In virtù dell’art 2725 c.c. atti per i quali è richiesta la prova per iscritto o la forma scritta , non è consentito provare in via testimoniale la comunicazione per iscritto del licenziamento per cui la legge numero 604/66 prescrive la forma scritta a pena di nullità, salvo che il documento utilizzabile come prova sia andato perduto senza colpa.
Così ha ricordato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11479/15, depositata il 3 giugno 2015. Il caso. Il Tribunale di Roma respingeva l’impugnazione avverso il licenziamento disciplinare intimato da una società a un suo dipendente. La Corte d’appello capitolina rigetta ugualmente il gravame interposto dal lavoratore licenziato. Quest’ultimo ricorre in Cassazione adducendo sei motivi. Il primo di questi riguarda la violazione e falsa applicazione della legge numero 604/66, per avere la sentenza ritenuto soddisfatto il requisito della forma scritta del licenziamento sulla base delle testimonianze rese da due funzionari della società in questione, ritenute mendaci dal ricorrente. La forma scritta del licenziamento. La Corte Suprema ritiene assorbente il primo mezzo di ricorso, ricordando che l’art 2 della legge sopracitata stabilisce che il licenziamento deve essere comunicato in forma scritta ad substantiam, a pena di inefficacia conseguente alla nullità. Dunque, nel caso di specie è controversa l’esistenza stessa, al momento dell’estromissione dall’azienda del ricorrente, d’un atto scritto nel quale gli viene comunicata la volontà della società di recedere dal rapporto di lavoro. L’inammissibilità della prova testimoniale. I giudici di legittimità tuttavia escludono che l’esistenza di tale atto si possa desumere dalle deposizioni rese dai testimoni. Infatti, l’art 2725 c.c. esclude che si possa provare in via testimoniale la comunicazione per iscritto di un licenziamento. Inoltre, non rileva l’eccezione ex articolo 2724, numero 3, c.c. eccezioni al divieto di prova testimoniale , in base al quale la prova testimoniale è ammessa se il documento è stato perduto senza colpa, poiché tale circostanza non è stata allegata nella presente controversia. Da tale divieto di testimonianza discende l’inammissibilità della stessa, con conseguente nullità del licenziamento per difetto della forma prescritta ex lege. Di conseguenza, la Corte di Cassazione accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti motivi e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 febbraio – 3 giugno 2015, numero 11479 Presidente Stile - Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 10.3.12 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame interposto da G.D. contro la pronuncia del Tribunale capitolino che ne aveva respinto l'impugnativa del licenziamento disciplinare intimatogli da Telecom Italia Sparkle S.p.A Per la cassazione della sentenza ricorre G.D. affidandosi a sei motivi. Telecom Italia Sparkle S.p.A. resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1- Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità dei documenti depositati nelle more dal ricorrente, atteso che ex articolo 372 c.p.c. nel giudizio di legittimità possono essere prodotti solo documenti che riguardino la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso o del controricorso. 2- Con il primo mézzo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 legge numero 604/66 per avere l'impugnata sentenza ritenuto soddisfatto il requisito della forma scritta del licenziamento in base alla deposizione dei testi D. e F. funzionali della società controricorrente , che avevano riferito di aver redatto un verbale di avvenuta lettura e consegna della lettera di licenziamento al ricorrente, che ciò nonostante aveva rifiutato di sottoscriverlo obietta, invece, il ricorso l'inammissibilità della prova orale della comunicazione del licenziamento, atteso che l'articolo 2 prevede che il licenziamento debba essere comunicato in forma scritta inoltre, ex articolo 2725 c.c., quando per legge o volontà delle parti un atto unilaterale o contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal numero 3 dell'articolo 2724 cioè quando il contraente abbia, senza colpa, perduto il documento che gli forniva la prova . Analoga doglianza viene in sostanza fatta valere con il secondo mezzo di ricorso, sotto forma di omessa od insufficiente motivazione in ordine alla lamentata inattendibilità del teste D. sottoposto a verosimili pressioni datoriali in quanto indagato insieme con il proprio datore di lavoro per associazione