Peculato e falso ideologico: adeguata la custodia in carcere per il dirigente spregiudicato e avido

Ai fini della valutazione ex art. 275 c.p.p. è grave la condotta di spoliazione di risorse pubbliche ad uso privato realizzata per anni con modalità insidiose e occulte da parte di un alto dirigente dello Stato.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 57 del 2 gennaio 2014. Il caso. Il Tribunale del Riesame di Roma aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare a carico di un indagato di peculato continuato e falso ideologico per essersi appropriato di una somma appartenente al Fondo per gli edifici di Culto presso il Ministero dell’Interno, di cui era stato Direttore Centrale, nonché di aver falsificato il rendiconto della posizione finanziaria” presso una banca svizzera, attestando falsamente la giacenza di un determinato importo. Chiamata in correità. Un coindagato – titolare di una società fiduciaria svizzera cui era stato dato mandato di gestione della posizione finanziaria –, ammettendo le proprie responsabilità, aveva fatto dichiarazioni in capo all’ex Direttore Centrale del Fondo. I giudici di merito avevano ritenuto che il dichiarante fosse credibile, perché coinvolto direttamente nei fatti contestati e che le sue dichiarazioni fossero intrinsecamente attendibili, perché precise, logiche e coerenti. Infine, sussistevano riscontri estrinseci corrispondenze obiettive potevano rinvenirsi negli effettivi e risalenti legami di amicizia tra dichiarante e correo, nel ruolo di collegamento ed intermediazione tra il fondo e la società fiduciaria del dichiarante, nella oggettiva creazione della posizione finanziaria del fondo presso la banca svizzera, nel reale svuotamento” di essa e nella rendicontazione abilmente falsificata, nonché nell’esistenza di un conto collaterale del conto di deposito e nel prosciugamento di entrambi i conti, sia quello principale che quello collaterale. Buon governo dei criteri di valutazione. Come insegna il consolidato orientamento giurisprudenziale, affinché possa correttamente valutarsi la chiamata in correità, occorre procedere gradatamente ad un esame che, in ordine logico, dapprima sciolga il problema della credibilità del dichiarante, guardando alla personalità, alle condizioni socio-economiche e familiari, ai rapporti con i chiamati in correità, alla genesi remota e prossima della decisione di ammettere le proprie responsabilità e di accusare i correi. Solo successivamente si potrà procedere ad esaminare l’attendibilità della chiamata utilizzando criteri quali precisione, coerenza, costanza, spontaneità, verosimiglianza, per poi, conclusivamente, verificare la sussistenza di riscontri esterni alla chiamata in correità. Non è possibile invece procedere ad una valutazione complessiva della chiamata in correità perché prima deve essere fatto chiarimento circa eventuali dubbi sulla chiamata in sé. Gravità del quadro indiziario. Secondo i giudici di legittimità, l’ordinanza di riesame era priva del denunciato vizio motivazionale, atteso che conteneva una attenta analisi della regiudicanda, compreso l’esame di tutte le deduzioni difensive. L’itinerario logico-giuridico, all’esito del quale i giudici del riesame pervenivano alla conferma del provvedimento genetico, secondo la Cassazione, non era censurabile in punto correttezza logica, avendo peraltro il ricorrente dedotto una diversa ricostruzione dei fatti che attinge ad apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità. Lo sviluppo della motivazione dell’ordinanza cautelare deve essere supportato da soliti passaggi logici in punto sussistenza dei gravi indizi, cioè della qualificata probabilità di colpevolezza, non potendosi invece richiedere che contenga un approfondimento rigoroso qual è l’accertamento della responsabilità. Peraltro, la Suprema Corte non si stanca mai di ricordare che costituisce ius receptum l’ambito nel quale essa opera il giudice di legittimità è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non potendo divenire giudice del contenuto della prova. Inidonee misure gradate diverse dalla