Nessuna espulsione: procedura di emersione del lavoro irregolare da considerarsi in corso

La conclusione negativa della procedura di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, non può ritenersi avverata «per facta concludentia», occorrendo che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazione formale, l’esito negativo della stessa. In difetto di ciò, la procedura non può considerarsi conclusa ed il prefetto non può espellere lo straniero privo di permesso di soggiorno.

Con l’ordinanza numero 12276, depositata il 20 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del Giudice di Pace. Espulso? Il 20 ottobre 2008, un cittadino giordano entra nel territorio italiano, dichiarando la propria presenza ex articolo 1, comma 2, legge numero 68/2007, prevedendo un soggiorno di breve durata. Più di due anni dopo, il 10 dicembre 2010, presenta istanza di permesso di soggiorno insieme alla richiesta di legalizzazione del lavoro irregolare per extracomunitari, dichiarata però inammissibile. Il 17 febbraio 2011, il Prefetto di Milano provvede ad espellerlo con decreto, per essersi «trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto», ex articolo 13, comma 2, lett. b , d.lgs. numero 286/1998. Procedura di emersione del lavoro irregolare in corso. L’uomo si oppone di fronte al Giudice di Pace, eccependo l’invalidità del decreto di espulsione visto che aveva in corso una procedura di emersione del lavoro irregolare, introdotta dalla dichiarazione del datore di lavoro ai sensi della legge numero 102/2009. Il Giudice di Pace rigetta la doglianza rilevando che la procedura di emersione era stata definita con decreto di inammissibilità. Il cittadino giordano ricorre per cassazione, sostenendo che l’archiviazione, per inammissibilità, della procedura, non sarebbe stata comunicata, e che quindi il procedimento amministrativo sarebbe da considerarsi in corso. Comunicazione di inammissibilità da fare anche al richiedente, altrimenti la procedura è ancora in corso. La Suprema Corte annulla con rinvio la decisione del giudice, poiché la pretesa inammissibilità della procedura «sarebbe dovuta essere comunicata al richiedente e non solo, come avvenuto, all’opponente alla espulsione in sede di prima udienza». Infatti La Corte di Cassazione ricorda che «la conclusione negativa della procedura di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, non può ritenersi avverata per facta concludentia, occorrendo che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazione formale, l’esito negativo della stessa in difetto di tale comunicazione, la quale non conosce equipollenti, la procedura non può considerarsi conclusa ed il prefetto non può riassumere l’esercizio del suo potere espulsivo nei confronti dello straniero privo del permesso di soggiorno».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 marzo – 20 maggio 2013, numero 12276 Presidente Di Palma – Relatore Macioce Rileva CHE il cittadino della omissis H.S.F.S. - espulso con decreto 17.2.2011 del Prefetto di Milano adottato ex articolo 13 comma 2 lett. B del d.lgs. 286/1998 per non aver presentato tempestiva istanza di permesso di soggiorno essa era stata proposta solo il 10.12.2010 pur essendo egli autore della dichiarazione di ingresso ex articolo 1 comma 2 legge 68 del 2007 in data 20.10.2008 - impugnò detta espulsione innanzi al Giudice di Pace di Milano censurò nel ricorso la invalidità della espulsione perché egli avrebbe avuto in atto una procedura di emersione da lavoro irregolare, introdotta dalla dichiarazione del datore di lavoro ai sensi della legge 102 del 2009 CHE il GdP di Milano con decreto 10.3.2011 ha rigettato le doglianze rilevando che l'espulsione era legittima posto che la procedura di emersione era stata definita con decreto di inammissibilità del 10.12.2010 CHE per la cassazione di tale decreto l'H.S. ha proposto ricorso notificando l'atto in data 21.4.2011 a Prefetto e Questore di Milano presso l'Avvocatura Distrettuale CHE il relatore designato ex articolo 377 e 380 bis c.p.comma ha con relazione 23.1.2012 argomentato per la nullità della notifica effettuata non al Prefetto SEDE ma al patrocinio erariale dello stesso ed il Collegio, alla fissata adunanza 28.3.2012, ha ordinato il rinnovo della notifica al Prefetto presso la propria sede entro 30 