, da parte del condomino che ne risulta titolare, è pienamente legittima. Opere contestate. Come succede sovente in Italia, è il contesto condominiale quello più ricco di ‘tensioni’ e di contenziosi. E la vicenda, arrivata all’attenzione della Cassazione ordinanza 24645, sezione sesta civile, depositata ieri , nasce proprio per una diatriba sulla gestione degli spazi comuni – o presunti tali – di un condominio. Pomo della discordia è la ‘striscia’ d’accesso ai box auto, utilizzata quotidianamente da tutti, che viene però ‘usurpata’ a causa delle opere eseguite da un condomino. Il piccolo intervento edilizio viene subito contestato, ma la decisione della Corte d’Appello – in riforma di quella di primo grado – respinge la richiesta di abbattere le opere ‘incriminate’, perché esse «non avevano invaso alcuno spazio di proprietà comune» e «non arrecavano alcun pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio». Invasione indecorosa Questione chiusa? Non per i condomini ‘contestatori’, che scelgono di presentare ricorso in Cassazione, rivendicando, ancora, il diritto a vedere abbattute le opere ‘incriminate’ perché hanno invaso «uno spazio comune del condominio». A questo proposito, peraltro, viene affermato, sempre nell’ottica dei ricorrenti, che la consulenza tecnica d’ufficio presa in considerazione in Appello, per stabilire l’eventuale proprietà dello spazio d’accesso ai box auto, è stata «frutto di errore nella valutazione degli atti dei condomini sicché il giudicante non avrebbe dovuto considerare assolto l’onere della prova in ordine alla proprietà esclusiva della striscia di terreno occupata», eppoi «avrebbe dovuto essere anche considerato che i condomini, avendo sempre avuto libero accesso ad essa per la manovra dei loro autoveicoli, ne avevano comunque acquistato la proprietà per usucapione». A questo quadro, poi, bisogna aggiungere, sempre secondo i ricorrenti, un ulteriore elemento la valutazione dell’impatto estetico delle opere realizzate. Secondo i giudici dell’Appello il problema non era neanche valutabile, mentre, per i ricorrenti, andava tenuto presente che «la chiusura dell’area parcheggio era stata eseguita» solo da alcuni condomini e quindi «non era stata uniforme», con conseguenze sul decoro architettonico dell’edificio. Chiusura legittima. Tutti i dubbi proposti dai ricorrenti, però, vengono considerati non fondati dalla Cassazione, che, difatti, opta per la riconferma della sentenza pronunciata in Appello. Quindi, opere legittime nell’area del parcheggio condominiale. A fondamento di questa decisione, comunque, i giudici di piazza Cavour richiamano proprio la consulenza tecnica d’ufficio ‘contestata’ dai ricorrenti. Tale consulenza viene ritenuta attendibile, e, quindi, viene ritenuta attendibile l’attestazione che «la striscia di terreno in contestazione ricade nell’area indicata a parcheggio nella planimetria, e quindi non occupa spazi condominiali». E sempre alla luce di quella documentazione, accompagnata da fotografie ad hoc, l’intervento viene ritenuto «sobrio e rispettoso delle linee architettoniche dell’intero edificio», non modificandone comunque «la sagoma».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 18 ottobre – 22 novembre 2011, numero 24645 Presidente Piccialli – Relatore Bertuzzi Fatto e diritto Il Collegio, letto il ricorso proposto da C. R. e G. G., in qualità di eredi di G. R., per la cassazione della sentenza numero 331 dell'8 aprile 20 10 con cui la Corte di appello di Catania, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva rigettato la loro domanda diretta ad ottenere la condanna di Di S. R. e L. M. A. all'abbattimento delle opere da essi eseguite all'interno del condominio di via omissis di Marina di Ragusa, consistenti nella chiusura dello spazio di loro proprietà destinato a parcheggio, avendo il giudice di secondo grado ritenuto che, contrariamente a quanto assunto dagli attori le opere realizzate dai convenuti non avevano invaso alcuno spazio di proprietà comune e che esse non arrecavano alcun pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio letto il controricorso e ricorso incidentale proposto da Di S. R. e L. M. A. vista la relazione redatta ai sensi dell' articolo 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l'infondatezza del ricorso principale, con assorbimento di quello incidentale condizionato, osservando che - il primo motivo del ricorso principale avanzato da C. R. e G. G., denunziando violazione o falsa applicazione degli articolo 160, 170,291,324,325,330,331, 3.59 cod. proc. civ. