Leasing di godimento vs leasing traslativo: chi la vince?

Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi è, invece, configurabile il leasing traslativo allorché, la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto.

Premessa. Con la sentenza numero 7212, la Corte di Cassazione tratta la distinzione tra il c.d. leasing traslativo e c.d. leasing finanziario e l’applicabilità o meno a queste due fattispecie dell’articolo 1526 c.c. Come noto, ai sensi dell’articolo citato, previsto per la vendita con riserva di proprietà, la risoluzione del contratto comporta che la res oggetto di compravendita sia restituita al venditore, mentre l’acquirente inadempiente potrà ottenere la ripetizione di quanto pagato con la rateazione. Il soggetto alienante, tuttavia, ha diritto ad un equo compenso parametrato all’intervenuto deprezzamento del bene, oltre ad un risarcimento del danno se ed in quanto provato ed eziologicamente ricollegabile all’inadempimento. Il fatto. Nell’anno 2003, il fideiussore di una società proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto un pagamento di circa 94.000 euro in favore di un’impresa di leasing, dovuto a titolo di inadempimento per canoni scaduti e a scadere oltre accessori per la locazione di un macchinario industriale. Il Tribunale adito, in esito ad una consulenza tecnica d’ufficio, pur non revocando il decreto ingiuntivo opposto, si pronunciava per il parziale accoglimento della spiegata opposizione defalcando circa 20.000 euro dal pagamento dovuto, in ragione di quanto ricavato dalla concedente dall’alienazione del bene nel frattempo restituitole. Interposto appello, la Corte territoriale revocava il decreto ingiuntivo opposto, confermando la condanna per il fideiussore al pagamento della somma quantificata nei limiti di cui al primo grado. Avverso questa decisione, ricorre per cassazione il fideiussore. Le doglianze del ricorrente errata qualificazione del contratto. Il fideiussore lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1526 c.c., dal momento che il giudice di seconde cure, a suo dire, avrebbe errato nel qualificare il contratto intercorso inter partes in termini di leasing di godimento, nonostante il rapporto tra prezzo di riscatto e valore residuo del bene stimato deponesse per la configurazione di un leasing traslativo. L’errore del giudicante, dunque, sarebbe consistito nel non operare un applicazione analogica dell’articolo 1526 c.c., riconoscendo all’utilizzatrice il diritto alla restituzione delle rate pagate, fatto salvo il diritto della concedente ad un equo compenso per l’utilizzo del macchinario ed il risarcimento del danno. “Leasing” di godimento. La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso. Gli Ermellini nella parte motiva della decisione operano, innanzitutto, la dirimente distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento. Nel c.d. leasing di godimento l’utilizzazione della res a fronte del versamento di un canone va inquadrata, sulla base della concorde volontà delle parti, nell’ambito di una funzione di finanziamento ed utilizzazione del bene per la durata del contratto. I canoni, in questa ipotesi, viste le potenzialità economiche del bene vanno configurati quale corrispettivo del suo godimento. “Leasing” traslativo. Nel c.d. leasing traslativo, invece, i contraenti prevedono che il bene, in relazione alla sua specifica natura, alla cessazione del rapporto conservi ancora un valore residuo particolarmente rilevante, tanto che l'eventualità di un suo trasferimento definitivo in capo all’utilizzatore rappresenta un’evoluzione tipica del regolamento contrattuale. Tutto dipende dalla funzione del canone. Detto altrimenti per stabilire se un contratto di leasing sia di godimento, anziché, traslativo occorre verificare se il canone sia stato pattuito come corrispettivo per la sua utilizzazione ovvero quale corresponsione anticipata di una porzione del prezzo per il suo acquisto alla dedotta scadenza contrattuale. Valore del bene alla scadenza del contratto non di molto superiore al prezzo di riscatto allora è “leasing” di godimento. La Corte d’Appello, nel fare propria questa distinzione, ha accertato con giudizio di fatto ineccepibile, la configurazione del rapporto dedotto in giudizio all’interno della categoria del leasing di godimento, con conseguente esclusione dell’articolo 1526 c.c. Questo a fronte di caratterizzanti elementi, quali la natura del bene macchina per elettroerosione soggetta a rapida obsolescenza e bisognosa di costanti aggiornamenti funzionali rapporto tra durata di via in condizioni di uso normale e durata contrattuale 60 mesi , rapporto tra importo finanziato iniziale e prezzo finale di riscatto. Quanto poi al valore commerciale residuo del bene alla naturale scadenza del contratto, i Giudici di seconde cure hanno fatto proprie le risultanze peritali che lo avevano stimato in 25/30.000 euro secondo criteri matematici ed astratti riferiti ad un macchinario funzionante. Su tale presupposto è facile comprende, allora, che non si trattasse di leasing traslativo, giacché il valore del bene alla scadenza contrattuale non era notevolmente superiore al prezzo di riscatto, esaurendo così la propria utilità tecnologica e la sua appetibilità commerciale, proprio nello stesso arco di utilizzo negoziale. D’altro canto, l'ipotesi di leasing traslativo va assimilata alla vendita con patto di riservato dominio, proprio in considerazione dell'apprezzabile valore residuo del bene sostanzialmente superiore all'importo convenuto per l'opzione ne consegue, solo in questo caso, l'applicabilità dell'articolo 1526 in via analogica.