Controversia tra ex impiegato e PA sorta prima del 30 giugno 1998: la giurisdizione è del giudice amministrativo

Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo in riferimento alle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, a norma degli artt. 68, D.Lgs. n. 29/1993, 45, D.Lgs. n. 80/1998 e 69, D.Lgs. n. 165/2001, deve farsi riferimento, per individuare il giudice destinato a conoscere della causa, al dato storico costituito dall’avverarsi di fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza sia sorta la controversia.

La Cassazione, con la sentenza n. 15123 del 17 giugno 2013, affronta il tema del riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario in tema di controversie insorte tra pubblico impiegato e PA di appartenenza. Come noto, la giustizia amministrativa italiana è organizzata secondo il sistema della doppia giurisdizione. Tale principio è statuito dalla Costituzione artt. 24, 103 e 113 Cost. , che fonda il riparto delle controversie tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla causa petendi, ossia sulla natura della situazione giuridica soggettiva lesa rispettivamente diritto soggettivo e interesse legittimo , con l’eccezione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, in cui al giudice amministrativo compete la cognizione anche dei diritti soggettivi. In caso di dubbio, a decidere sono le Sezioni Unite che determinano in modo definitivo il giudice dotato di giurisdizione. Il fatto. Un’impiegata dipendente di un ente pubblico chiedeva ed otteneva di essere collocata a riposo con decorrenza 3 novembre 1996. Sia ella che l’ente ritenevano integrati i presupposti per godere della pensione ai sensi della L. n. 335/95. Tuttavia la competente Direzione provinciale del tesoro le negava l’accesso alla pensione, rilevando la mancanza dei requisiti contributivi. L’ex impiegata chiedeva così all’ente di essere riassunta in servizio, ma il 9 maggio 1997 riceveva un riscontro negativo. Adiva il TAR al fine di ottenere la reintegra in servizio, ma il giudizio si concludeva il 4 settembre 2003 con una sentenza di rigetto per tardività del ricorso. Successivamente adiva l’AGO, in funzione di giudice del lavoro, affinché l’ente fosse condannato a reintegrarla in servizio e a versare all’INPDAP le contribuzioni maturate e maturande dall’illegittimo collocamento a riposo, fatto salvo il risarcimento dei danni subiti morali, esistenziali e da perdita di chances . Il Tribunale declinavano la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo. Dello stesso avviso era la Corte d’Appello. Avverso tale decisione viene spiegato ricorso per cassazione. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 45, comma 17, D.Lgs. n. 80/1998 e 69, comma 7, D.Lgs. n. 165/2001. Tale normativa stabilisce che sono di competenza del giudice amministrativo le controversie insorte anteriormente al 30 giugno 1998. La ricorrente sostiene che, in base al regime transitorio dettato dagli atti normativi citati, il momento in cui va stabilito il discrimine tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria sarebbe rappresentato dalla pubblicazione della sentenza del TAR avvenuta nel 2003. Solo da quel momento, infatti, sarebbe sorto per costei il diritto a richiedere alla PA il risarcimento dei danni subiti. Trattandosi, peraltro, di un illecito permanente della PA, ai fini dell’individuazione dell’esatta giurisdizione, occorreva far riferimento al momento della cessazione della condotta. Trattandosi poi di illecito extracontrattuale, la giurisdizione apparterebbe comunque al giudice ordinario. Controversia al giudice amministrativo . Le Sezioni Unite della Suprema Corte ritengono il ricorso manifestamente infondato. Ribadiscono il recente orientamento Cass. Civ. n. 7504/12 , in base al quale, ai fini del riparto della giurisdizione, relativo alle controversie insorte tra PA e pubblici dipendenti, deve farsi riferimento, per individuare il magistrato a cui compete la cognizione della causa, al dato storico caratterizzato dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze per cui è insorta la controversia. Nel caso di specie i fatti costituitivi dei diritti azionati sono rappresentati dal collocamento a riposo della ricorrente e dal successivo rifiuto da parte della P.A. di riassumerla in servizio. Tutti fatti che sono stati posti in essere in una data anteriore al 30 giugno 1998. Concludendo . Nella vicenda per cui v’è causa, inoltre, a nulla rileva che i danni lamentati dalla ricorrente si siano maturati in epoca successiva a tale data. Per gli ermellini non si è di fronte ad un’ipotesi di illecito permanente, giacché il fatto causativo è unico e consumato tutto all’interno dell’arco temporale che la norma transitoria assegna alla giurisdizione del giudice amministrativo. V’è da chiedersi, però, se trattasi di paventato illecito extracontrattuale o di inadempimento ex