La chiusura della missiva con contenuto offensivo e il fatto che sia indirizzata ad un solo soggetto non esclude tout court il reato

La destinazione alla divulgazione può trovare fondamento, oltre che nella esplicita volontà del suo autore, anche in altri elementi, quali la natura o la modalità della comunicazione, se siano propulsive di un determinato procedimento che determini la necessaria conoscenza da parte di terzi, sempre che il mittente possa prevedere la comunicazione ad altri.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza numero 51397 del 19 dicembre 2013. Diffamazione relativa alle condizioni di lavoro. Venivano tratti a giudizio e, successivamente assolti in primo e secondo grado, due rappresentanti sindacali, con l’accusa di aver offeso la reputazione della Whirlpool Europe e dei suoi vertici, attraverso l’inoltro di una missiva diretta al Presidente statunitense della stessa, nella quale si attribuivano reati e comportamenti antisindacali all’amministratore delegato – Presidente italiano ed ai due vice – presidenti. Tale lettera sarebbe stata conosciuta, oltre che dal destinatario effettivo, anche dalla sua segretaria e dagli organi apicali della sede italiana. Assoluzione perché il fatto non sussiste. I giudici di primo e secondo grado hanno assolto gli imputati, ritenendo che la circostanza che la lettera fosse stata indirizzata personalmente ed in busta chiusa al presidente della società negli Usa e che contenesse una specifica richiesta di interessamento personale di questi, unitamente alla manifestazione di disponibilità degli scriventi ad un incontro, fosse indicativa del difetto di volontà di comunicare il contenuto ad altre persone la successiva divulgazione sarebbe avvenuta a seguito di un’autonoma iniziativa dell’organo presidenziale, nonché conseguenza della complessa organizzazione della società. Inoltre, il giudicante di seconde cure ha condannato la parte civile appellante alla rifusione delle spese, oltre che al risarcimento dei danni sofferti dagli imputati. Le parti civili deducono violazione ed erronea applicazione dell’articolo 595 c.p. in relazione all’articolo 43 stesso codice, oltre contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla non sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo esse ritengono che il dolo emerga dalla circostanza che sulla busta non erano presenti indicazioni quali “riservata, personale”, che la missiva fosse scritta in lingua italiana benché indirizzata ad un soggetto di lingua inglese e che fosse agevolmente prevedibile che il testo venisse inoltrato alle segreterie della sede italiana, stante l’oggetto della comunicazione stessa lamentele nei confronti della stessa sede italiana . Inoltre, si lamenta l’erroneità della formula assolutoria, che, in assenza del profilo soggettivo, avrebbe dovuto essere “perché il fatto non costituisce reato” e non “perché il fatto non sussiste” il che avrebbe escluso la condanna al risarcimento dei danni. Il ricorso è stato accolto gli Ermellini hanno rilevato l’erroneo utilizzo della formula assolutoria, che avrebbe dovuto essere “perché il fatto non costituisce reato”. La modificazione di tale formula non influenza la posizione degli imputati, per i quali resta ferma l’intangibilità del giudicato penale, ma comporta l’annullamento delle statuizioni di condanna delle parti civili alle spese processuali e al risarcimento del danno in favore di questi ultimi. L’indirizzamento ad un solo soggetto non esclude il dolo. Oltre a ciò, si rileva, altresì, il vizio motivazionale è illogico desumere dalle circostanze che la lettera fosse indirizzata al presidente e che contenesse la richiesta di un personale interessamento la mancanza della volontà di comunicare i fatti anche a terze persone, attribuendo la successiva divulgazione ad un’autonoma iniziativa dell’organo presidenziale infatti, proprio il contenuto delle lamentele e la composizione societaria della multinazionale avrebbero dovuto far ritenere agli imputati che la stessa lettera sarebbe stata resa nota anche ai vertici italiani. Per costante giurisprudenza, infatti, il fatto che una missiva dal contenuto offensivo nei confronti di terzi sia indirizzata ad una sola persona – che lo abbia poi diffuso – raggiunge comunque la dimensione di diffusività tale da realizzare l’offensività della diffamazione la destinazione alla divulgazione si fonda non solo sulla esplicita volontà del suo autore, ma anche nella natura e modalità della comunicazione, se siano propulsive di un determinato procedimento che determini la necessaria conoscenza da parte di terzi, sempreché il mittente possa prevedere la comunicazione ad altri. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, la Corte ha annullato le statuizioni civili della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 novembre - 19 dicembre 2013, numero 51397 Presidente Lombardi – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. S.S. e B.G. sono stati assolti perché il fatto non sussiste con sentenza 21-10-2010 del Giudice di pace di Varese, confermata dal Tribunale della stessa sede in data 2-12-2011 a seguito di proposizione di appello delle parti civili costituite. 