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 febbraio – 27 marzo 2014, numero 7212 Presidente Segreto – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Il 2.10.03 P.F. proponeva opposizione al decreto con il quale gli veniva ingiunto, nella sua qualità di fideiussore di Procoma srl, il pagamento a Leasimpresa spa dell'importo di Euro 94.540,46, dovuto a titolo di inadempimento canoni scaduti ed a scadere oneri accessori del contratto di leasing di un macchinario industriale intercorso, nel marzo '01, tra la società ingiungente e la Procoma srl. Con sentenza numero 19/07 il Tribunale di Saluzzo, in esito a ctu ed in parziale accoglimento dell'opposizione, condannava il P. - pur senza revocare il decreto ingiuntivo - al pagamento della minor somma di Euro 74.540,46 oltre interessi, dedotto dall'importo ingiunto quanto ricavato dalla concedente con la vendita del bene restituitole Euro 20.000,00 . Interposto appello principale dal P. ed appello incidentale da Banca Italease spa incorporante Leasimpresa spa , interveniva la sentenza numero 1150 del 14.7.10, notificata l'8.10.10, con la quale la corte di appello di Torino revocava il decreto ingiuntivo opposto e confermava la condanna del P. al pagamento della suddetta somma di Euro 74.540,46 oltre interessi. Avverso tale decisione viene proposto dal P. ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai quali resiste Banca Italease spa con controricorso. Motivi della decisione p.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1 co., numero 3 cpc con riferimento all'articolo 1526 cc, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, 1 co., numero 5 cpc, dal momento che la corte di appello di Torino aveva qualificato il contratto in oggetto in termini di leasing di godimento, nonostante che il rapporto tra prezzo di riscatto Euro 1.549,37 e valore residuo del bene stimato dal ctu tra i 20.000 ed i 90.000 Euro deponesse per la qualificazione di leasing traslativo. Erroneamente, dunque, il giudice di merito non aveva fatto applicazione analogica dell'articolo 1526 cc, riconoscendo all'utilizzatrice il diritto alla restituzione delle rate pagate, salvo il diritto della concedente ad un equo compenso per l'uso della cosa ed il risarcimento del danno. Il motivo è infondato. Va infatti qui ribadito che ai fini della qualificazione come leasing traslativo di un contratto avente ad oggetto l'utilizzazione di beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo, ciò che rileva, indipendentemente dalla circostanza che concedente sia il produttore del bene ovvero un imprenditore che l'acquisti per porlo a disposizione dell'utilizzatore, è se il godimento temporaneo da parte dell'utilizzatore esaurisca la funzione economica del bene, ovvero la durata del contratto sia predeterminata solo in funzione dell'ulteriore differito trasferimento del bene e della rateizzazione del prezzo d'acquisto in quest'ultima ipotesi, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, si applica in via analogica la disciplina della vendita con riserva della proprietà, per cui, ai sensi dell'articolo 1526 cod. civ., l'utilizzatore ha diritto alla restituzione delle rate riscosse ed il concedente ha diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa oltre al risarcimento del danno Cass. numero 13418 del 23/05/2008 e che ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi è invece configurabile il leasing traslativo allorché, la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto l’accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici ovvero per vizio di motivazione”. Cass. numero 18195 del 28/08/2007 . Ne deriva che nel momento in cui il giudice di merito ha poggiato la sua decisione - nell'alternativa così disegnata dal consolidato orientamento di legittimità - sull'accertamento in concreto della più esatta qualificazione attribuibile al contratto di leasing dedotto in giudizio, facendone poi discendere l'appropriata disciplina giuridica, deve per ciò solo escludersi il lamentato vizio di violazione o falsa applicazione normativa. Quanto alla dedotta carenza motivazionale, la corte ha ritenuto trattarsi nella specie di leasing di godimento con conseguente esclusione dell'articolo 