Confermata la pronunzia di assoluzione nei confronti di un uomo. Da valutare il contesto e la situazione che lo hanno spinto a uscire di casa, nonostante gli arresti domiciliari, per recarsi dalla madre per farsi praticare un’iniezione.
Salute batte misura cautelare. E non si parla, almeno in questo caso, di una emergenza, bensì, più semplicemente, della necessità di una iniezione. Che rende legittima l’estemporanea fuga dagli arresti domiciliari Cassazione, sentenza numero 16585/2013, Sesta Sezione Penale, depositata oggi . Mano fatata. Episodio incriminato è quello attribuito a un uomo, che, secondo l’accusa, ha violato gli arresti domiciliari. Per quale motivo? Per recarsi a casa dei genitori, distante solo pochi metri dalla propria abitazione, e «farsi fare una iniezione urgente dalla madre», poiché quest’ultima «era impossibilitata a raggiungerlo». Contesto rilevante per comprendere l’azione compiuta dall’uomo? Assolutamente no, secondo i giudici di primo grado, che optano per una pronunzia di colpevolezza. Assolutamente sì, invece, secondo i giudici di secondo grado, che difatti azzerano completamente la contestazione del «reato di evasione dagli arresti domiciliari». Emergenza. Questa visione viene, però, duramente contestata dal Procuratore Generale, che presenta ricorso per cassazione e sostiene che non può esistere l’ipotesi di una «causa di giustificazione», non potendo rilevare «movente, entità e durata dell’allontanamento». Senza dimenticare, viene aggiunto, che non era stato dato «alcun preavviso agli organi di controllo». Ma, invece, la visione umanitaria proposta in Appello viene condivisa, ora, anche dai giudici della Cassazione, i quali evidenziano «le circostanze del tutto peculiari del caso», ossia «sindrome acuta e dolorosissima dell’ernia del disco, in fase irritativa», che affligge l’uomo, e «impossibilità della madre, che gli praticava le iniezioni, prescrittegli dal medico curante, a raggiungerlo nella sua adiacente abitazione». Ciò permette di affermare, secondo i giudici, che l’uomo non si trovava nelle condizioni di «consapevole e volontaria trasgressione al vincolo derivante dalla restrizione domiciliare» ergo, è legittima, e confermata, l’assoluzione decisa in Appello.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 marzo – 12 aprile 2013, numero 16585 Presidente Milo – Relatore Cortese Fatto Il P.G. di Campobasso ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, che, in totale riforma della pronuncia di condanna del giudice di primo grado, ha assolto T.A. dal reato ti evasione dagli arresti domiciliari, commesso il 04.03.2006, perché il fatto non costituisce reato, rilevando che il prevenuto si era allontanato dall’abitazione per recarsi a pochi metri a casa dei genitori al fine di farsi fare una iniezione urgente dalla madre, che era impossibilitata a raggiungerlo nella sua casa. Deduce il P.G. ricorrente che la condotta dell’imputato, che fra l’altro non diede alcun preavviso agli organi di controllo del suo allontanamento, non integra alcuna causa di giustificazione e non legittima, quindi, la sua assoluzione dal reato ascrittogli, per il quale, com’è noto, non rilevano il movente, l’entità e la durata non risultante comunque con certezza in causa dell’allontanamento. Diritto Il ricorso è infondato. La Corte di merito ha infatti, con motivazione non illogica, escluso che nella specie, considerate le circostanze dei tutto peculiari del caso sindrome acuta e dolorosissima dell’ernia del disco in fase irritativa, impossibilità della madre, che gli praticava le iniezioni prescrittegli dal medico curante, a raggiungerlo nella sua adiacente abitazione , l’imputato si trovasse nelle condizioni di una consapevole e volontaria trasgressione al vincolo derivante dalla restrizione domiciliare. P.Q.M. Rigetta il ricorso.