custodia in carcere. Evidenziando l’assoluta gravità della condotta posta in essere dall’indagato, il Tribunale del riesame aveva ritenuto non potersi fronteggiare le esigenze cautelari con misure meno gravose di quella disposta. In particolare, erano stati evidenziati puntualmente elementi che denotavano l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione del reato, con focalizzazione all’attuale ed effettiva potenzialità di commissione di determinati reati, connessa alla disponibilità di mezzi e alla possibilità di sfruttare circostanze suscettibili di rendere altamente probabile la reiterazione di delitti della stessa specie. Del pari, il provvedimento di merito conteneva un apparato giustificativo adeguato ed esente da vizi logico-giuridici in tema di gravità del fatto. Veniva evidenziata la gravità della condotta di spoliazione di risorse pubbliche realizzata per anni, nonché la personalità spregiudicata e avida, incline al raggiro da parte di appartenente alla pubblica amministrazione che dimostrava piena dimestichezza con i meccanismi clientelari e corruttivi e capacità di sfruttare – a proprio beneficio – conoscenze altolocate e relazioni, per intervenire sui meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione. Inammissibilità del motivo. Peraltro, la contestazione relativa alle esigenze cautelari non era stata proposta davanti al Giudice del riesame, di talché la Cassazione non poteva che dichiararne l’inammissibilità. È infatti inammissibile il ricorso nel quale si deducano carenze o illogicità motivazionali del provvedimento genetico della misura coercitiva se non siano state tempestivamente oggetto di doglianza davanti al Tribunale del riesame.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 10 settembre 2013 - 2 gennaio 2014, n. 57 Presidente Siotto – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. L.M.F. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, in data 25-6-13, che ha confermato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Roma, il 13-6-13, in ordine ai delitti di peculato continuato e falso ideologico in atto pubblico mediante induzione, commessi tra il 2006 e il 2011,in relazione all'appropriazione della somma di Euro 10.241.069, 74, appartenente al Fondo per gli edifici di Culto presso il Ministero dell'interno, di cui L.M. , nella sua qualità di prefetto, era stato Direttore Centrale dal 2003 al 2006 denaro oggetto della posizione finanziaria intestata al FEC presso la banca Hottinger & amp CIE Banquiers di Lugano, su cui era stato conferito un mandato di gestione alla fiduciaria Hottinger et Associates Sa di Lugano di Z.R. . Un secondo addebito inerisce invece alla falsificazione del rendiconto di tale posizione , assunto a base della delibera del Consiglio di amministrazione del 18-5-2011, attestante, a quel momento, la giacenza del suddetto importo, contrariamente al vero. 2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo del ricorso a firma dell'avv. Napolitano, violazione dell'art. 270 cpp poiché il Tribunale, pur dando atto che le risultanze inerenti ai reati contestati a L.M. sono scaturite da intercettazioni telefoniche avviate nell'ambito di un procedimento pendente presso la Procura di Napoli, non ha considerato che non si tratta di procedimento diverso ab origine e non ha motivato in merito alla scelta processuale di separazione dei delitti in disamina. 2.1. Con il secondo e il terzo motivo, si deduce violazione degli artt. 273 e 192 co. 2 e 3 cpp poiché la prospettazione accusatoria si basa essenzialmente sulla chiamata in correità da parte del coindagato Z.R. , che ha reso dichiarazioni non univoche, prive di riscontri individualizzanti e soltanto de relato,in quanto egli riferisce di circostanze apprese da altro coindagato, il T. . Né costituiscono valido riscontro le due e-mail inviate, il 3-5-13, dallo stesso Z. al Ministero degli Interni dr F. , in cui Z. dichiara la propria estraneità alla gestione del conto, di cui invece vi è prova in atti, indicando nel L.M. colui che agiva sul conto stesso,onde esonerarsi da ogni responsabilità. Ma l'unico