Spesso la deposizione della vittima è l’unica fonte di accusa. Anche se proviene da un minore, merita attenzione. Deve essere però vagliata attentamente e soppesata nella sua attendibilità in modo omnicomprensivo.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 1678, depositata il 14 gennaio 2013. Una situazione disagiata. La nipote, figlia del fratello, ha meno di 14 anni. Lui, lo zio, si spoglia davanti a lei e le tocca le parti intime. Il fatto fa fatica ad emergere. La situazione familiare è disagiata. Quando lo racconta al padre, lui la picchia. Sarebbero bugie. Gli assistenti sociali notano che la ragazzina è restia a tornare a casa dalla comunità. La sua insegnante ne raccoglie lo sfogo, anche tramite una lettera. La condanna reclusione e libertà vigilata. Dopo il processo arriva infine la condanna, in entrambi i gradi di giudizio, per lo zio 1 anno e 6 mesi di reclusione, con il riconoscimento della seminfermità mentale e la riduzione per rito abbreviato. In più la misura di sicurezza della libertà vigilata per 1 anno. La deposizione della minore è attendibile? Il condannato ricorre per cassazione. La testimonianza del bambino, a differenza di quella dell’adulto, «è lontana dalla oggettività ed imparzialità». La Carta di Noto prevede appositi accorgimenti per ottenere una deposizione genuina e veritiera. Questi canoni sarebbero stati disattesi in questo caso, visto che anche l’esperta si è espressa in termini di «verosomiglianza», riconoscendo che la minore «dice bugie». La minore potrebbe aver reso quelle dichiarazioni per poter abbandonare l’ambito familiare. Dichiarazioni spontanee e credibili. La Corte rileva subito l’inammissibilità del ricorso, per genericità e scarsa specificità dei motivi. Nonostante ciò, si inoltre nell’analisi della correttezza logica della sentenza dei giudici di merito. Le dichiarazioni della ragazzina sono state assunte tramite incidente probatorio, in presenza del PM. Il consulente ha accertato che la minore, nonostante i ritardi psichici, «ha vinto i timori e le incertezze ingenerate dalla paura di reazioni violente dei genitori, per descrivere i fatti di abuso anche mediante la comunicazione scritta, corredati indicativi di un vissuto reale ha quindi concluso per l’attendibilità del suo racconto e per la verosomiglianza delle condotte abusive». Tali dichiarazioni «si pongono in termini coerenti e confermativi di quanto riferito, prima spontaneamente nel contesto scolastico ed alle assistenti sociali, poi, alla polizia giudiziaria». Vista la spontaneità dei racconti, la testimonianza è credibile. Eventuali contraddizioni non inficiano la sua attendibilità è minore, i criteri di valutazione devono essere diversi rispetto ad un adulto. Particolari attenzioni per la deposizione dei minori. Spesso la deposizione della vittima è l’unico elemento dell’accusa. Soprattutto nel caso di minori, bisogna quindi procedere con cautela. E’ necessario tenere conto «della posizione psicologica della minore rispetto al contesto, della attitudine a rendere testimonianza» e prendere in considerazione i «processi di rielaborazione cognitiva delle vicende vissute». Così hanno correttamente agito i giudici di merito.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2012 – 14 gennaio 2013, numero 1678 Presidente Squassoni – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - La sentenza della corte d'appello oggetto della presente impugnazione ha confermato la condanna inflitta al P. per l'accusa di avere compiuto atti sessuali con la nipotina che, all'epoca, era infraquattordicenne. La pena inflitta è stata di un anno e sei mesi di reclusione previo riconoscimento della seminfermità mentale e la riduzione per il rito abbreviato. Con la pena principale, al condannato è stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata, per un anno a decorrere dalla espiazione della pena principale, implicante l'obbligo di residenza, quello di presentazione bisettimanale alla P.G. ed una serie di divieti. 