2. Agli stessi, rappresentanti sindacali, è ascritto il reato di diffamazione aggravata per aver offeso la reputazione della Whirlpool Europe srl con sede in e dei suoi vertici attraverso l'invio di una missiva diretta al presidente della Whirlpool Corporation di Michigan USA nella quale si attribuivano reati e comportamenti antisindacali all'amministratore delegato nonché vice presidente A.W. e agli altri due vice presidenti C.P.R. e R.S. della direzione italiana della società, costituiti parte civile. Lettera che era stata conosciuta, oltre che dal destinatario, dalla sua segretaria che l'aveva inoltrata alla segretaria degli organi apicali della sede di . 3. I giudici di primo e secondo grado ritenevano in sostanza che il fatto che la lettera fosse stata indirizzata personalmente e in busta chiusa al presidente della società negli Stati Uniti e che contenesse una specifica richiesta di interessamento personale di questi accompagnata dalla manifestazione della disponibilità degli scriventi ad un incontro/chiarimento, indicasse il difetto della volontà di comunicazione del contenuto ad altre persone, mentre la divulgazione poi avvenuta era stata frutto di un'autonoma iniziativa dell'organo presidenziale e conseguenza della complessa organizzazione della società. 4. Il tribunale condannava la parte civile appellante, risultata soccombente, alle spese processuali del grado, a quelle degli imputati e, ritenuta la colpa grave, al risarcimento del danno, in forma generica, in favore di questi ultimi. 5. Le parti civili Whirlpool Europe srl, A. , C. e R. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado articolando due motivi. 6. Con il primo deducevano violazione ed erronea applicazione dell'articolo 595 cod. penumero anche in relazione all'articolo 43 stesso codice, nonché apparenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla non ritenuta imputabilità agli autori dello scritto, sotto il profilo del dolo diretto o eventuale, della successiva propalazione del contenuto di esso. Tanto alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa corte secondo la quale ricorre il reato nel caso in cui lo scritto offensivo, per quanto inoltrato ad un unico soggetto, sia destinato nelle intenzioni dell'autore, o comunque per sua natura, ad essere divulgato. 7. Il che risultava verificato nella specie in cui, anche ad ipotizzare che sulla busta fossero presenti le indicazioni “riservata personale” il che non risultava peraltro accertato non essendo stata prodotta la busta, mentre sulla lettera tali indicazioni non figuravano , le modalità stesse del confezionamento della missiva in italiano , le qualità personali del destinatario di lingua inglese e l'oggetto della comunicazione riguardante la direzione italiana che per dovere d'ufficio ne sarebbe stata informata dalla casa madre rendevano agevolmente prevedibile ai mittenti che il testo sarebbe stato conosciuto, oltre che dal destinatario, almeno dalle segreterie di quest'ultimo e della sede italiana, nonché dal traduttore. 8. Tale profilo non era stato compiutamente valutato nelle sentenze di merito che avevano erroneamente ed illogicamente ritenuto di attribuire la divulgazione della missiva ad una estemporanea iniziativa del presidente americano della società senza accertare la connessione causale con la condotta degli imputati i quali non potevano non prevedere che altri soggetti sarebbero venuti a conoscenza del contenuto della lettera. 9. La richiesta era quindi di annullamento con rinvio al giudice di appello. 10. Con il secondo motivo erano dedotte violazione ed erronea applicazione degli articolo 541 e 542 cod. proc. penumero in relazione agli articolo 427 e 530 stesso codice, nonché manifesta illogicità della motivazione. 11. Poiché in base alle ragioni dell'assoluzione la formula avrebbe dovuto essere “perché il fatto non costituisce reato”, con conseguente parziale accoglimento dell'appello delle parti civili fermo restando, per l'imputato, il giudicato dell'assoluzione “perché il fatto non sussiste” , era erronea la condanna di queste alle spese processuali del secondo grado, nonché a quelle sostenute dagli imputati ed al risarcimento del danno, non consentite in caso di assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. 12. Vizio di motivazione era dedotto anche in caso di conferma della formula “perché il fatto non sussiste” in quanto si sarebbe potuta pronunciare la condanna delle parti civili alle spese degli imputati solo in caso di non ricorrenza di giusti motivi per la compensazione totale o parziale, mentre la condanna al risarcimento danni, che esige la temerarietà o l'avventatezza dell'impugnazione, era stata inflitta utilizzando quale parametro per stabilire la sussistenza della colpa grave non il livello di conoscenza dell'uomo medio ma la condizione culturale e professionale degli appellanti e dei loro difensori. 13. Si chiedeva quindi comunque l'annullamento senza rinvio di tali capi della sentenza. 14. Il difensore delle parti civili ha depositato motivi nuovi in data 24-7-2012. 15. L'unico motivo prospettato si riassume nella citazione della giurisprudenza di questa corte in tema di diffamazione, relativamente al caso in cui una lettera dai contenuti offensivi nei confronti di terzi sia indirizzata ad una sola persona che ne abbia poi divulgato i contenuti, secondo la quale la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento, oltre che nella esplicita volontà del mittente-autore, anche nella natura stessa della comunicazione - o nelle modalità di trasmissione al destinatario -, in quanto propulsive di un determinato procedimento giudiziario, amministrativo, disciplinare che deve essere ex lege portato a conoscenza di altre persone, diverse dall'immediato destinatario, sempre che l'autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi Cass. 23222/2011, 30329/2012 . 