Dal CNF chiarimenti sui termini per impugnare la decisione disciplinare del COA

La rimessione in termini ha portata generale, quindi in astratto trova applicazione anche nell’appello davanti al CNF, solo, però, se ne ricorrono i presupposti. Ovvero la forza maggiore o il caso fortuito, «giacché il concetto di non imputabilità deve presentare il carattere dell’assolutezza, non essendo sufficiente la prova di una impossibilità relativa, quale potrebbe essere la semplice difficoltà dell’adempimento o il ricorrere di un equivoco, evitabile con l’ordinaria diligenza».

E’ quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense con sentenza numero 72 pubblicata il 22 luglio 2018. In particolare nella sentenza in commento il CNF, interrogato su ricorso di un avvocato contro la decisione disciplinare del COA di Milano, ha dichiarato inammissibile il ricorso perché tardivo. Termine applicabile. Nel dettaglio il CNF ha osservato che il ricorso è tardivo perché depositato nella segreteria del Consiglio oltre il termine previsto dall’art 50 r.d.l. numero 1578/1933, a norma del quale il ricorso al CNF deve essere proposto nel termine perentorio di 20 giorni dalla notifica della decisione disciplinare. L’inammissibilità del ricorso oltre tale termine è stata confermata più volte dalla giurisprudenza del CNF e dalla Sezioni Unite della Cassazione Cass. SS.UU. numero 11342/13 . Rileva il Consiglio che in una recentissima decisione della Corte di Cassazione si legge che il termine di 30 giorni è applicabile ai ricorsi proposti dopo la pubblicazione del reg. CNF numero 2/2014, ma solo per le impugnazione avverso «le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina». Per cui il CNF ha ritenuto di confermare l’orientamento per il quale il termine per impugnata le rimanenti decisioni dei Consigli dell’Ordine, come nel caso in esame, resta quello di 20 giorni previsto dall’articolo 50 r.d.l. numero 1578/1933. Ammissibilità della rimessione in termini. Inoltre, secondo il Consiglio, non è ammissibile, altresì, l’istanza di rimessione in termini depositata successivamente dal ricorrente. Posto che, nel caso di specie, la richiesta di rimessione è tardiva rispetto all’attività difensiva svolta dal difensore, infatti come hanno affermato i Giudici di Cassazione la tempestività dell’istanza di rimessione in termini «è da intendersi come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale oramai preclusa». Infine, quanto deciso dal CNF nella fattispecie non si pone in contrasto con il principio secondo «l’omessa indicazione, nella decisione disciplinare adottata dal COA, delle modalità e della tempistica per la presentazione dell’impugnazione non ne determina la nullità e consente, in caso di eventuale ritardo dell’impugnazione, la concessione, ove ne ricorrono i presupposti, dell’errore scusabile». Nella specie, infatti, non ricorrono i presupposti in quanto è chiara l’applicabilità del nuovo procedimento disciplinare solo ai procedimenti davanti ai consigli distrettuali di disciplina e quindi non vi è nessun errore scusabile da parte del ricorrente.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 21 aprile – 21 giugno 2018, numero 72 Presidente Logrieco – Relatore Losurdo Fatto Al COA di Milano pervenivano nei confronti dell’Avv. [ricorrente] codice fiscale[OMISSIS] due esposti aventi ad oggetto la condotta tenuta dalla professionista nel corso di due procedimenti giudiziari. Con il primo – RG 355/2012 - il Tribunale di Milano depositava nella segreteria del COA di Milano la sentenza numero [omissis]/2012 del [omissis], emessa a seguito della riunione di due giudizi numero [omissis]/2008 e numero [omissis]/2008 , promossi dall’Avv. [ricorrente], per conto del cliente [tizio], nei confronti dell’Azienda Ospedaliera di [omissis] e dell’Azienda Istituto Ortopedico [omissis] e concernenti la responsabilità medica. Nella sentenza si dava atto del comportamento processualmente scorretto dell’avv. [ricorrente] ex articolo 88 cpc per avere la medesima - presentato due distinte domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per lo stesso cliente che avevano dato origine a due provvedimenti di liquidazioni distinti - presentato due distinti atti di citazione avverso due aziende sanitarie tacendo di aver azionato la domanda avverso l’altra azienda. - omesso di comunicare la percezione da parte del suo assistito di una rendita INAIL in epoca antecedente ai fatti dei giudizi - duplicato, senza giustificato motivo, le attività giudiziarie per ottenere la doppia liquidazione delle spese. Il difensore dell’incolpata depositava