2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, l'imputato ha proposto ricorso deducendo violazione di legge e vizio di motivazione articolo 606 lett. b ed e c.p.p. perché la testimonianza del bambino, a differenza di quella dell'adulto è lontana dalla oggettività ed imparzialità. Per tale ragione, la c.d. Carta di Noto ha previsto l'adozione di una serie di accorgimenti volti a prevenire il rischio che la deposizione acquisita non sia genuina e veritiera. Nel caso di specie, però, tutti i canoni sono stati disattesi e la poca certezza delle conclusioni è testimoniata dalle stesse parole della esperta, Dott.ssa T. che si è espressa solo in termini di verosimiglianza ed ha riconosciuto che la minore dice bugie e ben può avere reso le dichiarazioni accusatorie solo per poter lasciare l'ambito familiare. I giudici non hanno, poi, offerto nessuna risposta a proposito dell'applicazione della misura di sicurezza visto che si era fatta notare la impossibilità che l'imputato capisse ed ottemperasse tutti quegli obblighi. Infine, ci si duole del diniego delle attenuanti generiche che avrebbero dovuto essere riconosciute proprio in considerazione della condotta dell'imputato e del suo acclarato ritardo mentale. Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - Il ricorso è generico e manifestamente infondato, e, conseguentemente, si impone una declaratoria di sua inammissibilità. Come, inoltre, si evince anche solo dalla sintesi appena fatta dei motivi, il ricorrente cerca di mettere in discussione la valutazione operata dai giudici di merito circa la attendibilità della minore attraverso la estrapolazione di una affermazione di un consulente ed, in tal modo, cercando anche, implicitamente, di sollecitare, in questa sede di legittimità, una rivisitazione delle emergenze processuali al fine di verificare nuovamente la capacità a deporre della bambina e saggiarne la credibilità. Il punto è, però, che siffatto modo di procedere non è corretto perché, dinanzi a questa S.C. possono esser portate all'attenzione vizi della motivazione, in termini di mancanza, incompletezza su aspetti significativi ovvero di logicità, ma ciò deve avvenire in modo dettagliato, specificando i passaggi nei quali la sentenza sarebbe criticabile, non certo limitandosi - come qui fatto - a porre genericamente in discussione le conclusioni raggiunte e limitandosi ad evocare una presunta inosservanza dei criteri dettati dalla Carta di Noto ovvero estrapolando una affermazione di un consulente che, presa in sé e per sé, potrebbe suggestivamente indurre a ritenere che i giudici abbiano errato. Siffatto modo di procedere è tanto più inesatto ove si esamini, nel concreto, la decisione impugnata e si constati, per contro, che il tema della attendibilità della minore è stato affrontato in modo attento, esauriente, logico e conformemente ai dettami forniti dalla giurisprudenza di legittimità. Innanzitutto, infatti, i giudici di merito hanno riepilogato lo svolgimento dei fatti e, segnatamente, le modalità di emersione dei fatti criminosi ascritti al P. . Si apprende così che le rivelazioni da parte della minore sono state progressive ma coerenti sia nei contenuti che nelle forme. Ella, infatti, ha iniziato con il manifestare grande disagio e resistenza a rientrare in famiglia dopo un periodo di permanenza in un comunità ove era stata collocata a causa della situazione svantaggiata del nucleo familiare. Gli assistenti sociali, avendo notato l'acuirsi di uno stato di agitazione nella minore all'idea di tornare a casa ed anche all'idea di rivedere lo zio paterno odierno imputato , avevano interpellato la ragazzina che, tra le lacrime aveva riferito , non solo, dei maltrattamenti cui il padre aveva sottoposto il proprio fratello, ma anche, di comportamenti anomali dello zio che si era denudato del tutto davanti a lei. In seguito, era stata l'insegnante della ragazzina a raccogliere lo sfogo della stessa circa gli abusi che aveva subito da parte dello zio che le faceva cose meglio descritte in toccamene delle parti intime . La ragazzina aveva anche riferito che il padre, cui ella si era rivolta, non le aveva creduta e l'aveva picchiata ed, infatti, aveva raccontato ciò all'insegnate in una letterina in cui le esternava fiducia e richiesta di aiuto. I giudici ricordano, quindi, ciò che la ragazzina aveva riferito in