ideatore dello svuotamento del conto FEC ed autore, unitamente al B. , dei falsi rendiconti della posizione FEC presso la banca Hottinger è il T. , secondo l'ampia confessione dallo stesso resa ai PM di Napoli. Le dichiarazioni di Z. sono pertanto riconducibili alle false rassicurazioni avute dal T. circa la copertura dell'operazione illecita da parte del L.M. . Né il Tribunale del riesame ha motivato in merito ai riscontri, anche documentali, relativi ai controlli che venivano effettuati dal CdA del FEC, da cui provenivano le decisioni in materia, anche in ordine alla scelta delle banche a cui affidare la gestione dei fondi. In particolare, la Hottinger era stata indicata dal prefetto Bu. , Presidente del CdA prima del L.M. , che non aveva neppure poteri di firma sui conti di gestione o di deposito. D'altronde, lo stesso T. ha affermato la totale estraneità del L.M. e dalle dichiarazioni rese al PM di Roma, in data 3-6-13, da personale addetto al FEC non è emersa alcuna condotta illecita del ricorrente. 2.2. Il quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso investono invece le esigenze cautelari,non sussistendo pericoli di reiterazione del reato o di inquinamento probatorio poiché il L.M. non riveste alcuna carica pubblica ed è in pensione dal marzo 2013. 2.3. Anche con il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso a firma del prof. Za. si eccepisce, in una prospettiva concettuale non dissimile da quella in cui si colloca il precedente ricorso, vizio di motivazione in merito all'attendibilità intrinseca di Z. e mancanza dei riscontri estrinseci. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso, si denuncia violazione dell'art. 314 cp, non essendovi stata alcuna interversio possessionis e potendosi ravvisare nei fatti, al più, un reato di abuso e non di peculato. 2.5. Con il sesto motivo di ricorso, si denuncia violazione dell'art. 274 cpp, stante la mancanza di esigenze cautelari. 3. In data 9-9-13 è stata depositata copia di interpellanza parlamentare in merito ai fatti in disamina e copia di relazione medico-legale sulla persona del L.M. . Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 4. Il primo motivo di ricorso è infondato. Ai fini del divieto di utilizzazione di cui all'art. 270 co. 1 cpp, la diversità del procedimento deve essere intesa in senso sostanziale e ricollegata all'instaurazione del procedimento stesso in relazione ad una notizia di reato che derivi da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine Sez. IV, 19-1-2010 n. 7320, rv. n. 246697 . Tale diversità non può dunque essere riconnessa a dati puramente formali, come l'iscrizione della medesima notizia di reato da parte di due diversi uffici di procura Sez. I 9-5-2006, n. 29421, rv. n. 235104 Sez. III 13-ll-2007n. 348, rv. n. 238779 . D'altronde, il concetto di diverso procedimento non equivale a quello di diverso reato e in esso non rientrano quindi le indagini strettamente connesse e collegate, sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico, al reato in ordine al quale il mezzo di ricerca della prova è stato disposto Sez. VI 2-12-2009, n. 11472/10, rv n. 246524 . Peraltro la circostanza che non possano considerarsi pertinenti a diverso procedimento risultanze concernenti fatti strettamente connessi a quello cui si riferisce l'autorizzazione giudiziale e che dunque non rilevino i limiti di utilizzabilità fissati dall'art. 270 cpp, non esclude che siano applicabili le condizioni generali cui la legge subordina l'ammissibilità delle intercettazioni. Ne deriva che, allorquando, nel corso di intercettazioni autorizzate per un dato reato, emergano elementi concernenti fatti strettamente connessi al primo, detti elementi possono essere utilizzati solo nel caso in cui, per il reato al quale si riferiscono, il controllo avrebbe potuto essere autonomamente disposto, a norma dell'art. 266 cpp Sez. VI 15-1-2004 n 4942, rv. n. 229999 . Di tali principi ha fatto buon governo il Tribunale, il quale ha rilevato come le risultanze inerenti ai reati contestati al L.M. siano scaturite da intercettazioni telefoniche