art. 1218 c.c Per giurisprudenza consolidata cfr. Cass. S.U. 4 marzo 2008, n. 5785 , con riguardo ad azioni per il risarcimento danni da lesioni patite prima del 1 luglio 1998 dal dipendente privatizzato, occorre esattamente individuare la qualificazione del titolo della responsabilità concretamente azionato. Solo in caso di responsabilità extracontrattuale la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo viceversa in caso di responsabilità contrattuale la giurisdizione è di quello ordinario. La natura del titolo della responsabilità, ovviamente, prescinde dalla qualificazione a volte anche strumentale configurata dalla parte interessata ciò che assume valore decisivo è la verifica dei tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito. Nel caso di specie, la pretesa violazione da parte della PA non è idonea a ledere la generalità dei consociati, ma riguarda solo la ex dipendente e discende dalla violazione di obblighi specifici che trovano la propria fonte solo nell’istaurato rapporto di lavoro. Alla luce di tanto consegue la qualificazione della responsabilità azionata in termini di responsabilità contrattuale, con giurisdizione devoluta in via esclusiva al giudice amministrativo.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 28 maggio - 17 giugno 2013, n. 15123 Presidente Trifone Relatore Ianniello Svolgimento del processo La sig.ra D.S.E. , impiegata dipendente dell'Ente autonomo Parco nazionale dell'Abruzzo, Lazio e Molise dal 16 giugno 1973, aveva chiesto e ottenuto di essere collocata dall'Ente a riposo con decorrenza dal 3 novembre 1996, supponendo ella e ritenendo il Parco che avesse i requisiti stabiliti dalla legge L. n. 335/1995 per fruire della pensione. Poiché la direzione provinciale del tesoro dell'Aquila le aveva comunicato il 20 febbraio 1997 l'impossibilità di accedere alla pensione, in mancanza dei requisiti contributivi, la D.S. aveva chiesto il 25 febbraio 1997 all'Ente Parco, rinnovando la richiesta il 24 marzo successivo, di essere riassunta in servizio, ricevendone una risposta negativa con lettera del 9 maggio 1997. Con ricorso notificato l’8 agosto 1998, la D.S. aveva quindi adito il TAR Abruzzo al fine di ottenere la reintegra in servizio, ma il giudizio si era concluso con la sentenza del 4 settembre 2003, non appellata, dichiarativa della irricevibilità del ricorso perché tardivo. Successivamente, dopo un lungo periodo di trattative tra le parti, rimaste senza esito, la D.S. , premessa la narrativa sopra sinteticamente esposta, ha chiesto, con ricorso al Tribunale di Sulmona, depositato il 3 aprile 2009, previo accertamento dell'illegittimità del suo collocamento a riposo, la condanna dell'Ente parco a reintegrarla in servizio, a versare all'INPDAP le contribuzioni maturate e maturande dall'illegittimo collocamento a riposo fino al compimento dell'età utile per la pensione o, in subordine, a versare al medesimo Istituto la contribuzione volontaria necessaria alla maturazione di tale diritto nonché a risarcirle i danni morali, esistenziali, da perdita di chances subiti a causa dell'illegittimo collocamento a riposo. Sia il Tribunale di Sulmona che la Corte d'appello di L'Aquila, quest'ultima con sentenza depositata il 28 novembre 2011, hanno declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo. Per la cassazione di tale sentenza, D.S.E. propone ora ricorso, notificato in data 20 marzo 2012 e affidato a due motivi. L'Ente autonomo Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise resiste alle domande con rituale controricorso, depositando altresì una memoria a norma dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1 - Col primo motivo di ricorso, la sentenza della Corte d'appello de L'Aquila viene censurata per la violazione degli artt. 45, 17 comma D. Lgs. n. 80 del 1998 e 69, comma 7 D. Lgs. 165/2001. In proposito, richiamando la giurisprudenza di queste sezioni unite relativamente alla interpretazione di tale norma transitoria, la ricorrente sostiene peraltro che nel caso di specie, il momento dell’ avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a base della pretesa avanzata rilevante al fine di stabilire il discrimine tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa a norma delle disposizioni di legge citate sarebbe rappresentato dalla pubblicazione della sentenza del 4 marzo 2003 del TAR Abruzzo, perché solo da tale momento sarebbe sorta la necessità e la possibilità per l'interessata di chiedere al Parco il risarcimento dei danni patrimoniali, morali, esistenziali e da perdita di chances. Del resto, secondo la ricorrente, la giurisdizione del giudice ordinario deriverebbe altresì dall'orientamento giurisprudenziale secondo cui, ove la pretesa tragga origine da un comportamento illecito permanente della P.A., ai fini in parola deve farsi riferimento al momento della cessazione della permanenza. 