memoria difensiva con la quale eccepiva l’intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare sul presupposto che i fatti avrebbero integrato illecito a carattere istantaneo, che si sarebbe consumato con il deposito della domanda di ammissione al gratuito patrocinio. Inoltre, eccepiva l’assenza del dovere di informare l’altra Azienda sanitaria convenuta in diverso giudizio di aver preso medesima iniziativa nei confronti di altra azienda, nonché l’assenza dell’obbligo di dichiarare tutti i fatti nel giudizio in quanto il dovere di difesa prevaleva su quello di verità. Il COA apriva procedimento disciplinare per il seguente capo di incolpazione PROT. 355/12 – RG 11/13 “essere venuta meno ai doveri di lealtà, correttezza, diligenza e verità per avere 1 depositato in tempi differenti nell’interesse del proprio assistito – [tizio] – due distinte domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato [omissis]/07 – [omissis]/07 che hanno dato origine a due provvedimenti di ammissione distinti 2 notificato nell’interesse del proprio cliente [tizio] due distinti atti di citazione nei confronti di due diverse Aziende Sanitarie Ospedale di [omissis] – Istituto Ortopedico [omissis] tacendo – in ciascuno dei suddetti atti – di indicare l’azione che era stata intrapresa nei confronti dell’altra azienda ospedaliera 3 taciuto di rappresentare nei suddetti atti l’avvenuta erogazione di rendita, a favore del proprio cliente, da parte dell’INAIL calcolata su un ammontare capitale di Euro 37.734,56 per danno biologico e di Euro 35.314,64 per danno patrimoniale benchè la stessa fosse avvenuta in tempo anteriore alla notifica degli atti di citazione. In Milano dall’11.10.2007” Con il secondo esposto – RG 623/12 – l’Azienda ospedaliera [omissis] osservava - di aver ricevuto dall’Avv. [ricorrente] una richiesta di risarcimento danno per il sig. [caio] - di aver ricevuto notifica di ATP, poi abbandonato prima dell’inizio delle operazioni - di aver ricevuto notifica di un atto di citazione nel quale l’Avv. [ricorrente] da un lato dava atto di aver depositato domanda di mediazione e, dall’altro lato, affermava a più riprese che non avrebbe dato seguito alla procedura di mediazione obbligatoria e che non sarebbe comparsa all’incontro. - di aver di conseguenza deciso di non presenziare all’incontro - di aver successivamente scoperto che la cliente dell’Avv. [ricorrente], contrariamente a quanto affermato nell’atto, era invece comparsa all’incontro per la mediazione, con l’assistenza di un sostituto dell’incolpata, che si era conclusa con verbale negativo per l’assenza proprio dell’AO [omissis]. L’Avv. [ricorrente] depositava alcune memorie difensive nelle quali spiegava che la sua assistita si era recata all’incontro per ritirare il verbale negativo di mediazione, dato che solo successivamente alla notifica dell’atto di citazione era venuta a conoscenza della necessità di depositare in giudizio il verbale negativo per documentare la condizione di procedibilità della domanda. Il COA disponeva la citazione a giudizio per il seguente capo di incolpazione 3 PROT. 623/12 – RG 15/13 “di essere venuta meno ai doveri di lealtà e correttezza professionale perché, nel precisare nell’istanza di mediazione notificata all’A.O. [omissis] di “non voler dar seguito alla procedura e pertanto non comparirà all’incontro di mediazione”, induceva l’ A.O. [omissis] a non aderire e a non comparire all’incontro del 22.12.11 al quale invece partecipava la sua cliente con l’assistenza di una sua sostituta e ciò senza avvertire l’ A.O. [omissis] ottenendo così l’emissione di verbale negativo motivato proprio dal fatto che l’A.O. [omissis] non era comparsa. In Milano dal 5.10.2011” Il Consiglio territoriale, dopo aver respinto una richiesta di rinvio non supportata da idonea documentazione, con deliberazione pronunciata in data 26/5/2014, depositata il 17/2/2015, riteneva sussistente la responsabilità disciplinare dell’avv. [ricorrente] per entrambi i capi di incolpazione ed applicava la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per il periodo di mesi due, così motivando “Il CNF si è già pronunciato riconoscendo la violazione dei doveri di probità, dignità e decoro dell’avvocato che richieda di accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, all’uopo dichiarando, al fine di soddisfare i presupposti del DPR 115/02, un reddito inferiore a quello reale. Nella fattispecie l’avv. [ricorrente] avrebbe dovuto quantomeno dichiarare, nel momento della conoscenza, l’avvenuta intervenuta modifica atteso che l’avvocato ha anche il dovere di lealtà, correttezza