avviate nell'ambito di un procedimento aperto dalla Procura di Napoli per il delitto di riciclaggio di capitali di un clan camorristico, mediante investimenti curati da T. e Z. , su conti di una banca svizzera la Hottinger , dalla quale sarebbero stati altresì stornati, a vantaggio di esponenti del predetto gruppo criminale, anche i fondi del FEC. Sulla base di tali elementi, il Tribunale pone correttamente in rilievo come si tratti di una ipotesi di stretta connessione tra l'originaria notizia di reato e i delitti oggetto del presente procedimento, che non può perciò considerarsi diverso, nell'ottica delineata dall'art. 270 cpp. Relativamente ai predetti delitti peraltro sussistono anche autonomamente i presupposti indicati dall'art. 266 cpp. Anche le doglianze concernenti la sussistenza della gravità indiziaria sono infondate. In tema di misure cautelari personali, infatti, allorché, come nel caso in disamina, sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. La richiesta di riesame ha infatti, come mezzo d'impugnazione, la precipua funzione di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti enumerati dall'art. 292 cpp e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. La motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve pertanto conformarsi al modello delineato dal citato articolo, che si ispira al modulo di cui all'art. 546 cpp, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. Nei procedimenti incidentali de libertate, lo sviluppo della motivazione è conseguentemente inficiato dalla mancanza di approfondimento critico e di rigore argomentativo, allorché l'asserto relativo al carattere di gravità degli indizi non trovi giustificazione in un organico e coerente apprezzamento degli elementi di prova né risulti articolato attraverso passaggi logici dotati dell'indispensabile solidità Cass., Sez. un. 22-3-2000, Audino, Cass. pen. 2000, 2231 . 5.1. Nel caso in disamina, non possono essere ravvisati i vizi di motivazione lamentati dal ricorrente, avendo il giudice a quo evidenziato la rilevanza della chiamata in correità da parte di Z. . Al riguardo, un consolidato orientamento giurisprudenziale ha stabilito che, ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità, a mente del disposto dell'art. 192 co. 3 cpp, il giudice deve, in primo luogo, sciogliere il problema della credibilità del dichiarante, in relazione alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in correità, alla genesi remota e prossima della sua decisione di confessare e di accusare i complici. In secondo luogo, deve verificare l'intrinseca attendibilità della chiamata in correità, alla luce di connotati come la precisione, la coerenza, la costanza, la spontaneità, la verosimiglianza, la ricchezza di particolari. Infine il giudice deve esaminare i riscontri estrinseci. L'esame va compiuto seguendo quest'ordine logico perché non si può procedere ad una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità se prima non si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sé, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa Sez. un. 21-10-92, Marino, rv. n. 192465 Cass. 16-4-98, Civardi, rv 210734 Cass 3-9-98, Balbo, rv. 211525 . 5.2. La disamina effettuata dal giudice a quo è coerente con tali principi poiché il Tribunale ha analizzato accuratamente il contenuto delle dichiarazioni rese da Z. , sottolineando come esse provengano da un coindagato ampiamente coinvolto nei fatti contestati e siano intrinsecamente attendibili, in quanto precise, logiche e coerenti. Né - precisa il Tribunale - è ravvisabile alcun interesse che possa avere indotto il chiamante a formulare accuse inveridiche circa il coinvolgimento del L.M. , avendo Z. contestualmente ammesso le proprie responsabilità, peraltro senza alcun significativo beneficio per la sua posizione procedimentale, in termini di libertà personale. Il Tribunale analizza poi i riscontri obiettivi alla chiamata in correità, che hanno investito sia i termini generali della vicenda sia la specifica posizione del L.M. il giudice a quo ha dunque posto in rilievo come, conformemente