Squilli, telefonate e sms continui: assalti costanti, e volgari, ai danni di una donna. Condannato

Decisiva l’utilizzazione dei tabulati relativi al traffico telefonico scelta legittima, perché, di fronte a chiari indizi di reato, è giusto porre in secondo piano il diritto alla privacy. Significativo anche il contenuto delle espressioni utilizzate dall’uomo, con riferimenti alla sfera sessuale propria e della persona offesa.

Assalti telefonici a sfondo sessuale lui prende di mira lei con squilli, telefonate e ‘messaggini’, e segnalandosi per i contenuti assai volgari. Legittima la condanna dell’uomo, fondata anche sulla ‘prova provata’ dei tabulati telefonici. Cassazione, sentenza numero 23233, sez. V Penale, depositata oggi Pressing. Nessun dubbio per i giudici di primo e di secondo grado un uomo va condannato perché «responsabile dei reati di ingiuria e di molestie telefoniche» ai danni di una donna. Rilevanti i contenuti, non proprio oxfordiani, delle parole e dei ‘messaggini’ rivolti alla donna. Fondamentale, peraltro, il ricorso ai «tabulati telefonici». E su questo punto, in particolare, i giudici del ‘Palazzaccio’ respingono le obiezioni mosse dall’uomo, spiegando che è «sufficiente, per l’acquisizione dei dati esterni relativi al traffico telefonico, archiviati dall’ente gestore del servizio di telefonia, il decreto motivato del pubblico ministero», anche tenendo presente la «limitata invasività dell’atto». Senza dimenticare, poi, aggiungono i giudici, il richiamo ai «sufficienti indizi del reato di molestie» e all’«utilità dell’acquisizione dei tabulati alla prosecuzione delle indagini» ciò basta per mettere in secondo piano il «diritto alla privacy». E in questa vicenda, aggiungono i giudici, è evidente il ‘pressing’ molesto perpetrato dall’uomo – utilizzando un numero di servizio e ricorrendo alla «non visibilità del numero chiamante» –, con la donna costretta a subire «chiamate, sms, squilli», reagendo solo esprimendo la «volontà di denunciare» il disturbatore. Così come è non discutibile sia la «petulanza» che la «portata offensiva» delle espressioni usate dall’uomo, con riferimenti costanti e «assai volgari, alla sfera sessuale» propria e della donna.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 aprile – 4 giugno 2014, numero 23233 Presidente Lombardi – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. C.V. ricorre personalmente avverso la sentenza 24-6-2013 con la quale la Corte d'Appello di Palermo, confermando quella del tribunale della stessa sede in data 15-7-2011, lo ha riconosciuto responsabile dei reati di ingiuria e di molestie telefoniche in danno di A.Q 2. Il ricorso è affidato a due motivi il secondo indicato come terzo . 3. Primo inosservanza o erronea applicazione degli articolo 81, 660 e 594 cod. penumero . 4. Quanto alla fattispecie di molestie, si osserva che non è provato oltre ogni ragionevole dubbio l'elemento della petulanza in quanto gli sms e gli squilli erano scambievoli e avvenivano in orario diurno. 5. Quanto al reato di ingiuria, la corte territoriale non aveva motivato la portata offensiva delle espressioni usate né tenuto conto della reciprocità delle telefonate ed sms e della provocazione da parte della p.o 6. Comunque i tabulati telefonici erano inutilizzabili in quanto acquisiti dalla PG in violazione dell'articolo 267 cod. proc. penumero con conseguente divieto di utilizzazione ex articolo 271 stesso codice, riferibile, secondo le sezioni unite penali di questa corte, anche all'acquisizione dei tabulati predetti. Senza contare che non vi era prova che l'utenza 320XXXXXXX fosse riferibile all'imputato. 7. Con il secondo motivo si lamentano erronea applicazione della legge penale e processuale ed illogicità della motivazione, quest'ultimo vizio in relazione all'esclusione della reciprocità o provocazione delle molestie. Si reitera la questione della non riferibilità dell'utenza di cui sopra al V. e della mancanza di prova del suo collegamento a quella effettivamente in uso all'imputato 320 , prova non desumibile dalla testimonianza dell'ispettore di polizia. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita rigetto. 2. Va in primo luogo rilevata l'infondatezza della questione relativa all'utilizzabilità dei tabulati telefonici. 3. Premesso che la giurisprudenza di questa corte ritiene sufficiente per l'acquisizione dei dati esterni relativi al traffico telefonico - concernenti gli autori, il tempo, il luogo, il volume e la durata della comunicazione, fatta esclusione del contenuto di questa - archiviati dall'ente gestore del servizio di telefonia, in considerazione della limitata invasività dell'atto, e sulla base dello schema delineato nell'articolo 256 cod. proc. penumero , eterointegrato dall'articolo 15, comma secondo, Cost., il decreto motivato del pubblico ministero Cass. Sez. U, 6/2000 e 16/2000 , l'accesso agli atti, consentito dalla natura della doglianza, dimostra la sussistenza nella specie, in linea con l'orientamento ricordato, del decreto autorizzativo del PM, emesso in data 26-9-2009. 4. Tale provvedimento, richiamando i sufficienti indizi del reato di molestie e l'utilità dell'acquisizione del tabulati alla prosecuzione delle indagini, dà sufficiente conto delle ragioni di prevalenza sul diritto alla privacy dell'interesse pubblico alla persecuzione del reato, in tal modo soddisfacendo l'obbligo di motivazione del provvedimento acquisitivo che, secondo l'orientamento di questa corte, stante il modesto livello di intrusione nella sfera di riservatezza delle persone, si attua anche con espressioni sintetiche, nelle quali si sottolinei la necessità dell'investigazione, in relazione al proseguimento delle indagini ovvero all'individuazione dei soggetti coinvolti nel reato. Cass. 46086/2007 . 5. Quanto alle residue doglianze, si osserva cha la corte territoriale ha ineccepibilmente spiegato -non mancando di rilevare che il teste m.llo L. per mero errore aveva invertito le due utenze di cui oltre - le modalità del collegamento tra il numero Wind di servizio 320XXXXXXX e quello dell'imputato 320XXXXXXX , il primo utilizzato dal prevenuto attraverso l'opzione della non visibilità del numero chiamante per fa sì che le chiamate e i messaggi apparissero partiti dal numero di servizio, mentre in realtà erano effettuati dalla sua utenza la seconda , che restava anonima. 6. La corte territoriale ha poi motivatamente escluso reciprocità e ritorsione osservando che la Q. aveva sempre subito le iniziative telefoniche - chiamate, sms, squilli - del V., a fronte delle quali si era limitata a manifestare la sua volontà di denunciarlo. 7. Quanto poi alla petulanza ed alla portata offensiva delle espressioni usate, messe in discussione dal ricorrente, la loro citazione testuale in sentenza, evidenziandone il riferimento, in termini assai volgari, alla sfera sessuale dell'imputato e della p.o., elimina in radice ogni dubbio al riguardo. 8. Al rigetto dell'impugnazione segue la condanna di V. alle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.