sede di esame alla presenza del ct. del P.M. e sottolineano che tale consulente aveva accertato che “la minore, nonostante sia affetta da ritardo mentale e da difficoltà cognitive ha vinto i timori e le incertezze ingenerate dalla paura di reazioni violente dei genitori, per descrivere i fatti di abuso anche mediante la comunicazione scritta, corredati indicativi di un vissuto reale ha quindi concluso per l'attendibilità del suo racconto e per la verosimiglianza delle condotte abusive”. Procedendo, quindi, in modo rigoroso, la Corte ricorda che le dichiarazioni della ragazzina sono state anche raccolte mediante incidente probatorio e che esse, così acquisite, “si pongono in termini coerenti e confermativi di quanto riferito, prima spontaneamente nel contesto scolastico ed alle assistenti sociali, poi, alla polizia giudiziaria”. La Corte osserva anche che nonostante la povertà di linguaggio, la ragazzina è riuscita a rendere comprensibili e esperienze spiacevoli subite mostrando un naturale e genuino imbarazzo e vergogna nel riferire i particolari più scabrosi che hanno reso ancora più spontanea e credibile la sua deposizione. Ciò posto, i giudici di merito hanno infine sottolineato giustamente che è principio giurisprudenziale ormai pacifico che, in materie come quelle in esame, la deposizione della vittima, anche se minore, merita una particolare attenzione perché è spesso l'unica fonte di accusa e che essa, può essere assunta, da sola, a prova di accusa se vagliata attentamente e soppesata nella sua attendibilità intrinseca ed estrinseca in modo onnicomprensivo tenuto conto della posizione psicologica della minore rispetto al contesto, della attitudine a rendere testimonianza ed in considerazione dei processi di rielaborazione cognitiva delle vicende vissute . Mostrando scrupolo e precisione, quindi, i giudici di appello sottolineano la complessiva spontaneità dei racconti, le corrette modalità di acquisizione anche delle deposizioni di terzi e, quindi, concludono in modo ineccepibile nel senso che la testimonianza della ragazzina è nella specie credibile perché anche eventuali incompletezze o contraddizioni nel suo racconto sono - proprio perché minore - caratteristica molto ricorrente ed a differenza di quanto può accadere per gli adulti, esse non sono necessariamente indici di inattendibilità. Ciò posto, molto scrupolosamente la Corte passa al vaglio ff.s e 9 le dichiarazioni della minore A. anche alla luce dei rilievi difensivi, disattendendoli motivatamente. In conclusione, come visto, le odierne censure sono oltre che aspecifiche, del tutto infondate a fronte di una motivazione che si mostra completa sotto tutti i punti di vista. Ciò vale anche con riferimento al profilo afferente le varie prescrizioni imposte al ricorrente unitamente alla misura di sicurezza della libertà vigilata. Quest'ultima é sostenuta da una documentata ed accertata pericolosità sociale dell'imputato “né risulta che egli, per le sue condizioni di salute non si in grado di ottemperare alle prescrizioni impostegli dal primo giudice”. A tale stregua, va chiaramente disattesa l'odierna doglianza a riguardo che peraltro si fonda, nuovamente sulla mera asserzione della incapacità del P. di osservare gli obblighi impostigli . Venendo, infine, all'ultimo aspetto del presente ricorso, afferente, cioè, il diniego delle attenuanti generiche, si sottolineano, nuovamente la congruità della motivazione già data dalla Corte sul punto della pena circa partenza dal minimo edittale assoluto e lo spazio dato al vizio parziale di mente e, per converso, la genericità della critica che, del resto muove anche da un assunto del tutto errato visto che il riconoscimento dell'attenuante dell'infermità parziale non implica automaticamente anche il riconoscimento delle attenuanti generiche. La prima, infatti, risponde alla evidente esigenza di considerare le condizioni fisio-psichiche dell'imputato le altre, invece, mirano a valorizzare ulteriori, eventuali ed obiettive peculiarità della vicenda. Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro. P.Q.M. Visti gli articolo 615 e ss. c.p.p Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.