e di verità in relazione all’esistenza o inesistenza di fatti obbiettivi che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato, le dichiarazioni devono essere vere tali da non indurre il giudice in errore, tutti doveri ai quali l’avv [ricorrente] non si è attenuta, neppure durante tutto il giudizio non solo per aver taciuto la pendenza dei due giudizi, ma anche per non aver comunicato l’avvenuta erogazione a favore del suo assistito di rendita da parte dell’INAIL, omissione che, se non scoperta, avrebbe indotto il giudice in errore e determinato un maggiore risarcimento – non dovuto – in capo al suo cliente. L’ingiustificata duplicazione di attività giudiziarie avrebbe costituito – se non si fosse scoperta l’erogazione della rendita da parte dell’INAIL e quindi il venir meno del beneficio del patrocinio a spese dello Stato – un doppio costo per lo Stato. Per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione si osserva che la violazione non è istantanea ma è iniziata con il deposito delle domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed è continuata sia con la notifica dei due atti di citazione ed è proseguita nell’intero giudizio tacendo l’erogazione della rendita 4 L’avv. [ricorrente] inoltre ha violato gli stessi doveri deontologici anche per i fatti di cui al prot 623/12 per aver omesso di avvisare controparte che, contrariamente a quanto in precedenza dichiarato, si sarebbe presentata all’incontro di mediazione ottenendo così, in violazione dei doveri di lealtà, correttezza e verità, un provvedimento favorevole per la propria assistita, e ha anche compromesso la fiducia dei terzi e l’immagine della classe forense. Comportamenti che compromettano gravemente l’immagine che la classe forense deve mantenere nei confronti della collettività al fine di assicurare responsabilmente la funzione sociale che l’ordinamento le attribuisce. Il consiglio in base alla valutazione complessiva dei fatti, dei comportamenti, delle qualità e soprattutto del disvalore che gli stessi comportamenti hanno determinato nella classe forense, ha ritenuto congrua la sanzione della sospensione”. La decisione veniva notificata all’incolpata in data 18-24 febbraio 2015. Con ricorso depositato nella segreteria del COA di Milano il 17/3/2015, l’avv. [ricorrente] impugnava la decisione, deducendo A in riferimento al proc. RG 355/12 i seguenti motivi di impugnazione 1 Nullità del provvedimento per assenza di corrispondenza tra la contestazione e la decisione 2 Nel merito autonomia dei due giudizi promossi avverso le due Aziende Sanitarie e carenza di motivazione 3 Sopravvenuta prescrizione dell’azione disciplinare. B in riferimento al proc. RG 623/12 i seguenti motivi di impugnazione 1 Omessa motivazione 2 Nel merito legittimità della condotta posta in essere dall’Avv. [ricorrente] In via istruttoria chiedeva l’ammissione della prova testimoniale con i medesimi testi indicati nel procedimento dinanzi al COA, all’epoca non ammessa in quanto ritenuta irrilevante, e concludeva chiedendo l’annullamento della sanzione applicata. A seguito del decesso del difensore, avv. [omissis], per la ricorrente si costituivano il prof. avv. [omissis] e l’avv. [omissis], con memoria del 27/1-30/1/2018. In data 3/2/2018 la ricorrente depositava una memoria difensiva e documenti, mediante le quali ribadiva l’insussistenza degli illeciti e chiedeva l’accoglimento dell’impugnazione. In data 27/1/2018 l’avv. [omissis] depositava una istanza con la quale chiedeva il differimento dell’udienza del 24/2/2018 per legittimo impedimento. All’udienza del 24/2/2018, su parere conforme del P.G., questo Collegio riteneva legittimo l’impedimento rappresentato dal difensore della ricorrente, per cui differiva la discussione al 21/4/2018. 5 In data 11/4/2018 la ricorrente depositava una seconda memoria difensiva con la quale ribadiva la infondatezza della decisione impugnata. In data 19/4/2018 la ricorrente depositava una terza memoria difensiva, mediante la quale deduceva la tempestività del ricorso ed in via subordinata formulava istanza di remissione in termini. All’udienza del 21/4/2018, constatata la regolarità e la tempestività delle notifiche, la ricorrente concludeva come da separato verbale. Il Procuratore generale concludeva chiedendo la inammissibilità del ricorso e, nel merito, la infondatezza delle censure poste a fondamento della impugnazione. Diritto In via preliminare si osserva che il ricorso avverso la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano è inammissibile, perché è stato depositato nella segreteria di detto Consiglio oltre