1526 cc sulla base dei parametri identificativi forniti dalla stessa giurisprudenza quanto, in particolare, a - natura del bene macchina per elettroerosione soggetta a rapida obsolescenza e necessitante di costanti aggiornamenti funzionali - rapporto tra durata di vita in condizioni di uso normale e durata contrattuale 60 mesi rapporto tra importo finanziato iniziale lire 300 milioni e prezzo finale di riscatto 1 %, 3 milioni di lire . Quanto poi al valore commerciale residuo del bene in prossimità della scadenza naturale del contratto '05 , la corte di appello ha osservato che l'importo stimato dal ctu 25/30.000 Euro rispondeva a criteri matematici astratti e riferiti ad un macchinario funzionante, ed al lordo dei costi di adeguamento ed aggiornamento funzionale e che non vi erano elementi sent.pag.9 per ritenere che la concedente avesse la possibilità di vendere il bene ad un prezzo significativamente superiore a quello effettivamente ricavato 20.000 Euro . In definitiva, si verte in motivazione congrua e lineare e, come tale, qui non sindacabile, posto che l'accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali in ordine al tipo di negozio posto in essere rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione Cass.28.11.03 numero 18229 . D'altra parte, il ricorrente deduce che il leasing fosse nella specie “traslativo” sul presupposto che il bene avesse un valore di ctu di 85/90.000 Euro, ma si tratta di un presupposto errato poiché questo era il valore al momento della restituzione '03 mentre, al fine della qualificazione del contratto, esattamente la corte di appello ha preso a riferimento il valore del bene al momento del riscatto, così come previsto in contratto. Su tale presupposto, quanto reputato dal giudice di merito appare logico e coerente, perché rimarcante il fatto che quest'ultimo valore non fosse notevolmente superiore al prezzo di riscatto, esaurendosi l'utilità tecnologica e l'appettibilità commerciale del bene, in sostanza, nello stesso arco di utilizzo contrattuale. p.2. Con il secondo motivo il P. denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1 co., numero 3 cpc con riferimento all'articolo 1384 cc, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, 1 co., numero 5 cpc, atteso che la corte di appello, confermando sul punto la sentenza di primo grado, aveva ritenuto congrua la riduzione equitativa della penale per l'importo ricavato dalla vendita del bene Euro 20.000,00 , nonostante che la decurtazione di quest'ultimo importo non concretasse affatto riduzione di penale, bensì mera applicazione della clausola contrattuale in base alla quale l'utilizzatore aveva il diritto, una volta restituito il bene, di detrarre sino alla concorrenza della penale , il ricavato della vendita. Sicché, anche ad evitare l'illegittima locupletazione della concedente, la penale doveva nella specie essere equitativamente ridotta oltre, ed indipendentemente, dalla detrazione del ricavato dalla vendita. Anche questa censura è infondata. Ha osservato sul punto la corte di appello pag.8 a fronte di un finanziamento di Euro 157.937,07 oltre iva, erogato nel marzo '01, Leasimpresa ha recuperato la somma di Euro 83.214,41 e non quella di Euro 117.918,63 indicata erroneamente dal P. , il quale ha corrisposto 21 rate di Euro 2.487,00 oltre iva, oltre all'anticipo iniziale di Euro 30.987,41 oltre iva. E quindi delle 59 rate pattuite, l'utilizzatore ne ha pagate 21, essendo 5 quelle rimaste insolute e 33 quelle residue a scadere al momento della risoluzione, e prese a base del computo della penale . In definitiva, in un ambito nel quale nemmeno il ricorrente contesta la legittimità della clausola contrattuale che prevede la penale e la determina con riguardo alla somma tra i canoni a scadere ed il prezzo di riscatto, il giudice di merito ha ritenuto congruo tenere conto solo della detrazione del ricavato della vendita escludendo con ciò che vi fosse una indebita locupletazione della concedente necessitante una riduzione equitativa superiore. D'altra parte, l'importo infine riconosciuto alla concedente Euro 74.505,90 risulta essere dato dalla differenza tra il corrispettivo contrattuale 177.720,31 , le rate pagate 83.214,41 ed il ricavato della vendita 20.000,00 . Dal che si evince che la concedente ha infine ottenuto, a seguito dell'inadempimento, quanto aveva diritto di ottenere con l'adempimento risultando anzi ancora a credito di un modesto importo per oneri di ritiro e ricommercializzazione del bene non di più. Risulta pertanto rispettato il criterio oggettivo dell'interesse del creditore all'adempimento ex articolo 1384 cod.civ. sicché, in presenza di logica motivazione ed in assenza dei lamentati effetti perversi, l'esercizio discrezionale ex articolo 1384 cc non è nella specie censurabile. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20.7.2012 numero 140. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.