per delinquere in relazione a reati di evasione fiscale e con il terzo mezzo sotto forma di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria là dove la gravata sentenza ha dedotto la comunicazione in forma scritta del licenziamento dal fatto che l'impugnativa del licenziamento stesso operata dal ricorrente ex articolo 6 legge numero 604/66 non faceva menzione del difetto della forma prescritta dalla legge. Con il quarto mezzo il ricorso denuncia vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata ravvisato i fatti oggetto di contestazione cioè l'avere il ricorrente speso il nome dell'azienda spacciandosi presso strutture alberghiere per la persona che, in rappresentanza della società controricorrente, avrebbe avuto l'incarico di organizzare eventi in base ad un'errata ricostruzione della vicenda, inficiata dal contrasto fra le deposizioni a riguardo rese dai testi D. e D.L. e senza tener conto di quelle illogicamente svalutate rese dai proprietari degli alberghi Merola e Sacco, che avevano negato che il ricorrente avesse mai prospettato l'organizzazione presso i loro alberghi di eventi per conto della Telecom del pari viziata - prosegue il ricorso - è la motivazione della sentenza nella parte in cui trae argomento di prova dal tenore delle giustificazioni rese dal ricorrente nel corso del procedimento disciplinare, che non aveva esaurientemente affrontato il merito delle contestazioni sol per la loro lacunosità. Con il quinto motivo ci si duole di violazione dell'articolo 2119 c.c. e di vizio di motivazione dato il carattere sproporzionato della sanzione del licenziamento per giusta causa. Con il sesto motivo il ricorso lamenta violazione degli articolo 2 legge numero 604/66 e 2697 c.c. e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto sfornito di prova il denunciato carattere discriminatorio e ritorsivo del licenziamento dovuto all'attività sindacale del ricorrente, che già in passato aveva patito discriminazioni, ritorsioni e demansionamenti ad opera della società, al punto che con sentenza numero 3421/09 il Tribunale di Roma di Roma aveva accertato una condotta aziendale di mobbing ai danni del G. . 3- Il primo motivo di ricorso è fondato. Si legge nell'impugnata sentenza che la società oggi controricorrente ha prodotto in corso di causa lettera di intimazione di licenziamento all'odierno ricorrente recante la data del 5.6.07 con la dicitura, in calce, della sua avvenuta lettura al ricorrente medesimo, il che avrebbe avuto luogo lo stesso giorno alle ore 10,50 ad opera di D.A. , responsabile Marketing Wholesale Services, e di F.D. , della funzione Human Resources di Telecom Italia Sparkle S.p.A., con annesso verbale a loro firma in cui danno atto di aver letto e consegnato al lavoratore copia della lettera di recesso e del suo rifiuto di sottoscrivere per ricevuta. Tali circostanze, confermate in via testimoniale dai predetti D.A. e F.D. , sono state invece contestate dal ricorrente, che ha negato, a monte, di aver mai ricevuto lettura e/o tentativo di consegna a mani dell'atto di licenziamento. In altre parole, nel caso di specie è controversa l'esistenza stessa, al momento dell'estromissione dall'azienda del ricorrente, d'un atto comunicatogli per iscritto contenente la volontà di recedere dal rapporto da parte della società. Ciò premesso, si osservi che ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 3, legge numero 604/66 è stabilita per il licenziamento la comunicazione in forma scritta a pena di inefficacia rectius, l'inefficacia consegue alla nullità per difetto di forma prescritta ad substantiam cfr. Cass. numero 13543/02 , forma scritta che a sua volta può essere quella della lettera anche non raccomandata, o di qualunque altro scritto. Il licenziamento, avendo natura recettizia, produce i propri effetti quando sia giunto a conoscenza del destinatario, conoscenza presunta ex articolo 1335 c.c. quando l'atto sia pervenuto al suo indirizzo o gli sia stato materialmente consegnato a mani proprie, circostanza - quest'ultima - che può essere dimostrata, ad esempio, dalla sottoscrizione per ricevuta apposta in calce alla lettera medesima o anche attraverso prova testimoniale. Invero, una cosa è la forma dell'atto contenente la manifestazione di voler recedere dal rapporto e questa può essere solo scritta , altro è il mezzo della concreta trasmissione dell'atto medesimo mediante corriere, servizio postale, consegna a mano etc. , come questa S.C. ha avuto modo di puntualizzare proprio nella sentenza