16. Il che, sempre secondo i ricorrenti, risulta nella specie verificato in considerazione delle funzioni di garanzia del presidente della sede americana della società e anche del fatto che il suo interessamento personale, sollecitato dai prevenuti, non poteva prescindere dall'apertura di una procedura cognitiva interna, inevitabile fonte di conoscenza da parte di terzi dei contenuti della missiva. 17. La difesa degli imputati ha depositato note di udienza con nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Va in primo luogo stigmatizzata la scelta da parte dei giudici di merito della formula assolutoria “perché il fatto non sussiste” in contrasto con le ragioni alla base della pronuncia che, afferendo alla sussistenza dell'elemento psicologico, avrebbero richiesto la formula “perché il fatto non costituisce reato”. La modificazione della formula assolutoria in quest'ultima non ha influenza sulla posizione dell'imputato, per il quale resta ferma l'intangibilità del giudicato penale quanto alla diversa formula adottata dai giudici di merito, ma determina l'annullamento delle statuizioni di condanna delle parti civili alle spese processuali del grado, alle spese sostenute dagli imputati e al risarcimento del danno in favore di questi ultimi Cass. 7836/1999 . 3. Al di là di ciò, è pure ravvisabile il vizio motivazionale lamentato dalle parti civili ricorrenti. 4. Illogicamente i giudici di merito hanno infatti desunto dalla circostanza che la lettera fosse stata indirizzata personalmente e in busta chiusa al presidente della società negli Stati Uniti e che contenesse una specifica richiesta di interessamento personale di questi - accompagnata dalla manifestazione della disponibilità degli scriventi ad un incontro/chiarimento -, il difetto della volontà degli imputati di comunicazione del contenuto ad altre persone, attribuendo la successiva divulgazione ad un'autonoma ed estemporanea iniziativa dell'organo presidenziale. 5. Tale iter motivazionale, invero, contrasta in primo luogo con lo stesso argomento utilizzato nella sentenza impugnata per corroborare la conclusione che la diffusione a terzi del contenuto della missiva fosse stata casuale e non voluta né prevista dai mittenti, e cioè che essa era stata conseguenza, tra l'altro, della complessa organizzazione della società. Ciò, infatti, non essendo certo ignoto agli imputati, avrebbe dovuto preludere alla logica conclusione che la divulgazione del contenuto dello scritto era prevedibile e che essi ne avevano accettato quanto meno il rischio. 6. Tanto in sintonia con l'orientamento giurisprudenziale di questa corte secondo il quale la circostanza che una lettera dai contenuti offensivi nei confronti di terzi sia indirizzata ad una sola persona, che ne abbia poi divulgato i contenuti, “raggiunge la dimensione di diffusività che realizza l'offensività tipica del reato” di diffamazione in quanto la destinazione alla divulgazione, che caratterizza la fattispecie criminosa, può trovare il suo fondamento, oltre che nella esplicita volontà del suo autore, anche in altri elementi, quali ad esempio la natura o le modalità della comunicazione, se propulsive di un determinato procedimento giudiziario, amministrativo, disciplinare che determini la necessaria conoscenza da parte di terzi, sempre che il mittente prevedesse, se non addirittura volesse, la comunicazione ad altri Cass. 23222/2011, 30329/2012 . 7. Orbene il tribunale ha effettivamente omesso l'approfondimento, agli effetti civili, del profilo relativo al dolo diretto o eventuale degli imputati laddove ha trascurato, premesso che la missiva neppure risultava contrassegnata dalle indicazioni “riservata personale” e che la chiusura della busta era solo dovuta alla trasmissione a mezzo posta, che le modalità stesse del confezionamento della missiva in italiano , le qualità personali del destinatario di lingua inglese , l'oggetto della comunicazione riguardante la direzione italiana che per dovere d'ufficio ne sarebbe stata informata dalla casa madre , le funzioni di garanzia del presidente della sede americana della società, articolata in una complessa organizzazione, e il fatto che l'interessamento personale del predetto, sollecitato dai prevenuti, non poteva prescindere dall'apertura quanto meno di una procedura cognitiva interna, rendevano ragionevolmente prevedibile ai mittenti che i contenuti della missiva sarebbero venuti a conoscenza, oltre che del destinatario, anche di terzi, con accettazione del relativo rischio. 8. Quanto sopra giustifica l'annullamento delle statuizioni civili della sentenza impugnata e il rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Spese di parte civile al rescissorio. 9. L'inosservanza del termine di quindici giorni per il deposito di memorie difensive, previsto dall'articolo 611 cod. proc. penumero , applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica Cass. 18453/2012 , esime dell'obbligo di prendere in esame le note d'udienza oggi depositate dalla difesa degli imputati, non previamente comunicate alle altre parti in violazione del principio del contraddittorio. P.Q.M. Annulla le statuizioni civili della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.