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità della notificazione dell'atto di appello delle controparti, atteso che esso era stato notificato all'unico procuratore degli appellati mediante consegna di una sola copia ' - il motivo appare manifestamente infondato alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 29290 del 2008, che ha dichiarato valida ed efficace la notificazione dell'atto d'impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia o di un numero inferiore '' - '' il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1117 cod. civ , censura il capo della sentenza impugnata che ha escluso che le opere poste in essere dai convenuti avessero invaso uno spazio comune del condominio, assumendo che tale accertamento è viziato in quanto fondato su risultanze della consulenza tecnica d 'ufficio a loro volta frutto di errore nella valutazione degli atti di provenienza dei condomini, sicché il giudicante non avrebbe dovuto considerare assolto l'onere della prova gravante sui convenuti, ai sensi della norma codicìstica citata, in ordine alla loro proprietà esclusiva della striscia di terreno occupata, aggiungendo che, a tal fine, avrebbe dovuto essere anche considerato che i condomini, avendo sempre avuto libero accesso ad essa per la manovra dei loro autoveicoli, ne avevano comunque acquistato la proprietà per usucapione ' - la statuizione impugnata appare sul punto congruamente motivata mediante richiamo alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, il quale ha accertato che la striscia dì terreno in contestazione ricade nell'area indicata a parcheggio nella planimetria e quindi non occupa spazi condominiali - “ciò precisato, il motivo appare inammissibile nella misura in cui investe un accertamento di fatto, non censurabile, nel suo contenuto intrinseco, in sede di giudizio di legittimità ovvero prospetta situazioni nuove, quali l'usucapione, che parimenti non sono proponibili dinanzi a questa Corte ed in quanto non appare sostenuto dal requisito di autosufficienza, che impone al ricorrente per cassazione di riprodurre esattamente il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate o erroneamente valutate dal giudice di merito Cass. numero 17915 del 2010 Cass. numero 18506 del 2006 Cass. numero 3004 del 2004 ., non riportando il ricorso la trascrizione del testo degli atti di provenienza su cui ritiene di fondare le proprie censure - “il terzo motivo di ricorso denunzia errata e falsa applicazione dell'articolo 1120 cod. civ., lamentando che la Corte di appello abbia escluso che le opere contestate recassero pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio, omettendo di considerare che la chiusura dell'area parcheggio era stata eseguita solo dai condomini convenuti e non era pertanto stata uniforme e adottando una conclusione in contrasto con il principio che il decoro architettonico dell'edificio è data dall'insieme delle linee e delle strutture che costituiscono la nota dominante del fabbricato e dall'edificio nel suo insieme, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico anche questo motivo appare inammissibile nella misura in cui investe un accertamento di fatto, avendo il giudice di merito affermato, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio e delle fotografie in atti, che le opere realizzate dai convenuti integrano un intervento sobrio e rispettoso delle linee architettoniche dell'intero edifìcio, il quale, in ogni caso, non ne modifica la sagoma , facendo applicazione al riguardo di una nozione di decoro architettonico in linea con l'orientamento di questa Corte. secondo cui esso si identifica con l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, con l'effetto che esso può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi innovazione, ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle strutture che conferiscono al fabbricato una propria identità Cass numero 14455 del 2009 Cass. numero 2755 l del 2005 , situazione che, nel caso di specie, il giudice di merito ha, con apprezzamento di fatto, escluso - il quarto motivo di ricorso, che investe la condanna degli odierni ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio quale conseguenza dell'errata decisione, va considerato assorbito in ragione del rigetto dei precedenti motivi'' - parimenti va dichiarato assorbito il ricorso incidentale avanzato dai controricorrenti, in quanto condizionato rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notifìcata alle parti, che non hanno depositato memoria che, preliminarmente , va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell'articolo 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza ritenuto, nel merito, che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall'esame degli atti di causa, che agli orientamenti della giurisprudenza di questa Corte sopra indicati, cui questo Collegio ritiene di dover dare piena adesione che. pertanto, il ricorso principale va respinto, mentre quello incidentale va dichiarato assorbito che, per il principio di soccombenza, le spese di giudizio vanno poste a carico dei ricorrenti in via principale C. R. e G. G. P.Q.M. riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condanna C. R. e G. G. al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 200 per esborsi. oltre spese generali e contributi di legge.