alle dichiarazioni di Z. , T. sia effettivamente legato a L.M. da stretti e risalenti rapporti di amicizia, in virtù dei quali ha svolto - come egli ha ammesso e come lo stesso L.M. ha lasciato intendere - un ruolo di collegamento ed intermediazione tra il FEC e la fiduciaria di Z. , in relazione alla creazione della posizione del fondo presso la Hottinger la posizione FEC in Hottinger sia stata realmente svuotata e la rendicontazione della stessa abilmente falsificata la falsificazione sia opera di T. e di un suo stretto collaboratore, B. , come da entrambi ammesso esista effettivamente un collaterale del conto deposito del FEC in Hottinger, contrassegnato da un numero che è rimasto sconosciuto, fin quando la Hottinger ha trasmesso la documentazione in suo possesso tale conto sia stato gestito con modalità che confermano come si trattasse di una linea di credito garantita dal conto principale sia il conto principale che il collaterale siano stati effettivamente prosciugati, in tempi corrispondenti a quelli indicati dal coindagato, mediante bonifici effettuati a favore della Silgocom Chiasso Sa nell'interrogatorio di garanzia, lo stesso ricorrente ammetta che la banca gli fu segnalata proprio da T. , suo amico di vecchia data esistano tracce documentali, analiticamente esaminate dal Tribunale, della riconducibilità a L.M. della creazione, con modalità anomale ed illegittime, della posizione FEC in Hottinger, in relazione alla quale il potere di firma spettava al medesimo e, per sua espressa delega, alla Frisali. In quest'ordine di idee, il Tribunale sottolinea come la prima operazione contabilizzata sul collaterale risalga al 4-12-006 e come da ciò si inferisca che il conto è stato acceso prima di tale data, quando ancora L.M. era direttore del fondo. Di tale ulteriore rapporto nessuno era a conoscenza e non ve ne è traccia documentale agli atti del FEC. Le firme sul FEC, d'altronde, non furono variate fino a molto tempo dopo gli avvicendamenti di L.M. e della Frisali dal medesimo definita suo capo di gabinetto . E S.M. , subentrato alla Frisati, venne dirottato da L.M. , esattamente nel periodo in cui, secondo Z. , il conto FEC in Hottinger venne prosciugato, alle iniziative culturali del Fondo, poiché degli investimenti avrebbe continuato a occuparsi il L.M. personalmente, stante la delicatezza della materia. Di qui la conclusione secondo la quale, nel periodo dello svuotamento dei conti FEC in Hottinger, era L.M. a occuparsi della gestione dell'investimento. Il Tribunale analizza anche le dichiarazioni di T. , mostrando come esse, nella parte in cui scagionano il L.M. , siano inattendibili, in quanto smentite sia dalle ammissioni dello stesso T. circa le utilità elargite a L.M. , senza che egli ne specifichi la causale sia dall'atteggiamento tenuto dal ricorrente allorché il T. lo informò della situazione legata all'imminente chiusura dei conti del FEC in Hottinger, poiché L.M. , lungi dal mostrare sorpresa e dall'intimare al T. di restituire il danaro sottratto, si preoccupò esclusivamente di mobilitare le sue altolocate conoscenze per bloccare l'operazione di disinvestimento della posizione in Hottinger. 5.2. Dalle cadenze motivazionali dell'ordinanza è dunque enucleabile una attenta analisi della regiudicanda, avendo i giudici del controllo preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma del provvedimento genetico attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sullo spessore dimostrativo delle risultanze procedimentali giacché questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle acquisizioni probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità Sez. un. 25-11-'95, Facchini, rv 203767 . Costituisce d'altronde ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606 co. 1 lett. e cpp non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione cfr, ex plurimis, Cass. Sez. fer., 3-9-04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86 Cass. Sez. V 5-7-04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36, 64 Cass., Sez. V, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004n. 26, 75 . Ne deriva che dedurre vizio di motivazione della sentenza significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione Sez. un. 19-6-96, Di Francesco, rv 205621 , come ha fatto il ricorrente, nel caso in esame. 