2 - Col secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La sentenza impugnata tacerebbe sul fatto che il TAR Abruzzo aveva pronunciato la sentenza a termine scaduto a norma dell'art. 69, settimo comma, seconda parte, del D. Lgs. n. 165 del 2001 da tre anni rispetto a quello utile per poter tempestivamente adire quello stesso TAR per il risarcimento del danno oggi richiesto. Inoltre la Corte territoriale tacerebbe sul fatto che il danno di cui è richiesto il risarcimento deriverebbe da una responsabilità di natura extracontrattuale del Parco, per cui la giurisdizione apparterrebbe comunque al giudice ordinario. Del resto, sarebbe anche dubbia l'interpretazione in termini di decadenza sostanziale della parte del settimo comma dell'art. 69 del D. Lgs. 165/01 che stabilisce che sono di competenza del giudice amministrativo le controversie sorte anteriormente al 30 giugno 1998 solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000 . 3- Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi tra di loro, è manifestamente infondato. Va anzitutto ribadito l'orientamento consolidato di queste sezioni unite cfr., ad es., recentemente, Cass. n. 7504/12 , richiamato anche dalla ricorrente, secondo cui, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo in riferimento alle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, a norma dell'art. 68 D. Lgs. n. 29/1993, 45 del D. Lgs. n. 80/1998 e 69 del D. Lgs. n. 165/2001, debba farsi riferimento, per individuare il giudice destinato a conoscere della causa, al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza sia sorta la controversia. È stato altresì affermato cfr. anche Cass. nn. 15619/06, 2007/07, 18032/08 o 21554/09 o 14257/12 che tutte le volte in cui il regime del rapporto preveda che i fatti costitutivi del diritto rivendicato vengano in rilevo attraverso un provvedimento o un atto negoziale di gestione del rapporto stesso da parte del datore di lavoro, occorra fare riferimento alla data di questo. Nel caso in esame i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione di tale orientamento, rilevando come i fatti costitutivi dei diritti azionati a decorrere dal momento della verificazione dei quali era possibile accedere alla tutela giurisdizionale, indipendentemente dalla necessità di un atto di gestione del rapporto da parte della P.A. datrice di lavoro , rappresentati dal collocamento a riposo della sig.ra D.S. e dal successivo rifiuto dell'Ente Parco di riassumerla in servizio, sono stati posti in essere prima della data del 30 giugno 1998, che a norma dell'art. 69, settimo comma, prima parte del D. Lgs. n. 165 del 2001, segna in materia il discrimine temporale tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice ordinario. Su tale assetto non esercita alcuna influenza il recente orientamento della giurisprudenza di questa Corte cfr., ad es. Cass. S.U. nn. 3269/2013 142/2013, 20726/2012 o 14257/2012 , secondo cui, nel regime transitorio del passaggio dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla giurisdizione del giudice ordinario quanto alle controversie di cui all'art. 63 del D. Lgs. n. 165 del 2001, il disposto dell'art. 69, comma 7, del medesimo decreto, secondo cui sono attribuite al giudice ordinario le controversie relative a questioni attinenti al periodo di rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998, mentre le controversie relative alle questioni attinenti al periodo di rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, esprime, come regola, la generale giurisdizione del giudice ordinario in ordine ad ogni questione, sia che riguardi il periodo di rapporto di impiego successivo al 30 giugno 1998, sia che investa in parte anche il periodo precedente a tale data, ove risulti essere unitaria la fattispecie devoluta alla cognizione del giudice e reca, come eccezione, la previsione della residuale giurisdizione del giudice amministrativo in ordine ad ogni questione che riguardi solo ed esclusivamente un periodo di rapporto di lavoro fino alla data suddetta. Nel caso in esame, infatti, la fattispecie rappresentata si esaurisce integralmente all'interno del periodo antecedente il 1 luglio 1998, mentre gli ulteriori danni pretesamente maturati anche successivamente a tale data non concretano un ipotesi di illecito permanente, risalendo ad un unico fatto causativo e rappresentando la mera ulteriore conseguenza materiale dell'illecito rappresentato in giudizio, consumato tutto all'interno del periodo assegnato alla giurisdizione amministrativa. La ricorrente pretende peraltro di individuare nella sentenza del T.A.R. del 2003 il fatto storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali in relazione alla cui giuridica rilevanza sia sorta la controversia, in ragione del fatto che solo dalla pronuncia di tale sentenza sarebbe sorta la possibilità di agire giudizialmente per ottenere il risarcimento danni. Senonché, essendo