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza CHE la cancelleria ha provveduto all'adempimento effettuando la comunicazione presso la cancelleria della Corte di Cassazione in data 4.4.2012 essendo il difensore del ricorrente avv. Davide Galimberti ivi domiciliato, in difetto di elezione di domicilio CHE il ricorrente ha dato corso all'incombente con rinnovazione della notifica al Prefetto di Milano - presso la sede di C.so Monforte effettuata in data 23-24.7.2012 CHE il relatore designato, nella seconda relazione 11.12.2012, preso atto di quanto attestato dalla cancelleria in data 30.11.2012 - che il Prefetto non aveva svolto difese - ha ritenuto che il ricorso può essere deciso con accoglimento del ricorso stesso. Osserva CHE, in piena condivisione delle argomentazioni poste in relazione, appare evidente la tempestività della notifica del ricorso in rinnovazione, non potendosi ritenere tardiva la notificazione non effettuata nei 30 giorni successivi al 4 Aprile 2012, tale data di comunicazione essendo affatto inidonea stante la applicazione del disposto dell'articolo 366 comma 2 c.p.comma nel testo vigente alla data del ricorso e pertanto dovendosi dare corso alla comunicazione all'indirizzo di FAX indicato a pag. 12 del ricorso e non essendo ancora applicabile la comunicazione all'indirizzo PEC nel testo dell'articolo 366 comma 2 e 4 c.p.comma introdotto da 1.1.2012 dall'articolo 25 comma 1 lett. 1-2 della legge 183 del 2011 CHE venendo all'esame del ricorso, illustrato ed integrato con memoria, e del decreto 26.3.2011 del GdP di Milano, appare palese la infondatezza del primo motivo, la fondatezza del secondo e l'assorbimento del terzo e quarto CHE, infatti, il primo motivo propone censura di pretesa abrogazione dell'articolo 13 d.lgs. 286/1998 per effetto della Direttiva 115/2008/CE efficace prima della espulsione de qua scadenza del termine di recepimento del 24.12.2010 che è priva di consistenza, questa Corte avendo già indicato Cass. 18481/2011 le condizioni ed i limiti della incidenza della Direttiva rimpatri sulle espulsioni adottate solo ex articolo 14 comma 5 ter del T.U. e ben prima della nuova disciplina introdotta in esecuzione della direttiva dal Governo D.L. 89/2011 conv. in legge 129/2011 CHE invece coglie nel segno il secondo motivo, che censura di violazione di legge l'affermazione del GdP per la quale la pretesa archiviazione per inammissibilità non comunicata della procedura di emersione, avrebbe fatto escludere alcuna pendenza di procedimento amministrativo ostativo alla espulsione adottata in sua pendenza e quindi l'integrazione del divieto di cui all'articolo 1 ter comma 8 legge 102 del 2009 CHE infatti è stato da questa Corte affermato con la pronunzia 7472/2004 che la conclusione negativa della procedura di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, di cui al decreto-legge 9 settembre 2002, numero 195 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, numero 195 , non può ritenersi avverata per facta concludentia , occorrendo che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazione formale, l'esito negativo della stessa in difetto di tale comunicazione, la quale non conosce equipollenti, la procedura non può ritenersi conclusa e il prefetto non può riassumere l'esercizio del suo potere e-spulsivo nei confronti dello straniero privo del permesso di soggiorno. CHE tale principio, seguito dai successivi pronunziati Cass. 6088/2005 - 26213/2005-3840/2006 è certamente applicabile anche alla procedura di emersione di cui alla legge 102 del 2009 che occupa, come attestato dalla omogeneità delle caratteristiche e della struttura normativa del reiterato divieto di espulsione in pendenza da ultimo Cass. 10242/2012 , CHE pertanto appare palese che la pretesa inammissibilità della procedura di cui a decreto del Prefetto 12.11.2010 sarebbe dovuta essere comunicata al richiedente W.B. e non solo, come avvenuto, all'opponente alla espulsione in sede di prima udienza CHE pertanto va cassato il decreto del GdP milanese e disposto rinvio allo stesso Ufficio perché riesamini l'opposizione facendo applicazione del principio di diritto appena indicato e regoli le spese . P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa il decreto e rinvia, anche per le spese, al Giudice di Pace di Milano in persona di altro magistrato.