Un muro non verticale è un pericolo per la pubblica incolumità: condannati i tre comproprietari

Il dirigente comunale del servizio lavori pubblici aveva ordinato di eliminare la situazione di pericolo che comportava la perdita di verticalità del muro esposto sulla pubblica via. Il sopralluogo avvenuto due mesi più tardi ha certificato l’omissione dei lavori prescritti.

Con la sentenza numero 18318, depositata il 22 aprile 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale dei tre imputati. Muro pericolante sulla pubblica via. Tre parenti sono comproprietari di un immobile, che si affaccia sulla strada. La proprietà ha i suoi privilegi, ma comporta anche degli oneri. I proprietari di edifici o costruzioni sono tenuti a mantenerli in modo da evitare che essi costituiscano un pericolo per la pubblica incolumità. Nel caso di omissione dei lavori necessari per ottenere tale condizione di sicurezza, l’articolo 677 c.p. prevede una responsabilità penale. I tre parenti erano stati avvertiti, ma non hanno fatto nulla 400 euro di ammenda. I tre ricevono da parte del dirigente comunale del servizio lavori pubblici l’ordine di eseguire lavori manutentivi sul muro prospiciente la strada, non più totalmente verticale. C’è il rischio di rovina e per evitare ulteriori pericoli per la pubblica incolumità l’area viene anche transennata. Il Comune effettua un sopralluogo più di due mesi dopo, ma nessun lavoro è stato compiuto. Per questo motivo i tre vengono condannati dai giudici di merito al pagamento di 400 euro di ammenda. In Cassazione sostengono che non sia stata sufficientemente provata la reale presenza di un pericolo e che non sia stato preso in considerazione il loro intervento di puntellamento del solaio e che gli ulteriori lavori sarebbero stati di spettanza della proprietaria del piano sovrastante. Pericolo correttamente rilevato. La Suprema Corte rileva che il pericolo è stato correttamente certificato da un corredo fotografico e dalle indicazioni dei funzionari tecnici comunali che avevano eseguito vari sopralluoghi. L’attività di puntellatura era già stata eseguita al momento del primo sopralluogo e non «poteva certo rilevare che nell’ordinanza non fosse stata specificata nel dettaglio la natura dell’intervento da eseguire, essendo fin troppo chiaro che si trattava di agire su detto muro che dava sulla strada e che era pericolante a causa di un’assoluta mancanza di interventi manutentivi». Tali interventi erano stati anche richiesti anche dalla proprietaria del piano superiore, che, ostacolata dai tre, aveva anche ottenuto una loro condanna civile all’esecuzione di opere di ordinaria e straordinaria amministrazione. La Corte di Cassazione ritiene dunque inammissibile il ricorso, poiché il giudice ha operato una valutazione «conferente ai dati investigativi raccolti e frutto di una corretta elaborazione in termini di logica, assolutamente inattaccabile dagli argomenti addotti dalla difesa».

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 marzo – 22 aprile 2013, numero 18318 Presidente Chieffi – Relatore Caprioglio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Enna del 27.9.2011 P.L. , P.E. , P.A. venivano condannati unitamente a C.R. per il reato di cui all'articolo 677 cod.penumero , perché in quanto proprietari dell'immobile sito in omissis , omettevano di eseguire le opere indicate nell'ordinanza 27.3.2008 del dirigente del servizio lavori pubblici del comune, per eliminare una situazione di pericolo per la pubblica incolumità. In particolare il tribunale riteneva fondata l'accusa mossa agli imputati di non aver dato seguito all'ordine di rimediare ai segni di cedimento sulla pubblica via di un muro dell'edificio menzionato che aveva perso la sua verticalità, tanto che l'area dovette essere transennata su ordine degli uffici tecnici del comune menzionato. Venivano ritenute del tutto inadeguate le operazioni di puntellamento solaio che la proprietà aveva eseguito, in ragione delle scarse condizioni del solaio stesso, tali da poter determinare il collasso del medesimo, che allo stato del sopraluogo si presentava già puntellato. Alla luce di un corredo fotografico e sulla base delle indicazioni dei funzionari tecnici comunali che ebbero ad operare vari sopraluoghi, veniva affermata la colpevolezza dei comproprietari dell'edificio che venivano condannati alla pena di Euro 400 di ammenda, ad eccezione di S.S. che era risultato essere stata costretta a citare in giudizio gli imputati per farli dichiarare obbligati a consentirle di procedere all'esecuzione di opere di straordinaria manutenzione. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione la difesa dei tre imputati P. , per dedurre difetto di motivazione sarebbe carente la prova che vi fosse stata da parte degli organi tecnici del comune un'attività intesa a verificare concretamente e non solo empiricamente la presenza di un reale pericolo e sarebbe stata omessa la valutazione della documentazione offerta dagli imputati, quanto alla attività di puntellamento del solaio, atteso che ulteriori interventi sarebbero stati adottabili dalla proprietà del piano sovrastante. Viene poi lamentato che gli argomenti spesi per assolvere la coimputata S. si attagliavano alla posizione dei ricorrenti. 3. È stata medio tempore depositata lettera del 10.4.2008 inviata dal difensore degli imputati al comune di omissis , per ribadire il declino di responsabilità, avendo puntellato il solaio della casa, lettera con cui veniva altresì segnalato che le opere dovevano essere eseguite dalla proprietà del primo piano e quindi dalla S Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile in quanto mancante di specificità, essendo meramente riproduttivo delle argomentazioni sulle quali è intervenuta adeguata motivazione da parte del giudice del merito, oltre che manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha dato conto dei dati raccolti sia attraverso un corredo fotografico, che attraverso le dichiarazioni dei funzionai del settore territorio del comune di omissis che accreditavano come si fossero rese indispensabili opere atte a fare fronte al cedimento di un muro prospicente la pubblica via del fabbricato, sito all'angolo tra via omissis , che aveva addirittura perso la verticalità e che indiscutibilmente presentava un pericolo per la pubblica incolumità che di conseguenza, con ordinanza del 27.3.2003, notificata il 13.6.2008 veniva fatto obbligo di intervenire, ma che in sede di sopraluogo del 9.6.2008, veniva accertato che l'ordine era rimasto ineseguito, al punto che aveva dovuto il comune transennare l'area, per evitare il peggio. La sentenza evidenziava come fosse stato ritenuto del tutto insufficiente l'intervento di puntellamento del solaio, indicato nella lettera richiamata dalla difesa all'attenzione di questa Corte, ritenuto addirittura intervento controproducente, poiché vi era il rischio del collasso del solaio medesimo, che già al momento del primo sopraluogo risultava puntellato e che il vero pericolo era rappresentato dal muro perimetrale del fabbricato, che era a carico di tutti i comproprietari dell'immobile. Non poteva certo rilevare che nell'ordinanza non fosse stata specificata nel dettaglio la natura dell'intervento da eseguire, essendo fin troppo chiaro che si trattava di agire su detto muro che dava sulla strada e che era pericolante a causa di una assoluta mancanza di interventi manutentivi. Interventi che erano stati sollecitati anche dalla comproprietaria S.S. che si era però vista ostacolata dagli imputati, tanto da aver dovuto convocarli avanti al giudice civile per vedere affermato il suo diritto con la condanna dei menzionati all'esecuzione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione. La valutazione operata dal primo giudice era conferente ai dati investigativi raccolti e frutto di una corretta elaborazione in termini di logica, assolutamente inattaccabile dagli argomenti addotti dalla difesa. Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso a tale declaratoria, riconducibile a colpa dei ricorrenti, consegue la loro condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 ciascuno, a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell'articolo 616 cpp, così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale numero 186/2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.