6. In ordine alla doglianza concernente il nomen iuris da attribuirsi alla fattispecie concreta in disamina, occorre osservare come del tutto correttamente il giudice a quo abbia ritenuto, sulla base della giurisprudenza citata, che l'appropriazione di danaro pubblico, di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità, materiale o giuridica, integri il reato di peculato e non quello di abuso di ufficio. 7. Nemmeno le doglianze inerenti alle esigenze cautelari possono trovare accoglimento. In primo luogo, infatti, nel provvedimento impugnato si da atto che nessuna censura è stata formulata, al riguardo, dalla difesa. Ed è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame con cui si deducano per la prima volta carenze o illogicità motivazionali relative a vizi del provvedimento genetico della misura coercitiva, che non abbiano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso tribunale Sez. II, 21-9-12, n. 42408, rv. n. 254037 Sez. I 22-4-1997 n. 2927, rv. n. 207759 Sez. I 5-12-2003 n. 1786, rv. n. 227110 Sez. II, 21-9-12, n. 42408, rv. n. 254037 . In secondo luogo, la valutazione delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 cpp integra un giudizio di merito che, se supportato da motivazione esente da vizi logico-giuridici,è insindacabile in cassazione Cass. 2-8-1996, Colucci, Nuovo dir. 1997, 316 . In presenza, al riguardo, di motivazione adeguata, anche in relazione all'indicazione delle ragioni per le quali eventuali misure gradate vengano ritenute inidonee e non proporzionate all'entità e gravità dei fatti di reato Cass. 21-7-92, Gardino, C.E.D. Cass. n. 191652 Cass. 26-5-94, Montaperto, C.E.D. Cass. n. 199030 , le determinazioni del giudice a quo sfuggono infatti al sindacato di legittimità, al quale è estraneo ogni profilo di rivalutazione nel merito delle relative statuizioni. 7.1. Al riguardo,il Tribunale ha evidenziato l'assoluta gravità di una condotta di spoliazione di risorse pubbliche ad uso privato, posta in essere, per anni, con modalità insidiose ed occulte, che evidenziano una personalità spregiudicata ed avida, incline al raggiro e alla violazione di ogni regola di correttezza, da parte di un alto dirigente dello Stato, che ha dimostrato piena dimestichezza con i meccanismi alla base dei più diffusi fenomeni clientelali e corruttivi nella p.a. e capacità di sfruttare le conoscenze altolocate e le relazioni intessute con personaggi pubblici, per influire sui meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione. Trattasi di apparato giustificativo adeguato, esente da vizi logico-giuridici ed aderente alle linee concettuali in tema di motivazione del provvedimento cautelare appena richiamate, segnatamente in relazione al parametro di cui all'art. 275 cpp, in quanto ancorato a specifiche circostanze di fatto Cass., Sez. III, 3-12-2003 n 306/04, Scotti, Guida dir. 2004, n. 17, 94 e pienamente idoneo ad individuare, in modo puntuale e dettagliato, gli elementi atti a denotare l'attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa, non fronteggiabile con misure meno gravose di quella disposta Cass. 24-5-'96, Aloè, C.E.D. Cass. n. 205306 con esclusione di ogni congettura Cass. 19-9-95, Lorenzetti, Cass. pen. 1997, 459 e attenta focalizzazione dei termini dell'attuale ed effettiva potenzialità di commettere determinati reati, connessa alla disponibilità di mezzi e alla possibilità di fruire di circostanze che renderebbero altamente probabile la ripetizione di delitti della stessa specie Cass. 28-11-1997, Filippi, C.E.D. Cass. n. 209876 Cass. 9-6-1995, Biancato, C.E.D. Cass. n. 202259 . 8. Il ricorso va dunque rigettato, siccome infondato, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali. Vanno infine espletati gli adempimenti di cui all'art. 94 co. I-ter disp. att. cpp. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94 co.1 ter, disp. att. c.p.p