numero 23061/07 richiamata dalla gravata pronuncia. Tuttavia, contrariamente a quanto supposto dai giudici di merito, tale precedente non può suffragare il rigetto dell'impugnazione proposta dall'odierno ricorrente, poiché nel caso esaminato dalla citata sentenza numero 23061/07 così come in altre precedenti analoghe pronunce di questa Corte la tempestiva redazione per iscritto della lettera di licenziamento era pacifica tra le parti come emerge da un'attenta lettura della motivazione , sicché fra di esse erano controverse soltanto le modalità di trasmissione della lettera medesima, nel senso che il lavoratore ne assumeva il mancato invio, mentre l'azienda sosteneva che egli si era rifiutato di riceverne la consegna a mani sul luogo di lavoro, circostanza in sé suscettibile di prova testimoniale. Al contrario, nella vicenda in esame è - a monte - contestato che al momento dell'estromissione dall'azienda al ricorrente fosse stata letto, mostrato o consegnato uno scritto contenente la volontà datoriale di recesso. È pur vero che a tal fine la sentenza impugnata ha dato credito alla deposizione dei testi D. e F. che hanno riferito di aver letto e consegnato la missiva al destinatario , ma si tratta di testimonianze inammissibili ex articolo 2725 cpv. c.c. come eccepito dal ricorrente , norma che non consente la prova testimoniale d'un contratto o di un atto unilaterale, ex articolo 1324 c.c. di cui la legge preveda la forma scritta a pena di nullità se non nel caso indicato dal precedente articolo 2724 numero 3 c.c., vale a dire quando il documento sia andato perduto senza colpa circostanza che nessuno ha allegato nella presente controversia . Si tratta di divieto di testimonianza che ne importa inammissibilità rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio attenendo a norma di ordine pubblico , a differenza di quanto avviene in ipotesi di violazione degli articolo 2721 e ss. c.c. o di testimonianza assunta in materia di atti unilaterali e contratti per i quali sia richiesta la forma scritta ad probationem tantum, che invece determina mera nullità relativa ex articolo 157 co. 2 c.p.c. concernendo la tutela di interessi privati , in quanto tale sanata ove non eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al suo verificarsi giurisprudenza costante cfr., ex aliis, Cass. numero 14470/14 Cass. numero 7765/10 Cass. numero 11398/05 Cass. numero 144/02 Cass. numero 4690/99 Cass. numero 2988/90 . Né tale divieto è superabile ex articolo 421 co. 2, prima parte, c.c., noto essendo che esso, nell'attribuire al giudice del lavoro il potere di ammettere d'ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, si riferisce non ai requisiti di forma previsti ad substantiam o ad probationem per alcuni tipi di contratti, ma ai limiti fissati alla prova testimoniale, in via generale, dagli articolo 2721, 2722 e 2723 stesso codice anche a tale riguardo la giurisprudenza di questa Corte Suprema è costante cfr. Cass. numero 17614/09 Cass. numero 17333/05 Cass. numero 11540/96 . A tal fine non può supplire il documento prodotto dalla società e consistente in una lettera di licenziamento recante la data del 5.6.07 con la dicitura, in calce, della sua avvenuta lettura al ricorrente medesimo, poiché di tale documento non risulta - sempre secondo quel che si ricava dalla sentenza impugnata - la data certa di redazione in epoca anteriore o coeva all'estromissione del lavoratore. Né la data potrebbe essere quella riferita dai testi D. e F. , perché in tal modo si aggirerebbe surrettiziamente quel divieto di prova testimoniale di cui all'articolo 2725 cpv. c.c Pertanto, non potendosi provare in via testimoniale la - controversa - comunicazione per iscritto del licenziamento, lo stesso risulta nullo per difetto della forma prevista ex lege. Tale conclusione è coerente e simmetrica a quella adottata da questa S.C. in tema di impugnazione extragiudiziale del licenziamento ex articolo 6 legge numero 604/66, anch'essa richiesta per iscritto ad substantiam cfr. Cass. numero 10862/06 Cass. numero 11059/2000 . 4- L'accoglimento del primo motivo assorbe la disamina delle restanti censure. 5- In conclusione, deve accogliersi il primo motivo, con assorbimento degli altri, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione che, vista la nullità del licenziamento per difetto di forma, dovrà limitarsi a statuire sulle relative conseguenze. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti motivi e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.