il termine previsto dall’articolo 50 del r.d.l. numero 1578/1933. Infatti, mentre la decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente in data 24 febbraio 2015, il ricorso è stato depositato in data 17 marzo 2015, dunque il giorno dopo la scadenza del termine perentorio 16/3/2015 . A norma dell’articolo 50 del r.d.l. numero 1578/1933 il ricorso al CNF deve essere proposto nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica della decisione disciplinare, e per l’effetto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La giurisprudenza ha saldamente ritenuto inammissibile il ricorso depositato presso la segreteria del Consiglio dell’ordine oltre venti giorni dalla notifica all’interessato del provvedimento integrale da impugnare C.N.F. 6/11/2017 numero 160 CNF 18/3/2014 numero 21 C.N.F. 17/9/2012 numero 114 C.N.F. 25/11/2014 numero 166 C.N.F. 25/2/2013 numero 14 C.N.F. 27/12/2012 numero 190 Cass. Sez. Unite 13/5/2013 numero 11342 . Non si ignora che la Suprema Corte di Cassazione con la recentissima sentenza 12/9/2017 numero 21113 ha ritenuto applicabile il termine di trenta giorni ai ricorsi proposti dopo la pubblicazione del Reg. CNF numero 2/2014 e, dunque, a partire dal 1° gennaio 2015. Tuttavia, la chiarezza del dato testuale dell’articolo 61 della numero 247/2012 non consente di dubitare che il termine di trenta giorni è riferibile alle impugnazioni avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina”, per cui questo Consiglio ritiene di confermare, in parte qua, il precedente orientamento, secondo cui il termine per impugnare le rimanenti decisioni dei Consigli dell’Ordine resta quello di venti giorni previsto dall’articolo 50 r.dl. numero 6 1933/1578, non abrogato dalla Legge numero 247/2012 cfr. CNF 29/7/2016 numero 285 CNF 23/1/2017 numero 3, CNF sentenza 28/12/2017 numero 238 . Il Consiglio non ritiene ammissibile, altresì, l’istanza di rimessione in termini depositata dalla ricorrente solo in data 19/4/2018. Secondo il Supremo Collegio “non trova applicazione la rimessione in termini nel caso di decadenza dalla impugnazione per incolpevole decorso del termine” Cass. 29/7/2010 numero 17704 . A prescindere da ciò, l’istanza di rimessione appare tardiva rispetto alla intensa attività difensiva svolta dal nuovo difensore avv. [omissis] l’altro avvocato costituito avv. [omissis] non è abilitato al patrocinio davanti alle magistrature superiori , prima di formulare l’istanza in esame con la memoria depositata il 19/4/2018. Infatti, nella memoria di costituzione depositata il 27/1/2018 e poi nelle successive memorie difensive depositate in data 3/2/2018 e 11/4/2018 la ricorrente illustrava le censure, senza neppure lumeggiare l’argomento della tempestività del ricorso, che, invece, deduceva per la prima volta nella ridetta memoria depositata il 19/4/2018, nella quale formulava anche l’istanza di rimessione in termini. In pratica, l’istanza di rimessione in termini non è stata formulata con tempestività, che secondo il Supremo Collegio è da “intendersi come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale oramai preclusa” Cass. 11/11/2011 numero 23561, Cass. 22/1/2015 numero 1175 . Il rigetto dell’istanza di rimessione in termini non si pone in contrasto con il precedente specifico citato dalla ricorrente nella memoria datata 19/4/2018, dal momento che nella sentenza 20/2/2016 numero 21 questo Consiglio aveva confermato il principio secondo cui l’omessa indicazione, nella decisione disciplinare adottata dal COA, delle modalità e della tempistica per la presentazione dell’impugnazione non ne determina la nullità e consente, in caso di eventuale ritardo dell’impugnazione, la concessione, ove ne ricorrono i presupposti, dell’errore scusabile. Nella specie, è stato già detto, non ricorrono affatto i presupposti per riconoscere l’errore scusabile, attesa la chiarezza dell’articolo 61 della L.247/2012, secondo cui il nuovo procedimento disciplinare unicamente ai procedimenti che si svolgono dinanzi ai consigli distrettuali di disciplina numero d.r. “Avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso entro trenta giorni dal deposito della sentenza . , mentre alle decisioni dei Consigli dell’Ordine continuano ad applicarsi le previgenti disposizioni di cui al RDL numero 1578/1933 e RD numero 34/1937. P.Q.M. 7visti gli articolo 50 e 54 RDL 27/11/1933 numero 1578 e 59 e segg. R.D. 22/1/1934 numero 37 Il Consiglio Nazionale Forense, dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’avv. [ricorrente], e per l’effetto lo rigetta. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.