certo che la risarcibilità dei danni lamentati dalla D.S. dipende dalla qualificazione in termini di inadempimento contrattuale o, come sostiene la ricorrente, di illecito extracontrattuale del rifiuto del Parco di riammetterla in servizio, proprio la necessità di avere riguardo, ai fini del riparto della giurisdizione, all'avverarsi di fatti materiali da cui origina la controversia impone il riferimento all'epoca di tale rifiuto e non certo a quella dell'accertamento giudiziale di esso. Come ora accennato, la ricorrente sostiene altresì che l'azione risarcitoria proposta nel presente giudizio che peraltro non è la sola, avendo la ricorrente chiesto, in primo luogo, la riammissione in servizio, previo accertamento della illegittimità del rifiuto dell'Ente Parco avrebbe natura extracontrattuale, essendo il rifiuto qualificabile come fatto illecito ai sensi dell'art. 2043 c.c In proposito, va ricordato che, ai fini del riparto di giurisdizione relativamente ad una domanda di risarcimento danni di un dipendente nei confronti della pubblica Amministrazione attinente al periodo di rapporto di lavoro antecedente la data del 1 luglio 1998 a norma dell'art. 69, comma 7, D. Lgs. n. 165 n. 2001 - come anche a quella di un dipendente comunque in regime di diritto pubblico -, l'opinione tradizionale nella giurisprudenza di questa Corte assegna valore determinante alla qualificazione del titolo della responsabilità in concreto azionato, nel senso che la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo se si tratta di inadempimento, mentre appartiene al giudice ordinario nel caso in cui si tratti di azione che trova titolo in un illecito cfr., per tutte, Cass. S.U. 4 marzo 2008 n. 5785, relativamente ad una azione proposta da un dipendente con rapporto a regime di diritto pubblico o Cass. S.U. 6 marzo 2009 n. 5468 e 27 gennaio 2011 n. 1875 con riguardo ad azioni per il risarcimento danni da lesioni patite prima del 1 luglio 1998 dal dipendente privatizzato . È stato altresì ripetutamente affermato che l'accertamento circa la natura del titolo della responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall'attore anche attraverso il richiamo strumentale a disposizioni di legge, come ad es. l'art. 2087 c.c. o l'art. 2043 c.c., mentre assume valore decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di neminem ledere e riguardi, quindi, condotte la cui idoneità lesiva si può esplicare indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini e pertanto anche nei confronti dei dipendenti ovvero consegua alla violazione di obblighi specifici che trovano la loro ragion d'essere nel rapporto di lavoro. Alla luce dei principi richiamati, che qui si intende ribadire, correttamente la sentenza impugnata ha individuato i tratti essenziali dell'illecito denunciato in stretta correlazione col rapporto di lavoro tra le parti, in ragione del fatto che esso sarebbe stato realizzato con una condotta dell'amministrazione violativa di obblighi ipotizzabili unicamente nei confronti di un dipendente di questa, con conseguente qualificazione della responsabilità azionata in termini di responsabilità contrattuale, con le indicate conseguenze in ordine alla giurisdizione. Va infine qui ribadito cfr., per tutte, Cass. S.U. 21 giugno 2005 n. 13290 o Cass. S.U. 8 maggio 2007 n. 10371 che alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nei limiti temporali suindicati, non è d'ostacolo la circostanza che l'esaminata norma di diritto transitorio ponga una sanzione di decadenza con riguardo alle controversie conservate a tale giurisdizione esclusiva, ma non introdotte prima della data del 15 settembre 2000 invero, per effetto di consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite e diversamente da quanto ipotizzato dalla ricorrente, è diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data ora indicata, non quale limite alla persistenza relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza che rilevi la diversa formula usata dall'art. 69, settimo comma, del citato D. Lgs. n. 165 del 2001 qualora siano state proposte , rispetto a quella già presente nell'art. 45, comma 17, del d. lgs. n. 80 del 1998 e debbono essere proposte , trattandosi di una differenza semantica giustificata non da una nuova ratio della disciplina sopravvenuta, bensì soltanto dall'essere stata superata, al momento dell'emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa in considerazione v., ex multis, Cass., sez. un., 4 luglio 2002, n. 9690 id., 17 giugno 2002, n. 8700 id., 4 giugno 2002, n. 8089 . Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e va dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato, unitamente alla relativa liquidazione, in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice amministrativo condanna la ricorrente a rimborsare al Parco le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.